Flora del Kenya


Giant Lobelia sul Monte Kenya - Flora del Kenya
Giant Lobelia sul Monte Kenya

Flora del Kenya

Il Kenya possiede una straordinaria biodiversità, che rispecchia la varietà delle differenti condizioni climatiche e morfologiche del suo territorio.

L'antica foresta equatoriale sopravvive in alcuni lembi della fascia costiera e lungo i fiumi, dove prende l'aspetto della foresta a galleria; in molti punti essa ha lasciato il posto a una foresta secondaria formata da cespugli, eriche, felci arboree, ficus, bambù, liane ed epifite.

Lungo il litorale sono presenti foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le zone palustri del lago Vittoria sono il regno di canneti, papiri e grandi acacie.

Le montagne presentano verso l'alto una successione spettacolare di fasce vegetali: alla quota di 2500 m la foresta umida ed estremamente vigorosa via via dirada, passando in savana e poi in praterie grasse dove s'impongono seneci, lobelie giganti ecc.; più in alto si giunge alla prateria di tipo alpino e infine si ha il passaggio verso l'ambiente nivale.

Lungo le coste crescono foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le aree pianeggianti sono caratterizzate da estesi tratti di savana alborata con baobab, euforbie e acacie.

Dove le piogge si fanno più abbondanti cresce la savana-parco, mentre nelle zone meno piovose si ha la steppa dal manto erboso.

La parte a NE, infine, è semidesertica: qui crescono solo acacie, cespugli spinosi e qualche palma dum.

 

Erosione del terreno, desertificazione e deforestazione sono i principali problemi ambientali che il paese deve affrontare.

Il Kenya, ha un alto tasso di incremento demografico, registra quindi un fabbisogno crescente di legna da ardere e di terra da coltivare. Soltanto l’8,2% del territorio è coltivabile, anche se i sistemi agricoli degli altipiani del Kenya sono fra i più produttivi di tutta l’Africa.

L’aumento dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti in agricoltura ha provocato un notevole inquinamento idrico; soltanto il 46% della popolazione rurale ha disponibilità di acqua potabile e sicura. Il 6,1% del territorio è coperto da terreni boscosi, ma soltanto il 3% è occupato da foreste umide naturali.

Attualmente il 12,7% della superficie del paese, si fa per dire, è protetto. Vi sono tre riserve marine, quattro riserve naturali, undici riserve nazionali e diciotto parchi nazionali, tra cui l’Amboseli, il Monte Kenya e il Sibiloi. Sono attualmente in corso iniziative volte al ripopolamento degli elefanti africani e dei rinoceronti neri, sempre più rari, ed è stata intrapresa, ridicolo solo a dirsi, una severa campagna contro il bracconaggio.

Foresta del Monte Kenya 16 gennaio 2018. I fautori della deforestazione commerciale minacciano di denunciare gli ambientalisti per diffamazione, insistendo sul fatto che le loro azioni di disboscamento sono pienamente legali.
Foresta del Monte Kenya 16 gennaio 2018. I fautori della deforestazione commerciale minacciano di denunciare gli ambientalisti per diffamazione, insistendo sul fatto che le loro azioni di disboscamento sono pienamente legali.

 

2 aprile 2018

Con 5,6 milioni di alberi abbattuti ogni giorno, il Kenya corre verso la desertificazione

 

Non è solo l’Amazzonia il luogo in cui si fa strage di foreste, anche in Africa avviene lo stesso scempio, anche se per ragioni alquanto diverse. Un recente rapporto dell’Africa Green Foundation, ha rivelato che solo in Kenya vengono abbattuti ogni giorno 5,6 milioni di alberi. Una quantità stupefacente se rapportata allo sforzo degli ambientalisti che, pur dedicandosi alla riforestazione con enorme energia e determinazione, riescono appena a ripiantare un misero 12 per cento del totale di alberi abbattuti. È come continuare a riversare acqua in una vasca bucata dove il getto d’ingresso è molto inferiore a quello d’uscita.

 

A differenza dell’Amazzonia, in Kenya le cause dell’abbattimento di alberi sono soprattutto dovute alle necessità domestiche e a quelle della mini-imprenditoria. Nelle zone dell’altipiano, dove il freddo notturno è sempre costante e pungente, l’unica possibilità di riscaldarsi è quella di accendere fuochi, usando il legno come combustibile. Ma il legno viene anche usato per cucinare dal 90 per cento dell’intera popolazione sub-sahariana, mentre rappresenta ben il 52 per cento dei combustibili utilizzati per la produzione di energia elettrica. Secondo la World Bank, la deforestazione in atto in Africa ha raggiunto livelli di assoluta drammaticità e il Kenya, in particolare, rischia di essere trasformato in pochi decenni, in una landa brulla e desolata, come, negli ultimi trent'anni, è avvenuto per il Samburu National Park, un tempo verde e rigoglioso e oggi ridotto a una vasta distesa di terra grigia, arida e polverosa.

 

L’elevato tasso d’incremento demografico in Africa, ha anche aumentato la necessità di un maggiore sviluppo agricolo che rispondesse alle esigenze alimentari della crescente popolazione, sviluppo che ha sempre più richiesto l’acquisizione di terreni fertili, troppo spesso strappati alle foreste. Secondo la FAO, Food and Agriculture Organisation, è infatti proprio nell'agricoltura che risiede ben il 60 per cento dell’intera deforestazione africana, mentre un 20 per cento è utilizzato dal commercio e dall'industria e il rimanente 20 per cento per l’utilizzo domestico. Tra gli usi commerciali è inclusa la produzione del Charcoal un carbone di legno che si ottiene attraverso una lunga fumigazione dei ciocchi d’albero ridotti poi a pezzi, utili per cucinare alla brace. I popoli swahili lo chiamano chacol e per cucinare è preferito al legno perché la sua combustione e molto lenta, facendolo durare a lungo.

Ragioni, quelle elencate, del tutto comprensibili perché rispondono alle basilari necessità di popoli ancora troppo poveri per poter accedere a sistemi più avanzati. Tuttavia le foreste africane diminuiscono a vista d’occhio e sono in grave pericolo di estinzione. Basti pensare che nel decennio compreso tra il 1980 e il 1990 la FAO ha stimato che l’Africa perdeva ogni anno oltre 15 milioni di ettari di foreste per sostenere le necessita dello sviluppo umano. Situazione, questa, che ha messo in allarme la fondazione a tutela delle foreste il cui presidente, Isac Kalua, ha detto “I miei compatrioti kenioti, devono rendersi conto che l’abbattimento degli alberi crea gravissimi danni all'ecosistema e continuando in questo modo metteranno a rischio il futuro dei propri figli”.

 

Certo è che, oltre a questi legittimi moniti, si dovrebbero anche poter proporre valide alternative che, almeno fino ad oggi, sono mancate. Al momento, l’iniziativa che appare più realistica, è quella intrapresa dall'organo ONU che si occupa dei cambiamenti climatici del pianeta il quale, in collaborazione con la Green Foundation, ha presentato un massiccio piano di riforestazione che interesserà inizialmente nove zone pilota: Tharaka, Kituy, Machakos, Embu, Siaya, Homabay, Laikipia, Turkana e Marsabit. Il progetto sarà poi gradualmente esteso a tutte le foreste del paese. Ma questo progetto, per essere attuato, richiede inevitabilmente la partecipazione del governo del Kenya che per bocca del ministro dell’ambiente, Judi Wakhungu, ha annunciato la messa a punto di un piano che, nell'anno corrente, consentirà al suo dicastero di piantare oltre 50 milioni di nuovi alberi. Risposta certamente positiva, ma che resta del tutto insufficiente visto che l’attuale abbattimento annuale sfiora già i 20 miliardi di alberi.

 

Inoltre, è questa una promessa su cui il Kenya può contare? C’è davvero da sperarlo perché il Paese si trova in piena emergenza e il tempo minimo perché un albero appena piantato possa portare il suo contributo all'equilibrio climatico, richiede almeno sette anni. Se questa promessa del governo farà la fine di molte altre che non si sono mai realizzate, non si tratterà più di confrontarsi con cittadini che, se pur mugugnando, restano impotenti. Significherà adottare un atteggiamento di spavalderia contro le forze della natura. Natura che l’uomo, se pur con la sua più sofisticata tecnologia, non è mai riuscito e mai riuscirà a sconfiggere.

by Africa Express

Frutti di Avocado
Frutti di Avocado
Noci di cocco
Noci di cocco
Adansonia digitata, comunemente nota come "Baobab africano".
Adansonia digitata, comunemente nota come "Baobab africano".

 

Adansonia digitata - Baobab africano

comunemente nota come "Baobab africano".

 

È un genere di pianta tropicale appartenente alla famiglia delle Bombacaceae. Il termine Baobab deriva dall'arabo بو حباب būħibāb "padre di molti semi", da ابو ʾabū "padre" e حب ħabb, "seme".

Gli alberi di solito crescono come individui solitari, e sono elementi distintivi della savana. Alcuni vivono ben più di mille anni.

I Baobab sono alberi caducifogli con grandi tronchi, che raggiungono altezze tra i 5 e i 25 m (eccezionalmente 30 m); il diametro del tronco può raggiungere i 7 m (eccezionalmente 11 m). Sono famosi per la loro capacità d'immagazzinamento d'acqua all'interno del tronco rigonfio, che riesce a contenere fino a 120.000 litri d'acqua per resistere alle dure condizioni di siccità di alcune regioni. I rami, disposti a raggiera alla sommità dei tronchi, sono del tutto spogli durante la stagione secca. La chioma si riempie, per pochi mesi all'anno, di foglie composte palmate.

L'impollinazione nel Baobab è ottenuta principalmente da pipistrelli della frutta. Nell'epoca, temporalmente molto limitata, della fioritura esibiscono grandi fiori molto odorosi, che si schiudono la notte. Producono frutti ovoidali di 15-20 cm con un pericarpo commestibile e un grosso seme reniforme. Il fiore del baobab dura una sola notte, dal tramonto all'alba; quella notte l’albero si popola di una fauna variegata, attratta dal dolce nettare. Secondo la leggenda, quella notte l’albero è abitato dagli spiriti.

Il frutto contiene il 50% in più di calcio degli spinaci, è un potente antiossidante e ha tre volte la vitamina C di una arancia.

Le foglie sono usate come vegetale commestibile in tutte le aree di distribuzione del continente africano. Sono mangiate sia fresche che sotto forma di polvere secca. La polpa secca del frutto, dopo la separazione tra i semi e le fibre, viene direttamente mangiata o mescolata nel porridge, una tipica zuppa a base di avena, o nel latte.

I semi sono usati principalmente come addensante per le zuppe, ma possono anche essere fermentati in condimenti, arrostiti per un consumo diretto, o tritati per estrarre olio vegetale. L'albero è anche una fonte di fibre, tinture e carburante.

 

Per i popoli africani il Baobab è cibo, medicina e luogo sacro tanto che solo i saggi possono arrampicarsi tra i suoi rami.

Tutti i prodotti derivati dall'albero sono «una miracolosa panacea», infatti viene anche chiamato “Il Gigante buono” perché i prodotti realizzati con la sua polpa ed i suoi semi contribuiscono a riequilibrare le principali funzioni dell’organismo e dell’epidermide, donando benessere ed energia.

Contiene: Vitamina C (circa 6 volte il contenuto della polpa d’arancia) - Vitamine B1, B2, PP o B3, B6, A (sotto forma di Caroteni) - Minerali: Calcio, Potassio, Fosforo, Sodio, Magnesio, Zinco, Ferro, Manganese, Rame - Acido alfa-linolenico: 27mg/g polpa secca - Aminoacidi: Prolina, Istidina, Leucina, Lisina, Arginina, Isoleucina, Metionina, Cisteina, Fenilalanina, Acido glutammico, Valina, Treonina, Tirosina, Triptofano - Ha un elevato contenuto di fibra (45%).

Efficace contro diversi disturbi, quali: stitichezza cronica - abbassamento delle difese immunitarie - spossatezza - influenza - cattiva digestione - pancia gonfia - acne - psoriasi - piaghe da decubito - abrasioni - smagliature - ematomi - punture di insetti - micosi - invecchiamento cellulare - affaticamento - stress.

Proprietà e i benefici: L’olio estratto dai semi e dal frutto contiene un’elevata quantità di acidi grassi essenziali come l’acido oleico e linoleico, eccezionali per la cura della pelle e l’invecchiamento cellulare. Il suo potere antiossidante è tra i più elevati in natura: dieci volte più di kiwi, mele, arance e fragole - È una cura naturale contro scottature, eritemi, herpes e micosi. Studi scientifici hanno evidenziato un marcato effetto analgesico, antinfiammatorio e antipiretico comparabile a quello dell’acido acetilsalicilico e dovuto a un meccanismo naturale e multiplo. Pertanto un’adeguata assunzione di polpa può aiutare a superare i classici mali stagionali. La caratteristica di tale frutto in tutte le sue componenti è quella di non avere controindicazioni ed effetti collaterali - Sono di grande interesse le proprietà della polpa sull'accrescimento di bifidobatteri: l’attività funzionale dei batteri probiotici si svolge attraverso l’equilibrio della microflora intestinale, il miglioramento della digestione del lattosio, la prevenzione della diarrea e l’aumento delle difese immunitarie - È un’energizzante naturale e combatte il senso di affaticamento da perdita di sali, utile per gli sportivi - Migliora la concentrazione - È un anticolesterolemico molto attivo, grazie all'elevata presenza di fibre solubili (22,54%) e insolubili (22,04%) - È un potente ricostituente e anti-stress - Stimola il metabolismo ed è un coadiutore nelle diete dimagranti, svolgendo una più o meno marcata azione anti-fame - Disintossica il fegato grazie alle proprietà epatoprotettive e alla presenza di triterpenoidi, beta-sitosterolo e acido ursolico.

Fiore Adansonia digitata
Fiore Adansonia digitata
Frutto Adansonia digitata
Frutto Adansonia digitata

Acacia tortilis - Acacia ad ombrello - Umbrella thorn acacia
Acacia tortilis - Acacia ad ombrello - Umbrella thorn acacia

 

Acacia tortilis - Acacia ad ombrello

o Vachellia tortilis, comunemente nota come Acacia ad ombrello, Mgunga Mwavuli (Swahili), Umbrella thorn acacia (Inglese), è una pianta a portamento arboreo della famiglia delle Mimosaceae (o Fabaceae secondo la classificazione APG), che cresce nelle savane africane e nelle zone aride del Medio Oriente. Deve il suo nome comune alla caratteristica chioma appiattita a forma di ombrello.

 

In condizioni di estrema aridità si sviluppa in forma di arbusto alto 1-1,5 m mentre in condizioni ottimali assume portamento arboreo, raggiungendo mediamente l'altezza di 15–18 m, con esemplari che possono superare i 20 m.

Il tronco è nudo e contorto ed è sormontato da una chioma rada e appiattita, per l'appunto a forma di ombrello.

Le foglie, pinnate, lunghe approssimativamente 2,5 cm, sono composte da 4 a 10 paia di pinne, ciascuna con 6 sino a 22 coppie di foglioline molto piccole (1-4 mm di lunghezza x 0,6-1 mm di larghezza), glabre a pubescenza.

I fiori sono piccoli, bianchi, crema o gialli e altamente aromatici. La frutta è una caratteristica capsula tondeggiante marrone, da cui l'epiteto "tortilis". I baccelli e le foglie sono usati come foraggio. I frutti sono più nutrienti se macinati. I baccelli di tortilla di acacia sono anche usati come cibo contro la fame nell'Africa orientale.

Le radici sono disposte in una fitta rete che si spinge molto in profondità e sono dotate di noduli radicali che ospitano batteri azotofissatori del genere Rhizobium, capaci di estrarre l'azoto atmosferico, sopperendo così alla carenza di azoto dei suoli aridi.

 

È diffusa ampiamente in Africa, dal Sudafrica all'Africa orientale e a nord dal Maghreb all'Egitto, e in Asia minore, da Israele alla Penisola Arabica. Si trova tra 15° e 30° N, e tra il livello del mare e un'altitudine di 1000 m.

È nota per essere resistente a condizioni estreme di siccità ed alcalinità. Cresce su terreni sia sabbiosi che rocciosi ed è una specie tipica della savana e dei territori aridi. È tollerante a una grave siccità dovuta al suo profondo sistema di radici a fittone. È un phreatophyte, che si basa su falde acquifere profonde fino a 40-50 m. Tollera forte salinità e ristagni stagionali. Sopporta ampie variazioni di temperatura (da 0° C a 50° C).

Viene utilizzata nel controllo dell'erosione poiché è in grado di crescere rapidamente e stabilizzare le dune di sabbia o le colline.

 

La Acacia tortilis occupa un posto importante nell'equilibrio della savana ed ha una fitta rete di relazioni con il mondo animale.

Con il suo grande ombrello costituisce uno dei pochi punti di ombra, offrendo riparo nelle ore più calde a numerose specie di erbivori. Molte di esse traggono nutrimento dalle foglie e dai fiori della pianta: dalla antilope dik-dik che riesce a brucare i rami più bassi, alle specie di maggiore taglia, come la gazzella di Thomson, l'impala, l'eland, il gerenuk ed il rinoceronte nero, cui sono riservati i rami più alti. Le giraffe, con il loro lungo collo, e gli elefanti, con la loro proboscide, possono arrivare senza difficoltà alle foglie degli esemplari al di sopra dei 3 metri.

Tutte queste specie depositano i loro escrementi ai piedi dell'albero, concimando il suolo.

Le giraffe e gli elefanti inoltre contribuiscono, con i loro spostamenti, alla propagazione a distanza dei semi (disseminazione zoocora).

All'interno della sua folta chioma nidificano numerose specie di uccelli sia di grossa taglia, come la gru coronata, il serpentario, l'astore cantante e l'aquila rapace, che di dimensioni più piccole come la ghiandaia marina, le averle e le nettarine. Caratteristica la presenza di colonie di uccelli tessitori, che appendono i loro nidi all'estremità dei rami.

Non è raro infine che sui grossi rami dell'Acacia tortilis trovi rifugio il leopardo che è solito depositarvi le sue prede, per metterle al riparo da leoni, sciacalli e iene. 

Acacia xanthophloea - Albero della febbre - Mukanya Kude - Fever tree
Acacia xanthophloea - Albero della febbre - Mukanya Kude - Fever tree

 

Acacia xanthophloea - Albero della febbre

Acacia xanthophloea o Vachellia xanthophloea, comunemente noto come Albero della febbre, Mukanya Kude, Fever tree (Inglese), (i nomi locali dell'Africa orientale includono Umhlosinga, Koorsboom, Mooka-kwena, Olerai, Kimwea, Murera e Mwelele), appartiene alla famiglia delle Fabaceae. Questa specie di Vachellia è originaria dell'Africa orientale e meridionale. Può essere trovato in Botswana, Kenya, Malawi, Mozambico, Somalia, Sud Africa, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.

 

Gli alberi raggiungono un'altezza di 15-25 m. La caratteristica corteccia è liscia, verde cipriata e verdognola, anche se i nuovi rametti sono viola, sfaldandosi più tardi rivelano il caratteristico giallo.

È uno dei pochi alberi in cui la fotosintesi si svolge nella corteccia.

Le spine dritte e bianche crescono dai nodi del ramo in coppie. Le foglie sono bicomposte, con piccole foglioline (8 mm × 2 mm.

I fiori sono prodotti in profumate infiorescenze sferiche color crema pallido, raggruppate ai nodi e verso le estremità dei rami.

I baccelli marrone chiaro contengono 5-10 semi verdi ellittici appiattiti e sono lunghi 5-19 cm, diritti, piatti e piuttosto cartacei, i segmenti sono per lo più più lunghi di quanto siano larghi, spesso si rompono per formare piccoli grappoli di segmenti contenenti ciascuno un seme individuale. Mentre i baccelli maturando cambiano colore da verde a marrone grigiastro pallido.

 

Gli alberi della febbre sono di rapida crescita, ma di breve durata. Hanno la tendenza a presentarsi con uno standard di mezza età e sono soggetti a rimanere solitari. Ciò viene attribuito a elefanti, falda acquifera e senescenza sincrona.

 

Il nome xanthophloea deriva dal greco e significa "corteccia gialla". Venne battezzata con il nome di "albero della febbre" dai coloni europei, che consideravano questi alberi i diretti responsabili del diffondersi della malaria, e non l'abbondanza di zanzare che si trovava nello stesso habitat paludoso in cui crescevano queste piante.

 

La Vachellia xanthophloea si trova nelle vicinanze di paludi, foreste fluviali o sulle rive dei laghi, in terreni boschivi semi-sempreverdi e boschi dove sono presenti falde acquifere. Nelle aree stagionalmente allagate spesso forma densi banchi di singole specie.

Le foglie e i baccelli sono usati per fornire cibo per il bestiame mentre i giovani rami e foglie vengono mangiati dagli elefanti africani mentre le scimmie, giraffe e vervet mangiano i baccelli e le foglie.

I fiori sono utilizzati per il foraggiamento delle api e forniscono siti di nidificazione preferiti per gli uccelli.

Come altre acacie e Fabaceae è un fissatore di azoto, quindi migliora la fertilità del suolo. La gamma fa parte della dieta del bushbaby senegalese (Gallinago senegalensis) soprattutto nella stagione secca Le farfalle che si nutrono di Vachellia xanthophloea in Kenya includono la Kikuyu ciliate blue (Anthene kikuyu), la Pitman's hairtail (Anthene pitmani), la common ciliate blue (Anthene definita), la African babul blue (Azanus jesous), la Victoria silverline (Spindasis victoriae) e la Lang's short-tailed blue (Leptotes pirithous). Inoltre 30 specie di falene più grandi si nurono di questo albero.

 

La Vachellia xanthophloea viene piantata vicino a dighe e torrenti nelle fattorie per controllare l'erosione del suolo, come recinzione viva o siepe e in piantagioni ornamentali per ombra e riparo in aree di comfort. È spesso piantata come una fonte di legna da ardere, ma la sua linfa gommosa lascia un residuo denso, nero, quando è bruciata. Il legno pregiato di Vachellia xanthophloea è marrone rossiccio chiaro con una consistenza dura e pesante e, poiché è soggetto a crepe, deve essere stagionato prima dell'uso. Il legname è usato per costruire pali.

Nello stato australiano del Queensland la Vachellia xanthophlea è una pianta invasiva vietata ai sensi della legge sulla biosicurezza, in base alla quale non deve essere ceduta, venduta o rilasciata nell'ambiente senza un permesso. L'atto richiede inoltre che tutti gli avvistamenti di Vachellia xanthophlea siano segnalati alle autorità competenti entro 24 ore e che all'interno del Queensland tutti siano obbligati a prendere tutte le misure ragionevoli e pratiche per ridurre al minimo il rischio di diffusione di questa specie fino a quando non hanno ricevuto un parere da un ufficiale autorizzato. Nella cultura popolare questi alberi sono immortalati da Rudyard Kipling in una delle sue storie, "The Elephant's Child", in cui si riferisce ripetutamente a "il grande fiume Limpopo grigio-verde, untuoso, con attorno piante della febbre".

 

Utilizzo sciamanico.

Questo albero è stato usato per migliaia di anni dalle tribù africane come strumento di divinazione. La corteccia di questo albero e altre quattro erbe, cosiddette erbe dei sogni "Ubulawu", tra cui Silene capensis (radice dei sogni africani) e Synaptolepis kirkii sono bollite in un infuso, poi assunto per indurre sogni lucidi, che chiamano "sentieri bianchi". Si sostiene che con l'uso delle erbe Ubulawu si possa comunicare con gli spiriti ancestrali e ricavarne delle speciali intuizioni e risposte. Prima di andare a dormire viene posta una domanda a cui verrà data risposta nei loro sogni.

 

È famosa la tribù Zulu per utilizzare la Mukanya kude al fin di ottenere queste visioni sciamaniche. Assumendo la Mukanya kude si avvertono, inizialmente, sensazioni di sonnolenza che conciliano il sonno e, successivamente, si ha la possibilità di sperimentare i cosiddetti sogni vividi e memorabili (in alcuni casi può anche indurre quelli lucidi).

La tradizione vuole che attraverso questi sogni si apra un varco per comunicare con i propri antenati e con gli spiriti, lasciando che la loro conoscenza e saggezza indichi la giusta strada da percorrere nel mondo della veglia.

La Mukanya kude veniva usata anche come metodo tradizionale per il trattamento di diabete, colesterolo alto, febbre, cancro e infezioni oculari. La polvere della corteccia della Mukanya Kude è anche usata per aiutare chi soffre di malaria.

 

Le ricerche scientifiche condotte sulla Mukanya kude hanno dimostrato che contiene una serie di principi attivi benefici, che può agire come antiossidante ed anticarcinogeno. Inoltre, aiuta a trattare disturbi al sistema nervoso, rafforza le comunicazioni tra il cervello e le varie terminazioni nervose del corpo, aiuta a reagire allo stress durante la fase di recupero dalla sindrome da fatica cronica (Chronic Fatigue Syndrome), bilancia i valori dei componenti chimici del cervello, aiuta le persone affette da ADHD (disturbo da deficit dell'attenzione ed iperattività) ed è efficace contro gli attacchi di panico, ansia e depressione.

 

Preparazione e dosaggio

Il modo più comune per assumere la Mukanya kude è quello di ingerirlo sotto forma di tè. Gli Zulu usano, come si è detto, la Mukanya kude assieme ad altre erbe del sogno, ma resta una pianta psicoattiva anche se assunta singolarmente. È sufficiente lasciare la Mukanya kude in infusione in acqua bollente, per circa 5 minuti, mescolando di tanto in tanto. Successivamente si filtra il liquido e si beve l'infuso, non più di un'ora prima di andare a letto.

Non esistono linee guida che possano darci l'esatto dosaggio da aggiungere all'infusione. In generale, iniziare con una dose relativamente bassa (ad esempio un cucchiaino) ed aumentare progressivamente il dosaggio se necessario. Tenete in considerazione che gli effetti della Mukanya kude possono richiedere anche un paio di giorni prima di apparire.

Componenti attivi

La ricerca ha identificato tre principali composti attivi all'interno della Mukanya Kude, purtroppo non si sa quali siano i responsabili di indurre i sogni vividi e lucidi. Due di loro sono psicoattivi e potrebbero quindi essere loro i responsabili. I componenti attivi sono:

Catecolo - Questo componente è stato trovato in natura all'interno dei tessuti cerebrali e nell'endocrine. Si trova all'interno della ghiandola pituitaria in concentrazioni piuttosto alte. Il Catecolo ha un ruolo importante nella modulazione della dopamina, adrenalina e della neurotrasmissione della noradrenalina. Sono stati ottenuti risultati positivi anche per quanto riguarda gli effetti sul sistema nervoso centrale, sulla regolazione percettiva del dolore e sulle reazioni antinfiammatorie.

Catecolamine - Questo componente viene prodotto dal cervello e dalle ghiandole surrenali quando l'organismo manda un messaggio di risposta ad una situazione di stress, come potrebbe essere la "lotta o la fuga". È conosciuto per la sua capacità di rafforzare la comunicazione tra il cervello e le terminazioni nervose del corpo, rendendo i riflessi più vigili. Aumenta la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, incrementando anche la forza muscolare. Il Catecolamine riduce, inoltre, l'apporto di sangue destinato alla pelle, concentrandolo principalmente sugli organi più importanti.

Catechina - La Catechina è un antiossidante naturale ed anticancerogeno. Ciò significa che questo composto attivo aiuta a proteggere il corpo dai radicali liberi. I radicali liberi sono molecole prodotte nella decomposizione degli alimenti e dall'esposizione del corpo ad ambienti nocivi.

Avvertenze

Non è mai stata condotta una ricerca clinica approfondita sul consumo a lungo termine della Mukanya kude. Detto ciò, consigliamo a tutti coloro che sono affetti da gravi patologie preesistenti, di chiedere la consulenza professionale di un medico prima di assumere la Mukanya kude. La Mukanya kude non deve essere assunta con altre droghe, alcool o farmaci da prescrizione. Non consumare la Mukanya kude in caso di gravidanza o allattamento. Alcuni componenti della Mukanya kude hanno dimostrato di aumentare la pressione sanguigna, per cui chi dovesse soffrire di pressione alta dovrebbe astenersi dal suo impiego.

Albero della febbre - Fiori e foglie
Albero della febbre - Fiori e foglie
Leopardo su un Albero della febbre
Leopardo su un Albero della febbre

Adenia globosa - Mpaga
Adenia globosa - Mpaga

 

Adenia globosa

o Mpaga, è una specie di pianta appartenente alla famiglia delle Passifloraceae.

Si tratta di un arbusto o pianta arrampicante con un tronco verrucoso, caratterizzato da piccole protuberanze più o meno fitte di colore bianco, che può raggiungere gli 8 metri di altezza. A discapito dell'altezza può assumere una forma più ampia, diventando tondeggiante con oltre 2 metri di larghezza. Di solito è succulenta e ha spine lunghe fino a 8 centimetri. Altra caratteristica sono i lunghi e fitti rami/steli verdi, decombenti in ogni direzione, solitamente quasi del tutto privi di piccole foglie verdi, lanceolate e trilobate. C'è un caudex tondeggiante vicino alla base. I piccoli fiori stellati e profumati, possono assumere dal colore rosso vivo al giallo pallido o. verdastro. La specie è dioica, con fiori maschili e femminili su piante separate. Il fiore maschio è fino a 2 centimetri di lunghezza con 5 stami, e il fiore femmina è lungo circa un centimetro con tre stili. Il frutto è verde, coriaceo, arrotondato o ovale lungo fino a 3 centimetri.

La pianta è utilizzata nella medicina tradizionale africana per il dolore addominale ed il prurito. I Maasai la usano come medicina per il bestiame . Questo arbusto è coltivato e scambiato anche come ornamento .

Adenium multiflorum, comunemente noto come "Rosa del deserto".
Adenium multiflorum, comunemente noto come "Rosa del deserto".

 

Adenium è una specie di pianta da fiore appartenente alla famiglia delle Apocynaceae.

È comunemente conosciuta come Rosa del Deserto, Stella Sabi e Giglio Impala (Impala Lily) .

È un arbusto succulento, sempreverde o deciduo alla siccità (che può anche perdere le sue foglie durante ondate di freddo). Il fusto deriva da un grande rizoma sotterraneo. grigio e liscio, senza spine. di forma simile a un baobab in miniatura, contiene una linfa acquosa. La corteccia va dal grigio lucido al marrone e contiene un velenoso lattice acquoso.

Può raggiungere 1-3 m (3.3-9.8 ft) di altezza, con rami normalmente molto piccoli in relazione allo spessore dello stelo. Le foglie, interamente coriacee nella struttura, sono disposte a spirale, raggruppate verso la punta dei germogli, lunghe 5-15 cm (2.0-5.9 pollici) e larghe 1-8 cm (0,39-3,15 in) ampia. I fiori sono tubolari, lunghi 2-5 cm (0.79-1.97 in), con la parte esterna di 4-6 cm (1,6-2,4 in) di diametro con cinque petali, simile a quelli di altri generi correlati come Plumeria e Nerium. I fiori tendono al rosso e al rosa, spesso spesso con un rossore biancastro verso l'esterno della gola.

Il genere Adenium è composto da cinque specie provenienti dall'Africa tropicale:

Adenium boehmianum

Adenium multiflorum

Adenium obesum

Adenium oleifolium

Adenium swazicum

 

Queste piante, ampiamente diffuse nelle zone centrali e orientali dell'Africa, si trovano di solito nel terreno sabbioso o alluvionale ed in habitat rocciosi fino a quote di 1.200 m sul livello del mare.

 

L'Adenium produce una linfa lattiginosa nelle sue radici e steli che contiene alcaloidi tossici, in particolare glicosidi cardiaci. Questa linfa viene usata per avvelenare le frecce, ma con aggiunta di altri veleni (serpente ecc.), oppure come veleno sciolto nell'acqua per stordire i pesci.

Una varietà dell'Angola, Adenium boehmianum, pare essere invece ben più potente ed usata anche da sola a fini venatori. Il veleno viene preparato con il lattice della corteccia e parti carnose del tronco. Foglie e fiori sono velenosi per caprini e bovini, ma nonostante questo, le piante sono a volte pesantemente sfogliate. Nonostante la tossicità, il veleno viene utilizzato in applicazioni mediche e come pozioni magiche.

Ortoculturalmente, l'Impala Giglio è molto apprezzato per i suoi fiori. Un grande impianto in piena fioritura è tra i più decorativi di tutte le piante grasse, ed è molto apprezzato nei giardini dove il clima consente di essere coltivato all'aperto.

Aerangis ugandensis
Aerangis ugandensis

 

Aerangis ugandensis

appartenente alla famiglia delle Orchidaceae, è una specie di epifite orchidea nativa di diversi paesi africani tra cui il Kenya.

Le piante crescono nelle foreste pluviali dell'Africa tropicale orientale a bassa quota, spesso vicino a un fiume e, di solito, in ombra su tronchi d'albero con radici incastonate nel muschio a 1500-2000 m.

I gambi allungati delle vecchie piante sono generalmente curvi con solo la parte verticale dell'apice; molte delle loro radici sono completamente aeree e tali piante sono solo leggermente attaccate al substrato. Nella forma e nelle dimensioni della pianta e delle sue foglie, questa specie è molto simile agli Aerangis jacksonii, ma i fiori sono molto più piccoli.

Erba epifita; fusto legnoso, eretto, lungo 20 cm, fogliare nella parte terminale; radici bianco-verdastre, 3-4 mm di diametro; foglie 4-12, distiche, cuneate, oblanceolate, 5-15x1-2 cm, apice ineguale a 2 lobi; infiorescenze 1-5, pendenti, portate ad ascelle di foglie inferiori, lunghe 15 cm, a 7-12 petali, peduncoli lunghi fino a 2 cm.

Fiori che si spargono, più vicini alla punta dell'infiorescenza, bianchi, tinti di verde, circa 2 cm di diametro; pedicello e ovaia lungo 1-2,5 cm; tepali ovali, acuti, 0,6-1,2x0,3-0,4 cm; labbro ovato, improvvisamente acuto, 0,6-1x0,3-0,5 cm; sperone dritto, lungo 1-2,5 cm, gonfiato nella parte apicale.

 

Afrocanthium pseudoverticillatum

è una specie di piante da fiore appartenente alla famiglia delle Rubiaceae. In Africa si trova in diversi paesi tra cui il Kenya.

Afrocarpus gracilior - Yellowwood
Afrocarpus gracilior - Yellowwood

 

Afrocarpus gracilior - Podo

(sin. Podocarpus gracilior) è un albero appartenente all'ordine delle conifere ed alla famiglia delle Podocarpaceae.

È conosciuto comunemente col nome di Podo o Yellowwood dell'Africa orientale in quanto nativo di queste regioni tra cui il Kenya.

Questa è una specie comune che si trova in molti tipi di habitat di montagna della foresta tropicale. Si tratta di una specie dominante in alcune di queste aree.

Gracilior Afrocarpus è un albero di medie dimensioni, in crescita di altezza 20-40 m, raramente a 50 m, con un diametro del tronco di 50-80 cm. Le foglie sono disposte a spirale, lanceolate, lunghe 2-6 cm di lunghezza e 3-5 mm di larghezza su alberi maturi, più grande, a 10 cm di lunghezza e 6 mm di larghezza sui giovani alberi vigorosi. I coni seme sono altamente modificate, con singoli 2 cm seme diametro con un sottile rivestimento carnoso portato su un breve peduncolo. Il seme maturo è viola, e viene disperso da uccelli e scimmie che mangiano il rivestimento carnoso.

Si tratta di un albero, nella sua gamma nativa, importante legno, dove viene raccolto per l'uso locale e l'esportazione. È utilizzato per la costruzione di edifici e mobili.

Alchemilla argyrophylla - Erba stella
Alchemilla argyrophylla - Erba stella

 

Alchemilla - Erba stella

è un genere di piante erbacee perenni appartenente alla famiglia delle Rosaceae e conosciuta comunemente con i nomi di Erba stella o di Erba ventaglina.

 

Ci sono circa 300 specie, con alcune di esse autoctone per le montagne dell'Africa orientale.

Per quanto riguarda il Kenya, possono riferirsi endemiche del monte Elgon, monte Kenya e le montagne Aberdare, in brughiere, praterie e su pendii rocciosi asciutti a 2250-4500 m, le specie:

Alchemilla cyclophylla - La maggior parte delle specie di Alchemilla è formata da cespi o cunicoli, piante perenni con foglie basali derivanti da rizomi legnosi. Alcune specie hanno foglie con lobi che si irradiano da un punto comune e altre hanno foglie divise - entrambe sono tipicamente a ventaglio con piccoli denti sulle punte. Le foglie lunghe a peduncolo, da grigio a verde sono spesso ricoperte da peli morbidi e mostrano un alto grado di resistenza all'acqua. I fiori verdi e brillanti sono piccoli, non hanno petali e appaiono a grappoli sopra il fogliame in tarda primavera ed estate.

Alchemilla agryrophylla - Un raro membro del genere originario degli altipiani del Kenya con un attraente fogliame argentato. Forma un piccolo arbusto; insolito e diverso dagli altri Alchemilla. A volte raggiunge le dimensioni di 1 m sia in altezza che in larghezza con gambi argenteo-pelosi, ma in gran parte racchiusi da stipole marrone rossiccio dalle basi fogliari. Le foglie lunghe 5-15 mm, argenteo-pelose, sono profondamente trilobate. I fiori in grappoli di 5-7, escono appena dalle guaine stipule e insignificanti.

Alchemilla johnstonii - Un arbusto a basso fusto con steli prostrati e rami eretti o procombenti con foglie piccole e densamente congestionate. Gambi legnosi, di solito di colore bruno-rossastro, coperti (spesso fittamente) con peli biancastri lunghi, raramente glabri. Foglie picciolate, spesso coriacee, a forma reniforme, lunghe 5-40 mm. Infiorescenze solitamente corte, semplici o ramificate; pedicelli lunghi fino a 3,5 mm, scarsamente irsuti con peli lunghi. Lobi del calice triangolari lunghi 1,5-2 mm.

 

Secondo l’etimologia più accreditata il nome della pianta deriva, attraverso il portoghese, dall'arabo al-kimiya (alchemia), “pietra filosofale”: infatti, gli alchimisti arabi attribuivano alla rugiada raccolta dalle foglie e/o ai fiori di Alchemilla il potere di trasformare i metalli vili in oro.

Era credenza comune che l'Alchemilla avesse la proprietà di far tornare la verginità ed i turgore dei seni.

Le foglie fresche sono utilizzate per preparare,come aromatizzante, le insalate e allo stato secco per profumare il tè.

La pianta è ricca di tannini e dotata di proprietà astringenti, antisettiche ed antinfiammatorie. Come tale trova impiego nel trattamento di forme lievi di diarrea aspecifica, di coliti ad impronta diarroica e nelle flogosi della mucosa orofaringea.

Aloe barbadensis Miller o Aloe Vera
Aloe barbadensis Miller o Aloe Vera

 

Aloe barbadensis Miller - Aloe Vera

è una pianta succulenta della famiglia delle Aloeaceae che predilige i climi caldi e secchi.

È una pianta carnosa perenne a portamento arbustivo, alta sino a un metro. Le foglie sono disposte a ciuffo, semplici, lunghe 40–60 cm, lungamente lanceolate, con apice acuto, presentano cuticola molto spessa, sono carnose a causa degli abbondanti parenchimi acquiferi presenti al loro interno e presentano spine solo lungo i lati.

Lo scapo fiorifero che si innalza dal centro delle foglie, costituito da un'infiorescenza a racemo con asse ingrossato. Sono di colore dal giallo al rosso.

È una pianta autosterile, si riproduce perciò solo con l'impollinazione incrociata, in quanto i fiori maschili e quelli femminili della stessa pianta non si incrociano tra loro.

I fiori di aloe aperti sono sempre rivolti al basso, e le gemme si aprono man mano che i fiori cadono. La fioritura è a febbraio-marzo nei tropici.

I frutti sono costituiti da una capsula loculicida.

L'uso dell'aloe è molto antico, come testimoniato dal testo cuneiforme di alcune tavolette d'argilla ritrovate sul finire dell'Ottocento da un gruppo di archeologi nella città mesopotamica di Nippur, nei pressi di Bagdad, Iraq, e databili attorno al 2000 a.C. Nel testo si legge "... le foglie assomigliavano a foderi di coltelli". L'aloe era nota e utilizzata anche presso gli egizi (es. citata nel "papiro Ebers" del 1550 a.C.) per i preparati per l'imbalsamazione (da qui "pianta dell'immortalità") o per la cura e l'igiene del corpo o come cicatrizzante, nonché citata svariate volte nella Bibbia (es. Giovanni 19, 39: "...e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre") quale pianta aromatica o per la preparazione degli unguenti prima della sepoltura.

Lo studio sistematico di questa pianta ebbe inizio solo nel 1959 grazie a Bill Coats, un farmacista texano, che mise a punto un processo per stabilizzare la polpa aprendo la strada alla commercializzazione dell'aloe senza più problemi di ossidazione e fermentazione. Parallelamente il governo americano dichiarò ufficialmente le proprietà curative di questa pianta per il trattamento delle ustioni. Da allora gli studi sull'aloe sono molto attivi in tutto il mondo.

 

Da un punto di vista chimico si possono distinguere tre grandi classi di componenti nell'aloe: gli zuccheri complessi, in particolare glucomannani tra cui spicca l'acemannano, nel gel trasparente interno con proprietà immuno-stimolanti; gli antrachinoni nella parte verde coriacea della foglia ad azione fortemente lassativa e poi svariate altre sostanze come sali minerali, vitamine, aminoacidi, acidi organici, fosfolipidi, enzimi, lignine e saponine.

La parte periferica della foglia contiene l'aloina, una droga antrachinonica con effetto lassativo e irritativo del colon e, si ritiene, abortivo in gravidanza. Per questo motivo è sconsigliato assumere per bocca preparati a base di aloe vera che contengano la parte esterna verde della foglia.

Presunte proprietà medicinali: Rigeneranti: stimola la crescita dell'epitelio sulle ferite e bruciature in quanto contiene enzimi e aminoacidi che permettono il rinnovamento cellulare - Proteolitiche e cicatrizzanti: dissolve e assorbe enzimaticamente le cellule morte o danneggiate - Antinfiammatorie: accompagna e aiuta a superare il processo infiammatorio riducendo i gonfiori e combattendo le infezioni - Umettanti: è idratante e favorisce l'idratazione dei tessuti della pelle - Analgesiche: dà sollievo al dolore di artriti e tendiniti - Fungicide: ostacola la crescita dei funghi, tra cui l’Escherichia Coli e la Candida albicans - Antibiotiche: ostacola la crescita dei batteri curando le ulcere e riduce le malattie intestinali come colite, colon irritabile e disturbi nella digestione, regolando il PH gastrico e le funzioni del pancreas e limitando l’azione dei batteri nel colon - Emostatiche: riduce la fuoriuscita di sangue nelle lesioni - Lenitive: dà sollievo nel prurito - Disintossicanti: aiuta la disintossicazione del corpo dalle tossine - Antiossidanti: in grado dunque di stimolare la sintesi di collagene ed elastina e di combattere i radicali liberi che contribuiscono all'invecchiamento delle cellule del nostro corpo, migliorando l’aspetto di pelle, capelli e unghie- Virostatiche: l’acemannano, un mucopolisaccaride naturale, ha infatti un effetto protettivo nei confronti della mucosa gastrica e intestinale, utile nei casi di colite ulcerosa e gastriti, nonché proprietà immunostimolanti. Aiuta infatti la produzione di interferone e stimola l’attività dei macrofagi. In questo modo il corpo è ben difeso dall'attacco di virus e batteri. Ecco allora che uno dei motivi principali per cui si assume succo di Aloe Vera è proprio quello di stimolare le naturali difese dell’organismo nei periodi in cui è maggiormente provato.

Pare altresì produca un effetto benefico sulle condizioni di pazienti affetti da H.I.V. e A.I.D.S., riducendo i sintomi come febbre, sudorazione, infezioni e diarrea. Come pare che il suo utilizzo possa prolungare realmente la vita a persone affette da tumori, perché in grado di prevenire l’annientamento del sistema immunitario e di attivarne una parte capace di attaccare il cancro, favorendo al contempo lo sviluppo di cellule sane.

Tuttavia gli studi scientifici finora effettuati per confermare tali proprietà sono stati su piccola scala, incompleti e alcuni contraddittori.

Aloe kilifiensis
Aloe kilifiensis

 

Aloe kilifiensis

è una specie di pianta della famiglia delle Asphodelaceae.

È comunemente nota come aloe. Originaria del Kenya è minacciata dalla distruzione del suo habitat per scopi agricoli, e dalla raccolta a causa della colorazione distinta del suo fiore.

Questa specie è una delle aloe acaulescenti macchiate, ed è facilmente confusa con le altre aloe maculate dell'Africa orientale.

Le foglie di Aloe kilifiensis sono larghe fino a 9 cm. Il perianzio dei suoi fiori è notevolmente ristretto sopra la sua base, e ha una infiorescenza di cinque o più rami.

Ampelocissus africana
Ampelocissus africana

 

Ampelocissus africana

è un tipo di vite legnosa appartenente alla famiglia delle Vitaceae. Produce frutti commestibili.

Annona Senegalensis  - Wild Custard Apple
Annona Senegalensis - Wild Custard Apple

 

Annona senegalensis - Wild Custard Apple

è un arbusto legnoso subtropicale appartenente alla famiglia delle Annonaceae. È meglio conosciuto per i suoi frutti, chiamati "crema di mele", un nome comune che condivide con frutti di numerose altre specie dello stesso genere: A. cherimola e A. squamosa. Talvolta il frutto è chiamato wild-sweetsop (dolce selvatico), bull's-heart (cuore di toro) o ox-heart (cuore di bue). Il sapore del frutto è dolce e piacevole, ma meno popolare di quello della A. cherimola.

Potete trovarlo nei mercati locali, o vederlo piegare i rami della pianta su cui matura.

Non stiamo parlando della Graviola, Annona muricata, nè della Annona reticulata, sebbene molto simili ed appartenenti alla medesima famiglia.

 

L'Annona senegalensis prende la forma di un arbusto o di un piccolo albero, che cresce tra i due e i sei metri di altezza. Occasionalmente, può raggiungere gli 11 metri.

Ha la corteccia di consistenza liscia o ruvida, che può essere un grigio-argento o grigio-marrone. È sfregiato da foglie, con scaglie quasi rotonde, mostrando spazi più chiari di sottobosco.

I rami hanno un tomento denso, grigio, marrone o giallo quando sono nuovi, ma questo viene poi eliminato con l'età.

Le foglie dal verde al blu-verde sono alterne, semplici, oblunghe da ovali a ellittiche, da 6-18,5 cm di lunghezza per 2,5-11,5 cm di larghezza, con i lati superiori quasi glabri, ma spesso pelosi sulle parti inferiori, con venature aracnose dal verde al rossastro, su entrambe le superfici e apici da arrotondati a leggermente dentellati. La base foglia è squadrata o appena lobulare. Il margine della foglia è intero. I piccioli interi sono lunghi 0,5-2,5 cm.

I fiori maturano fino a 3 cm di diametro, su steli da 2 cm, singolarmente o da due a quattro, ascendenti dalle ascelle fogliari. Presentano sei petali spessi e cremosi a doppia spirale, ciascuno è approssimativamente di 0.8-1.5 per 0.9-1.1 cm. Le spirali interne dei petali si curvano sugli stami e sulle ovaie, tre sepali liberi sono ovali e più piccoli dei petali (3-4 per 4-5 mm). Gli stami vanno da 1,7 a 2,5 mm di lunghezza.

I frutti sono formati da numerosi carpelli fusi, carnosi, irregolari, ovattati o globosi di circa 2,5-5 cm per 2,5-4 cm. Sono verdi quando sono giovani, maturando fino al giallo, e infine all'arancio, con molti semi cilindrici oblunghi, arancioni e cilindrici . Il gambo della frutta ha una lunghezza di 1,5-5 cm.

I frutti sono altamente deperibili e durano un breve periodo di tempo dopo il raccolto, da qui la necessità di una corretta conservazione.

La polpa bianca commestibile del frutto maturo ha un piacevole aroma di ananas con il sapore delle albicocche.

L'Annona senegalensis è generalmente impollinata da diverse specie di coleotteri, ma l'impollinazione completa si verifica raramente, spiegando la frequenza dei frutti deformi. Può essere impollinata manualmente quando viene coltivata come pianta da raccolto. L'impollinazione manuale può migliorare sia la resa che la qualità del frutto. La vitalità dei semi di solito non dura più di sei mesi.

 

Il frutto può essere consumato a maturazione o utilizzato in gelati o dessert. La polpa del frutto maturo si consuma scavandolo con un cucchiaio. Il succo può anche essere diluito per fare una bevanda rinfrescante. In alcuni casi, il frutto è stato fermentato per produrre una bevanda alcolica. Rispetto ad altre annonaceae, la "crema di mele" è la più comune in Kenya. Wild Custard Apple non ha ancora guadagnato molta popolarità, ma c'è la possibilità di espandere il suo uso e l'importanza.

 

Anche se le "mele crema" preferiscono climi umidi è possibile coltivarle in aree semi-aride, regioni adiacenti alla costa, spesso, ma non esclusivamente, su rocce coralline con la maggior parte di sabbia, suoli argillosi, dal livello del mare fino a 2400 metri, con temperature medie comprese tra 17° e 30° C, e con precipitazioni medie tra i 700 e i 2.500 mm.

Sono spesso piante solitarie all'interno boschi o sottoboschi, frequentemente anche nelle foreste palustri, o argini, o ex terreni agricoli lasciati incolti per un periodo prolungato. È nativa dell'Africa centro-occidentale e orientale, così come dell'Africa subtropicale e delle isole occidentali dell'Oceano Indiano. Si trova anche nelle isole delle Maldive.

 

L'uso principale di questa pianta versatile è per scopi alimentari, ma ha applicazioni in numerosi aspetti dell'attività umana, e ogni parte della pianta ha proprietà ed usi particolari ed unici. I fiori, foglie e frutti sono commestibili: la frutta con polpa bianca ha un lieve sapore di ananas; i fiori sono aggiunti ai pasti come spezie o per guarnire; le foglie sono mangiate dagli esseri umani come verdure. Le foglie sono anche alimento per il bestiame e fanno parte della dieta della giraffa dell'Africa occidentale, così come sono utilizzate per creare un tonico per la salute generale dell'uomo, nel trattamento della polmonite, e per riempire materassi e cuscini. In Sudan, le foglie vengono bollite per la realizzazione di profumi.

La corteccia può essere utilizzata per produrre insetticidi o medicine per il trattamento di una vasta gamma di disturbi: per combattere i vermi parassiti dell'intestino, diarrea, gastroenterite, infezioni polmonari, mal di denti, e anche morsi di serpente.

La gomma naturale nella corteccia viene utilizzata per chiudere le ferite aperte.

Le radici vengono anche usate in medicina per il trattamento di una vasta gamma di condizioni, dalle vertigini e indigestioni ai raffreddori e malattie veneree.

La cenere del legno è un additivo del tabacco sia da fumo e che da masticare, ed è anche usata per produrre saponi.

 

L'albero inizia la fioritura nel terzo o quarto anno a seconda delle condizioni ambientali e si verifica una volta all'anno.

Studi di laboratorio finanziati dal governo degli Stati Uniti attraverso il National Cancer Institute e National Institute of Health e svolte dalla Purdue University dimostrano che un composto chimico della pianta uccide selettivamente le cellule cancerogene del polmone, della mammella, della prostata, del colon, del fegato, dell'ovaia, del collo dell'utero, della mammella, della vescica e cellule cancerogene della pelle., lasciando quelle sane illese.

Gli oli essenziali nei frutti e nelle foglie sono apprezzati per le loro proprietà chimiche organiche costituite da: carotene (nella frutta) e linalolo (dalle foglie). Alcune parti della Annona senegalensis sono utilizzate nel trattamento della pelle o disturbi agli occhi. Molti sudafricani ritengono che le radici siano in grado di curare la pazzia. Alcuni mozambicani la danno da mangiare ai bambini per svezzarli dal loro seno della madre.

Neem (Azadirachta indica)
Neem (Azadirachta indica)

 

Azadirachta indica - Neem

è un albero della famiglia delle Meliacee nativo dell'India e della Birmania e fu introdotto nell'Africa occidentale all'inizio del XX secolo per fornire ombra e impedire al deserto del Sahara di estendersi a sud.

Ha numerose proprietà medicamentose tanto che in India lo chiamano "la farmacia del villaggio". Per secoli gli indiani sono ricorsi a questa pianta per curare dolore, febbre e infezioni, inoltre si puliscono i denti con i suoi rametti, curano i disturbi della pelle con il succo ricavato dalle foglie e ne bevono l'infuso come tonico.

Il Neem, presente nelle regioni tropicali, appartiene alla famiglia del mogano. Raggiunge 30 metri di altezza e circa 2,5 metri di circonferenza. Dato che raramente perde le foglie, fornisce ombra tutto l'anno. Cresce in fretta, richiede poche cure e sopravvive bene nei terreni poveri.

La corona abbastanza densa è tondeggiante e può raggiungere un diametro di 15-20 metri in esemplari vecchi e indipendenti. Le foglie pennate sono lunghe 20-40 cm, con 20 a 31 foglioline verde medio scuro di circa 3-8 cm di lunghezza. Il volantino del terminale spesso manca. I piccioli sono corti. I fiori (bianchi e profumati) sono disposti in pannocchie ascellari più o meno pendenti, lunghe fino a 25 cm. Le infiorescenze, che si diramano fino al terzo grado, portano da 150 a 250 fiori. Un singolo fiore è lungo 5-6 mm e largo 8-11 mm.

Pianta ermafrodita proterandra (in biologia il termine proterandrìa indica un caso di ermafroditismo dove sono presenti entrambi i gameti, ma si sviluppano prima quelli maschili e successivamente quelli femminili. Condizione opposta è la proteroginìa), i cui fiori bisessuali e i fiori maschili esistono sullo stesso albero. Il frutto ha una superficie liscia (glabra), oliva come drupe che varia forma da ovale allungata a quasi tondeggiante, e quando matura è 1,4-2,8 cm e 1,0-1,5 cm. La buccia della frutta (esocarpo) è sottile e la polpa amara-dolce (mesocarpo) è di colore bianco-giallastro e molto fibrosa. Il mesocarpo è spesso 0,3-0,5 cm. Il guscio interno bianco e duro (endocarpo) del frutto racchiude uno, raramente due o tre semi allungati (gherigli) con un rivestimento di semi marroni.

Agli abitanti dell'India è noto da molto tempo che le foglie del Neem allontanano gli insetti molesti; per questo mettono foglie di Neem nei letti, nei libri, nei recipienti, nelle credenze e negli armadi. Nel 1959 un entomologo tedesco e i suoi allievi, dopo avere assistito nel Sudan a un'impressionante piaga di locuste durante la quale miliardi di esse divorarono le foglie di tutti gli alberi tranne quelle del Neem, si misero a studiare questa pianta con grande impegno. Gli scienziati hanno appreso da allora che il complicato arsenale chimico dell'albero, è efficace contro oltre 200 specie di insetti pure contro vari acari, nematodi, funghi, batteri. L'industria produce oggi un fitofarmaco biologico, l'azadiractina, estratta dall'albero di Neem, spesso usato come antiparassitario su cani e gatti, contro pulci e zecche.

Il Neem può essere utile alle persone anche in altri modi. I semi e le foglie contengono dei composti che hanno rivelato proprietà antisettiche, antivirali e fungicide. Secondo alcuni, potrebbe essere efficace contro le infiammazioni, l'ipertensione e le ulcere. Si dice che medicinali ricavati da estratti del Neem combattano il diabete e la malaria.

Tra gli altri possibili impieghi benefici vanno annoverati i seguenti: Una sostanza ricavata da questa pianta, detta salannina, è un forte repellente per certi insetti che pungono. È in commercio un insettifugo contro mosche e zanzare ricavato dall'olio di Neem.

Il Neem è utile per l'igiene della bocca. Milioni di indiani staccano ogni mattina un rametto di Neem, ne masticano l'estremità per ammorbidirla e poi si strofinano i denti e le gengive. Le ricerche indicano che ciò è utile perché le sostanze contenute nella corteccia hanno un forte potere antisettico.

L'olio ricavato dalla pianta è un potente spermicida e si è dimostrato efficace per ridurre la natalità degli animali da laboratorio. Esperimenti effettuati su scimmie fanno pensare che i composti ricavati da questo albero potrebbero anche portare alla produzione di una pillola anticoncezionale umana per i maschi. I semi e le foglie, lasciate macerare nell'olio di mandorle dolci in totale assenza del caratteristico odore del Neem, producono una "tintura" madre efficace contro gli inestetismi causati dalle patologie della psoriasi, acne, dermatiti, foruncolosi ed eczema.

Dendrocalamus giganteus -Bambù - Bamboo
Dendrocalamus giganteus -Bambù - Bamboo

 

Bambuseae

è una tribù di piante perenni appartenenti alla famiglia delle Poaceae (Graminaceae) e alla sottofamiglia Bambusoideae.

Sono piante sempreverdi, molto vigorose. Possono essere alte da pochi centimetri fino a raggiungere notevoli dimensioni (anche 40 m di altezza e 30 cm di diametro).

Le radici sono rizomatose e la loro tipologia di sviluppo è molto variabile; infatti ritroviamo specie dove le radici si sviluppano considerevolmente in orizzontale o in verticale e si allontanano molto dal loro punto di origine ed altre invece che hanno uno sviluppo molto contenuto, con habitus cespitoso.

Il fusto è cilindrico, con internodi cavi e nodi molto evidenti, dai quali si sviluppano le foglie sottili e lanceolate.

 

Alcune specie sono spontanee in Africa (in particolare nell'Africa sub-sahariana).

Il Bambù, Bamboo in inglese), si è meritato l'epiteto di "acciaio vegetale", grazie alla straordinaria resistenza meccanica sia alla compressione che alla trazione.

Il bambù ha un legno cavo ma anche leggero e resistente, perciò viene impiegato da secoli per gli usi più diversi. Esso, come narra Marco Polo nel suo Milione, veniva impiegato nel duecento in Cina per ottenere delle robuste corde per tirare in secca le navi.

Queste stesse funi sono state anche utilizzate per la costruzione di ponti sospesi, il più longevo dei quali ha collegato per oltre 1700 anni (fino al 2008) le sponde del fiume Min.

 

La tribù Bambuseae in Kenya comprende le seguenti specie:

Oxytenanthera Abyssinica, è una specie di bambù africano con gambo gigante e solido. È l'unica specie del genere Oxytenanthera.

Bambusa textilis, è un bellissimo bambù dritto che forma dei gruppi densi di gambi levigati e fortemente eretti. Questi gambi sono forti ma flessibili e sono cavi, tranne che nei nodi, dove appaiono piccoli spruzzi ramificati di foglie strette. Può raggiungere altezze di 8 m.

Phyllostachys edulis (sin. pubescens) o Bambù guscio di tartatuga (moso bamboo), è un bambù gigante, naturalizzato in Kenya, che può raggiungere altezze fino a 28 m. La parte edulis del nome latino si riferisce ai suoi germogli commestibili. Questa particolare specie di bambù è la più comune utilizzata nell'industria tessile di bambù. Le sue proprietà fisiche vantano una resistenza media di rottura più di tre volte superiore rispetto a cotone, lana, rayon o poliestere.

Dendrocalamus membranaceus cv grandis, naturalizzato in Kenya, adatto a formare enormi ammassi di bambù. Raggiunge i 20 m di altezza e un diametro di 15 cm. La pianta viene comunemente raccolta dalla natura come fonte di cibo, materiali per l'edilizia e la tessitura.

Dendrocalamus maximuslamina, letteralmente il suo nome significa grandi foglie. Questa specie naturalizzata in Kenya è certamente all'altezza del suo nome con foglie estremamente larghe e lunghe. Un bambù gigante che cresce fino a raggiungere i 30 m di altezza e circa 12 - 18 cm di diametro.

Dendrocalamus giganteus, noto anche come Dragon bamboo è una delle diverse specie chiamate bambù giganti. Originario del sud-est asiatico è una delle più grandi specie di bambù al mondo. Raggiunge un'altezza di 30 metri e può crescere fino a 40 cm al giorno. Il diametro è di 10-35 cm. È popolare per la costruzione di ponti, utilizzato in muri di case, rinforzi di cemento, scale, impalcature, piastrelle e rivestimenti per pavimenti, e le foglie sono usate per il tetto.

Dendrocalamus asper, è uno dei bambù giganti per eccellenza, straordinariamente apprezzato sia per i suoi deliziosi germogli che per le sue possenti canne da legno. Tra i bambù più veloci, può raggiungere la sua massima altezza in poco meno di 8 settimane dall'emergere del germoglio dal suolo, con canne che possono raggiungere i 35 metri di altezza e 30 cm di diametro, è anche uno dei bamboo tropicali non invasivi. I suoi germogli, se colti entro qualche giorno dallo spuntare dal suolo, cioè prima che inizino il processo di lignificazione per diventare canne, sono tra i più ricercati e apprezzati nelle cucine, specie quelle asiatiche, e possono pesare anche oltre 5 kg l’uno, costituendo così una fonte inesauribile di proteine e fibre per le popolazioni contadine e più povere dove all'agricoltura tradizionale è associata quella dei bambù giganti. Sperimentato anche come legno da costruzione, ricco di resine riesce a dare le migliori prestazioni di resistenza meccanica in forma di pannelli a fibra orientata, risultando comparabile ai tradizionali pannelli di pioppo.

Dendrocalamus barbartus, è un bambù gigante che si arrampica, fino a 15 m di altezza. Utilizzato per costruzione, carta, compensato in fibra di bambù e artigianato. Le canne sono gigantesche e verticali, di grande valore ornamentale. I giovani germogli di Dendrocalamus barbatus sono commestibili.

Braunii Angylocalyx
Braunii Angylocalyx

 

Braunii Angylocalyx

è una specie di legume della famiglia delle Fabaceae. Si trova in Kenya e in Tanzania.

 

Baphia longipedicellata

è una specie di legume della famiglia delle Fabaceae. Si trova solo in Kenya, ed è minacciata dalla perdita di habitat.

Bauhinia mombassae
Bauhinia mombassae

 

Bauhinia mombassae

è una specie di legume della famiglia delle Fabaceae. Si trova in Kenya e in Tanzania, ed è minacciata dalla perdita di habitat.

Breonadia salicina
Breonadia salicina

 

Breonadia

è un monotipico genere di piante da fiore della famiglia delle Rubiaceae. Il genere contiene una sola specie, vale a dire la Breonadia salicina, che si trova in zone tropicali e meridionali dell'Africa dall'Etiopia, verso sud, fino al Sudafrica.

 

La Breonadia salicina è un albero sempreverde medio-grande, alto da 10 a 40 m. Le foglie sono disposte alternativamente o in verticilli da 3 a 5. La forma della foglia è generalmente lanceolata e il margine fogliare è intero. Sono coriacee al tatto e solitamente di colore verde scuro con giallo sulla nervatura centrale, che è leggermente sollevata.Il frutto è costituito da capsule che si raggruppano in piccole sfere. Gli alberi sono monoici con piccoli fiori di colore giallo. L'albero cresce generalmente da climi subtropicale a climi tropicali, e si può trovare in aree fino a 2000 metri circa sul livello del mare. Di solito vivono sulle rive dei fiumi o nelle acque di torrenti.

Questa specie è spesso usata nella medicina tradizionale africana. Le persone usano soprattutto la corteccia per combattere malattie come l'artrite o problemi di diarrea ed altri all'apparato digerente, ma anche da altre parti della pianta per usi diversi. La corteccia di Breonadia salicina è ricca di tannini. I tannini sono polifenoli che riducono la crescita dell'Escherichia coli nel tratto digestivo. Estratti di foglie di Breonadia salicina sono anche usati per ridurre l'attività di batteri sia gram-negativi che gram-positivi. Si ritiene che queste stesse proprietà antibatteriche possono essere utilizzate per la conservazione degli alimenti.

La Breonadia salicina è stata usata come una fonte di legno utilizzato per costruire case e oggetti.

 

Brucea macrocarpa

è una specie di pianta della famiglia delle Simaroubaceae. È endemica per il Kenya, ed è minacciata dalla perdita di habitat.

Buddleja pulchella
Buddleja pulchella

 

Buddleja pulchella

è una specie di arbusto o un albero tentacolare della famiglia delle Buddlejaceae, endemica delle foreste di montagna del Sud Africa, dello Zimbabwe, del Kenya e della Tanzania ad altitudini di 1.200 - 2.000 m. In Kenya, la pianta è minacciata dalla perdita di habitat.

La Buddleja pulchella raggiune i 10 metri di altezza e si espande fino a due volte tanto in larghezza. Le foglie sono opposte o sub-opposte, i piccioli lunghi da 5 a 10 mm. I fiori, dolcemente profumati, sono di colore bianco o crema pallido, con gole di colore arancio.

Buddleja salviifolia - Sage Bush
Buddleja salviifolia - Sage Bush

 

Buddleja salviifolia - Sage Bush

conosciuto anche come Sage Bush e Sagewood, è una specie di arbusto della famiglia delle Buddlejaceae, endemica dell'Africa sud-orientale, del Kenya e dell'Angola, dove cresce su pendii rocciosi, lungo i margini e corsi d'acqua della foresta.

È un grande, semi-arbusto, multi-stelo, con rami disordinati, pendenti, tipicamente raggiunge un'altezza di 4-8 m. La corteccia è grigio-marrone. I germogli sono quadrangolari e coperti con un denso indumentum bruno-rossastro. Le foglie, con le loro rugose superfici superiori, assomigliano a quelle della salvia, da qui l'epiteto specifico. La foglia è sessile (priva di stelo), con un corto picciolo, strette e oblunghe, con un apice acuminato. Le infiorescenze sono formate da pannocchie terminali coniche di circa 12 × 8 cm con teste ausiliarie occasionali che appaiono in autunno. I colori dei fiori spaziano dal bianco, al crema e al viola; le corolle sono relativamente corte (soli 4 mm). Tuttavia, il profumo dei fiori è considerata la caratteristica più evidente, giudicato da alcuni come il migliore di tutti i buddlejas, e non teme il confronto con i profumi di Chanel.

I decotti della pianta hanno diversi vantaggi medicinali nelle terre d'origine.

Il legno, duro e pesante, è stato tradizionalmente usato per lance e canne da pesca. Altrimenti, è usato come combustibile.

Calophyllum inophyllum - Mtondoo
Calophyllum inophyllum - Mtondoo

 

Calophyllum inophyllum

o Mtondoo in Swahili, comunemente chiamata Alloro Alessandrini, è una grande pianta sempreverde della famiglia delle Calophyllaceae. È originaria dell'Africa, del sud-est asiatico, India meridionale, Indonesia, Giappone, Filippine, Australia e regioni del Pacifico (a sud-ovest, nord-ovest e centro-sud).

Ora, è ampiamente coltivata in tutte le regioni tropicali del mondo. Per le sue foglie decorative ed i fiori profumati, è meglio conosciuta come pianta ornamentale.

Il Calophyllum inophyllum ha una bassa ramificazione ed una lenta crescita con una corona ampia e irregolare. Raggiunge solitamente da 8 a 20 m in altezza. Il fiore è largo 25 mm e si forma da infiorescenze costituite da quattro a quindici fiori. La fioritura può verificarsi tutto l'anno, ma sono considerati soliti due periodi di fioritura distinti, in primavera e nel tardo autunno. Il frutto è tondo, verde e raggiunge da 2 a 4 cm di diametro con un singolo grande seme. A maturazione, il frutto è rugoso ed il suo colore varia dal giallo al rosso-bruno.

Questo albero cresce spesso nelle regioni costiere, così come vicino a foreste di pianura. Tuttavia, è stato anche coltivato con successo nelle zone interne a quote moderate. Oltre ad essere una pianta ornamentale popolare, il suo legno duro e forte è stato utilizzato nell'edilizia e nella costruzione di barche.

I semi producono un olio verde scuro chiamato olio di Tamanu (in Tahiti e nelle Isole Cook la pianta prende questa denominazione) ad uso medicinale o grasso per capelli. Nelle Filippine l'olio è stato utilizzato nelle lampade per l'illuminazione e come combustibile nella seconda guerra mondiale.

La linfa dell'albero è velenosa ed è usata per avvelenare le frecce a Samoa. Il frutto maturo è anch'esso piuttosto velenoso ed è usato come esca per topi. L'albero è considerato sacro in alcune isole del Pacifico.

Carex monostachya
Carex monostachya

 

Carex monostachya

è una specie di carice (nome comune del genere di piante Carex) originario delle montagne dell'Africa orientale ed appartenente alla famiglia delle Cyperaceae.

Carex monostachya vive ad altitudini di 2.700 - 4.000 metri sul livello del mare nelle regioni afro-montane, tra cui il Monte Kenya, la Catena Aberdare e il Monte Elgon, e può essere la specie dominante nelle paludi presenti nelle regioni più alte dei monti.

Carissa  tetramera
Carissa tetramera

 

Carissa tetramera

conosciuta anche come Arduina tetramera, è un genere di pianta sempreverde della famiglia delle Apocynaceae, diffusa prevalentemente nei paesi della zona tropicale e subtropicale dell'Africa e originaria del Kenya, Tanzania, Zimbabwe, Mozambico, Swaziland e Sud Africa.

Le specie di questo genere raggiungono altezze variabili fra i 2 e i 10 metri; sono piante spinose con spine biforcate (a volte con biforcazione multipla, cioè ogni spina della biforcazione porta a sua volta una biforcazione), con foglie di lunghezza fra i 3 e gli 8 centimetri. Le piante fioriscono durante la maggior parte dell'anno, producendo fiori con un diametro fra 1 e i 5 centimetri, con cinque petali asimmetricamente rotati (con forma "ad elica") tipici delle Apocynaceae, molto profumati in alcune specie. Il frutto è una bacca ovale o tondeggiante a forma di susina, lunga da 1,5 a 6 centimetri, di norma di colore rosso vivo o rosso brunastro, contenente fino a 16 semi.
Provenendo da regioni al limite tra il tropicale ed il semitropicale, con estate molto arida e calda, le piante non hanno un definito periodo di fioritura, nella stagione tardo primaverile e in quella autunnale i fiori sono maggiormente presenti, la fioritura è episodica e sequenziale.
I frutti hanno nelle varie specie sapore che va dal dolce al decisamente acido, ma sono comunque commestibili, spesso con un sapore fra la fragola e la mela, sono ricchi di vitamina C. A parte il frutto, il resto della pianta è velenoso. Oltre che come frutto fresco o in macedonie di frutta, in alcune specie i frutti sono consumati immaturi in salamoia.
Date le spine, le piante di Carissa vengono usate come barriera vegetale in siepi di delimitazione, per protezione dei villaggi, o per recintare il bestiame.

Cassia abbreviata - Sjambok pod - Cassia a lunga coda
Cassia abbreviata - Sjambok pod - Cassia a lunga coda

 

Cassia abbreviata

comunemente conosciuta come Sjambok pod o Cassia lunga coda (così chiamata per i suoi baccelli eccezionalmente lunghi), è un genere di pianta della famiglia delle Fabacee che comprende piccoli alberi e arbusti con vistose fioriture di colore bianco, giallo o rosa, diffusa prevalentemente nell'est, nord-est, sud e cento Africa e originaria del Kenya, Tanzania, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Swaziland, Namibia, Somalia, Zambia e Sud Africa.

La Cassia a lunga coda si trova naturalmente a basse altitudini, in boschi aperti e talvolta sulle rive dei fiumi.
È un albero deciduo di piccole e medie dimensioni fino a 7 m di altezza. Il suo tronco sottile e medio è ricoperto di corteccia che varia da marrone scuro a grigio e nero.

I fiori gialli e dolcemente profumati sono raggruppati alle estremità dei rami. I baccelli appaiono presto dopo i fiori, sono lunghi fino a 80 mm e di forma cilindrica. Maturano da un verde chiaro a un marrone scuro.

I baccelli possono richiedere fino a un anno per maturare.
Le foglie della cassia esercitano una azione lassativa, dato che stimolano la contrazione delle pareti intestinali riequilibrando i due tipi di contrazione del colon: quella propulsiva e quella non propulsiva.

Si è scoperto che un estratto di radice di questa pianta potrebbe essere utilizzato per curare la Blackwater Fever (Febbre dell'acqua nera) o Febbre emoglobinurica, una complicazione dell'infezione da malaria in cui i globuli rossi esplodono nel flusso sanguigno (emolisi), rilasciando l'emoglobina direttamente nei vasi sanguigni e nell'urina, spesso portando a insufficienza renale.

Diverse parti dell'albero, in particolare le radici, sono utilizzate nella medicina tradizionale per trattare mal di testa, mal di denti e stomaco, o come agente naturale per l'aborto. L'infuso di radice è utilizzato come afrodisiaco. Il seme è noto per essere utilizzato come tonico.
Questo albero è popolare tra gli animali e gli esseri umani. Vari uccelli mangiano la polpa dei frutti e i semi. Animali come giraffe e kudu ne mangiano le foglie. Si dice anche agli elefanti mangino le foglie e i rami giovani dell'albero.
Questo albero deciduo con i suoi bellissimi fiori è utilizzato anche come pianta ornamentale.

Casuarina equisetifolia - Whistling Pine - Mvinje
Casuarina equisetifolia - Whistling Pine - Mvinje

 

Casuarina equisetifolia - Casuarina comune

o Casuarina delle spiagge, Mvinje (Swahili), Whistling Pine (Inglese), è una pianta appartenente alla famiglia delle Casuarinaceae.

È un albero dal fusto eretto, che può raggiungere l'altezza di 35 metri, con chioma di forma piramidale, di colore verde scuro. La corteccia è di colore bruno chiaro, liscia negli esemplari giovani, rugosa e più o meno sfibrata longitudinalmente in quelli più vetusti.

I rametti sono verdi, composti da segmenti articolati, che si assottigliano e si accorciano verso l'estremità, caratteristica che ricorda gli equiseti.

Le foglie sono triangolari, membranose, lunghe 1 mm o poco più, disposte in verticilli in corrispondenza dei nodi.

I fiori sono brunastri, a sessi separati: quelli maschili sono disposti in spighe terminali, lunghe 1–6 cm, ciascuno con un solo stame; quelli femminili sono aggregati a formare piccoli coni globosi, lunghi 1–2 cm.

I frutti sono legnosi, simili alle pigne delle conifere, di colore marrone a maturità; sono formati da piccole capsule, che a maturità si aprono in due valve, liberando numerosi semi alati.

 

È una specie pioniera in grado di colonizzare suoli poveri di nutrienti, grazie alla sua capacità di fissare l'azoto atmosferico per la presenza nel suo apparato radicale di actinorrize: si tratta di noduli radicali simili a quelli riscontrati nelle Fabaceae, che si formano come conseguenza della simbiosi con attinomiceti del genere Frankia. Tollera un grado elevato di salinità e può sopportare anche transitori allagamenti del suolo.

Frutti e rametti di Casuarina equisetifolia
Frutti e rametti di Casuarina equisetifolia

È la Casuarina più diffusa al mondo, utilizzata in Cina per stabilizzare le sabbie costiere, in Australia per i frangivento e in tutti i tropici per la riabilitazione di siti degradati. È diffusa in tutto il bacino dell'Oceano Indiano che comprende quasi tutta la costa dell'Africa. La specie è presente in Kenya, ma probabilmente è stata introdotta. Cresce in habitat costieri in prossimità del mare: la si trova prevalentemente sulle spiagge e sulle dune costiere, ma talora anche su terreni rocciosi, in ambienti paludosi e in prossimità dei mangrovieti.

Viene utilizzata per legname e pali, pacciamatura, stabilizzazione delle dune e bonifica del terreno. Spesso è l'albero più vicino alla linea di alta marea, essendo tollerante al sale e alle inondazioni. Cresce veloce, alta e diritta, con una corona stretta. Ciò la rende una scelta eccellente per gli impianti di frontiera frangivento, ma non si rovina. Da alcuni è considerata la legna da ardere e carbone di legna "migliore del mondo".

Le piantine e il legno sono soggetti agli attacchi delle termiti, quindi i pali e il legname dovrebbero essere trattati, se usati nel terreno. In altre situazioni è durevole. Il fogliame, che in realtà è un ramoscello, fornisce un buon pacciame.

I semi alati sono molto piccoli, leggeri e prodotti in grandi quantità, circa 700.000 per kg. In deposito rimangono vitali per almeno un anno.

Sebbene sia principalmente una specie costiera, la Casuarina cresce sorprendentemente bene anche a quote più elevate. Il fattore limitante sembra essere il gelo. In Kenya preferisce le aree con precipitazioni di 700 mm o più, come le regioni interne asciutte vicino al Lago Vittoria o nel distretto di Kitui, ma anche in zone più secche, se l'acqua di falda è disponibile. Non ha preferenze per il terreno, infatti cresce bene su sabbia e roccia calcarea.

Cephalosphaera usambarensis
Cephalosphaera usambarensis

 

Cephalosphaera usambarensis

è un genere monotipico di piante da fiore della famiglia delle Myristicaceae. L'unica specie è la Cephalosphaera usambarensis, che è originaria delle foreste sempreverdi umide del Kenya e della Tanzania.

Daknopholis boivinii
Daknopholis boivinii

 

Chloris boivinii - Daknopholis

è un genere di piante africane e dell'Oceano Indiano appartenenti alla famiglia delle Poaceae. L'unica specie nota è Daknopholis boivinii, originaria del Kenya, Tanzania, Mozambico e del Madagascar.

Chrysophyllum viridifolium - Milkwood scanalata
Chrysophyllum viridifolium - Milkwood scanalata

 

Chrysophyllum viridifolium

comunemente nota come Milkwood scanalata, è un genere di pianta sempreverde della famiglia delle Sapotaceae diffusa nelle foreste costiere e in alcuni boschi nell'entroterra delle zone tropicali e subtropicali dell'Africa orientale. È originaria del Kenya, Mozambico, Malawi, Zimbabwe, Swaziland e Sud Africa.
Il tronco può essere scanalato alla base, e la corteccia grigiastra è piuttosto liscia e screziata.

I giovani rami e inferiore delle foglie sono coperti di un indumentum rossastro.

Le foglie oblunghe, con margine ondulato ed intero, misurano 4-9 x 1,5-5 cm ed hanno la punta smussata. La nervatura centrale frastagliata è collegata ad una vena sub-marginale da numerose venature parallele ravvicinate.

I fiori sono bianchi ed a grappoli.

I frutti, commestibili e di buon sapore, di forma quasi sferica e un po' a coste, raggiungono i 3,5 cm di diametro e assumono un colore giallo a maturazione.

 

Cladoceras

è un monotipico genere di piante da fiore della famiglia delle Rubiaceae. Il genere contiene solo una specie, vale a dire, la Cladoceras subcapitatum, che è endemica della parte orientale del Kenya e della Tanzania.

Cladostemon kirkii - Cespuglio a tre dita
Cladostemon kirkii - Cespuglio a tre dita

 

Cladostemon è un monotipico genere di piante da fiore della famiglia delle Capparaceae e comunemente conosciuto come il "Cespuglio a tre dita", è un piccolo albero a foglie decidue. È distribuito attraverso il Kenya, Tanzania , Malawi, Mozambico, Zambia, Zimbabwe, Swaziland e Sud Africa.
Le infiorescenze profumate sono terminali o ascellari, verdastre in un primo momento, poi bianche con venature rosa, e, infine, ingialliscono con l'età. I singoli fiori sono asimmetrici, i due petali superiori sono molto più grandi di quelli inferiori. Gli stami, lunghi 15 cm, sono uniti per la maggior parte della loro lunghezza, formando un androforo.
I grandi frutti penduli, a forma di zucca, hanno una consistenza coriacea e raggiungono i 12 cm di diametro, ed emanano un odore ripugnante per l'uomo durante la raccolta.

Questo albero si trova in savana, in boschi aperti e macchia, preferendo terreni sabbiosi in ambienti particolarmente caldi.

I frutti vengono mangiati da grandi animali come elefanti, rinoceronti e bufali.

Dendrosenecio kilimanjari sul Monte Kilimanjaro (Tanzania)
Dendrosenecio kilimanjari sul Monte Kilimanjaro (Tanzania)

 

Dendrosenecio

è un genere di pianta della famiglia delle Asteraceae (tribù Senecioneae). I suoi membri, i giganteschi "groundel" sono originari delle zone a più alta quota di dieci gruppi montuosi nell'Africa orientale equatoriale e, per quanto riguarda il Kenya, possono riferirsi a:

 Dendrosenecio keniodendron

Dendrosenecio keniensis

Dendrosenecio battiscombei

Dendrosenecio cheranganiensis

Dendrosenecio brassiciformis o brassica. Questo nome è un sinonimo del Dendrosenecio keniensis

 

 

 

Il Dendrosenecio keniodendron è una gigantesca pianta a rosetta che si trova ad un'altitudine compresa tra 3.900 metri (12.800 piedi) e 4.500 metri (14.800 piedi).

Il Dendrosenecio keniensis cresce in siti più umidi, e quindi in media a quote più basse e nelle brughiere, e occasionalmente si ibridano.

Il Dendrosenecio battiscombei è una specie endemica del Kenya, con areale ristretto alle zone di alta quota della catena Aberdare e del monte Kenya.

Il Dendrosenecio cheranganiensis (Cherangani Hills Giant Groundsel) è una specie endemica delle colline Cherangani in Kenya.

Può crescere fino a 6 metri di altezza, con tronchi fino a 25 cm di diametro e midollo con diametro di 2 cm. Rosette con 40-70 foglie. La riproduzione infrequente rende queste piante giganti scarsamente ramificate. Raramente superano tre cicli riproduttivi. Le foglie possono essere lunghe fino a 94 cm e larghe 25 cm. L'infiorescenza può essere alta 100 cm, con un diametro di 70 cm.

I Dendroseneci hanno lunghi tronchi, che fungono da serbatoi di acqua, che in alcune specie raggiungono anche i 7–10 m di altezza, e che talora si diramano in 2-4 ramificazioni laterali, assumendo un habitus a candelabro.

Una rosetta di foglie carnose e appuntite forma l'apice proteggendo le gemme vegetative dalle basse temperature. Quando muoiono, le foglie si essiccano e restano saldamente inserite al tronco formando uno spesso strato isolante. I fiori sono riuniti in una grande infiorescenza terminale piramidale.

La loro conformazione costituisce un adattamento alle condizioni climatiche estreme del loro habitat, caratterizzato da notevoli escursioni termiche e scarse precipitazioni. Le sorprendenti somiglianze con alcune specie di Lobelia (Campanulaceae) che condividono gli stessi habitat (come p.es. Lobelia deckenii) sono spesso citate come caso emblematico di convergenza evolutiva.

 

Il genere Dendrosenecio ha il suo areale in Africa centro-orientale (Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Ruanda, Kenya e Tanzania).

Le specie di questo genere crescono nelle aree di alta quota, da 2500 a 4600 m di altitudine, di dieci diverse montagne: il Kilimanjaro e il monte Meru in Tanzania, il Kenia, gli Aberdare e le Cherangani Hills in Kenya, il monte Elgon al confine tra Uganda e Kenya.

Ad eccezione di D. battiscombei e D. keniodendron (presenti sia sul monte Kenya che sugli Aberdare), le altre specie hanno un areale ristretto ad un singolo sistema montuoso. Nella stessa montagna possono essere presenti, a differenti altitudini, specie e sottospecie differenti.

Dati molecolari suggeriscono che le diverse specie si siano sviluppate, per radiazione adattativa, a partire da un comune antenato diffuso sul Kilimanjaro, con successiva dispersione agli Aberdare, al monte Kenya, alle Cherangani Hills ed infine verso il monte Elgon.

I loro habitat vanno dalla foresta montana alle praterie umide di alta quota, estendendosi sino al limite superiore della zona afro-alpina.

 

Le specie di questo genere, la cui scoperta risale all'epoca coloniale, erano in passato incluse nel genere Senecio, nell'ambito del sottogenere Dendrosenecio.

Nel 1977 Nordenstam ha ridefinito i limiti di Senecio ed ha elevato Dendrosenecio al rango di genere a sé stante.

Dendrosenecio keniensis
Dendrosenecio keniensis
Dendrosenecio keniodendron
Dendrosenecio keniodendron
Dendrosenecio battiscombei
Dendrosenecio battiscombei

Senecio roseiflorus
Senecio roseiflorus

 

Senecio roseiflorus

Il Senecio roseiflorus è una specie anch'essa appartenente alla famiglia delle Asteraceae.

È un'erba eretta o un debole arbusto, con foglie molto appiccicose. È endemico in Kenya e viene trovato nella zona alpina più secca ad un'altitudine di 3100-4200 m.

Il Senecio è composto da circa 1500 specie, di cui circa 33 si trovano in Kenya. Le piante di questo genere sono note per produrre principalmente alcaloidi pirrolizidinici, sesquiterpenoidi principalmente con uno scheletro eremofilo, diterpenoidi e flavonoidi, con attività epatotossica, cancerogena, insetticida, antimicrobica, antitumorale, antivirale, antiulcera e immunosoppressiva.

La caratteristica principale di questa pianta è l'essudato della superficie fogliare (fino al 30% di peso fogliare secco) dovuto alla deposizione di composti superficiali, che di solito sono flavonoidi metilati in un ambiente terpenoide. I flavonoidi sono noti per avere una buona attività antiplasmodiale, con la più alta attività contro i ceppi sensibili alla clorochina e resistenti del Plasmodium falciparum.

Senecio keniophytum
Senecio keniophytum

 

Senecio keniophytum

Sulla cima del Monte Kenya il Senecio keniophytum è una delle specie endemiche che si trovano ad alta quota in Kenya, ma non è uno dei giganti di Dendrosenecio che vivono lì.

La specie è un'erba rampicante perenne con rami fioriti eretti alti 4-20 cm . Le foglie lunghe e oblunghe, alquanto succulente e a margini seghettati, sono poco meno di 2 centimetri di lunghezza e 0,5 centimetri di larghezza. I fiori sono di colore giallo brillante.

È una delle prime specie pionieristiche rinvenute dopo il ritiro dei ghiacciai e può crescere in aree di roccia nuda 5-6 anni dopo la deglaciazione. L'intervallo altitudinale è di 3.700-5.000 m e si trova principalmente intorno alla vetta della montagna vicino al bordo dei ghiacciai. Si trova anche sul terreno paludoso, vicino a corsi d'acqua e piccoli laghi, vicino alla linea di neve e riparata tra le rocce.

 

Questa, come si è detto, è una delle specie pioniere presenti nelle aree rocciose di recente deglaciazione. Alla fine del 19° secolo c'erano 18 ghiacciai sul Monte Kenya, ma da allora otto sono scomparsi e il resto ha subito perdite sostanziali. I ghiacciai più grandi rimasti sono i ghiacciai Lewis e Tyndall, quest'ultimo si è ritirato di circa 250 m dal 1958 al 2009.

Mentre i ghiacciai si ritirano, l'habitat roccioso disponibile per questa specie potrebbe aumentare, ma l'aumento delle temperature, la siccità, la conseguente ritirata dei ghiacciai e la riduzione delle acque scaricate dagli stessi, potrebbero portare a una diminuzione della disponibilità di habitat adatti per questa specie e potenzialmente ad un declino. Altresì, altre specie alpine potrebbero anche espandere le loro distribuzioni, potenzialmente causando competizione per questa specie. In una parcella del ghiacciaio Tyndall solo questa specie era presente nel 1996, ma nel 2011 sono state registrate altre tre specie di piante alpine, potenzialmente in competizione con questa specie per spazio e risorse.

A quote più basse (1.890 m) sul Monte Kenya, tra il 1963 e il 2011 c'è stato un aumento della temperatura di 2° C. Sebbene manchino dati delle stazioni meteorologiche affidabili disponibili ad altitudini elevate, si deduce che vi sia stato anche un aumento delle temperature a quote più elevate. Tuttavia, esemplari di questa specie sono stati raccolti ad altitudini inferiori (fino a 3.700 m), quindi questa specie potrebbe essere in grado di adattarsi alla crescita a temperature più calde.

Il calpestio, lo scarico dei rifiuti e la contaminazione delle acque da parte dei turisti sono minacce prevalenti nelle regioni alpine del Monte Kenya. Tuttavia, nessuna di queste minacce è nota per colpire questa specie in modo specifico e in generale le aree di alta quota del Monte Kenya sono ben protette e relativamente indisturbate a causa della loro lontananza. La maggior parte dei turisti utilizza sentieri stabiliti per le vette del Monte Kenya, quindi la maggior parte della popolazione di questa specie non sarà influenzata dal calpestio o dall'erosione del suolo.

Cocos nucifera - Palma da cocco
Cocos nucifera - Palma da cocco

 

Cocos nucifera - Palma da cocco

meglio conosciuta come Palma da cocco (ingl. Coconut palm), è una pianta della famiglia delle Arecacee (sottofamiglia Arecoideae, tribù Cocoseae), tipica dei litorali di paesi caldi. È l'unica specie riconosciuta del genere Cocos.

 

La parola cocco deriva dalla portoghese "coco", che significa testa.

I marinai di Vasco de Gama, durante il viaggio nelle Indie, hanno dato il nome alla pianta in base alla forma del frutto, con una vaga somiglianza con la testa a forma di zucca intagliata del Coco, mostro della mitologia ispanica e molto simile all'uomo nero.

 

La zona di origine della specie è controversa. L'uomo ha sicuramente avuto una parte rilevante nella sua amplissima distribuzione. Tra le zone che vengono ritenute possibili per la sua origine, la pianta ha l'arcipelago indonesiano e il sud America.

Nell'antichità la pianta era stata già diffusa in tutta l'area del Pacifico, con numerose varietà che si differenziano per il colore, la grandezza e la forma del frutto. Gli europei (portoghesi e spagnoli) scoprirono il cocco esplorando le coste occidentali dell'America centro-meridionale, e dal 1525 cominciarono a coltivarlo diffondendolo anche sulle coste orientali.

Oggigiorno le principali zone di diffusione della palma da cocco sono situate tra il ventiduesimo parallelo nord e sud. La palma è coltivabile oltre questi limiti di latitudine, ma le coltivazioni perdono importanza commerciale. Generalmente le palme vengono coltivate sulla costa, ma la loro crescita non è limitata agli ambienti costieri. È possibile trovare palme anche a centinaia di chilometri lontano dalla costa quando le condizioni climatiche lo permettano. In ogni caso l'influenza marina ha sicuramente un effetto positivo sul raccolto in frutti.

Generalmente la capacità delle noci di cocco di galleggiare sull'acqua marina è indicata come metodo di diffusione naturale della specie. Le noci di cocco sono in grado di mantenere la capacità di germogliare dopo 110 giorni di immersione nell'acqua di mare (periodo nel quale possono arrivare a percorrere fino a 5000 chilometri). Per quanto riguarda la diffusione attuale è evidente che questa è avvenuta ad opera dell'uomo, sia in epoca storica, come documentato, sia in epoca precedente dalle popolazioni indigene dei settori geografici interessati.

L'habitat ottimale è quello delle coste di regioni tropicali, con precipitazioni annue tra i 1.300 e i 2.000 mm, fino ad altitudini di 600 m s.l.m.

 

Il fusto è colonnare e slanciato, alto dai 20 ai 40 m, con un diametro alla base di 50–70 cm, più sottile 25–35 cm in alto, con la superficie di colore grigio, segnata dalle cicatrici a forma di anello lasciate dalle foglie e dai racemi caduti, termina all'apice con una corona di grandi foglie paripennate.

 

Le radici sono fascicolate, cilindriche, di diametro uniforme, di notevole sviluppo ma dalla vita breve, sostituite dalle radici avventizie che si sviluppano dalla base della pianta, e che si estendono negli strati superficiali del terreno; le radici aeree avventizie si sviluppano dal colletto della pianta, fino a 1 m di altezza, con particolari formazioni lenticellari.

 

Le foglie sono paripennate, lunghe 4–5 m, con la base dilatata a formare una larga guaina, erette nei primi due anni di vita, successivamente cadenti, formate da leggerissime foglioline, allungate e brevemente picciolate, divise in due, molto striate e leggermente arcuate.

 

I fiori sono piccoli e giallastri, riuniti in infiorescenze a spadice, ramificate in circa 50 rami secondari, protette esternamente da una grande spata concava. Ogni pianta porta annualmente da 6 a 12 infiorescenze, prodotte in tempi diversi.

Nella parte basale dei rami dello spadice si trovano generalmente 5 fiori femminili (la palma non è dioica come molte altre palme, ma monoica a fiori diclini (parte maschile e femminile sulla stessa pianta), formati da un perigonio di 6 tepali, a lobi inspessiti, disposti su 2 verticilli embricati, formati da 3 elementi, i 6 stami sono disposti su due verticilli da tre elementi ciascuno e sono rudimentali, l'ovario è formato da 3 carpelli, di cui solo uno verrà fecondato.

I fiori maschili, sono molto numerosi, circa 300 per ogni ramo dello spadice, con un perigonio di 6 elementi, hanno 6 stami, un pistillo rudimentale che nella parte apicale ha 3 denti provvisti di ghiandole nettarifere, per attirare gli insetti pronubi. L'impollinazione è mista, sia anemofila che entomofila.

 

I frutti sono drupe voluminose, dette comunemente noci di cocco, di circa 1 kg di peso, che si formano dopo 2 settimane dalla fioritura, e crescono rapidamente per circa 6 mesi. Hanno esocarpo (buccia) liscio e sottile generalmente di colore rosso-brunastro, mesocarpo fibroso e leggero a maturità che è strettamente unito all'endocarpo (guscio) legnoso e durissimo, e che presenta alla base 3 pori a minore spessore chiaramente visibili, detti anche "occhi". Il guscio è strettamente aderente al tegumento del seme che racchiude. Occorrono 12-13 mesi perché da una spata aperta si passi ad un frutto maturo, ma in alcune varietà serve anche più tempo.

Per la commercializzazione della noce la buccia e il mesocarpo fibroso sono rimossi.

Il mesocarpo fibroso, dotato di fibre legnose leggere appressate, costituisce la parte che sostiene il galleggiamento della noce. Tale materiale è una importante fibra vegetale commerciale detta fibra di cocco o fibra coir, è estremamente resistente all'acqua, e una delle poche resistente all'acqua salata.

 

Il seme è costituito dalla polpa della noce; ha un tegumento sottilissimo di colore bruno, strettamente aderente all'endosperma ricco di grassi (copra), formato da uno strato spesso 1–3 cm che forma una cavità contenente un liquido lattiginoso, detto "acqua di cocco"; l'embrione è avvolto dall'endosperma a un'estremità del frutto. La germinazione avviene con la produzione di un austorio che si sviluppa all'interno del seme formando un tessuto carnoso detto pomo, e dalla parte opposta si forma il cotiledone che fuoriesce dal guscio da uno dei pori (occhi), dando origine alla gemma da cui si sviluppa il fusto con le foglie e le radici.

 

Varietà

La specie presenta oltre 80 varietà descritte. Fondamentalmente le varietà si dividono in due grandi categorie, piuttosto omogenee per caratteristiche, le "alte" e le "nane". In ogni caso tale divisione non è rigida e vi sono varietà che non ricadono in nessuna delle due categorie. Le varietà "alte" sono generalmente allogame, mentre le varietà "nane" sono generalmente autogame.

- Varietà "alte". Sono piante generalmente molto longeve, che raggiungono con facilità gli 80 anni di vita. Fruttificano relativamente tardi dall'impianto, fino a 10 anni dopo la semina, e ancora più tardi raggiungono il picco di produzione.

- Varietà "nane". L'altezza massima è minore delle varietà "alte", ma le palme possono ancora risultare imponenti, con altezze fino a 12 metri. Questo genere di palme è anche estremamente rapido nel raggiungere la maturità riproduttiva, e si può sperare di vedere i primi frutti anche a soli 4 anni dall'impianto, con noci che toccano il suolo. La varietà più famosa tra le "nane" è la Malayan Dwarf, che ha tre sottotipi, la regia, l'eburnea e la pumila, le quali differiscono per il colore della noce. Le noci delle varietà "nane" sono più piccole in genere di quelle delle varietà "alte".

- Altre varietà. Vi sono altre varietà dalle caratteristiche intermedie, come si è già detto. Inoltre esistono varietà dalle noci particolarmente grandi o particolarmente piccole. Ci sono anche alcune varietà che hanno l'involucro della noce commestibile, altre con l'esocarpo rosa o con la noce che contiene sostanze viscose o profumate. Queste varietà sono commerciate (se lo sono) solo su base locale e non hanno importanza economica.

 

Usi

Nei paesi d'origine, per la produzione di noci di cocco utilizzate per il consumo fresco.

Ne viene ricavata la copra per la produzione della margarina di cocco, un olio vegetale ad alto punto di fusione utilizzato in pasticceria come succedaneo del burro; o per la fabbricazione di saponi, colle e appretti. I sottoprodotti della lavorazione industriale della copra, come il panello di copra, vengono utilizzati come mangime per gli animali. Sempre dalla copra, ridotta in polvere, si ricava una farina utilizzata a fini alimentari.

Dalle fibre del mesocarpo si ricava il coir una fibra utilizzata per lavori di intreccio, tappeti e cordami.

Con la linfa estratta incidendo le giovani infiorescenze si ricava il "vino di palma" o "vini di cocco" (linfa fermentata), l'aceto di palma, lo zucchero di palma e l'acquavite di palma. La linfa fresca, raccolta due volte al giorno, è di consumo comune in Kenya dove la produzione vinicola è ancora alle prime armi. Ma se i vini Colombard prodotti nella zona del Lago Naivasha sono abbastanza buoni, lo stesso non si può dire del vino che si trova più comunemente nel paese, il mnazi ricavato, appunto, dalla linfa delle inflorescenze della palma da cocco. Come a qualcuno sia potuto venire in mente di riprodurre una bevanda che si fa con l'uva usando in sua vece la palma da cocco è un mistero; il risultato, il "vino di cocco", ha comunque un sapore orribile e un odore insopportabile.

Le giovani gemme sono commestibili (cavoli di palma).

Dagli stipiti si ricava il legno di cocco, utilizzato per la facilità di lavorazione per mobili, manici d'ombrello, o abitazioni rurali.

Le fronde vengono utilizzate come fibre per intrecciare cappelli, stuoie e tetti per le capanne.

L'olio è utilizzato comunemente nei prodotti per rasatura (crema, sapone e schiuma da barba) e anche negli abbronzanti.

 

Proprietà medicinali

La noce di cocco è composta al 50% d'acqua. Il restante è formato da fibre, carboidrati, zuccheri e lipidi. Ferro, potassio, rame, zinco, magnesio, fosforo e sodio sono i sali minerali presenti in maggior quantità dentro il frutto.

L'Isoleucina, serina, treonina, acido glutammico, arginina, acido aspartico, fenilalanina, glicinae cistina, sono invece gli amminoacidi più abbondanti. L'abbondanza di vitamine B e C aiuta negli stati di debolezza, stanchezza e allevia lo stress.

L'acqua della noce di cocco, oltre che essere dissetante, dolce e rinfrescante (proprietà che l'hanno resa molto popolare nella stagione estiva), ha pochissimi grassi e calorie ed è priva di colesterolo, mentre ha abbondanti quantità di sodio, potassio, magnesio e calcio. Tutte queste caratteristiche la rendono un ottimo integratore dopo un'intensa attività fisica.

L'olio di cocco è uno dei pochi oli alimentari (vegetali) naturali completamente saturi, per cui l'uso abituale in dieta, anche dei suoi derivati, deve essere attentamente controllato.

 

La noce di cocco ha un guscio estremamente resistente e la sua forma sferico-ovale la rende anche difficile da intaccare. Per aprirla è bene prima forare uno degli "occhi" (uno solo dei tre è facilmente perforabile) con un punteruolo o con un cavatappi e far uscire l'acqua di cocco contenuta all'interno.

Il liquido contenuto (acqua di cocco), leggermente lattescente, è una buona bevanda e può essere versato in un bicchiere. La condizione della alterazione delle qualità della polpa (irrancidimento) si può rilevare dall'odore e dal sapore dell'acqua.

Per rompere la noce, la maniera più semplice è colpirla con un martello (meglio una mazzetta da muratore) tutto attorno al diametro e, avendo un poco di esperienza, colpendola direttamente mentre la si trattiene sospesa in mano, così come fanno i muratori per spezzare i mattoni. Nel caso sia necessario appoggiare la noce per colpirla (se non si ha esperienza è l'operazione più sicura), è sconsigliabile farlo appoggiandola su un tavolo da cucina; è molto meglio appoggiarsi su un blocco di pietra, o qualcosa di simile consistenza. Un altro sistema è quello di dare una serie di colpi secchi con una roncola, battendo col lato opposto al taglio, tutto intorno al diametro. Gradualmente il guscio legnoso si intaglia e si frattura fino a spaccarsi in due metà. Un sistema ancora più pulito è utilizzare una morsa di dimensioni adeguate. Si mette la noce tra le due ganasce e si chiude la morsa lentamente, fino a spaccare la noce. È possibile adoperare semplici forbici da potatura, agendo inizialmente in corrispondenza del foro praticato con il cavatappi: il guscio cederà, e si potrà proseguire con le forbici stesse nel ridurlo in frammenti (però questa procedura non è facile). Un'altra alternativa è mettere la noce di cocco in forno a circa 150-200° per alcuni minuti, dopo averla svuotata del liquido. Il calore asciuga e induce delle crepe nel guscio, che si può poi rompere con facilità. Distaccare completamente la polpa dal guscio non è ugualmente facile; usando coltelli, è bene fare molta attenzione a non ferirsi: meglio usare un coltellino da parmigiano; conviene piuttosto aspettare e fare asciugare la polpa: la polpa un po' disidratata (asciugata) si stacca dal guscio molto più facilmente ed infine, proseguendo la disidratazione, si avrà il completo distacco in maniera naturale (l'essiccazione della polpa è la maniera usata per estrarre la polpa dal guscio nella preparazione della copra).

Il metodo maggiormente diffuso per l'apertura della noce, nei paesi dove la pianta è coltivata per l'estrazione della copra, è colpire la parte con "gli occhi" utilizzando un machete, appoggiando la noce su un apposito ceppo incavato. Questo sistema non è consigliabile per i principianti e, d'altra parte, non esiste motivo per utilizzarlo.

 

Uno dei più temibili parassiti di questa pianta è il Rhynchophorus ferrugineus, noto come "punteruolo rosso delle palme". Si tratta di un coleottero curculionide originario dell'Asia, recentemente propagatosi in Medio Oriente e successivamente a tutto il bacino del Mediterraneo, rivelatosi resistente a tutti i mezzi di controllo convenzionali.

 

Caratteristiche del legno e proprietà del Cocos nucifera (l'albero di cocco).

Il cocco, Cocos nucifera, è stato descritto come "l'albero della vita" o "l'albero dell'abbondanza" e il più grande dono della natura per l'uomo. I prodotti a base di cocco forniscono cibo, riparo ed energia alle famiglie agricole e possono essere trasformati in vari prodotti commerciali e industriali.

In Kenya, il cocco è una fonte chiave di sostentamento domestico nella regione costiera. Circa 44.000 ettari sono sotto la noce di cocco lungo la costa del Kenya che costituisce 4,4 milioni di alberi di cocco coltivati. Circa il 70% di questi alberi sono senili (non sono più produttivi - oltre 60 anni). Il legno di questi alberi senili è una potenziale risorsa rinnovabile per il legname e un buon sostituto per i legni duri tradizionali.

Le proprietà di lavorazione del legno per il cocco coltivato in Kenya non sono ben documentate. Questo documento evidenzia i risultati osservati dal comportamento di conversione e la determinazione della forza e delle proprietà fisiche. Generalmente le caratteristiche e le proprietà ottenute erano paragonabili a quelle di altre parti del mondo. La densità varia da bassa a pesante densità 0,248 - 0,852 g/cm³. La resistenza alla flessione, la rigidità alla flessione e la forza di schiacciamento vanno da molto deboli a molto forti a causa della variazione di densità.

Gli sforzi per promuovere l'uso del legno di cocco in Kenya sono iniziati all'inizio del 2003 nel tentativo di cercare specie di legno alternative che potrebbero essere utilizzate nel sotto settore dell'intaglio del legno. Tuttavia, ci sono sfide nell'utilizzo del legno di cocco e nella sua espansione produttiva.

 

Vedi anche: Noce di Cocco.

Delonix Regia - Flamboyant
Delonix Regia - Flamboyant

 

Delonix Regia - Flamboyant

è una pianta della famiglia delle Fabaceae (note anche come Leguminose), originaria del Madagascar..

È conosciuta in molte parti del mondo, specialmente ai Tropici, come Flamboyant e in Italia anche come "albero di fuoco".

Flamboyant è una parola francese che significa "fiammeggiante", per l'aspetto alla fioritura. "Albero di fuoco", analogamente è in relazione alla pianta in fiore. Delonix è un termine derivato dal greco e letteralmente si traduce con "unghia all'ingiù" con riferimento all'aspetto dei petali; regia sottolinea il portamento imponente della specie.
È un albero maestoso che può superare i quindici metri di altezza, con rami allargati portanti foglie bipennate e un'abbondante e spettacolare fioritura rosso-arancio. Il frutto è un baccello lungo tra i 40 ed i 60 centimetri contenente alcune decine di semi oblunghi, scuri e striati sui bordi, che lontanamente ricordano i semi dei girasoli, con germinabilità medio bassa. Si riproduce anche per talea.
La specie cresce spontanea in natura solo nella foresta decidua secca del Madagascar nord-occidentale, nell'area del massiccio di Bemaraha e nelle foreste attorno ad Antsiranana. Sin dal XIX secolo la pianta è stata introdotta in molti paesi tropicali nei quali si è naturalizzata. È molto presente alle Canarie, dove viene usata nei viali pubblici. In alcuni di essi, come l'Australia, si è rivelata una specie invasiva, in grado di creare problemi alla flora autoctona.
Nelle zone temperate questa pianta è coltivata per ornamento dei giardini o nelle alberate stradali.

Ficus natalensis - Fico Natale - Mutuba
Ficus natalensis - Fico Natale - Mutuba

 

Ficus natalensis

è un albero della famiglia Moraceae.

È comunemente noto come Fico Natale, o "Mutuba" per i locali. Questi alberi sono distribuiti nella parte nord-orientale del Sud Africa, in Uganda e in Kenya.

 

L'albero inizia la vita emettendo delle radici aeree che gli servono per attecchire, inizialmente come pianta epifita, su altri alberi, salvo poi inglobare completamente questi ultimi e alla fine soffocarli sostituendosi ad essi.

L'impollinazione viene effettuata da diverse specie di moscerini dei fichi (Agaonidae).

 

Il Ficus natalensis si trova dal livello del mare fino a 2200 m di altitudine nella foresta umida, nella foresta secca, nelle foreste fluviali e sotterranee, nei boschi e nella savana, spesso in luoghi rocciosi.

È un arbusto o albero di piccole e medie dimensioni fino a 30 m di altezza; corteccia grigiastra, abbastanza liscia, con lattice bianco; radici aeree appese ai rami, poche o abbondanti.

 

La corteccia viene raccolta, senza danneggiare l'albero, per fare Bark Clothes (ovvero dei tessuti vegetali), un materiale rinnovabile ecologico. Abili artigiani incorporano questo tessuto unico, cucito manualmente dalla popolazione locale, in molti usi moderni, tra cui moda, accessori, articoli per la casa, interior design e l'arte. La visione è quella di creare posti di lavoro sostenibili in Africa orientale, creando una domanda globale di tessuto di corteccia. Alberi Mutuba possono essere scortecciati ogni anno, a volte anche ogni cinque anni, per un massimo di 40 anni, producendo singolarmente fino a 200 m² di stoffa.

Per la fabbricazione del tessuto, un cilindro di corteccia viene rimosso dal tronco. Dopo la rimozione della corteccia, il bolo viene coperto con foglie di banana e talvolta intonacato con sterco di vacca, per stimolare il recupero e la crescita della corteccia. A volte la corteccia ricresciuta è di qualità migliore della corteccia del primo raccolto.

Dopo l'eliminazione dello strato esterno, il cilindro di corteccia raccolto viene ammorbidito con vapore e battuto intensamente con diversi tipi di martello per rimuovere il materiale indesiderato e per allungare la corteccia. Battendo le fibre si ammorbidiscono e si elasticizzano e un pezzo di corteccia largo 50 cm può produrre un pezzo di stoffa largo circa 2,5 m dopo la battitura.

Dopo essere stato battuto, il panno viene lasciato asciugare al sole, che gli conferisce anche un profondo colore rosso-marrone. L'oscuramento può essere fermato in qualsiasi momento.

Dopo l'essiccazione, la corteccia viene inumidita e impastata fino a renderla morbida e flessibile. Altresì, se conservata correttamente può resistere per più di 30 anni.

 

La corteccia di Ficus natalensis è una fonte importante di stoffa vegetale. In Uganda questa stoffa adorna luoghi e santuari culturali e viene usata per seppellire i morti. È usata nelle cerimonie, ma anche come materiale da lettiera per gli animali di allevamento e in artigianato, ed è venduta in negozi di souvenirs, curiosità e mercati locali. La corteccia viene anche trasformata in cordame.

Il frutto è commestibile, ma di importanza marginale; nell'Africa occidentale è mangiato dai bambini. In Uganda i frutti secchi e pestati vengono mescolati con la farina di manioca per fare il pane. Le foglie vengono date agli animali domestici come foraggio. L'albero è piantato come pianta da ombra nelle piantagioni di caffè, cacao e banane senza privarle del sole.

Il legno viene utilizzato per intagliare utensili per la casa e come legna da ardere. In Sud Africa il legno tenero viene usato per fabbricare fiammiferi. Il lattice è usato come collante.

 

Nella medicina tradizionale africana, tutte le parti dell'albero sono utilizzate contro una varietà di disturbi.

La radice ha proprietà analgesiche e viene utilizzata per il trattamento della lombalgia, dell'artrite e del mal di testa. In Uganda la radice viene anche applicata all'occhio per il trattamento della cataratta. In Tanzania la radice è usata come antiveleno contro i morsi dei serpenti, in Uganda si usa un infuso di foglie per questo scopo. Nella Tanzania orientale un decotto di radici viene bevuto contro la malaria e nell'Africa meridionale contro le coliche.

Una macerazione della corteccia viene bevuta regolarmente durante la gravidanza per facilitare il parto. In Tanzania, la corteccia è usata contro l'influenza e la pertosse. La polpa della corteccia o della radice viene sfregata sulla fronte contro il mal di testa.

Il lattice è accreditato con proprietà analgesiche e viene utilizzato in Senegal contro il mal di denti.

In Uganda un'infusione delle radici aeree viene presa contro il singhiozzo e masticata per indurre il travaglio.

L'acqua in cui le foglie di Ficus natalensis e altre piante sono state macerate, viene bevuta in grande quantità contro la dissenteria.

In Sierra Leone le foglie sono applicate esternamente per fermare l'emorragia interna. Le persone zulu in Sud Africa applicano foglie su ulcere, ferite e verruche. In Tanzania la linfa delle foglie viene anche applicata contro la flogosi acuta dell'orecchio medio. In Uganda le foglie fanno parte del trattamento contro la malaria.

 

Lo scopo principale del Ficus natalensis è quello di proteggere il suolo dall'erosione. Entro 3 o 5 anni l'albero di Ficus forma una radice profonda che stabilizza il terreno. Inoltre, lascia cadere le foglie che faranno da concime per il terreno aumentando così la fertilità del suolo.

Gli alberi forniscono legna da ardere, foraggio per capi di bestiame e corteccia che possono essere usati a livello nazionale o venduti per integrare il reddito familiare. Fungono anche da frangivento.

 

L' albero è abbastanza robusto e può raggiungere, come abbiamo detto, altezze di oltre 20 m, con una chioma molto ampia se lasciata crescere. La potatura solleva la sua chioma all'altezza desiderata sopra il terreno. Nelle sue fasi iniziali, è necessario proteggere l'albero dai danni del bestiame. Entro 12 a 18 mesi, tuttavia, l'albero è abbastanza stabile. I rami potati sono utilizzati come legna da ardere quando sono asciutti. Pertanto la scarsità di legna da ardere può portare ad una super raccolta di rami e distruggere la chioma. Tuttavia, l'albero si rigenera rapidamente con la venuta delle piogge.

L' albero di Ficus può vivere per cento anni.

Hagenia abyssinica - African redwood
Hagenia abyssinica - African redwood

 

Hagenia abyssinica

è una pianta della famiglia delle Rosaceae, nativa delle zone montane dell'Africa centrale e orientale.

È conosciuta in inglese come African redwood (Sequoia africana), East African rosewood (Palissandro dell'Africa orientale), o Kousso, in amarico come Kosso, e in swahili come mdobore o mlozilozi.

 

La Hagenia è un albero snello che può raggiungere i 20 m di altezza, con un tronco basso, rami spessi, e una corteccia anch'essa spessa che tende a staccarsi. Le foglie possono raggiungere i 40 cm di lunghezza, con 7-13 foglioline di circa 10 cm, verde nella parte superiore e argentata e pelosa nella parte inferiore. I fiori possono essere di colori che vanno dal bianco all'arancione al rosato, raggruppati in racemi di circa 30-60 cm di lunghezza.

 

Hagenia abyssinica si trova in buona parte dell'Africa centro-orientale. Prospera ad altitudini comprese fra i 2000 e i 3000 m, in aree dove le precipitazioni annue siano intorno ai 1000-1500 mm. La si può trovare insieme ad altri alberi tipici delle zone afromontane, mentre nelle zone di foresta più secche la Hagenia comunque predomina.

 

Dai fiori di Hagenia si ricava una medicina tradizionale detta kosso (trascritto anche come kousso o cusso), che può essere utilizzata come antielmintico nella cura del verme solitario. L'uso primario era, anche nel 19° secolo, per combattere infestazioni da tenia umana, dovuta al consumo diffuso di piatti contenenti carne cruda.

Artiglio del Diavolo (Harpagophytum procumbens)
Artiglio del Diavolo (Harpagophytum procumbens)

 

Harpagophytum procumbens

chiamato anche "Arpago", "Ragno di legno" e più comunemente "Artiglio del diavolo", è un genere di piante della famiglia del sesamo, originaria dell'Africa meridionale appartenente alla famiglia delle Pedaliaceae.

Le piante del genere devono il loro nome comune "artiglio del diavolo" all'aspetto particolare dei loro frutti uncinati che possono intrappolare piccoli animali i quali, in taluni casi, rimanendo bloccati, muoiono di fame e sete. Le radici tuberose dell'artiglio del diavolo vengono utilizzate nella medicina popolare per ridurre il dolore.

L'Harpagophytum procumbens si trova principalmente nelle parti orientali e sudorientali dell'Africa. È una pianta erbacea, spontanea, cresce preferibilmente in terreni aridi, poveri di acqua e si adatta bene a climi caldi e anche piuttosto secchi.

Il suo apparato radicale è costituito da numerosi tubercoli, o radici secondarie, che si sviluppano molto in profondità nel terreno, dove, in qualche modo, si riparano dalla disidratazione sicura, costituiscono, infatti, un vero e proprio deposito di acqua per la sopravvivenza della pianta.

Le foglie di colore verde intenso, opposte (talvolta quelle più alte possono essere alterne), sono prive di stipole, generalmente semplici, intere o lobate, sulla superficie portano spesso peli ghiandolari.

I fiori ermafroditi, in genere solitari, oppure riuniti in piccoli grappoli disposti all'ascella delle foglie, sono dotati di un breve peduncolo alla base del quale si sviluppano alcune ghiandole. Ciascun fiore è costituito da un calice a cinque sepali e da una corolla tubolare di cinque petali fusi tra di loro, gli stami sono di solito in numero di 4, più un quinto staminoide, l’ovario è generalmente bicarpellare. Il frutto infine è costituito da una capsula o una noce spesso uncinata, all'interno sono contenuti i semi con poco endosperma, carnosi e rugosi all'esterno.

Si presume che i preparati della pianta o dei suoi estratti, come l'arpagoside, abbiano usi nella medicina popolare e nella fitoterapia come un anti-infiammatorio farmaco a base di erbe o integratore alimentare. Sebbene non vi siano prove cliniche accettate di efficacia e biodisponibilità, sono stati osservati effetti limitati nel trattamento del dolore lombare e dell'osteoartrosi.

I glicosidi iridoidi sembrano essere i principali responsabili dell'attività antinfiammatoria della pianta. L'acido ursolico svolge un' azione vasodilatatrice sulle coronarie. I flavonoidi svolgono oltre all'azione antinfiammatoria anche un' azione antiossidante. L'arpago quindi, è impiegato per la cura di problemi articolari, tendiniti, osteartrite, artrite reumatoide, mal di schiena, mal di testa, febbre e osteoporosi.

Helichrysum brownei - Elicriso - Imphepho
Helichrysum brownei - Elicriso - Imphepho

 

Helichrysum - Elicriso

Il genere Helichrysum appartiene alla famiglia delle Asteraceae e comprende circa 600 specie di piante a fiore.

Il suo nome deriva dalle parole greche helisso (girare intorno) e chrysos (oro). Si trova in Africa (con 244 specie in Sudafrica), Madagascar, Australasia ed Eurasia.

L'Elicriso, noto anche come Imphepho, è provvisto di una modesta radice a fuso e numerose radichette da cui partono vari fusticini ramosi su cui si innestano le foglie lineari di color grigio/cinerino.

I fiori, di forma rotonda e a petali sottili, sono riuniti in capolini di vario colore dal giallo, al rosa, al rosso.

Il frutto è un achenio.

Le foglie sono oblunghe-lanceolate. Sono piatte e pubescenti su entrambe le facce. Fiorisce in estate.

È comune nelle zone pietrose e aride, sulle colline calcaree.

 

L'Helichrysum odoratissimum, è un'erba perenne fortemente aromatica, molto ramificata, con piccole foglie argentate e piccoli petali di fiori gialli portati in gruppi sulla punta dei rami; legnoso alla base, eretto o diffuso, alto fino a 50 cm.

L'epiteto specifico odoratissimum si riferisce alla forte fragranza di questa particolare specie. È ampiamente usato come profumo e per respingere gli insetti. Molte altre specie del genere sono anche aromatiche. È una varietà distribuita in Kenya, Tanzania e Uganda ad una altitudine di 600-2800 m.

Helichrysum argyranthum è una varietà distribuita in Kenya, Tanzania e Uganda ad una altitudine di 2100-3700 m.

L'Helichrysum brownei è una varietà endemica del Monte Kenya e delle montagne Aberdare nel Kenya centrale.

L'Helichrysum chionoides è una varietà endemica del Monte Kenya e delle montagne Aberdare nel Kenya e del monte Loolmalassin in Tanzaniaa d una altitudine di 2800-3850 m.

L'Helichrysum nandense è una varietà distribuita in Kenya, Tanzania e Uganda ad una altitudine di 2100-3700 m.

L'Helichrysum meyeri-johannis è una varietà distribuita in Kenya e Tanzania ad una altitudine di 2550-4250 m.

L'Helichrysum ellipticifolium, varietà endemica del Monte Kenya e della Catena Aberdare in Kenya ad una altitudine di 2500-3600 m.

L'Helichrysum formosissimum è una varietà distribuita in Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda e Congo ad una altitudine di (1800) 2500-4200 m.

 

L'Imphepho è un'erba con usi sia rituali che medicinali in Africa, dove cresce. È ricco di oli e flavonoidi che probabilmente contribuiscono alle sue varie proprietà speciali. Il nome Imphepho, come si è detto, si riferisce ad un numero di specie africane del genere Helichrysum. Molte di queste specie hanno generalmente lo stesso effetto e possono essere usati indifferentemente come un'erba.

L'Imphepho è apprezzato dagli uomini di medicina tradizionale in Africa che lo usano come tramite per comunicare con gli antenati e calmare gli spiriti maligni.

Il fumo delle foglie che bruciano viene inalato dai guaritori tradizionali per indurre uno stato di trance.

Il fumo è rilassante ed è anche inalato per alleviare il dolore. È anche utile per l'insonnia.

Le persone del distretto di Bikita dello Zimbabwe bevono la cenere di un Helichrysum mescolato con birra, come cura per l'epilessia.

I Suto, Sotho o Pedi, che vivono nella Provincia del Limpopo in Sud Africa, fanno un bagno di vapore versando un infuso su pietre calde, che viene inalato per brutti sogni e febbre.

Gli uomini Suto bevono un decotto della radice di Helichrysum per rinnovare la loro virilità.

Secondo quanto riferito, i medici tradizionali della tribù Shangaan o Machangane in Sud Africa, usano la foglia dell'Helichrysum per aumentare la libido della donna.

Diversi Elicrisi sono usati come tè. I Khoikhoi o Khoi del Sud Africa lo usano come un tè calmante.

È ampiamente bruciato e inalato nel Transkei ("zona al di là del fiume Kei", una regione nella provincia di Capo Orientale in Sud Africa) come detergente e protettivo.

Altri usi medicinali: usato per il trattamento di tosse, raffreddore, febbre, infezioni, mal di testa e dolori mestruali.

Hibiscus schizopetalus - Lanterna giapponese
Hibiscus schizopetalus - Lanterna giapponese

 

Hibiscus

è un arbusto della famiglia Malvaceae e i suoi fiori crescono su un cespuglio che ha una vasta famiglia di varianti che crescono in tutta l'Africa.

 

Hibiscus schizopetalus, è nativo dell'Africa orientale tropicale (Kenia, Tanzania e Mozambico). I suoi nomi comuni includono Lanterna giapponese, Ibisco corallo e Ibisco ragno. Cresce tipicamente come un arbusto stretto, legnoso, sempreverde fino a 3 metri di altezza. I fiori sono a forma di lanterna e fioriscono stagionalmente su lunghi pedicelli; sono molto particolari nelle loro balze e ricchi di antociani come i mirtilli e i lamponi. Il principale antociano presente nei fiori di Hibiscus schizopetalus è la cianidina-3-sambusophoroside. Ogni fiore presenta petali ricurvi, sfrangiati, da rosa a rosso e una colonna staminale pendente lunga e snella.

Questa pianta è sinonimo e conosciuto in passato come Hibiscus rosa-sinensis var. schizopetalus. È anche comunemente chiamato Ibisco sfrangiato o Rosemallow con frange in riferimento ai suoi petali irregolarmente sfrangiati. Il nome del genere è il vecchio nome greco e latino per la malva. L'epiteto specifico (schizo significa diviso e petalus significa petalo) è in riferimento ai petali ricurvi e divisi di ogni fiore.

 

Hibiscus flavifolius, comunemente noto come Ibisco della savana, è una pianta arbustiva stretta e alta circa 2 metri. I fiori hanno cinque petali candidi che si diffondono ampiamente. La colonna dello stame è di colore arancione brillante e molto vistosa. Le foglie hanno forma deltoidea con margini leggermente dentati e una fitta copertura di pubescenza breve. Il frutto si trasforma in una capsula secca con circa cinque carpelli che si aprono per rilasciare semi setati con fibre setose. Apparentemente sgradevole agli ungulati e quindi comune nelle praterie in cui i pascoli sono in abbondanza. Questa specie sembra avere una gamma ristretta in Kenya e Tanzania.

 

Hibiscus diversifolius, comunemente noto come Ibisco della palude, è un arbusto scarsamente ramificato con fusti pungenti. fiori sono di solito di colore giallo con un centro marrone scuro. La colonna dello stame è di colore rosso scuro. Le foglie sono variamente lobate. Il frutto si rompe di solito in cinque segmenti ed è anche piuttosto pungente. Le superfici degli steli sono spinose.La gamma è diffusa in Africa, ma anche in aree costiere dell'Asia e dell'Australia. Preferisce aree umide e paludose.

 

Hibiscus aponeurus, comunemente noto come Ibisco rosato, è una pianta arbustiva le cui parti superiori composte da uno o più steli sono per lo più erbacee. L'altezza è di circa 1,5 m. I fiori sono composti da cinque petali rosso-rosa che si diffondono ampiamente. La colonna dello stame è di colore rosso vivo, macchiata con antere arancioni e molto vistosa. Sotto i sepali verdi ci sono una serie di falsi sepali. Le foglie hanno forma deltoidea con margini leggermente dentati e lunga pubescenza. Non ha spine. Apparentemente sgradevole agli ungulati, compresi i bovini.

Hyphaene thebaica - Palma dum
Hyphaene thebaica - Palma dum

 

Hyphaene thebaica - Palma dum

è una specie di palma della sottofamiglia delle Coryphoideae, originaria dell'Africa Orientale.

È una palma decidua, con fusto alto sino a 17 m, del diametro di circa 90 cm, che si suddivide dicotomicamente assumendo una caratteristica forma a "Y", carattere che consente di distinguerla da tutte le altre palme africane.

Le foglie sono a forma di ventaglio, lunghe sino a 1,8 m. È una specie dioica, con piante maschili e piante femminili.

L'infiorescenza è simile in entrambi i sessi, lunga sino a 1,2 m, ramificata. L'infiorescenza femminile produce piccoli frutti legnosi, persistenti, lunghi 6–8 cm, lisci, cuboidali, di colore bruno brillante,ciascuno contenente un singolo seme di colore bianco-avorio.

La palma dum ha fusto ramificato, foglie palmate, che per la resistenza delle fibre vengono sfilacciate e utilizzate per stuoie, sacchi e cappelli. I frutti sono drupe ovoidali con semi caratterizzati da un albume corneo di straordinaria durezza, utilizzato come avorio vegetale per la fabbricazione di bottoni o altri oggetti torniti.

Lobelia deckenii ssp. keniensis
Lobelia deckenii ssp. keniensis

 

Lobelia gigante

La lobelia gigante è un nome comune per diverse piante del genere Lobelia e. per quanto riguarda il Kenya, può riferirsi a:

Lobelia deckenii;

Lobelia telekii.

 

Lobelia deckenii è una pianta tropicale delle montagne dell'Africa orientale appartenente alla famiglia delle Campanulaceae. Cresce nelle zone umide, come i fondovalle e le brughiere, in contrasto con la Lobelia telekii che cresce in un habitat simile, ma più secco.

Queste due specie producono ibridi occasionali.

Le piante Lobelia deckenii di solito producono rosette multiple. Ogni rosetta cresce per diversi decenni, produce un'unica grande infiorescenza e centinaia di migliaia di semi, quindi muore. Poiché le singole piante hanno più rosette, sopravvivono a riprodursi ripetutamente e le piante con più rosette fioriscono più frequentemente. È una specie iteropara.

 

(Iteropara: pianta che fruttifica varie volte negli anni, che cioè non muore dopo la fruttificazione. Sinonimo di policarpica, si contrappone a semelpara.

Semelpara: pianta che fiorisce e fruttifica una sola volta nella vita. Sinonimo di monocarpica, si contrappone a siteropara).

Le piante di Lobelia deckenii consistono di solito tra uno e diciotto rosoni, collegati sottoterra da rizomi. Le singole rosette crescono lentamente nell'ambiente alpino. Le singole rosette possono impiegare decenni per raggiungere le dimensioni riproduttive, quindi morire dopo la fioritura, ma le rosette collegate continuano a vivere.

Lobelia deckenii è l'unica specie alpina di lobelia che vive sul Kilimangiaro, che si trova comunemente tra 3.800 e 4.300 m (12.500 e 14.100 piedi).

 

Lobelia deckenii ssp. keniensis è la varietà di Lobelia deckenii che vive sul Monte Kenya, tra 3.300 e 4.600 m (10.800 e 15.100 piedi). È consumata meno dalla Procavia delle rocce rispetto alla Lobelia telekii, che si verifica più spesso nell'habitat dell'Hyrax. Le specie di lobelia sul Monte Kenya sono entrambe impollinate dagli uccelli, in particolare la Nettarinia di Johnston (Scarlet-tufted Sunbird) e il Chat alpino (Alpine Chat).

Questa specie di lobelia gigante è conosciuta per i serbatoi di acqua tenuti nelle sue rosette, che congelano di notte e proteggono il meristemo apicale contenuto in un denso germoglio centrale. Quando questo serbatoio viene scaricato, la temperatura del meristemo interno scende al di sotto del punto di congelamento, che non si verifica quando il fluido viene lasciato intatto. I cubetti di ghiaccio a forma di mezzaluna formati in queste rosette danno origine al soprannome "Gin and Tonic Lobelia".

Lobelia telekii
Lobelia telekii

 

Lobelia telekii

è una pianta tropicale appartenente alla famiglia delle Campanulaceae., che si trova solo nelle zone alpine del Monte Kenya, Monte Elgon, e le montagne Aberdare. Vive ad alta quota su pendii scoscesi ben drenati.

È una specie semelpara, che fa tutto il suo sforzo riproduttivo nella produzione di un'unica grande infiorescenza alta fino a 3 metri (10 piedi), e poi muore.

Lobelia telekii possiede anche un grande volume del midollo per la conservazione interna dell'acqua e fogliame marcescente che potrebbe fornire isolamento. Secerne un polisaccaride, che può essere utile per la sua sopravvivenza nel clima freddo. La pianta prende il nome dall'esploratore austro-ungarico, conte Sámuel Teleki.

 

Le piante di Lobelia telekii consistono solitamente in una singola rosetta, che cresce per diversi decenni, fiorisce una volta e poi muore. Tuttavia, un numero molto limitato di piante ha più rosette collegate da uno stelo sotterraneo. Ogni fiore è sotteso da una lunga brattea pelosa, e l'aspetto generale ha portato al soprannome di "Cousin Itt lobelia" (Cugino Itt, in italiano noto anche come Cugino Coso, un membro della famiglia Addams).

Gli uccelli che impollinano i fiori di Lobelia telekii sono nascosti tra le grandi brattee all'interno della infiorescenza. Le foglie e le brattee sono di colore blu-verde, e i fiori sono viola. Ogni fiore può produrre fino a diverse centinaia di piccoli semi scuri (<1mm di diametro), che sono passivamente dispersi.

 

Sul Monte Kenya, la Lobelia telekii vive ad altitudini di 3.500-5.000 metri (11.500-16.400 piedi). Abita i pendii più secchi della collina, mentre il suo parente stretto Lobelia keniensis preferisce i fondali della valle umida. Gli ibridi si verificano sulle pendici della collina ed hanno spesso morene rocciose che ospitano i Rock Hyrax, che a volte mangiano foglie di lobelia e infiorescenze, ma gli erbivori sono generalmente scoraggiati dalla linfa tossica amara della lobelia, che contiene alcaloidi, probabilmente includendo la lobelina .

Moringa stenopetala
Moringa stenopetala

 

Moringa stenopetala

è un albero tropicale appartenente alla famiglia Moringaceae, endemico dell'Africa orientale e principalmente presente nel Kenya settentrionale ed Etiopia meridionale.

È un albero multiuso che produce foglie commestibili, semi usati per la purificazione dell'acqua e medicinali tradizionali.

L'albero piantato dagli agricoltori sul complesso sistema di terrazze costruite nelle Highlands etiopiche, fu coltivato allo scopo di migliorarne la produttività, il sapore delle foglie e la dimensione dei semi. Successivamente è statointrodotto in altre aree come la Rift Valley.

 

L'albero raggiunge un'altezza di 12 m, con una corona a molte ramificazioni e talvolta con tronchi multipli. Le foglie sono bipennate o tripennate, con circa cinque paia di pinne e da tre a nove foglioline ellittiche su ciascun pinna. I fiori profumati hanno sepali color crema, petali bianchi o gialli e stami bianchi. I frutti sono lunghi baccelli rossastri con una fioritura grigiastra.

 

La Moringa stenopetala è principalmente nota per la sua importanza come coltura nutritiva di cibo vegetale. In questo modo, è simile al suo parente indiano, la Moringa oleifera. Viene anche utilizzata per ombreggiare le colture di peperoni e sorgo e nella medicina popolare.

Un altro uso è la chiarificazione e la purificazione dell'acqua per renderla potabile. Una polvere ottenuta dalla macinazione dei semi è risultata più efficace nella coagulazione di sostanze in sospensione rispetto ai semi dell'albero di rafano strettamente correlato (Moringa oleifera), che viene utilizzato a tale scopo in India.

 

Alcune fonti sostengono che la pianta contiene circa 46 antiossidanti ed è in grado di pulire l’organismo dall’accumulo di tossine e di rafforzare il sistema immunitario. Un solo cucchiaio di foglie di Moringa in polvere può fornire al latte materno un quantitativo di proteine superiore del 14%, di calcio del 40%, e di ferro del 23%. Il contenuto proteico della Moringa riguarda in particolar modo i suoi semi. Da essi viene estratto un olio molto saporito e adatto all’alimentazione umana. L’olio di Moringa presenta una caratteristica molto importante: non irrancidisce. Dopo l’estrazione dell’olio, dai semi si ottiene una pasta residua dall’elevato contenuto proteico, che risulta completo: presenta cioè tutti gli aminoacidi necessari al nostro organismo per il proprio corretto funzionamento.

Olea woodiana - Black Ironwood
Olea woodiana - Black Ironwood

 

Olea woodiana

 conosciuta comunemente come l' Olivo forestale o Black Ironwood, è una specie di albero africano appartenente alla famiglia delle olive (Oleaceae).

 

L'albero cresce nelle foreste collinari di bassa quota dal Kenya , dalla Tanzania , dallo Swaziland e dal Sud Africa.

Esistono due sottospecie riconosciute:

- Olea woodiana subsp. disjuncta - Kenya, Tanzania

- Olea woodiana subsp. woodiana - Swaziland, Sudafrica

 

L'Olea woodiana è un albero di media grandezza.

Le infiorescenze ascellari o terminali portano piccoli fiori bianchi fragranti.

I frutti vengono prodotti a fine estate. Sono di forma ovale e maturano in un colore nero porpora, quando sono consumati dagli uccelli.

Psydrax livida - Green-Twigs Quar
Psydrax livida - Green-Twigs Quar

 

Psydrax livida

conosciuto come "Green-Twigs Quar" o semplicemente "Quarzo verde", è un arbusto o piccolo albero afro-tropicale appartenente alla famiglia delle Rubiaceae.

 

Si tova in Africa orientale e meridionale, tra cui il Burundi, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Malawi, Mozambico, Zambia, Zimbabwe, Angola, Botswana, Namibia settentrionale e nel nord del Sud Africa.

 

È decidua o sempreverde, con stelo liscio grigio chiaro e rami verdi che hanno una disposizione opposta e orizzontale.

Le foglie sono di un verde brillante sopra, opaco sotto, a volte peloso, specialmente lungo le quattro o cinque venature.

Fiori in grappoli ascellari in estate, dal colore crema al giallo, trasudano un odore sgradevole. Frutta a grappoli, subsferica, 4-6 mm di diametro, nerastra a maturità. Piuttosto duri, vengono essiccati e usati come il sonaglio all'interno dei gusci di frutta essiccata delle specie di Strychnos.

 

Psydrax livida cresce da 1 a 8 metri di altezza ed è presente in boschi di latifoglie, spesso sotto scarpate, su colline e affioramenti rocciosi, in foresta mista sempreverde e vegetazione fluviale ad altitudini da 300 a 1600 metri.

La pianta viene raccolta allo stato selvatico per uso locale come medicina.

Un decotto delle radici viene utilizzato nel trattamento dei dolori al petto.

Plumeria obtusa, meglio conosciuta come "Fiore del Paradiso".
Plumeria obtusa, meglio conosciuta come "Fiore del Paradiso".

 

Plumeria obtusa

meglio conosciuta come "Fiore del Paradiso".

Fiore visionario, è capace di annullare la distanza spazio-tempo evocando magicamente atmosfere paradisiache ai nostri (poveri) nasi metropolitani.

La Plumeria, appartiene alla famiglia delle Apocynaceae, viene chiamata anche "Frangipane" perchè nel XVI secolo il nobile italiano Muzio Frangipane inventò un profumo che ricordava l'odore della plumeria.

 

In India viene chiamata "la pianta del tempio" in quanto si usa portarla nei templi come offerta. Nelle Hawaii viene usata per fare ghirlande e nelle feste nuziali, mentre in Thailandia non viene coltivata in casa perché considerata una pianta sacra.

 

Sono piante a portamento arbustivo che in condizioni ottimali (paesi di origine) raggiungono delle notevoli dimensioni, anche 10 m, con un apparato radicale molto sviluppato e con fusti molto ramificati, provvisti di corteccia rugosa sulla quale restano impresse le cicatrici lasciate dalla caduta delle foglie. Sia il fusto che i rami non diventano mai propriamente legnosi ma restano fibrosi e ricchi di un latice biancastro. Le foglie grandi, lanceolate, oblunghe appuntite, sono di colore verde più o meno intenso a seconda della specie; i fiori sono simili a quelli dell'oleandro e profumati, grandi, riuniti in cime terminali, portanti anche una cinquantina di fiori con 5-7 petali, di colore bianco, crema, rosa, rosso e giallo, sfumati al centro con vari colori. Produce grosse bacche, che come i frutti di moltissime specie della famiglia sono fortemente tossiche.

Il frutto di Plumeria è un baccello (follicolo) disposto a coppia provvisto di numerosi semi dai 20 ai 100 a seconda della specie, lunghi circa 1-2 cm a seconda della specie e formati da una parte da un'ala (per la dispersione ad opera del vento) e da una parte "grassoccia" posta all'altra estremità che contiene l'embrione. I semi di Plumeria impiegano parecchi mesi (8-9 mesi) per maturare.

Richiede esposizione soleggiata e riparata dai venti freddi e dall'umidità invernale, in estate devono essere protetti dalla eccessiva insolazione, mentre d'inverno, quando perdono le foglie e vanno in riposo vegetativo, vanno protette a temperature non inferiori ai 15-16 °C. si adatta bene agli ambienti salmastri.

La Plumeria obtusa è sempreverde ed è caratterizzata da foglie più piccole delle altre specie, con la punta arrotondata ed i fiori di colore bianco con il cuore giallo.

Polyscias kikuyuensis - Parasol Tree
Polyscias kikuyuensis - Parasol Tree

 

Polyscias kikuyuensis

(sin. Polyscias fulva), chiamato anche Parasol Tree (Albero Parasole), è una specie di pianta della famiglia delle Araliaceae. È endemico del Kenya con uno schema regolare di ramificazione e un tronco diritto che può crescere da 15 a 25 metri di altezza che può essere privo di rami per più della metà della sua altezza e fino a 140 cm di diametro. I rami, che si sviluppano in alto, formano una corona stretta e simile ai raggi di un parasole o di un ombrello. L'albero decorativo può essere coltivato in aree di comfort.

Le foglie pennate sono lunghe fino a 1 metro, profumate ed hanno proprietà medicinali. La loro caduta fornisce un buon pacciame e un terreno sotto l'albero molto fertile.

Il legno è morbido, bianco, inodore e non resistente; usato per preparare contenitori per alimenti, casse del tè, impiallacciature, compensato, alveari, utensili, strumenti musicali e trappole per le talpe.

L'alta corona lascia entrare la luce del sole, rendendo l'albero adatto per l'intercalazione con colture come banana, caffè o cacao.

I frutti sono neri e rotondi.

In Kenya la specie cresce intorno a Elburgon nella contea di Nakuru, a nord del monte Elgon, a ovest del monte Kenya e a nord delle foreste Nandi. Di solito si trova nelle aree più umide degli altopiani come la foresta di Kakamega in Kenya.

L'albero produce legname eccellente ed è raccolto anche come combustibile. Lo sfruttamento eccessivo lo ha reso raro.

Le autorità forestali del Kenya mantengono alcune delle sue piantagioni e dei suoi semi.

La specie è confinata nella foresta montana umida, ed è minacciata dalla perdita di habitat.

Sclerocarya birrea, conosciuta come albero di Marula
Sclerocarya birrea, conosciuta come albero di Marula

 

Sclerocarya birrea - Marula

comunemente conosciuta come Marula, è un albero dioico di media grandezza, autoctono del boschi di miombo dell'Africa meridionale e del Madagascar. È un albero a gambo singolo con una corona ad ampia diffusione. È caratterizzato da una corteccia grigia screziata. L'albero cresce fino a 18 m di altezza per lo più a basse altitudini e boschi aperti. La distribuzione di questa specie in tutta l'Africa e il Madagascar ha seguito i Bantu nelle loro migrazioni, poiché è stato un elemento importante nella loro dieta da tempo immemorabile.
Giraffe, rinoceronti ed elefanti defogliano tutti l'albero di marula, in particolare gli elefanti essendone grandi consumatori. Gli elefanti mangiano la corteccia, i rami e i frutti della marula a scapito degli stessi alberi; in effetti, la defogliazione degli elefanti ha dimostrato di limitare significativamente la diffusione degli alberi. Tuttavia gli elefanti distribuiscono sul terreno semi di marula contenuti nel loro sterco,
I prodotti della marula sono un elemento tradizionale della dieta di molti popoli del gruppo bantu.
I frutti della marula sono simili a prugne, di colore verde quando acerbi e giallo quando maturi. All'interno si trova un nocciolo molto duro, che contiene due o tre semi. I semi sono ricchi di proteine e grassi vegetali; possono inoltre essere usati per produrre un olio protettivo per la pelle, ricco di antiossidanti.
I frutti, che maturano tra dicembre e marzo, hanno una buccia di colore giallo chiaro, con polpa bianca ricca di vitamina C contenente circa otto volte la quantità trovata in un'arancia. Sono succulenti e aspri con un sapore forte e caratteristico. Si possono mangiare freschi o spremere per ottenere un succo dissetante; possono inoltre essere usati per realizzare gelatina, un tipo di birra e un liquore chiamato Amarula (o Amarula cream). In Namibia, con un procedimento diverso, si ottiene il liquore chiamato Ombikè, e in Mozambico un vino molto corposo chiamato Ucanhe.
Un'infusione fatta con i frutti di marula viene anche usata come insetticida, e serve ad alleviare il dolore delle punture di scorpione e dei morsi di serpente. La corteccia ha proprietà medicinali e viene usato nella profilassi della malaria; masticata, facilita la digestione. Può inoltre essere pestata per produrre un colorante utilizzato per dipingere oggetti artigianali.

Strophanthus petersianus - Sand Forest Poison Rope
Strophanthus petersianus - Sand Forest Poison Rope

 

Strophanthus petersianus

conosciuta anche come "Sand Forest Poison Rope" ("Corda velenosa della foresta di sabbia"), è un genere di pianta della famiglia delle Apocynaceae, originaria del Kenya , Tanzania ,Zimbabwe e Sudafrica.

 

Lo Strophanthus petersianus è una liana o arbusto deciduo lungo fino a 15 metri (49 piedi), con un diametro dello stelo fino a 10 centimetri (3,9 pollici).

I suoi fiori profumati, per lo più solitari o rari, presentano una corolla bianca, a volte con strisce rosa-rossastre all'interno e lunghi fronzoli eretti all'interno della bocca.

I lobi si espandono, terminando in lunghe code contorte.

Le foglie sono ellittiche o ovali, con 4-8 paia di vene laterali, per lo più glabre. Il lattice, se presente, è rosso o biancastro.

Il suo habitat sono le foreste secche in aree calde e asciutte e i boschi rocciosi fino ad una altitudine di 1100 m.

 

Lo Strophanthus petersianus è stato usato come veleno da freccia e dagli Zulu per incantesimi contro il male.

Tamarindus indica, comunemente noto come "Tamarindo".
Tamarindus indica, comunemente noto come "Tamarindo".

 

Tamarindus indica -Tamarindo

comunemente noto come "Tamarindo", è una pianta leguminosa appartenente alla famiglia delle Fabaceae e indigena dell'Africa tropicale.

L'albero di tamarindo produce baccelli, che contengono una polpa commestibile che viene ampiamente utilizzata nelle cucine di tutto il mondo. Altri usi della polpa includono la medicina tradizionale ed il lucido per metalli. Il legno può essere lavorato, e un olio può essere estratto dai semi. A causa dei molti usi del tamarindo, la coltivazione è diffusa in tutto il mondo nelle zone tropicali e subtropicali.

Il nome deriva dall'arabo : تمر هندي , romanizzato tamar hindi, "dattero indiano".

Il Tamarindo cresce spontaneamente in Africa in luoghi diversi come il Sudan, Camerun, Nigeria, Kenya e Tanzania.

Probabilmente è di origine indigena per l'Africa tropicale, ma è stato coltivato per tanto tempo sul subcontinente indiano dove è conosciuto come imli in Hindi-Urdu. Oggi, l'India è il più grande produttore di tamarindo. Il consumo di tamarindo è molto diffuso a causa del suo ruolo centrale nelle cucine del subcontinente indiano, sud-est asiatico e nelle Americhe, in particolare in Messico.

 

Il Tamarindo è un arbusto a media-crescita di lunga durata che raggiunge un'altezza massima della corona di 12 a 18 metri (da 39 a 59 piedi). La corona ha una sagoma irregolare con denso fogliame. L'albero cresce bene in pieno sole in argilla, terriccio, sabbia, e tipi di terreno acido, con elevata resistenza alla siccità e al sale (come nelle zone costiere).

Le foglie sempreverdi di colore verde brillante, sono disposte alternativamente e cordate in modo impeccabile. Le foglie, pennate con foglioline opposte, hanno forma ellittica-ovulare, con venatura sottile e meno di 5 cm (2,0 pollici) di lunghezza. I rami cadono da un'unico tronco centrale mentre l'albero matura e vengono spesso potati in agricoltura per ottimizzare la densità degli alberi e la facilità di raccolta dei frutti. Di notte le foglioline si chiudono. Come specie tropicale, è sensibile al gelo. Le foglie pennate danno un effetto fluttuante al vento. Il legno di tamarindo è costituito da durame rosso scuro e alburno più tenero e giallastro.

 

Il Tamarindo fa fiori rossi e gialli allungati, anche se poco appariscenti, larghi 2,5 cm (un pollice), a cinque petali, portati in piccoli racemi gialli con striature arancioni o rosse. I boccioli sono rosa come i quattro sepali e si perdono quando il fiore sboccia.

 

Il frutto è un legume indeiscente, talvolta chiamato baccello, da 12 a 15 cm (4,7 a 5.9 in) di lunghezza, con un guscio duro e marrone. Il frutto ha una polpa carnosa, succosa e acidula. È maturo quando la polpa è di colore marrone o rossastro.

I tamarindi dell'Asia hanno baccelli lunghi contenenti da sei a dodici semi, mentre le varietà dell'Africa e delle Indie Occidentali hanno baccelli più corti contenenti da uno a sei semi. I semi sono un po' appiattiti, e marrone lucido.

Il tamarindo è meglio descritto come agrodolce nel gusto, ed è ad alto contenuto di acido tartarico, zuccheri, vitamine del gruppo B, e, cosa insolita per un frutto, di calcio.

Il Tamarindo si raccoglie togliendo il baccello dal suo gambo. Un albero maturo può essere in grado di produrre fino a 175 kg (386 libbre) di frutta all'anno.

 

Coltivazione: i semi possono essere brevemente bolliti per migliorare la germinazione. Essi conservano la capacità di germinazione dopo diversi mesi se mantenuti asciutti.

 

Culinaria: Tamarindo crudo - Valori nutrizionali per 100 g (3.5 once)

Energia 239 kcal (1000 kJ)

Carboidrati 62,5 g: Zuccheri 57.4 Fibra alimentare 5,1 g

Grasso 0,6 g

Proteina 2,8 g

Vitamine: Tiamina (B 1) (37%) 0.428 mg - Riboflavina (B 2) (13%) 0.152 mg - Niacina (B 3) (13%) 1.938 mg - Acido pantotenico (B 5) (3%) 0,143 mg - Vitamina B 6 (5%) 0.066 mg - Folato (B 9) (4%) 14 μg - Colina (2%) 8.6 mg - Vitamina C (4%) 3,5 mg -Vitamina E (1%) 0,1 mg - Vitamina K (3%) 2,8 μg).

Minerali: Calcio (7%) 74 mg - Ferro (22%) 2.8 mg - Magnesio (26%) 92 mg - Fosforo (16%) 113 mg - Potassio (13%) 628 mg - Sodio (2%) 28 mg - Zinco (1%) 0,1 mg.

 

La polpa del frutto è commestibile. La polpa verde dura di un frutto giovane è considerata da molti troppo aspra, ma viene spesso utilizzata come componente di piatti salati, come agente decapante o come mezzo per rendere certi gambi velenosi in Ghana sicuri per il consumo umano.

Il frutto maturo è considerato più appetibile, in quanto diventa più dolce e meno acido con la stagionatura. È utilizzato in dolci, succhi di frutta o bevande, sorbetti, gelati e altri snack. Nella cucina occidentale, si trova in salsa Worcestershire. Nella maggior parte dell'India l'estratto di tamarindo viene utilizzato per insaporire i cibi, nei curry e nei piatti tradizionali, e il tamarindo dolce chutney è popolare in India e in Pakistan come condimento per molti snack. La polpa di tamarindo è un ingrediente chiave per aromatizzare curry e riso nella cucina indiana del sud. In tutto il Medio Oriente il tamarindo è utilizzato nei piatti salati, stufati in particolare a base di carne e spesso combinato con frutta secca per ottenere un sapore agrodolce.

 

Medicina popolare: In tutto il Sud-Est asiatico, il frutto del tamarindo è utilizzato come cataplasma applicato sulla fronte di chi soffre di febbre. Il frutto di tamarindo ha effetti lassativi dovuti alle sue elevate quantità di acido malico, acido tartarico, e bitartrato di potassio. Il suo utilizzo per il sollievo della costipazione è stata documentato in tutto il mondo.

 

Lavorazione del legno: Il legname di Tamarindo è utilizzato per realizzare mobili, sculture, oggetti intagliati, oggetti torniti, ceppi e altri piccoli articoli in legno. Il durame di Tamarindo è bruno-rossastro, a volte con una tonalità violacea. Il durame di tamarindo tende ad essere molto contenuto e di solito è presente solo in alberi più vecchi e più grandi. L'alburno giallo pallido è nettamente delimitato dal durame. Si dice che il durame sia molto resistente al decomposizione e agli insetti. L'alburno non è durevole ed è soggetto agli attacchi di insetti e funghi. A causa della sua densità il tamarindo è considerato difficile da lavorare.

 

Lucido per metalli: Nelle case e templi, in particolare nei paesi asiatici buddisti, la polpa del frutto viene utilizzata per lucidare statue e lampade in ottone, e utensili in rame, ottone e bronzo. Il rame e l'ottone reagiscono con l'anidride carbonica formando un rivestimento verde di carbonato di rame sugli oggetti. Il Tamarindo contenendo acido tartarico, può rimuovere lo strato di carbonato di rame. Quindi, gli utensili in rame ossidati vengono puliti con tamarindo o lime, un altro frutto acido.

 

Orticoltura: In tutto il sud dell'Asia e nel mondo tropicale, gli alberi di tamarindo sono usati come impianti ornamentali e da giardino. Comunemente utilizzati come una specie di bonsai in molti paesi asiatici, sono anche coltivati come bonsai da interno in alcune parti temperate del mondo.

 

Ricerca: Nelle galline, il Tamarindo è utilizzato per abbassare il colesterolo nel loro siero e nei tuorli delle uova che hanno deposto. A causa della mancanza di studi clinici disponibili, non vi sono prove sufficienti per raccomandare il tamarindo per il trattamento di ipercolesterolemia o diabete.

Vangueria madagascariensis - Tamarindo spagnolo - Voa Vanga
Vangueria madagascariensis - Tamarindo spagnolo - Voa Vanga

 

Vangueria madagascariensi - Tamarindo spagnolo

comunemente nota con il nome di Tamarindo spagnolo (Spanish tamarind), Tamarindo delle Indie (Tamarind of the Indies), Voa Vanga, Muiru o Mviru (Swahili), è una specie di pianta da fiore della famiglia delle Rubiaceae originaria del continente africano che ha grandi frutti arancioni commestibili spesso consumati localmente.

Il nome del genere Vangueria viene dal malgascio "Voa vanguer"; il nome latino della specie madagascariensis si riferisce ad uno dei suoi luoghi di origine, il Madagascar.

La Vangueria madagascariensis è originaria dell'Angola, Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Ghana, Kenya, Madagascar, Malawi, Mali, Mozambico, Nigeria, Sud Africa (nel KwaZuluNatal e nel Transvaal), Sudan, Swaziland, Tanzania (compreso l' arcipelago di Zanzibar) e Uganda.

Cresce in le foreste sempreverdi di solito in spazi liberi, e nelle savane su terreni rocciosi e sabbiosi, dal livello del mare fino a circa 2000 m di altitudine. Adatta esclusivamente ai climi tropicali e subtropicali, in quanto non sopporta temperature vicine a 0° C anche per un breve periodo.

Vangueria madagascariensis è un arbusto o piccolo albero deciduo, molto ramificato, alto fino a circa 8 metri con una corteccia grigia bruna. Le foglie, su un picciolo lungo 0,5-1,5 cm, sono semplici ed opposte, da ovate a ovato-lanceolate con margine intero, di colore verde scuro nella parte superiore, verde chiaro con nervature prominenti in quella inferiore, 8-24 cm di lunghezza e 4-12 cm di larghezza con apice ottuso o appuntito.

Le infiorescenze, su un peduncolo lungo circa 0,6 cm, sono cime ascellari dense che portano minuscoli fiori con calice a 4-5 lobi pallidi giallastri, corolla campanulata-globosa lunga 0,5 cm.

I frutti sono drupe globose di 3-5 cm di diametro, di colore verde lucido macchiato di bianco tendente al marrone giallastro quando sono ben mature, con 4-5 cellule contenenti ciascuna un seme lungo circa 1,6 cm circondato da una polpa pastosa di colore brunastro; i frutti maturi rimangono a lungo sull'albero.

La polpa marroncina che circonda i semi è commestibile solo quando i frutti sono completamente maturi, con un gusto leggermente acidulo che ricorda quello del tamarindo o a volte del cioccolato, consumato principalmente dai bambini.

Il legno è utilizzato come materiale da costruzione e per la realizzazione di utensili, localmente molto apprezzato come combustibile o per la produzione di carbone.

Le radici e la corteccia sono utilizzate, come decotti, nella medicina tradizionale per varie patologie.

Meru Oak - Vitex keniensis
Meru Oak - Vitex keniensis

 

Vitex keniensis

comunemente nota come "Meru Oak" o "Quercia Meru", è un albero a foglie decidue in grado di crescere fino a un'altezza di 35 m.

È un albero magnifico quando è maturo, essendo uno degli alberi più grandi nativi del Kenya. Appartiene alla famiglia delle Verbenaceae ed è stato trovato solo in Kenya nelle foreste montane inferiori e superiori e su colline rocciose e ispessite da 1200 a 2100 m.

La specie può essere riconosciuta per la sua corteccia molto sottile, ruvida e steli pelosi, piccioli e vene. Le foglie sono composte, divise in cinque foglioline disposte in una vaga formazione stellare. I fiori sono piccoli e bianchi con un lobo di petalo malva scuro. I frutti sono commestibili; sono ellissoidi, verdi all'inizio e diventano neri con maturità.

Il legno di quercia Meru è duro e resistente e ricorda il teak. È usato comunemente per la produzione di mobili e rivestimenti decorativi, ma anche per legna da ardere, legname e travi.

Come conseguenza del suo legname di grande valore, la specie è stata gravemente sovra sfruttata ed è ora molto rara. È anche minacciato dalla perdita del suo habitat forestale, principalmente a seguito dell'espansione agricola.

Le misure di conservazione per la quercia Meru sono limitate, sebbene la specie, essendo in rapida crescita, possa potenzialmente essere inclusa in vari schemi di piantagione in Kenya.