Gedi o Gede (dal dialetto Oromo
"prezioso") è un'antica città islamica risalente al XIII secolo, situata nella foresta Arabuko
Sokoke a circa 4 km da Watamu e 20 Km da Malindi, nei pressi del villaggio di Gede.
Le rovine di Gedi sono ancora oggi un mistero irrisolto: dopo tante ricerche e diversi studi nessuno è in grado di affermare con certezza quello che è realmente successo al villaggio e ai suoi
abitanti. Gedi non è menzionata in nessuna cronaca araba o portoghese di quel periodo.
La “città perduta” di Gedi era un insediamento arabo-swahili con più di 2500 abitanti, e gli oggetti ritrovati in seguito a numerosi scavi indicano il 13° secolo come data di fondazione della
città.
Il sito fu inspiegabilmente abbandonato due volte: intorno al 1500 e definitivamente nel corso del 1700, ma non ci sono segni di battaglie o pestilenze tali da presupporre una duplice ed
improvvisa evacuazione.
Le supposizioni degli archeologi riguardo la caduta di Gedi sono però diverse: una sostiene che originariamente la città sorgeva sulle rive dell’Oceano Indiano, che una volta ritiratosi lasciò il
villaggio all'asciutto, il che costrinse i suoi abitanti ad andarsene.
Un’altra attribuisce alla tribù dei Galla la causa dell’evacuazione: i Galla erano un’etnia della Somalia e in quel periodo non erano nuovi ad irruzioni col fine del saccheggio.
In seguito le rovine della città furono ricoperte dalla folta vegetazione e il sito rimase nascosto.
Le rovine di Gedi furono scoperte per la prima volta dai colonialisti nel 1884 dopo che un residente britannico di Zanzibar, Sir John Kirk, visitò il sito. Tuttavia, le rovine rimasero oscurate
fino alla loro successiva riscoperta negli anni ’20, quando il sito iniziò ad attirare l'attenzione del governo britannico dell'Africa orientale.
Come spesso accade da queste parti nacquero numerose leggende e superstizioni sugli spiriti di Gedi, fino a quando nel 1948 le rovine furono dichiarate Parco Nazionale ed il sito finalmente
aperto al pubblico. Ma il mistero della sua storia non fu mai risolto.
La città di Gedi un tempo era circondata da due cinte murarie che separavano la classe borghese dai comuni cittadini (in prevalenza la popolazione locale Swahili). All'interno della parte
borghese della cittadina trovano spazio le rovine di tre moschee, del palazzo del sultano e di molte case. I bagni delle case attorno al “Grande Palazzo” sono particolarmente interessanti: al
loro interno si trovano gabinetto alla turca e una tinozza per lavarsi, mentre le più lussuose hanno addirittura il bidet e il lavandino. Alcune di esse hanno un cortile con dei pozzi stretti e
molto profondi, una ha addirittura un piccolo mausoleo privato nel giardino.
La città raggiunse il suo massimo splendore a metà del XV secolo, quando era un fiorente centro commerciale tanto che gli scavi hanno riportato alla luce porcellane cinesi, una lampada indiana,
manufatti veneziani e forbici spagnole.
Oggi Gedi è immersa nella rigogliosa foresta di Arabuko Sokoke; un tempo era affacciata sul mare, oggi a pochi chilometri. Alcuni portali in pietra sono ancora ottimamente conservati e offrono un
suggestivo spettacolo essendo oggi immersi nella foresta.
Ancora oggi è possibile apprezzare l'elaborata struttura architettonica dei palazzi che componevano la città. Rimangono anche i resti di un tempio della città di Gedi con una colonna
sopravvissuta nel tempo. Alcuni edifici mostrano anche tracce architettoniche del breve periodo di dominio veneziano.
Gedi è oggi stata scelta come dimora da un ricco insediamento di cercopitechi, vivaci e simpatiche scimmiette, che accompagnano i visitatori alla città in cambio di qualche banana.
Gedi ha anche un entroterra costituito da diversi siti più piccoli costituiti da moschee solitarie e tombe o da diverse case. I siti di Shaka e Kilepwa si trovano nelle vicinanze. Kilepwa,
situata su un'isola a Mida Creek, è più vicina a Gedi ed è composta da tre case in pietra. C'è anche una moschea isolata all'estremità occidentale del torrente, una moschea a Watamu e una moschea
e tombe a Kiburugeni.
Vedi anche: Gedi (per maggiori informazioni sul sito nelle vicinanze dell'Arabuko Sokoke Forest Reserve)
Vedi anche: Le rovine di Gedi (per fotografie del sito)
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»