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Mutilazione genitale femminile


Mutilazione genitale femminile e circoncisione maschile

 

Nel Kenya orientale la circoncisione femminile si estingue lentamente.

Con un rito di passaggio alternativo (Arp) la Diocesi cattolica dei Meru e l’ong Catholic Relief Services insegnano alle ragazze del luogo sia i nuovi valori che quelli della vecchia scuola in sostituzione della mutilazione genitale.

NAIROBI
– Un antico mito Meru, nel Kenya orientale, racconta di una guerra durante la quale vennero dispiegati tutti gli uomini sani del villaggio per combattere contro una tribù nemica, per poi tornare e trovare le donne fecondate dagli uomini lasciati indietro, i quali erano stati ritenuti incapaci di difendere il villaggio. Da quel giorno, prosegue la leggenda, furono fatti rimuovere i clitoridi delle donne Meru per frenare i loro appetiti sessuali ed assicurare la fedeltà coniugale.
La pratica della mutilazione genitale femminile (Mgf), un tempo fondamento della femminilità fra i Meru, si sta lentamente estinguendo mentre le persone diventano più consapevoli dei rischi fisici implicati e del suo rinforzare la posizione di inferiorità delle donne nella società. C’è ancora qualche resistenza comunque, con molti che credono che abbandonare la Mgf potrebbe mettere a repentaglio i valori Meru ancora considerati fondamentali per le giovani ragazze che diventano donne nella comunità.
“I riti di circoncisione femminile avevano un duplice ruolo; il taglio, certo, ma c’era anche il periodo di isolamento che seguiva al taglio, durante il quale le ragazze venivano educate sui comportamenti delle donne nella società Meru: come dovrebbero comportarsi in una società civile, come dovrebbero interagire con gli uomini e come essere membri rispettabili della società”, ha dichiarato Gilbert Musai, della Diocesi Cattolica dei Meru, il quale, con l’Ong Catholic Relief Services, gestisce un rito-di-passaggio alternativo (Arp) che insegna alle ragazze del luogo sia i nuovi valori che quelli della vecchia scuola in sostituzione della Mgf. “Stiamo cercando di trovare un modo per unire il vecchio sistema con quello nuovo.”
Più di 2 mila persone sono state sottoposte all’Arp in diverse località Meru dal 2007, e secondo funzionari della diocesi l’incremento delle dimensioni della classe e la richiesta di più sessioni è la prova che stanno avendo l’impatto desiderato. Il corso dura una settimana e culmina in una cerimonia di diploma alla quale partecipano i genitori ed i capi locali. “Fondamentale per il nostro successo è il fatto che non abbattiamo le tradizioni locali; non andiamo in giro parlando male della cultura Meru, e, a parte il taglio – e al fine di rimanere amichevoli con i capi culturali lo chiamiamo il taglio e non la mutilazione – insegniamo valori che queste ragazze imparerebbero normalmente nella preparazione alla femminilità, associati a consigli moderni”, ha dichiarato Joseph M'eruaki, il direttore allo sviluppo sociale della diocesi.
25 settembre 2009 - In esclusiva da News from Africa

Commento: Niente di più falso!
In Kenya ci sono due tipi di circoncisione femminile:
la più tremenda si chiama "Infibulazione" e consiste nella escissione del clitoride e delle piccole labbra con successiva sutura di gran parte dei genitali esterni. Questa è la forma gravata dalle conseguenze più gravi sulla salute della donna (incontinenza urinaria, oltre che a vari danni perineali al momento del parto).
C’e’ poi la Mgf ("FGM" - female genital mutilation) o circoncisione di secondo tipo, in cui si asportano il clitoride e le piccole labbra, ma non c’è poi la sutura dei genitali esterni. Questa forma normalmente non si associa ad incontinenza urinaria, anche se le lacerazioni perineali al parto sono egualmente frequenti.
Le tribù settentrionali, da Isiolo verso l’Etiopia, la Somalia od il Sudan, praticano sempre l’infibulazione, mentre le tribù Bantu (anche se in percentuale decisamente inferiore) praticano generalmente la Mgf di secondo tipo.

I Meru sono un gruppo etnico che vive nelle regioni a nord del Monte Kenya suddivisi in sette tribù o "sezioni": Tigania, Igemebe, Imenti, Miutuni, Igoji, Mwimbi, Muthambi. La mutilazione genitale femminile in Kenya non è circoscritta all'usanza di questo popolo, bensì estesa in tutto il paese, come in tutto il paese è considerata una pratica "civile"!
Quindi non nascondiamoci dietro ai vetri: queste tribù, unitamente alle altre, vanno fiere di questa tradizione e non è mai stata registrata una diminuzione o affievolimento di detta barbarie "dell'uomo nero" e non solo, mentre le falsità sono sempre state un buon insegnamento cattolico! Leggete il prossimo articolo!
Stefano Negri

12 febbraio 2014
Kenya: ti rendo donna asportandoti i genitali!

Il 6 febbraio si è celebrata la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, una iniziativa importantissima, ma siamo ancora lontani dal raggiungere l'obiettivo.
Questa pratica è ancora in uso in 30 paesi, soprattutto in Africa e Medio Oriente, dove le ragazze devono essere "tagliate" per prepararsi al matrimonio. Si asporta un pezzo di clitoride o si rimuovono i genitali esterni, provocando oltretutto gravi conseguenze come infezioni, emorragie, sterilità e varie complicazioni in un eventuale parto.

Secondo le Nazioni Unite oltre 125 milioni di donne vivono sopportando questa atrocità. La fotografa finlandese Meeri Koutaniemi ha immortalato due sorellastre, qui chiamate Isina e Nasirian, appartenenti alla tribù Masai del Kenya, che sono state mutilate lo scorso novembre.
La richiesta di documentare il rituale è stata inoltrata qualche settimana prima ai genitori delle ragazze che ne hanno discusso con gli altri del villaggio. Sapevano che le foto sarebbero state usate per la campagna contro la mutilazione ma sapevano anche che avrebbero presentato la realtà di quella tradizione, che loro ritengono onorevole.
Le due ragazze sono state prima rasate con una lametta e con latte di mucca. I genitori si sono dipinti il volto con l'okra (composto di polvere rossa e grasso), felici che le loro bambine diventassero finalmente donne. Sono stati uccisi alcuni animali per il banchetto. Le due "elette" non devono gridare. Gridare è segno di debolezza. Opporsi equivale ad essere scansate dalla comunità.
La mattina del rituale una donna arriva nella loro casa, prende la lametta, si china fra le gambe della ragazze e le fa sanguinare. Altre donne tengono ferme le mani e le gambe delle due, che gridano inevitabilmente. Ma di dolore. Alla fine, racconta la fotografa: «I genitali erano irriconoscibili. Non hanno lasciato niente».
Le due mutilate restano poi in casa per quattro settimane, in attesa che le ferite si cicatrizzino. Mangiano tanta carne e bevono sangue animale per compensare quello che hanno perso.
La fotografa se ne è andata il giorno successivo, dice che le ragazze erano malate e inconsolabili. Il resto della comunità l'ha salutata dicendosi fiera di una simile tradizione.
Lotteranno per mantenerla viva.
In qualche parte del mondo, questo succede ogni giorno, e non c'è qualcuno a fotografarlo.
Da http://lightbox.time.com/

Gli uomini della tribù dei Bukusu, in Kenya, intonano l'inno della circoncisione
Gli uomini della tribù dei Bukusu, in Kenya, intonano l'inno della circoncisione

La circoncisione maschile

Shadrack è un ragazzo di 14 anni, non ancora circonciso, della tribù dei Bukusu, del Kenya occidentale. Ha i polsi fasciati da bracciali di metallo, cui sono appesi campanacci decorati da piume; fin dalla mattina li fa tintinnare flettendo i muscoli delle braccia e ballando sotto un albero di mango nel cortile davanti alla casa di suo padre, mentre amici e parenti gli sfilano intorno brandendo bastoni e intonando canti che parlano di coraggio, di donne e di alcol.
Nel pomeriggio Shadrack e il suo seguito compiono una visita rituale a uno zio materno, che gli regala una mucca, ma solo dopo averlo schiaffeggiato urlando che sembra una femminuccia, non un ragazzo pronto per diventare un uomo. Il giovane, che ha chiesto di essere sottoposto alla sikhebo, la tradizionale cerimonia della circoncisione, non riesce a trattenere le lacrime. Ma è più arrabbiato che spaventato, e dopo essere tornato a casa del padre si mette a danzare.
Al tramonto la festa conta già più di 50 ospiti. Gli uomini bevono con lunghe cannucce di bambù dalla stessa caraffa la birra di mais preparata apposta per l’occasione. Alle 21.30 la folla forma un cerchio intorno ai visceri color azzurro perla di una mucca appena macellata. Uno degli zii paterni di Shadrack affetta lo stomaco gonfio con un coltello. Taglia due strisce di budello, poi raccoglie con la mano un po’ del contenuto, cibo verdastro semi-digerito. Si avvicina al nipote con il braccio nascosto dietro la schiena.
«Nessuno nella nostra famiglia ha mai avuto paura!», urla. «Stai fermo!». All'improvviso lo zio scaglia la poltiglia disgustosa sul petto del nipote e la spalma meticolosamente sul viso e sulla testa del ragazzo. Gli mette gli intestini della mucca intorno al collo e gli dà due ceffoni sulle guance. «Se ti agiti o ti metti a urlare, non tornare indietro», dice lo zio. «Attraversa il fiume e va' avanti. Sei un soldato adesso. Se qualcuno ti infila un dito in un occhio tu non sbatti le palpebre».
La sera gli adulti gli spiegano che cosa significa essere un uomo, l’importanza di rispettare gli anziani e le donne, offrendogli regole morali e consigli pratici, incluso quello di stare alla larga dalle donne sposate. Il ragazzo riceve della farina, alcune galline e piccole somme di denaro. Qualcuno lo schernisce, mettendo in dubbio il suo coraggio e la sua determinazione. Intorno a mezzanotte gli concedono di sdraiarsi un po’ per far riposare le braccia pesanti e la testa coperta di letame incrostato. Si sveglia alle due di notte. Un’ora dopo ricomincia a ballare come in preda a scariche di adrenalina. Parenti e amici - alcuni ormai ubriachi per la birra fatta in casa - cantano a squarciagola, «Il sole sta per sorgere! Non senti l’odore del coltello? È quasi l’alba!».
Shadrack diventa uomo in una cultura in cui i ruoli maschili e femminili sono ancora definiti in modo tradizionale e i ragazzi sono guidati da un rituale che si ripete sempre uguale da tempo immemore.

Drew Moore affonda un coltello nel cuore di un cinghiale
Drew Moore affonda un coltello nel cuore di un cinghiale

Uomini si diventa

Dall'altra parte del mondo Drew Moore, 11 anni, affonda un coltello nel cuore di un cinghiale mentre suo padre Peaty e il loro cane bloccano a terra la bestia. La carne dell'animale finirà nel congelatore di famiglia. Drew «infilza cinghiali» da quando aveva sei anni
Nel villaggio dell'Arkansas dove vive Drew, la caccia è sinonimo di mascolinità.

Scienziati e studiosi non possono fornirei indicazioni più chiare. Da secoli le domande su ciò che definisce un uomo e i concetti correlati alla mascolinità e alla virilità sono intrecciati ai dibattiti sulla cultura e la biologia, influenzati dalla politica. Antropologi e sociologi di solito si schierano dalla parte della cultura, sostenendo che sono le società a costruire il concetto di uomo.
“Uomini si diventa, non si nasce”.
«L’essere uomo non è la manifestazione di qualcosa di innato, non emerge alla coscienza dalla nostra costituzione biologica, è il frutto della nostra cultura».

Un colpo di lama sancirà il passaggio del giovane all'età adulta
Un colpo di lama sancirà il passaggio del giovane all'età adulta

Così alle prime luci dell’alba, spinto dagli obblighi della cultura bukusu e dagli oltre 1.200 nanogrammi di testosterone per decilitro di sangue che secondo gli scienziati scorrono nel corpo di un adolescente, Shadrack si incammina verso il vicino fiume Chwele. È attorniato da una trentina di uomini e ragazzi, a cui si aggiungono alcune ragazze impertinenti che non sono state mandate via. La compagnia attraversa cantando sentieri di argilla rossa e campi di mais e canna da zucchero. Alle sette meno un quarto il ragazzo viene liberato dai bracciali di metallo. Si toglie i pantaloncini marroni e scende nudo lungo un argine erboso. Suo zio lo segue. Nascosto tra le canne, Shadrack si leva di dosso lo sterco di mucca. Riemerge ricoperto di fango scuro.
Il gruppo torna a casa del padre del giovane, muovendosi quasi al galoppo lungo un percorso diverso per scongiurare qualsiasi tentativo di malocchio. Cantano l’inno dei Bukusu, il canto della circoncisione, che schernisce la tribù rivale dei Luo, il cui rito di passaggio prevede la rimozione di alcuni denti e non del prepuzio. «Chi ha paura della circoncisione vada pure nella terra dei Luo».
Una folla enorme - donne, uomini, bambine e bambini - si è radunata ad attenderli nel cortile. Shadrack avanza per primo e si ferma, rivolto a ovest per guardare simbolicamente il tramonto della sua infanzia. Protagonista assoluto della scena, mette la mano sinistra sul fianco e alza il braccio destro. Il circoncisore si accovaccia davanti a lui. È una questione di pochi secondi. Shadrack non batte ciglio, non ha un sussulto né fa intendere di sentire dolore. Anzi, quando l’uomo segnala con un fischio che l’operazione è terminata e la madre, la zia e le altre donne cominciano a ululare per la gioia, il giovane assume un atteggiamento compiaciuto.

Dopo la circoncisione il padre avvolge il ragazzo in una coperta. Il rito di passaggio è finito.
Dopo la circoncisione il padre avvolge il ragazzo in una coperta. Il rito di passaggio è finito.

Suo padre, suo zio e altri corrono da lui piegandosi per guardare da vicino, come se stessero verificando i numeri di un biglietto vincente della lotteria. Scosso da brividi, forse per lo shock, Shadrack si siede mentre le donne lo avvolgono in scialli colorati. Per i quattro giorni successivi rimarrà in convalescenza. Secondo la tradizione, i neo-iniziati di questa comunità rimangono per quattro mesi con un tutore che insegna loro come cacciare, costruire una capanna, conciare le pelli e diventare guerrieri sufficientemente arditi da respingere gli attacchi dei predatori di bestiame e organizzare assalti a loro volta.
Shadrack viene trattato con nuovo rispetto, e gode già di una serie di privilegi patriarcali. Nessuno lo manderà più al fiume a prendere l’acqua, a raccogliere la legna per il fuoco o a spazzare il cortile. Le donne che fanno da mangiare d’ora in poi terranno conto dei suoi gusti. Avrà una capanna tutta sua accanto a quelle della sua famiglia, non dormirà più nella casa di sua madre. A dicembre poi ci sarà la cerimonia, a conclusione del periodo di transizione, in cui il quattordicenne Shadrack sarà presentato ufficialmente alla comunità bukusu come uomo maturo.
È difficile assistere a una cerimonia di circoncisione bukusu senza provare ammirazione e sgomento. Sgomento perché i bambini sono… bambini e molti sono persino più piccoli di Shadrack e sembravano meno pronti di lui ad affrontare la prova. Tentato dalle lusinghe di nuovi privilegi e spinto a rispettare la tradizione, un bambino di 10 anni può davvero prendere liberamente la decisione di sottoporsi a questa operazione dolorosa e potenzialmente pericolosa?

In Australia i bambini aborigeni di etnia Mardudjara devono ingoiare il loro prepuzio dopo il taglio. In Papua Nuova Guinea i bambini Sambia si spingono un bastoncino appuntito nel naso per sanguinare e devono ingoiare il seme dell’uomo giovane con cui sono obbligati ad avere un rapporto orale. I Satere Mawe dell’Amazzonia brasiliana infilano le mani dentro guanti pieni di formiche proiettile (Paraponera clavata), le cui punture sono classificate tra le più dolorose in natura.

«Il sangue ci collega ai nostri antenati», spiega uno degli zii di Shadrack. Il giovane adesso godrà di nuovi privilegi ma avrà anche obblighi e responsabilità. La fratellanza dei ragazzi che sono stati circoncisi nello stesso periodo e appartengono alla stessa fascia d’età li porta ad essere amici per tutta la vita. Saranno loro a portare la bara al funerale e a scavare la fossa.
Per alcuni l’abuso subito nel rituale può insegnare ai ragazzi a non ripagare gli altri con la stessa moneta. Ma sarà poi vero? O la realtà è contraria e ben peggiore?