Il fenomeno si chiama “beccarsi il mal d’Africa”.
Ne sono coinvolti non solo i turisti, ma anche gli espatriati, ex volontari, come quelli del “Peace Corps” americano, altri delle numerose agenzie di soccorso, missionari e diplomatici.
L’ex ambasciatore americano Ranneberger - un forte critico del governo - sposava una ragazza maasai e si stabiliva permanentemente in Kenya.
Ciò nonostante un rapporto della rivista americana “Fund for Peace and Foreign Policy” cosi scriveva “ In Kenya la corruzione, anche ad alti livelli, è rampante, le infrastrutture decadenti, milioni di persone negli squallidi “slums”, comunicazioni povere, strade scassate, centinaia di migliaia di rifugiati, pressione demografica in aumento, insicurezza, abusi dei diritti umani, e sviluppo economico ineguale”.
Tuttavia gli espatriati non si preoccupano di quanto sopra e alcuni dicono che il Kenya è il posto più vicino al paradiso terrestre. Vivono nelle zone “buone” delle città distante dagli “slums”, l’immondizia e le strade scassate.
Alcuni intervistati dalla rivista “New African” dicevano di amare la bellezza naturale del paese, il clima, le attrazioni turistiche, i parchi nazionali, la Costa, la gente generalmente amica, il costo della vita abbordabile, la sensazione di “sentirsi qualcuno” e di ricevere migliori servizi non solo nei ristoranti, per il semplice fatto di vestire una “pelle bianca”.
Anche quelli che vivono nelle tenute agricole “ranches” di Laikipia, nella Rift Valley, o nelle ville alla Costa, godono dell’atmosfera da “quasi paradiso terrestre” con personale di servizio abbondante, clima mite, campi da golf, birra e “gonnelle” a “buon mercato”.
Il governo, da parte sua, non sembra apprezzare i vantaggi che gli espatriati residenti portano al paese, sotto forma d’investimenti ed occupazione per i locali. Recentemente hanno aumentato sensibilmente il costo dei “visa” permessi di lavoro e di soggiorno. È possibile ottenere la cittadinanza locale, ma l’iter burocratico è tortuoso, dovuto principalmente alla corruzione negli ambienti ufficiali.
By Georg Von Eisen
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»