Beach Boys oggetti del desiderio


Beach Boys: oggetti del desiderio
Beach Boys: oggetti del desiderio

C'è un pezzo di saggezza convenzionale, tra le leggende dei guerrieri Samburu e Masai in Kenya.

 Si ritiene che le donne bianche sarebbero disposte a percorrere grandi distanze pur di "scopare" con loro. Questa saggezza, in parte, deriva da un popolarissimo libro del 1998 di Corinne Hofmann: The White Masai (La Masai Bianca): una esotica storia di amore e di avventura.

Nel corso delle sue 320 pagine autobiografiche, l'autrice rivela come lasciò il marito per un guerriero e gli diede un figlio d'amore. La "storia vera" sembrava un mito, così si è deciso di indagare.

Quello che si è appreso ha superato ogni aspettativa. La signora Hofmann non è stata la prima e certamente non sarà l'ultima. Ecco il sondaggio: in Kenya donne europee bianche, soprattutto tedesche e "di una certa età", effettivamente accorrono a frotte in cerca di sesso e, in alcuni casi, d'amore. Attraverso il web, ci sono numerosi forum e gruppi fan su Facebook, alcuni con centinaia di membri attivi, dedicati esclusivamente alla gioia di questi romanzi. A quanto pare, solo i guerrieri "lo sanno fare meglio".

Ma il monopolio di questi guerrieri sulle conigliette da spiaggia tedesche (ehm, coniglie) è attualmente in pericolo, minacciato da un gruppo eterogeneo di "rastafariani" (rasta afarensis), noti come "Beach Boys" (Ragazzi da Spiaggia), che invadono sempre più il territorio guerriero.

Guarda il video per vedere, in prima persona, come la battaglia per la supremazia della prostituzione maschile è in aumento e di come la saggezza convenzionale è diventata stranamente leggenda.

Volete divertirvi un po'? Guardate questo video!

The "Little Bamboo"
The "Little Bamboo"

 

8 marzo 2018

Kenya, prima destinazione in Africa per il turismo sessuale femminile

 

L’organizzazione Mondiale del turismo, l’AMPIA (Associazione Nazionale Italiana Antropologi) e vari altri ricercatori che indagano sul fenomeno del turismo sessuale, si trovano d’accordo: sarebbero oltre 600 mila le donne occidentali che ogni anno partono verso lidi esotici per dare sfogo alle proprie fantasie erotiche. Di queste, 30 mila sarebbero italiane.

L’emancipazione femminile, che ha portato le donne a conseguire molti e legittimi traguardi sociali, ha anche spazzato via ogni residua inibizione. Così, ciò che un tempo era esclusivo retaggio maschile, è oggi anche entrato nelle prerogative dell’altro sesso, pronto alle esperienze sessuali con i fusti dalla pelle nera, a volte ricercando l’amore vero, altre volte accontentandosi anche solo del sesso mercificato in fugaci relazioni vacanziere.

 

A detta degli esperti, i paesi più gettonati, per questo tipo di turismo, sarebbero, nell'ordine, Giamaica, Kenya, Santo Domingo, Cuba e molti altre zone dell’Africa centrale e del Maghreb. Queste cacciatrici in gonnella, secondo l’americana Deborah Pruitt che sin dal 1995 si è occupata di una specifica ricerca in merito, sono mosse dalla voglia di “rapporti inusuali” verso queste parti del mondo. È stato proprio il libro della Pruitt, divenuto un’autorevole icona in questo settore letterario, a coniare le espressioni beach-boy e rent-a-rasta. Le più attive in questa attività sarebbero le signore ultracinquantenni, ma non mancano anche le giovani e le giovanissime se pur in quantità meno significativa. Tutte, secondo gli esperti, sarebbero comunque pronte ad aprire il borsellino per concedersi una nuova emozione anche se mercenaria.

 

In Kenya, soprattutto sulla costa, l’approccio risulta facilitato grazie ai nerboruti giovanotti – i beach-boy appunto – che calcano i bagnasciuga offrendo, souvenir, safari, servizi taxi e (soprattutto) se stessi. Quindi non c’è neppure l’imbarazzo di andare a cercarli giacché si appiccicano alla turista di turno come una mosca sul miele e per la malcapitata che non ceda a pulsioni erotiche e voglia leggersi in pace il best seller che si è portata da casa, possono diventare un vero tormento biblico.

Il ministro per il turismo del Kenya, Najib Balala, ha recentemente promesso che nel giro di tre mesi i beach-boy saranno rimossi dalle spiagge con l’ausilio del corpo speciale della polizia turistica, ma chi risiede o frequenta il Kenya da tempo, rimane un po’ scettico di fronte a queste promesse, visto che i beach- boy – pur se la loro attività è stata reiteratamente dichiarata illegale dalle autorità – continuano tranquillamente, sin dagli anni ’80 a esercitare la “professione” alla quale hanno dato il pomposo nome di “beach operator” al fine di auto-conferirsi una sorta di legittimazione. Non solo: spesso la polizia turistica interviene in loro supporto quanto nascono contestazioni con i “clienti” in merito al compenso pattuito.

 

Nel suo interessante libro “In cerca del Big Bamboo”, l’antropologo Klaus de Albuquerke, fornisce anche un identikit delle turiste sessuali, dividendole in quattro tipologie: le “neofite”, alla loro prima esperienza; le “situazionali” cioè quelle che pur non essendo arrivate nel luogo esotico a scopi sessuali, colgono l’occasione che si presenta; le “veterane”, il cui preciso scopo e proprio quello del sesso in vacanza e infine le “reduci” che, soddisfatte delle esperienze assaporate, instaurano rapporti, con uno o più partner, che si rinnovano ogni anno quando lasciano il loro Paese d’origine per venire in vacanza all'equatore. Spesso è il personale delle strutture alberghiere a offrirsi come “agente”per reperire maschi, ma anche ragazzi, adatti alla bisogna ed è singolare che, pur ricorrendo a compensi in denaro o a costosi regali, molte “utenti” di queste prestazioni continuino a definire i rapporti instaurati come “relazioni romantiche”.

 

Diverso è il caso delle giovani turiste bianche che hanno una più spiccata tendenza a innamorarsi per davvero. “Alcune di loro restano incinte – spiega l’antropologo Davidson – e tornano in Europa con il ragazzo conosciuto in vacanza. Una volta ottenuto il permesso di soggiorno, però, o al sorgere dei primi contrasti, queste unioni in molti casi naufragano e le donne che pensavano di aver trovato l’amore, scoprono dolorosamente di aver avuto a che fare con uomini che agivano solo per tornaconto personale”.

Per quanto riguarda il sesso con minori, pur se non ai livelli maschili, secondo l’UNICEF, vi ricorrono anche alcune donne – vere e proprie predatrici – che con l’ausilio d’intermediari, vanno alla ricerca di ragazzi giovanissimi per le loro avventure sessuali, spesso favorite da familiari consenzienti che cedono i propri figli/fratelli contro pagamento. I due Paesi che secondo il rapporto dell’ECPAT (End Child Prostitution Asia Tourism), una NGO originariamente dedicata al solo continente asiatico, ma che ha ora esteso la sua attività a tutto il globo, le due destinazioni in cui l’abuso sessuale di minori risulta più agevole, sono – per quanto riguarda le “utenti” femminili – il Kenya ed i Caraibi.

by Africa Express

Mezzo secolo fa lo chiamavano "Toblerone"!
Mezzo secolo fa lo chiamavano "Toblerone"!

 

 

 


Vedi anche: GLI UOMINI PROBOSCIDE

Beach Boys con "ricotte nostrane"
Beach Boys con "ricotte nostrane"

26 giugno 2021
QUANDO GLI ITALIANI INVENTARONO I BEACH BOYS IN KENYA


Li abbiamo creati noi.
Perchè non siamo solo un popolo di eroi, poeti e navigatori (in internet) ma anche di sceneggiatori di cinepanettoni, specie quando sul set ideale della nostra vita appare la vacanza.
Negli anni passati l’italiano ridens ha esportato in Paesi poveri ma bellissimi dove abbronzarsi d’inverno e respirare libertà dimenticate, non solo la sua debole moneta ma anche l’innato umorismo. Ma non solo, quella verve simpatica ma per niente didattica di italianizzare qualsiasi cosa, per renderla più familiare.
Così a Malindi e Watamu i “Beach Boys” li abbiamo creati noi.
Chi altri sarebbe stato in grado di trasformare Mohammed in Massimiliano? Chi di chiamare un ragazzetto superdotato “Toblerone”?
Che poi quei nomi se li cuciono addosso, diventano dei veri e propri “marchi di fabbrica”: così altri Charo diventeranno Carletto e fioriranno soprannomi come nei quartieri periferici di Roma: lì ci sono “Er Patata” e “Er Cicoria”, qui abbiamo “Bancomat” e “Prezzemolo”.
Non molto tempo fa, passeggiando davanti al White Elephant, mi si presenta un rasta piccoletto non più giovanissimo: “Piacere, sono Mestolo, l’ottavo nano”. Sorridendo alla battuta, giusto per non deluderlo, immaginando però il suo disappunto non vedendomi rotolare sulla sabbia dal ridere, gli ho chiesto come mai si chiamasse Mestolo. La spiegazione (a quanto assicurato dal mzungu che gli ha consigliato di chiamarsi così) dovrebbe incuriosire le ragazze e fare tanta invidia ai maschietti.
Mestolo, comunque, alla fine calza a pennello anche per chi si è intristito nell’ascoltare le motivazioni.
I nani vanno per la maggiore: oltre al buon Mestolo, che offre indifferentemente safari e conchiglie, ci sono anche Vongolo, che ha iniziato la carriera come venditore di molluschi e crostacei e Bombolo, che è grassottello e potrebbe far da spalla a Thomas Milian meglio dell’originale.
Poi ci sono i musicisti: a Watamu abbiamo Zucchero, Vascorossi e Ramazotti (rigorosamente con una sola Z), se chiedete di loro con i veri nomi, Kalume, Said e Festus, non li conoscono nemmeno più i loro compaesani.
I più fortunati sono quelli che sono stati ribattezzati così da veri geni del calembour, da artisti della battuta, in vacanza in Kenya per puro caso, tra una partecipazione a “La sai l’ultima” e un corso di accensione scorregge col fiammifero a Fregene. Grazie a loro il buon Kitsao è diventato Schizzao, Kalama si è trasformato in Calamaro, Katana Nzaro viene contratto in Catanzaro.
Infine, siccome siamo un popolo di eroi, navigatori, cabarettisti e commissari tecnici, non potevano mancare i calciatori: a Malindi potete chiedere di Totti e Il Pupone, e vi stupirete che non si tratti della stessa persona, poi abbiamo Drogba (ex spacciatore di serie B?), Etò (ma non voleva essere l’ex campione camerunese dell’Inter, semplicemente un bergamasco lo aveva chiamato da lontano) e Gattuso, che è un barcaiolo che evidentemente non conosce l’originale a cui è ispirato il suo soprannome, altrimenti si sarebbe risentito parecchio con chi lo ha chiamato così la prima volta.
Per terminare la carrellata, non potevano mancare i politici. E anche qui, quando si presentano, tutti a sbellicarsi dalle risate! Fa davvero sganasciare, vedere un africano accoglierti su un isolotto assolato (che tutti chiamano come? “Sardegna 2” ovviamente…), tra l’azzurro cristallino del mare e un cielo blu intenso, nel silenzio impreziosito dalle onde che si infrangono sulla barriera corallina, “piacere, mi chiamo Salvini”. Potete immaginare il livello delle battute che si susseguono, da parte dei nostri connazionali in libera uscita sulla barchetta. “Ah, ecco…se eri Renzi non ti davo neanche cento scellini” oppure “Uè Salvini, ma tu sei nero...cosa fai, ti odi da solo?”. Se lo sapessero i nostri leader, che la cosa fa così ridere gli italiani, potrebbero pensare che funzioni anche all’incontrario, presentandosi in televisione con un “buongiorno italiani, mi chiamo Kazungu”.
Ma in un Paese che per corruzione è ai livelli dell’Uganda e il cui Pil cresce meno di quello keniota, potrebbe anche essere frainteso.
No, non c’è bisogno di fare i brillanti a tutti i costi, di scervellarsi per trovare la battuta o il doppio senso.
Da un po’ di tempo a questa parte noi italiani siamo talmente bravi a far ridere tutti quando ci prendiamo sul serio, che non ne vale proprio la pena. Il minimo che potevamo fare in vacanza era far crescere un popolo “da spiaggia”. E ora, senza più turismo italiano?
Ciliegia tornerà ad essere Kienyeji?
Abramo riprenderà la sua vita da Ibrahim?
Va bene, il nome può essere un optional, quel che conta è la professionalità acquisita. Quindi, come dice la canzone, non chiamateli più “Beach Boys”, ma Beach Operators. Vi ringrazieranno sorridendo insieme a voi, predisponendo il pollicione ai selfie e gridando all’unisono: “ITALIA UNO!!!”.
by Malindikenya.net