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La sete del Kenya


Donne Turkana lottano per la sopravvivenza. Foto Stefano De Luigi (modificata).
Donne Turkana lottano per la sopravvivenza. Foto Stefano De Luigi (modificata).
Scavo nel terreno per la raccolta dell'acqua. Kenya
Scavo nel terreno per la raccolta dell'acqua. Kenya

 

La sete del Kenya, il Paese è ormai da decenni in lotta contro la siccità.

I grandi deserti del mondo come oggi li conosciamo sono stati formati da processi naturali che si sono sviluppati in lunghi intervalli di tempo. Durante la maggior parte di questi periodi, i deserti si sono modificati anche indipendentemente dalle attività umane, ma negli ultimi mille anni la componente antropica nella modificazione della terra ha avuto un rilievo innegabilmente determinante.

La desertificazione è in generale un problema di degradazione della terra che ad oggi condiziona quasi il cinquanta per cento delle aree emerse, a causa soprattutto di una cattiva amministrazione delle coltivazioni. Se i grandi pascoli ed il disboscamento sono tra i maggiori responsabili della desertificazione dei terreni, a ciò va spesso aggiunta una gestione irrazionale ed ecologicamente sbagliata delle acque.

Oltre al ben visibile deterioramento della vegetazione, all'erosione ed alla salinizzazione, gli effetti della desertificazione possono riscontrarsi nella drammatica perdita di fertilità del suolo e nel suo compattamento ed incrostazione.

Fino a poco tempo fa questa problematica sembrava esser stata poco compresa, in parte perché il problema venne trascurato nelle sue fasi iniziali, vedendolo come peculiare solo di certe zone isolate; in parte perché la prospettiva di nuove terre da coltivare è sempre apparsa agevolmente dietro l’angolo. Finché un’azione correttiva è stata rimandata, preferendo optare per la conquista di nuove terre, la conservazione della terra non ha avuto così, quale argomentazione, una buona risonanza.

Fu all'inizio del ventesimo secolo, quando le facili espansioni territoriali stavano per terminare, che i governi e le persone finalmente si resero conto che la continuata ed imprudente degradazione delle risorse naturali stavano compromettendo il loro futuro sulla terra…

Il decennio che iniziò nel 1950 vide il primo sforzo universale per richiamare l’attenzione di tutti sui problemi delle regioni aride.

Nel 1970 i maggiori scienziati specialisti erano ormai pienamente consapevoli della grandezza della distruzione della terra che aveva avuto luogo nel passato e soprattutto che ciò stava diventando ancor più grave in relazione all'aumento generalizzato della popolazione terrestre.

Quella di desertificazione è una terminologia utilizzata almeno a partire dal 1949, quando il botanico Aubreville pubblicò un libro sul clima, le foreste e la desertificazione dell'Africa tropicale. Egli considerava la desertificazione come la trasformazione di un terreno produttivo in deserto, quale risultato di una distruzione della terra causata dall'erosione del suolo di origine antropica.

Le cause maggiori di distruzione della terra erano il disboscamento, l’uso indiscriminato del fuoco e le coltivazioni eccessivamente estese. La desertificazione non era il risultato di una espansione autonoma del Sahara verso l’esterno, ma il risultato di attività localizzate. Risultato ripresentabile ovunque.

Aubreville era poi abbastanza chiaro nel definire la desertificazione dell’Africa tropicale come causata dall'attività dell’uomo, non essendoci stato, a suo dire, alcun significativo cambiamento climatico nei precedenti mille e più anni.

Ancora oggi probabilmente per la maggior parte della gente, la parola evoca un'immagine mentale di un paesaggio ostile e sterile che somiglia alla Death Valley o al Sahara, ma fortunatamente quell'immagine non si applica alla maggior parte delle terre che hanno subito desertificazione. Il processo di desertificazione, come si diceva all'inizio, è un processo lento di degradazione che implica un continuo cambiamento dovuto all'intervento dell’uomo.

Di solito la desertificazione inizia in una zona isolata del terreno dove l’uso (da parte dell’uomo) è diventato super-uso e poi abuso. Da quel luogo, che può trovarsi nei pressi di un punto di annaffiatura o di coltivazione, la degradazione del terreno si espande finché l’abuso non viene interrotto. Più punti di degradazione del terreno possono unirsi a formare una macro-area.

Un altro fraintendimento è quello secondo cui le siccità sono responsabili della desertificazione. Un terreno ben gestito non avrà grandissimi problemi a ristabilirsi da una siccità con il ritorno della pioggia. La combinazione fatale è data dall'abuso di terra nei periodi buoni e dalla sua continuazione durante i periodi di pioggia scarsa.

Tra i disastri naturali che hanno colpito il Kenya negli ultimi 30 anni la siccità è il più esteso, riguardando l’80% della popolazione coinvolta. L’evento del 1999 ha interessato 23 milioni di kenioti, decretandosi il disastro più vasto, seguito dall'epidemia del ’94 con 6 milioni e mezzo di persone colpite.

Oltre a quanto anzidetto, le popolazioni locali si trovano ad affrontare un triste destino: essere spazzati via dai cambiamenti devastanti nei modelli climatici, emissioni di gas a effetto serra provenienti dall'Asia.

La siccità negli anni ha eroso le risorse naturali del paese, fino a renderle inadeguate per la produzione alimentare. È il flagello che sta subendo la regione del Turkana, nel nord ovest del Kenya, flagello che non era così violento da più di 60 anni. È aumentato il numero di persone in condizioni di acuta povertà e malnutrizione cronica. Siccità e sanità, infatti, sono sui due piatti della bilancia: all'aumentare dell’una diminuisce l’altra. Infezioni oculari, malattie diarroiche come il colera sono tra quelle che si diffondono di più.

 

Le loro storie su come il cambiamento climatico ha influenzato i loro mezzi di sussistenza:

Testimonianza di Esther Gakogo, 50enne. Lei è una vedova. "Prima dei lunghi periodi di siccità, mio marito ed io abbiamo avuto 500 mucche e il terreno sui nostri 10 acri di terra era molto fertile. Tuttavia, il prosciugamento delle fonti idriche affidabili e l'avvizzimento del prato, dove una volta era verde, mi porta a dover dire amaramente che mi sono rimaste solo 5 mucche e la mia terra, una volta fertile, è diventata polvere o dura come la roccia".

 

Il paradosso è che in Kenya l’acqua c’è. Basta scendere sotto il livello del suolo. La maggior parte dei giacimenti infatti si trova tra i 30 e i 200 metri di profondità.

Un'esplorazione delle risorse idriche sotterranee ha individuato le riserve d'acqua in Turkana County, Kenya settentrionale, formate da cinque laghi sotterranei di cui uno con una superficie di oltre 3.000 km². È il risultato di un progetto di mappatura delle acque sotterranee, GRID MAP, guidato dall'UNESCO in collaborazione con il governo del Kenya e con il sostegno finanziario del Giappone.

Le risorse sotterranee quindi non sono un problema, ma in molte delle comunità circostanti manca ancora un pozzo o le pompe per potervi accedere. A ciò deve aggiungersi il fatto che è quasi impossibile trovare chi possa permettersi il carburante per operare il generatore per alimentare la pompa o il denaro per riparare e mantenere le attrezzature."

Quindi dallo scoprire acqua al fornire acqua alla popolazione, serve un'altro grande passo, perché sono necessari investimenti per costruire le infrastrutture necessarie.

Il diritto all'acqua va considerato a tutti gli effetti quale estensione del diritto alla vita e ogni Nazione dovrebbe attuare gli sforzi necessari per garantirlo alle popolazioni.

 

La siccità e la desertificazione causate dal riscaldamento globale, hanno altresì costretto molti abitanti della Somalia a lasciare i loro villaggi e attraversare il deserto per raggiungere il campo profughi di Dadaab al confine con il Kenya. Costruito per ospitare 9 mila persone oggi ne accoglie 450 mila. E gli eco-profughi continuano ad arrivare a centinaia ogni giorno.

Gikomba (Nairobi): il più grande mercato di vestiti usati dell'Africa orientale dopo l'incendio del 23 giugno 2015.
Gikomba (Nairobi): il più grande mercato di vestiti usati dell'Africa orientale dopo l'incendio del 23 giugno 2015.

 

Commento

In Kenya milioni di dollari che provengono da donazioni spariscono nelle tasche di approfittatori.

 

Dovete sapere che in Kenya non è possibile sostituirsi alla Autorità locali o governative per la costruzione di opere pubbliche.

Per opera pubblica non solo si intende una qualsiasi realizzazione di cui tutta la popolazione può usufruire od accedervi, ma soprattutto che sia attuata su suolo pubblico.

Chi intende realizzare una qualsiasi opera su suolo pubblico, come strade, illuminazione, ospedali, pozzi, etc., può solo, rivolgendosi alle Autorità competenti, versare il totale costo dell'opera e sperare che venga realizzata, inutile dire senza avere alcun diritto sulla proprietà, gestione o quant'altro.

Verità è che milioni di dollari provenienti da donazioni per la realizzazione di opere pubbliche mai realizzate finiscono nelle tasche di approfittatori siano essi Autorità o Onlus. Queste ultime, essendo privati, possono esclusivamente operare all'interno di proprietà private e come tali impedire l'accesso a chiunque non fosse loro "gradito".

Anche gli abiti dismessi che donate li potete ricomprare sulle bancarelle nei vari mercati, ed in particolare nelle città costiere, visto che ormai, il più grande mercato di vestiti usati dell'Africa orientale a Gikomba (Nairobi), il 23 giugno 2015 è andato in fumo!

Incendio al mercato di Gikomba-Nairobi
Incendio al mercato di Gikomba-Nairobi

 

29 giugno 2018 

Quindici morti e settanta feriti per il furioso incendio in un mercato di Nairobi.

 

L’inferno si è scatenato nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi con un terribile bilancio. I morti finora accertati sarebbero quindici, mentre il numero delle vittime, alcune gravi, ammonterebbe a oltre settanta. Il mercato interessato dal tragico evento è quello di Gikomba, uno dei più grandi mercati all'aperto della capitale keniota che già in un recente passato è stato vittima della stessa sventura.

La rapidità con cui le fiamme si sono sviluppate e i punti d’innesto dell’incendio, ben distribuiti nelle zone più vulnerabili delle strutture, hanno subito fatto pensare ad un’origine volontaria dell’evento che ha richiesto oltre novanta minuti per essere domato, nel frenetico avvicendarsi delle ambulanze che trasportavano i feriti nei vicini ospedali.

Alcune delle vittime, pur non essendo entrate in diretto contatto con le fiamme, hanno perso la vita soffocate dal denso fumo mentre tentavano disperatamente di portare al sicuro almeno una parte delle loro proprietà. L’esame dei corpi senza vita ha rivelato anche la triste presenza di quattro bambini.

Lodwar, Kenya. Fiume Turkwel quasi a secco a causa della diga a monte
Lodwar, Kenya. Fiume Turkwel quasi a secco a causa della diga a monte

 

Fiume Turkwel

 

Il fiume Turkwel (a volte scritto Turkwell) scorre dal Monte Elgon al confine di Kenya e Uganda al Lago Turkana.

Il nome Turkwel deriva dal Turkana Tir-kol, che si traduce in "che resiste al deserto".

Il Turkwel inizia dalle lussureggianti verdi pendici del Monte Elgon e delle colline Cherangani, attraversa il sud della Pianura Turkana ed il deserto Loturerei vicino a Lodwar sfociando nel lago di deserto più grande del mondo, il Lago Turkana.

Il flusso del fiume varia stagionalmente, ed è soggetto sia a siccità che ad inondazioni lampo nella stagione delle piogge.

La controversa diga di Turkwel è stata costruita dal governo keniota 1986-1991, con l'aiuto della Francia. Il piano era quello di sfruttare le acque del Turkwel. Il progetto inizialmente doveva costare 4 miliardi di scellini kenioti, ma ha finito per costare più di 20 miliardi. La diga ha avuto il solo scopo di inaridire le terre a valle. L'ennesimo flop di uno stato europeo in Kenya, ed ennesima dimostrazione dell'incompetenza più totale dei governi che hanno agito solo per interessi personali a discapito della vita non solo della flora e la fauna, ma anche della popolazione locale.

Siccità in Kenya
Siccità in Kenya

 

 14/11/2016

5 MESI SENZA PIOGGE: LA SICCITÀ STRINGE D’ASSEDIO IL KENYA

La situazione idrica del Kenya inizia a diventare un vero problema e una minaccia per la vita di uomini e animali. Da cinque mesi nel Paese, e soprattutto nelle zone già minate dall'aridità della terra, non cade una goccia d’acqua. Alla carestia dei raccolti, che porta migliaia di persone alla fame e a barattare le poche cose di proprietà in cambio di farina, pomodori ed altri generi di prima necessità, si aggiunge la mancanza di acqua, che in Africa (e non solo) è l’elemento fondamentale da cui tutto prescinde. Nella regione di West Pokot si registrano morie di mucche e capre che significano l’impoverimento totale delle popolazioni da sempre dedite all'allevamento e alla pastorizia, nell'entroterra della costa, solitamente fertili per i raccolti di sussistenza (mais, ortaggi, verdura in foglia) la gente è alla fame. Aumentano gli episodi di razzie e di disfide tra villaggi che si contendono quel poco che c’è.

Lavori per l'approvvigionamento idrico di Baricho Lotto 3
Lavori per l'approvvigionamento idrico di Baricho Lotto 3

 

 07/05/2017

L'ANNOSO PROBLEMA DELLA MANCANZA D'ACQUA SULLA COSTA

La questione dell'acqua sulla costa, con la siccità dei mesi scorsi si è fatta ancora più evidente e insopportabile. Ormai sono anni che la popolazione e l'industria turistica soffrono di continui black out nell'erogazione dell'acqua dagli acquedotti pubblici dell'impianto di Baricho, sul fiume Galana, nell'entroterra di Malindi. Ogni mese la Kenya Power and Lightning, ovvero l'azienda nazionale dell'energia elettrica, chiede al Coast Water Service Board, ovvero l'azienda regionale dell'acqua, di pagare la bolletta e gli arretrati che ormai ammontano a parecchi milioni di scellini. Per tutta risposta non arriva quasi mai la cifra corrispondente alla bolletta da pagare, ma sempre una cifra minore. Accade quindi che la KPL tolga l'elettricità agli impianti di Baricho 1 e Baricho 2 che filtrano l'acqua del fiume e la incanalano negli acquedotti che poi dovranno servire non solo la Kilifi County, ma anche buona parte dei distretti di Mombasa. A Malindi e Watamu di media manca l'acqua 4 giorni al mese, fino a quando la bolletta in qualche modo e in gran parte viene pagata, ma in altre zone più lontane, come ad esempio Bamburi dove recentemente c'è stata una protesta esemplare dei residenti, è mancata anche per due settimane.

 

Vedi anche: Malindi di male in peggio!