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Nel regno incontaminato degli animali


Parco Nazionale Tarangire
Parco Nazionale Tarangire
Tarangire National Park
Tarangire National Park
Tarangire National Park
Tarangire National Park

Dopo un lungo volo notturno eccoci ad Arusha (Tanzania). Siamo di fronte all'albergo, pronti a caricare le nostre Land Rover e soprattutto a partire per questa intensa avventura africana che ci porterà a visitare i più interessanti parchi tanzaniani. Un viaggio all'interno dei veri santuari della natura.

 

Tarangire National Park

Entriamo in questa splendida regione, che si snoda lungo il fiume omonimo, che dà il nome al parco. Una delle piante più tipiche delle savane del Tarangire è il baobab, colosso vegetale che può raggiungere i 10 m di diametro alla base del tronco e una circonferenza di 40 m e che, nonostante le difficili condizioni climatiche in cui vive, può sopravvivere fino a mille anni di età, un vero primato di longevità. Il baobab è caratterizzato da un aspetto spesso deforme, ha chioma ampia, espansa a cupola, con rami contorti che ricadono per lo più fino al suolo. In altezza non raggiunge dimensioni rilevanti, dal momento che non supera i 20 m, ma in compenso presenta un ritmo di crescita piuttosto rapido, che gli permette di raggiungere la sua mole ragguardevole in un tempo relativamente breve.

 

Great Rift Valley
Great Rift Valley

Great Rift Valley

Lasciamo il piccolo villaggio di Mto-wa-Mbu (il fiume dove vivono le zanzare) ed entriamo nella Great Rift Valley, la profonda spaccatura della crosta terrestre, che si estende per quasi 6.500 km dal Libano al Mozambico. II fenomeno è stato frutto dell'azione di violente forze sotterranee che, in un arco di tempo molto lungo, hanno lacerato la crosta terrestre, provocando lo sprofondamento di enormi blocchi rocciosi e la fuoriuscita di roccia allo stato liquido, nel corso di eruzioni vulcaniche. Che questi fenomeni siano ancora in atto lungo questa vasta area è dimostrato dalla presenza di decine di vulcani attivi e di numerose sorgenti di carbonato di sodio che rendono salate le acque di molti laghi all'interno della Great Rift Valley o formano sconfinate distese desertiche incrostate di carbonato di sodio, detto comunemente soda.

La Rift Valley tanzaniana è formata da due rami che divergono a partire dal lago Turkana in Kenya. Il ramo occidentale o Rift Valley occidentale si estende oltre il lago Alberto in Uganda e, attraverso il Burundi, raggiunge il lago Tanganika. Questo ramo è ancora interessato da fenomeni sismici e vulcanici. Il ramo orientale, chiamato Rift Valley orientale scende verso sud superando i laghi Natron e Manyara per poi congiungersi con il ramo occidentale all'altezza del lago Nyasa.

In Tanzania la Great Rift Valley raggiunge la sua massima importanza nel nord del Paese, in particolar modo attorno al Lake Manyara National Park.

Lake Manyara National Park
Lake Manyara National Park

Lake Manyara National Park

Dal bordo Great Rift della Valley percorriamo la ripida pista che scende nella depressione sottostante. Una rigogliosa foresta che circonda un lago,un altro santuario di fauna africana: il Lake Manyara National Park. Girovaghiamo nell'ombreggiatissima boscaglia per ore, incontrando dapprima numerosi branchi di babbuini. Vaghiamo alla ricerca dell'animale che è il simbolo del Manyara: l'elefante, che proprio per le caratteristiche ambientali ha trovato qui il proprio habitat ideale. Eccone un gruppo tra le acacie. Più avanti l'ondeggiare, il piegarsi, il rompersi di arbusti e cespugli fanno apparire come se la boscaglia si muovesse. Siamo in breve immersi in un grosso branco, tra barriti e oscillanti proboscidi. Proseguendo la vegetazione si dirada, si passa ad una rada e verde savana, popolata da zebre, gazzelle e bufali. Quest'ultimo è senza dubbio uno degli animali più pericolosi dell'Africa. È imprevedibile nelle sue reazioni, perché quando si lancia all'attacco distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino. Contrariamente ai rinoceronti ed agli ippopotami il bufalo sente e ci vede molto bene, riuscendo con estrema facilità ad individuare gli obiettivi che vuole distruggere. È quindi prudente non avvicinarsi troppo in questa prateria.

Abbandoniamo la savana e decidiamo di spostarci verso il lago Manyara, lago che dà il nome al parco, fermandoci ai bordi delle sue rive. Il lago si presenta chiazzato di estese macchie di svariati colori, che vanno dal rosa pallido, al rosso più intenso, al bianco. Il lago Manyara, come altri svariati altri laghi all'interno della Great Rift Valley, è la sosta preferita di migliaia di fenicotteri e molti altri animali migratori. Lo spettacolo è incantevole.

 

Ngoro Ngoro Conservation Area
Ngoro Ngoro Conservation Area

Ngoro Ngoro Conservation Area

Siamo oltre 12.000 m di altitudine, affacciati su uno dei punti panoramici più strategici, che ci permettono di osservare con lo sguardo questo straordinario spettacolo. Ecco sotto di noi il cratere di Ngoro Ngoro.

In un unico colpo d'occhio si vede l'immensa caldera (oltre, 15 km di diametro) estendersi verso ogni direzione, 1.500 m più in basso, descrivendo una perfetta ellisse disegnata dalle pareti del vulcano spento che la circondano da ogni parte. Avvolto nella tenue luce del caldo pomeriggio, il fondo del cratere è là sotto, dove una leggera brezza accarezza la savana e, al centro, immobile, come un isolotto di acqua immerso nel mare verde d'erba, il lago di Ngoro Ngoro dove pullulano centinaia e centinaia di fenicotteri rosa.

Il safari all'interno del cratere è permesso solo a bordo di veicoli con quattro ruote motrici. Questo sia per il totale fuoristrada che bisogna fare sul difficile terreno, sia per le forti pendenze che bisogna affrontare, sia in discesa che in salita, lungo le pareti interne del vulcano.

All'interno l'Eden rappresentato dagli incontri con animali di tutte le specie, nel susseguirsi ininterrotto di panorami stupendi. Qui niente è stato guastato, tutto è rimasto puro, incontaminato. Nella verde savana vagano leoni e rinoceronti, iene e licaoni, branchi di bufali mescolati a zebre e gazzelle.

Una sosta in prossimità di un'estesa pozzanghera, dove affiorano neri isolotti. Sono ippopotami di cui il cratere di Ngoro Ngoro è ricchissimo. Appena i nostri autisti si avvicinano, gli ippopotami vanno in immersione. Ma bastano pochi attimi perché tornino ad affiorare, popolando di fontanelle d'acqua e di sonori grugniti la grande pozza dove sono immersi. Con gli occhi simili a telescopi ci osservano attentamente. Poi, qualcuno di questi bestioni da 5 tonnellate, più coraggioso degli altri, esce dall'acqua. Allora si può constatarne l'enorme mole e la potenza distruttiva di una sua eventuale carica.

Risaliamo le erte pareti del cratere e scendiamo le verdi Ngoro Ngoro Highlands, le fertili terre che da sempre appartengono ai Masai. Sotto di noi, lontano, l'immensità della piana del Serengeti, su cui splende il sole.

La pista è occupata da tre giraffe. Le dimensioni, le proporzioni insolite e il disegno eccezionale del mantello fanno della giraffa uno dei più affascinanti animali. È l'animale più alto che esista sulla Terra: misura fino a 6 metri alla sommità del capo, è lunga sino a 4 metri e può pesare 1.300 kg. La caratteristica più sorprendente è il collo forte e flessibile; grazie ad una particolare tipo di articolazione, la giraffa può allungare, piegare e arricciare il collo in ogni direzione per nutrirsi e curarsi il mantello. La testa è piccola rispetto alle dimensioni del corpo e funziona come periscopio al di sopra degli alberi e fra le loro chiome. I grandi occhi orlati di magnifiche ciglia all'insù hanno una vista molto acuta, in grado di identificare chiaramente predatori e altre giraffe a lunga distanza. Anche se non sono vulnerabili per un gran numero di animali, le giraffe sono quasi costantemente all'erta e dormono sempre per brevi periodi. La giraffa si nutre di una varietà di alberi e arbusti, soprattutto di acacia. Quando deve raccogliere il cibo, distende la lingua lunga 40 centimetri, la avvolge intorno a un ramo e la ritrae lentamente tra le labbra. Quindi, chiude la bocca e, con un movimento a pettine, distacca foglie, spine e rametti di cui si nutre. Timide e curiose ci osservano, con le loro teste occhiute che sembrano penzolare dal cielo; poi, appena avvertono nostra presenza troppo vicina, fuggono ma si fermano, si rigirano verso di noi, tornano a sfidarci. Sembra quasi che si mettano in posa per le riprese fotografiche e cinematografiche. Poi se ne vanno: quanta agilità e quanto dolcezza nel loro portamento!!!

 

Masai
Masai

I Masai

La pista scende senza tregua, ripida e sconnessa. Mentre sostiamo ai bordi della pista per ammirare il suggestivo panorama, il primo incontro con i Masai.

Gruppi di pastori, armati di lancia, arrivano di corsa. Li osserviamo mentre circondano le nostre vetture e si specchiano nei retrovisori esterni. Oltre alle lance, spicca il drappo rosso che copre appena la loro pelle dipinta anch'essa di rosso con l'ocra e hanno i capelli impastati di sterco con cui costruiscono sofisticate acconciature. Completamente integrato nell'ambiente che lo circonda, immerso nell'immensità della savana, c'è il villaggio. Ecco il recinto fatto di rovi attorcigliati e rami spezzati; all'interno di questa siepe, le tipiche capanne a forma di igloo fatte di terra seccata, su cui il sole ha disegnato poliedriche geometrie.

Andiamo incontro al capo villaggio. Dobbiamo ottenere il suo permesso per entrare nel piccolo accampamento per poter filmare e fotografare. Sono alti, longilinei, il cui profilo è simile alle lunghe lance che impugnano. II viso è incorniciato dalla caratteristica e ricercata capigliatura degli uomini Masai; alcune donne sbucano dalle loro capanne e ci vengono incontro. Sono anch'esse avvolte in drappi color vinaccia e sulle gambe e braccia sono appoggiati i pesanti bracciali di metallo rossiccio e osso: sul collo un variopinto collare costituito da tutta una serie di concentrici fili di perline multicolori. Appesi ai lobi delle orecchie ci sono curiosi e pesanti orecchini, fatti di triangoli di metallo bordati di palline coloratissime.

Ci infiliamo in una delle tante capanne disseminate all'interno del recinto. Qualche bacinella, una stuoia distesa per terra un paio di quelle lunghe zucche che i Masai portano sempre con sé, in cui custodiscono il latte. È tutto l'arredamento della capanna: l'odore del latte si sente tutto intorno.

Le grandi mandrie condizionano gli spostamenti con l'andare in cerca di pascoli freschi e impediscono perciò una vita sedentaria. L'allevamento è la loro attività peculiare. Da sempre il bestiame costituisce il loro unico sostentamento. Non solo fornisce il cibo, ma anche vestiti, recipienti e il tetto per le capanne. Non esiste niente a cui il Masai dia più importanza di un animale. E il tipo stesso di alimentazione che chiarisce questo stretto rapporto con il bestiame. Ogni animale offre latte, sangue e carne, alimenti fondamentali nella dieta dei Masai. Il sangue si estrae solo da animali vivi con una freccia che penetra per un paio di centimetri nella vena giugulare. Con il latte mescolato al sangue preparano una poltiglia rossastra, molto nutriente, che è il piatto base per tutti i Masai. Con lo sterco impastato nel fango, usato anche nelle costruzioni delle piccole capanne, i guerrieri si ungono i capelli che poi riuniscono in numerose treccioline. Così facendo, costruiscono sulla loro testa autentiche criniere che aggiungono fierezza e dignità.

 

Serengeti National Park
Serengeti National Park

Serengeti National Park 

Situato nelle pianure erbose e negli aperti terreni boscosi della Tanzania settentrionale, il Serengeti ospita i branchi di grandi mammiferi più numerosi del mondo e una delle maggiori densità di predatori. Come spettacolo di vita selvatica e di risorse naturali, è uno di parchi più importanti al mondo. I suoi 15.000 Km² sono solo una parte del più ampio ecosistema Serengeti Masai Mara, un'immensa savana tropicale di circa 35.000 Km², in gran parte protetta come parco nazionale, riserva di selvaggina o area di conservazione. Questo ampio ecosistema ignora i confini del Paese e viene definito come area utilizzata dalla grande popolazione migratoria degli gnu, animali che formano una parte unica della spettacolare fauna del Serengeti.

Il parco deve il proprio nome a un termine masai che significa "pianure aperte". Le pianure sono prive di alberi a causa della crosta di ceneri vulcaniche compattate, impermeabili alle radici costrette a cercare l'acqua a profondità ben maggiori dell'erba. Il sole, alto e infuocato, invade questa pianura. Tutta la radura è punteggiata di acacie, i cui ombrelli di fogliame disegnano "pozzanghere d'ombra" sulla prateria erbosa. Sopra, appollaiati fra i rami, numerosissimi uccelli sono pronti ad alzarsi in volo non appena avvertono una presenza estranea. Il loro volo basso sulla savana erbosa popolata di elefanti, leoni, ghepardi, leopardi, bufali e giraffe, in cui non c'è traccia di presenza umana, sia direttamente che indirettamente è oltre che un'immagine fantastica il simbolo stesso della sovranità della natura dell'immutabilità del tempo.

Gran parte del paesaggio della savana è costellato di rocce, affioramenti granitici o collinette dette "kopjes". Questi agglomerati di massi di forma strana, alcuni dei quali raggiungono le dimensioni di una grande casa, si stagliano come isole dall'ambiente circostante. I kopjes creano un habitat ricco e vario e alcune specie vegetali e animali vivono solo nelle loro vicinanze. Appollaiati su questi enormi massi vediamo nitidamente un branco di leoni.

Siamo a soli due gradi a Sud dell'equatore e a un'altitudine di circa 1200 mt; l'escursione termica quotidiana è spesso maggiore di qualsiasi cambiamento stagionale. Gli estremi climatici sono dovuti soprattutto all'andamento delle piogge: arido, polveroso e inospitale nella stagione asciutta, il Serengeti diventa verde e lussureggiante in quella delle piogge. Improvvisi temporali e piogge torrenziali contrastano con giornate dì cielo azzurro e terso. Da novembre a marzo le pianure del Serengetí si trasformano in un tappeto di lucida erba verde ricca di sostanze nutritive, che attira le specie migratorie.

Ma l'essenza del Serengeti è la migrazione: tutta la pianura è popolatissima di gazzelle, di gnu, di impala, di zebre; talvolta, le nostre guide devono frenare bruscamente per evitare di investire gruppi di animali che, in continuazione, attraversano lo spazio dì fronte alle vetture. Per chiunque assistere a questo spettacolo di vita è coinvolgente oltre che affascinante. Queste affollatissime processioni di animali in migrazione, che si spostano lenti, per centinaia di chilometri nel Serengetí, sono oltre che uno spettacolo affascinante, l'immagine stessa della libertà. Saliamo su una collinetta poter ammirare meglio questo grande e spettacolare accostamento di gnu e di zebre, uno degli spettacoli più splendidi della regione, con centinaia di migliaia di gnu riuniti in branchi che sì estendono su un panorama di 360 gradi. Per tutta la stagione delle piogge, gli gnu e le zebre sono costantemente in movimento, alla ricerca delle erbe succulenti dovute a scrosci e temporali sparsi. È in quest'epoca che nascono i piccoli e le pianure ne sono piene. Nei grandi branchi molti animali giovani si perdono e questi orfani diventano facile preda di leoni e iene. Più tardi, all'inizio della lunga stagione asciutta, in maggio, i piccoli accompagnano gli adulti nel lungo viaggio verso nord. Gli gnu si muovono in massa, in lunghe colonne rumorose, emettendo il loro grugnito tipico "gnu gnu", dal quale prendono il nome. Per gran parte della stagione asciutta è possibile trovarli nel Nord del Serengeti e nel Masai Mara in Kenya, per poi tornare alle pianure del Serengeti dopo le prime piogge di novembre.

Il viaggio è pericoloso e gli animali possono soccombere ai predatori e alla malnutrizione, mentre alcuni annegano tentando di attraversare il fiume Mara in Kenya.

Esploriamo senza sosta il Serengeti; vaghiamo nelle sue pianure. Inseguiamo animali, ascoltiamo l'incessante vociare di numerosi branchi che incrociamo. Viaggiamo con loro. È impossibile e forse anche inutile, descrivere tutte le emozioni, spesso intensissime, provate nel percorrere per centinaia di chilometri le savane del Serengeti, i suoi mari d'erba, le sue piste secondarie appena accennate; tutto è intatto, antico, vestito di eternità. Tutto ciò che si vede emana un'aria di grandiosità, di libertà e di incomparabile nobiltà. C'è un grande silenzio. Se ci si ferma al rumore delle macchine subentra immediatamente un silenzio totale: che poi non è affatto assenza di voci, ma è quel silenzio che, proprio perché si sente, può diventare assordante. È il silenzio al quale non siamo più abituati, quello delle voci della natura che non sappiamo più ascoltare. Concludiamo il nostro itinerario nei parchi tanzaniani a Seronera. È il cuore del Serengeti, dove c'è la direzione del parco, il famoso Istituto per la conservazione della Natura, dove lavorano etologi di fama mondiale. Qui c'è anche lo splendido Lodge che, con i suoi confort fa di Seronera una specie di “isola” moderna in questo scenario antico, atavico. Ma, contrariamente a quello che sì può pensare, la presenza del Lodge non stona affatto con il luogo in cui si trova, anzi, direi che permette di misurare meglio l'assenza del tempo, regolato sui ritmi dell'umanità e la presenza di quello scandito dall'eternità della natura, uguale da sempre a se stessa.