Dagli entusiasmi delle indipendenze dal colonialismo, in Africa la democrazia è andata via via sostituendosi con dittature o governi molto corrotti e poco
democratici.
Due sono le tesi che trovano consenso:
- Ai governi africani la democrazia non interessa e preferiscono un popolo ignorante perché è più governabile;
- La democrazia non è una soluzione per l’Africa (come afferma l’ex presidente della Nigeria, Olusegun Mathew Okikiola Aremu Obasanjo, pur plaudendo alla democrazia,
come al volano che favorisce lo sviluppo dell’Africa).
In Africa mancano le competenze, sia locali che straniere. Questo grande continente deve fare in modo che le risorse umane africane rimangano in Africa e che servano
gli interessi dell’Africa. Per fare questo l'Africa ha bisogno di africani competenti che trasformino lo sfruttamento dei più deboli in un elemento di forza.
Ma l'Africa, ogni giorno, continua a fare passi indietro!
L'Africa è povera. Ma i paesi africani non sono tutti poveri. È la distribuzione della ricchezza che crea problemi.
Ma gli africani dimenticano che corruzione, tribalismo, nepotismo, clientelismo, saccheggio delle casse dello stato, scarsa governance economica, depravazione della
morale, mancanza di rigore e moralità... li covano in casa loro!
La questione è proprio questa, le nazioni che danno i natali a questa gente sono governate da corrotti (dal presidente, ai capi villaggio, all'ultimo disgraziato che
intravede la possibilità di fregare il prossimo), i cui interessi sono esclusivamente potere e denaro.
Quelli che in questo articolo potete vedere sono i frutti della corruzione
endemica nei paesi africani e il Kenya è al 1° posto tra le nazioni più corrotte dell’Africa, superando Nigeria, Somalia e Congo nel ranking continentale, ed al 6° posto nel mondo in questa
speciale e disdicevole classifica.
A tutto ciò consegue il radicarsi del “mangia-mangia” generale in qualsiasi ambiente, anche tra la popolazione più povera che inevitabilmente non riesce a
capire, visto il livello intellettivo, che è semplicemente destinata a rimanere tale. Proprio per questa ragione i cittadini rinnoveranno, con il voto, i mandati agli odierni loro
rappresentanti o, comunque, ai pescecani di turno!
Nei primi anni trascorsi nell'Africa sub-sahariana anch'io provavo emozioni sia per gli animali che per quelle persone che "quotidianamente soccombono alla fame",
per poi passare alla totale indifferenza per coloro che non vogliono neppur prendere in considerazione un minimo cambiamento nel loro modo di vivere e di pensare, ma continuano
pedissequamente a lamentare ingiustizie e soprusi da parte dei governanti da loro stessi eletti.
Ma questi "eletti", cari kenioti e africani in genere, sono la vostra stessa gente, sono quelli che prima soccombevano alla fame e tu, "migrante", sei uno di loro,
sei come loro!
Come si addice ai codardi preferisci fuggire dalle sofferenze della tua gente, ma gli animali (il paragone calza a pennello) non possono sfuggire neppure all'odio
che ancor oggi riversi ingiustamente su di loro.
Come conosco la tua gente, caro "migrante", conosco te! Non provi pietà non solo per gli animali, ma neppure per i tuoi simili.
La colpa, che secoli fa potevate attribuire alle tribù cannibali assetate di sangue che imperversavano nell'Africa sub-sahariana, agli arabi, ai portoghesi alle
colonie europee, oggi è esclusivamente tua e di quei "morti di fame" della tua gente, come tu stesso, caro "migrante", spesso li definisci!
La vostra cultura o coltura (per voi è la stessa cosa) caro "migrante", si è ridotta a tal punto da coltivare persino ortaggi lungo le rive dei fiumi, dove gli
ippopotami divorano ogni notte ormai da millenni oltre 50 kg di erba a testa, per poi lamentarvi che questi eco sostenitori (perché di questo si tratta) vi mangiano l'insalata!
Di qualunque religione voi siate, cari "migranti", appartenete in gran parte al "popolo dei bestemmiatori": la credenza che "Dio creò gli animali affinché gli
uomini potessero cibarsene"... è radicata in oltre l'ottanta per cento della popolazione dell'Africa sub-sahariana.
Qui non stiamo certo parlando di "somari", ma di "proto-umani" con 47 cromosomi, invece di 48, nel loro corredo diploide (inutile dire che l'uomo ne ha 46). Paesi
che non accettano l'idea di un possibile cambiamento, restando sempre più vincolati ad usanze tribali che lascio a voi lettori giudicare. Bambini sacrificati durante riti di stregoneria per
ottenere benefici dagli spiriti, uomini trucidati per placare l’ira degli dei... e non vado oltre.
I "proto-umani" sono apparentemente normali, ma dentro di loro nascondono gli interrogativi più oscuri, più spaventosi che si possano concepire. Solo la loro specie
è in grado di formulare queste domande e darsi risposte, quindi se non ne fate parte è inutile che vi esercitiate.
Guarda questi video e conoscerai le vere "bestie umane"!... l'ignoranza e l'indifferenza della popolazione!: agli occhi di un uomo occidentale tali usanze possono
sembrare retaggio di secoli passati e di barbarie inaccettabili ma, come spesso accade, la realtà è purtroppo diversa: Esecuzioni extragiudiziali di donne e bambini! - Il "Game Safari" praticato dai negri in tutto il sub-Sahara! - Cultura africana!
- Esecuzioni
extragiudiziali in Kenya! - Bruciati vivi in Kenya
per aver rubato patate!
"Aiutiamoli a casa loro!", o meglio... "Bastoniamoli a casa loro!", se non vuoi che domani il nigeriano defechi nel tuo piatto!
Leggi anche: Italia un Paese in balia della deriva del sudiciume
Facciamo la differenza!
La conoscenza non è certo bagaglio del turismo di massa, ma riscontriamo che anche i nostri lettori spesso sono persone ignoranti, disinformate, ipocrite e simulatrici che si avvalgono delle
informazioni, che trovano sul web ed in particolare sui social network, propalate da "giornalai", "untori", "saccenti" e "servi adulatori".
Kenya Vacanze assicura un'efficace e veritiera informazione.
Ciascuno ha la sua storia!
Se la costa dello Zanguebar o Zanghebar non vi dice nulla,
allora farete cosa saggia se opterete di starvene a casa vostra continuando ad informarvi... sui social e coltivare interessi… il burraco!
Lo stesso dicasi per coloro che:
- ancora credono, al pari di William Northrup MacMillan, che le
zebre possano essere domate;
- ancora credono nel romanticismo della baronessa von Blixen-Finecke, quello del destino:
"valeva la pena di avere la sifilide per diventare una baronessa", come il suo presunto amante ebbe a dire, o del coraggio del "valoroso cacciatore" che affronta, non certo
ad armi pari, ma armato di fucile la "bestia" condannata al suo destino, nonché quello del "negriero" che sfoga la sua impotenza e rabbia repressa
sui negri, paragonati dalla stessa Karen agli "animali selvaggi", quindi destinati a soccombere di fronte alla "figura bianca che poteva significare la morte";
- ancora vedono Denys George Finch Hatton come un "uomo" intelligente,
atletico, un coraggioso avventuriero, con la fama di "bello", amante della natura e degli animali, così come dei suoi servi. Vero è che fosse l'unico vagabondo in circolazione, privo di ogni
morale, così come di ogni sentimento umano e cristiano, nonché, come ogni colono britannico, razzista. Altresì, chi sarebbe stato disposto a mettersi con Karen, la "sifilitica"? Una vera
"scamorza", un aristocratico caduto in disgrazia, a cui piaceva bere Château d'Yquem, nonché amico di Northrup McMillan in quanto ambedue "scarsi cacciatori, ma
veri e propri eunuchi", lei amica di Lady Lucy. Una "combriccola" sempre in cerca dei piaceri sessuali più torbidi, basati sulla libertà da qualsiasi vincolo morale, che operava nella falsa
convinzione, almeno nei fatti, che rapporti con norme libere fossero adatti sia al loro bene che alle loro vittime;
- ancora vedono Ernest Hemingway come l’eroe, il Nobel, il mito, con passioni super
mascoline: la boxe, la caccia, la pesca, i safari in Africa, ma non il suo bisogno di annegare nell'alcol, l'ossessione per le donne: quattro mogli, mille amori e l’incapacità di vivere senza una
donna accanto. La figura del "macho" è sempre stata esaltata, rivelando poi, sul lato pratico, la sua vera quintessenza specie come scarso tiratore nelle battute di caccia: il completo disprezzo
per la natura, oltre ad una consistente esperienza come vigliacco (solo l'aiuto dell’alcool lo portava a cercare le emozioni forti del corrispondente di guerra e rischiare la vita), fottuto
bastardo, eunuco rotto in culo e sacco di merda! La gente non sa che c'era anche un altro lato di lui: "ricercava il senso di essere femminile" vivendo una sessualità ambigua e non
sapendo da che parte stare. La scienza afferma che fosse semplicemente affetto da "disturbo bipolare", altri invece, per lo più la gente comune, dicevano e dicono che fosse un maniaco che
soffriva di esaltazione e depressione a fasi alterne, un manipolatore (specie dei lettori), e altri ancora soltanto un "asshole" alcolizzato che aveva avuto fortuna. Ma nulla è stato dimostrato
riguardo al nesso tra orientamento sessuale e bipolarismo, ne viene sicuramente influenzato però il modo di rapportarsi ai partners. L'omosessualità di Hemingway, e non solo, non ha quindi nulla
a che fare con il suo bipolarismo;
- ancora credono che il cane sia da sempre il "migliore amico dell'uomo", ma siti antichi come Koobi Fora e Olduvai
Gorge nell'Africa orientale hanno prodotto prove che, nella preistoria, i grandi felidi come leoni, leopardi e tre specie di gatti sabertooth coesistevano con gli umani ricoprendo l'odierna figura del cane. È altresì emerso che i primi umani hanno
potuto guadagnarsi da vivere come "spazzini passivi" aspettando che gli altri carnivori prendessero i tagli di prima scelta delle prede e lasciassero la scena abbandonando gran parte della
carcassa agli elementi per poi andare sani e salvi a raccogliere gli scarti. Resta il fatto, non certo gratificante che, come disse la paleoantropologa Briana Pobiner "Siamo passati
dall'essere per lo più prede ad essere il predatore più dominante sulla terra, o almeno uno di loro, in soli 2,5 milioni di anni" .
Informazioni per tutti gli europei ignoranti e dozzinali!
Il terrorismo risulta da sempre un'arma del sistema di potere che, oggi come ieri, si impone su quasi tutto il mondo, per garantirsi la sottomissione dei popoli e la licenza di portare a
compimento guerre ovunque ritenga necessario.
Cadere nelle trappole propagandistiche, che mirano a farci credere che le autorità occidentali abbiano a cuore i diritti umani, e che esista un nemico oscuro e inspiegabilmente crudele, significa
ignorare la vera natura dell'attuale sistema di potere, che commette atroci crimini ma vuole spacciarsi per filantropo, in modo da non perdere l'indispensabile appoggio dei popoli delle aree
ricche del pianeta.
Il termine "terrorismo" è stato coniato nell'Ottocento, ad indicare gli indigeni coloniali che si opponevano alla violenza e al dominio delle autorità europee in Africa e in Asia.
Le oligarchie europee, per preservare il potere assoluto sulle terre coloniali, elaborarono il progetto di sterminare i popoli indigeni che non si fossero completamente sottomessi. Tutti coloro
che cercavano di liberare il proprio paese dalla morsa coloniale erano considerati "terroristi" o "pericolosi ribelli" e, dato che risultavano inutili o dannosi al progetto imperiale, dovevano
essere uccisi.
In Africa le autorità tedesche, così come quelle inglesi, francesi, belghe, italiane, portoghesi e spagnole, di fronte a popolazioni indigene che non volevano sottomettersi, reagivano definendole
"terroriste" e attuavano veri e propri genocidi, costruendo lager e riducendoli alla fame. Utilizzavano il potere economico acquisito attraverso il saccheggio delle risorse e delle terre
indigene. Decidendo cosa coltivare nelle terre africane e privando gli indigeni di tutte le risorse del loro paese, costringevano milioni di persone a morire di fame, come accade anche
oggi.
Durante il periodo coloniale, le autorità tedesche decisero di sterminare gli Herero quando
si resero conto che erano sempre più riluttanti a farsi sfruttare. Una Relazione dello Stato Maggiore tedesco diceva che chiunque sfidasse i poteri coloniali, come tale (gli Herero), doveva
essere annientato con l'esercizio della violenza e spargimento di sangue. Solo seguendo questa pulizia poteva emergere qualcosa di nuovo e durevole nel tempo. Ogni cedimento avrebbe dato
ulteriore alimento al movimento secondo cui l'Africa appartiene solo agli africani.
I casi di sterminio di popolazioni definite "terroriste", perché non accettavano la sottomissione coloniale, sono tantissimi.
Questo sito, occupandosi prevalentemente del Kenya, si soffermerà sulla rivolta della tribù dei
Kikuyu (Mau Mau) del 1953 (non nel medioevo... sic!), che
rivendicava le terre dei padri.
Il Kenya era nato come un protettorato britannico, e nel 1920, in seguito alla massiccia
immigrazione inglese nelle terre più fertili (White Highlands), divenne Colonia del
Kenya. La colonizzazione inglese aveva sottratto le terre coltivabili agli autoctoni, riducendoli in miseria. Cacciati dalle loro terre, i Mau Mau furono costretti a vivere nelle
riserve, ridotti a pura manodopera a basso costo per i coloni inglesi. I Kikuyu decisero di lottare pacificamente per ottenere almeno parte delle loro terre, e per ritornare ad avere una relativa
indipendenza. La reazione inglese fu feroce: senza pensare nemmeno lontanamente ad un accordo, le autorità inglesi considerarono immediatamente "terroristi" i Mau Mau, iniziando una massiccia
propaganda contro di loro, e preparando una feroce repressione. La guerra, spacciata per "lotta al terrorismo", fu di una crudeltà inaudita, e si valse anche della tortura, delle violenze
sessuali e di ogni genere, del massacro con armi di vario tipo e della deportazione nei lager. I Mau Mau erano descritti come potenti terroristi dai servizi segreti inglesi.
In un rapporto inglese stilato nel dicembre del 1954, leggiamo: "Dall'inizio dell'anno fino al 30 novembre 4460 terroristi sono stati uccisi dalle Forze di Sicurezza e 524 sono stati
giustiziati".
In realtà, erano i Mau Mau ad essere continuamente terrorizzati dagli inglesi, e in migliaia, anche donne e bambini, furono rinchiusi in campi di concentramento e torturati con
l'elettrochoc.
Per terrorizzare quanto più possibile, le autorità inglesi assoldarono il feroce dittatore Idi Amin (il prototipo del dittatore africano, militare di basso rango, sanguinario, corrotto e accusato di cannibalismo; in Uganda in
soli otto anni causò la morte di centinaia di migliaia di persone), che commise a danno dei Mau Mau una serie interminabile di torture, persecuzioni ed esecuzioni sommarie, anche di donne e
bambini. Per queste "imprese", considerate dalle autorità britanniche come "eroiche", Amin venne elogiato e promosso a "Signore", che era il grado più alto che il soldato indigeno poteva avere.
La studiosa Caroline Elkin, nell'opera "Britain's Gulag", denuncia gli orrori che gli inglesi commisero nei villaggi dei Kikuyu e nei campi di concentramento allestiti per contrastare la
resistenza dei Mau Mau. Dalle testimonianze di almeno 300 sopravvissuti, emerge un quadro terrificante di impiccagioni, pestaggi, torture, stupri collettivi e violenze fatte per terrorizzare i
villaggi. Il bilancio dei "gulag britannici" viene quantificato come superiore ai 100.000 morti. I soldati inglesi ricevevano 5 scellini (circa 7 euro) per ogni Kikuyu ucciso, e spesso le membra
squartate degli indigeni venivano inchiodate nei segnali stradali, come deterrente per gli altri patrioti. La Elkin riporta testimonianze agghiaccianti: "Ci chiamavano maledetti Mau Mau e ci
dicevano che meritavamo tutti di morire".
Alle guardie inglesi, per fare in modo che diventassero crudeli verso i Kikuyu, veniva detto che questi ultimi erano feroci cannibali, e che se non li avessero uccisi li avrebbero divorati. La
studiosa riporta altri fatti terribili: "Ora sono convinta che alla fine del dominio coloniale in Kenya ci sia stata una campagna sanguinosa per eliminare il popolo Kikuyu, una campagna che
lasciò decine di migliaia, forse centinaia di migliaia di morti... Per molti bianchi in Kenya […] i Mau Mau non appartenevano alla razza umana; erano animali sporchi e malati che potevano
contagiare il resto della colonia, la cui sola presenza minacciava di distruggere la civiltà in Kenya. Dovevano essere eliminati".
Durante la guerra, ogni Kikuyu era considerato sospetto, anche donne, bambini e vecchi, e molti vennero sottoposti a "screening" (interrogatorio), una parola che a tutt'oggi i sopravvissuti hanno
il terrore di pronunciare. Durante lo screening venivano torturati, straziati e spesso uccisi. Gli interrogatori avevano lo scopo principale di creare un clima di terrore, e di ottenere
informazioni sui combattenti Mau Mau. Tutte le persone sospette subivano torture, venivano frustate, bruciate, picchiate, sodomizzate, costrette a mangiare feci e a bere urina, castrate. Le donne
venivano stuprate con oggetti, serpenti o bottiglie di birra rotte.
La propaganda inglese diceva che i campi erano istituiti allo scopo di "riabilitare", ma in realtà l'obiettivo era lo sterminio. Le autorità inglesi, oltre a propagandare una realtà assai diversa
da quella vera, cercarono di cancellare ogni traccia dei crimini, come testimonia John Nottingham, un funzionario britannico in Kenya: "Il governo britannico, alla vigilia della
decolonizzazione in modo esteso e deliberato ha distrutto gran parte della documentazione relativa ai campi di detenzione e ai villaggi recintati. Io stesso, come commissario del distretto di
Nyeri, ricevetti l’ordine di distruggere tutti i documenti che anche lontanamente riguardavano i Mau Mau, e sapevo che altri funzionari avevano ricevuto e obbedito a simili ordini".
Nel periodo della guerra ai Kikuyu, i giornali inglesi diffondevano notizie che descrivevano i Mau Mau come selvaggi e sanguinari, che massacravano gli inglesi. Si soffermavano soltanto sulla
"barbarie" dei Kikuyu, e nessuna notizia trapelava sui crimini inglesi, come avviene oggi nelle guerre scatenate dalle autorità anglo-americane.
I Mau Mau combattenti erano circa 15.000, e si rifugiavano nelle foreste vicine al Monte Kenya e
agli Aberdare (vedi anche Grotta Mau Mau). Alla fine del 1955, il Movimento dei Mau Mau venne sconfitto, 13.500 combattenti erano stati uccisi, mentre gli inglesi caduti erano
circa 100. Nei lager, sotto tortura o nelle esecuzioni sommarie, erano morti almeno 90.000 civili Kikuyu. Il governatore, alla fine della guerra, così giustificò il massacro dei Mau Mau:
"L’obbiettivo che ci siamo prefissati è di civilizzare una grande massa di esseri umani che versano in uno stato morale e sociale primitivo".
C'era nelle autorità britanniche un forte senso di superiorità, che faceva loro credere di essere legittimate a commettere ogni crimine contro coloro che definivano "terroristi". I governi
inglesi non hanno mai ammesso i crimini commessi nelle colonie, e non hanno mai chiesto scusa a nessuno, al contrario, hanno cercato di occultare i crimini o di giustificarli, e a tutt'oggi
credono di avere diritto di uccidere tutti coloro che avversano il loro dominio.
Anche oggi il termine "terrorista" viene utilizzato dagli anglo-americani con la stessa accezione del periodo coloniale, anche se la propaganda divulga un significato diverso, per occultare la
vera strategia di dominio neocoloniale. I mass media occidentali inducono a credere nell'esistenza di un nemico dell'Occidente, identificato come "estremista islamico combattente", ossia
"terrorista". In realtà, i gruppi terroristici estremisti sono formati, addestrati e finanziati dalle stesse autorità anglo-americane, allo scopo di criminalizzare i dissidenti, di reprimere e di
giustificare ogni guerra.
Terrorizzare i popoli sottomessi era un metodo di dominio ritenuto valido dall'inizio del colonialismo. Ad esempio, Winston Churchill considerava indispensabile utilizzare gas tossici
contro gli indigeni coloniali, perché ciò "avrebbe seminato un grande terrore". Egli sapeva che un popolo impaurito è incline alla sottomissione o risulta troppo debole per
lottare efficacemente contro l'oppressore.
Gas tossici che nel Continente Nero solo gli italiani "brava gente" (sic!) usarono contro gli etiopi, non certo per impaurirli, bensì per sterminarli! (Vedi:
"Un triste primato tutto
italiano").
I gruppi terroristici utilizzati dall'élite dominante, sono addestrati e finanziati dai servizi segreti americani, europei e israeliani. Ad esempio, in Algeria, dal 1994 al 1996 si ebbero molti
attentati terroristici organizzati dai Gruppi Islamici Armati (Gia) e dal Movimento Islamico Armato (Mia), che venivano considerati affiliati ad al Qaeda e nemici dell'Occidente, ma in realtà
erano controllati e finanziati dalla Cia e da altri servizi segreti occidentali. Il capo del Gia era Sid Mourad, un agente addestrato dalla Cia ai tempi dei combattimenti in Afghanistan contro i
russi. Le autorità statunitensi, appoggiate da quelle europee, utilizzando la maschera dell'integralismo islamico, terrorizzavano la popolazione algerina, per costringerla ad accettare l'assetto
neocoloniale, che vedeva le ricchezze del paese nelle mani delle corporation straniere. Negli anni Novanta, giornali francesi come Le Figaro e Le Parisien, fecero emergere i collegamenti fra
terroristi del Gia e i governi di Parigi e Londra. Le Figaro scrisse: "Le tracce di Boualem Bensaid, capo del Gia a Parigi, conducono in Gran Bretagna. La capitale britannica ha funzionato da
base logistica e finanziaria per i terroristi".
In Algeria, nel 1991, in seguito all'annullamento delle regolari elezioni e all'arresto degli eletti del Fronte Islamico di Salvezza (Fis), venne insediato dalle autorità occidentali un governo
fantoccio, affinché le corporation occidentali potessero continuare ad appropriarsi delle risorse del paese. Per piegare la popolazione si organizzava ogni tipo di azione criminale, ad esempio,
alcuni elementi dei gruppi terroristici che si spacciavano per "integralisti islamici" andavano nelle case vestiti da mujaheddin, a chiedere asilo, ma chi li accoglieva veniva ucciso. Un ex
agente algerino, nel 1998, confessò: "È l'esercito il responsabile dei massacri, è l'esercito che ha compiuto i massacri: non i soldati di leva, ma un'unità speciale sotto gli ordini dei
generali. Va ricordato che stanno privatizzando le terre, e le terre sono molto importanti. Bisogna prima cacciare la gente dalla loro terra per poterla acquistare a basso prezzo. E poi ci deve
essere una certa dose di terrore per governare il popolo algerino e rimanere al potere. Secondo un detto cinese un'immagine vale mille parole. Non potrei sopportare l'immagine di una ragazza con
la gola tagliata. Non saprei tenere per me quello che ho visto accadere. Ho figli, provate a pensare che cosa quella ragazza deve aver sofferto, gli ultimi dieci secondi della sua vita devono
essere stati orribili. Credo che sia nostro dovere parlare di queste cose. Io parlo nella speranza che altri facciano lo stesso, così che le cose cambino e questi assassinii abbiano
fine".
Fra il 1993 e il 2000 furono uccisi almeno 30.000 algerini, e oltre 10.000 furono feriti. I gruppi terroristici addestrati dalla Cia cooperavano col governo fantoccio, che riceveva denaro e armi
dagli occidentali. Fra le persone massacrate dal Gia figuravano anche diversi prelati, oltre a dissidenti e cittadini comuni.
Fatti analoghi sono avvenuti o avvengono in tutti i paesi controllati dalle autorità occidentali, come la Turchia, l'Egitto, la Thailandia, la Birmania, l'Indonesia, il Pakistan ecc.
Dunque, il "terrorismo" denunciato è la legittima resistenza delle popolazioni piegate al dominio delle autorità occidentali, mentre al Qaeda e molte altre formazioni realmente terroristiche sono
al soldo di Washington e operano per terrorizzare le popolazioni e uccidere i dissidenti. Anche l'estremismo religioso viene utilizzato in molti paesi per ridurre i popoli alla passività. Lo
studioso francese André Prenant spiegò l’utilizzo dei gruppi estremistici contro la popolazione: "Le distruzioni e i massacri del terrorismo islamico (sono manipolate) da sostenitori legati
tanto al regime di stato quanto al neoliberismo, quello della borghesia algerina come delle multinazionali, con beni al sole nelle capitali occidentali, in particolare a Londra. Costoro
strumentalizzano un senso dell’identità che vogliono confondere con l’Islam come speranza per reclutare gli emarginati del sistema, in particolare nelle periferie. La violenza utilizzata fin
dagli anni '80 fa parte di una strategia del terrore, di matrice fascista. Ha preso di mira prima del 1995 sindacalisti e intellettuali, artisti, giornalisti, scrittori o universitari che la
combattevano; poi, oltre agli stranieri non musulmani, la massa di uomini, donne, bambini, di quelli che le disubbidivano lavorando, votando, studiando, in particolare nelle campagne isolate…
Questo terrorismo, lo si sa meno, ha anche distrutto unità produttive pubbliche, ma mai le infrastrutture private appartenenti al grande capitale straniero. Si accanisce contro le istituzioni
pubbliche scolastiche, sanitarie e sociali, in convergenza con la loro destabilizzazione da parte della speculazione mafiosa e del risanamento strutturale. La morte di 36 mila civili in sei anni,
senza contare quelli di polizia ed esercito, secondo le statistiche ufficiali, ne è l’effetto più drammatico".
Con l'accusa generica di "terrorismo", sono state fatte sparire migliaia di persone in molti paesi del Terzo Mondo, di cui non si è saputo più nulla. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dicono di
essere in "guerra contro il terrorismo", ma quando, nel 1994, le Nazioni Unite approvarono la risoluzione 49/60, e nel 1996, la 51/210, che invitava a sconfiggere il terrorismo attraverso le
indagini sui finanziamenti alle attività terroristiche, glissarono. Anche la rivista Executive Intelligence Review denunciava chiaramente che l’Inghilterra è un “paese da mettere sulla lista
degli stati che promuovono il terrorismo islamico”.
Gli anglo-americani utilizzano il terrorismo come un mezzo per spaventare e per reprimere i popoli, e i terroristi sono a loro servizio, e non contro di loro, come vorrebbero far credere. La
"guerra al terrorismo" è in realtà una guerra contro le aree più povere del continente, che sono state rese tali da un gruppo di persone, che creando povertà ha acquisito un potere economico e
finanziario enorme, e lo utilizza per continuare ad attuare guerre e genocidi. I popoli sfruttati e vessati cercano di combattere per i loro diritti, ma vengono marchiati come "terroristi" e
perseguitati. Le autorità europee e statunitensi attuano una massiccia propaganda, che induce a credere che il terrorismo sia un pericolo per l'Occidente, e che i popoli musulmani avrebbero
organizzato una guerra per contrastare il potere americano. Ma se così fosse, come mai nessuna autorità americana è mai stata uccisa? Come mai molti terroristi sono stipendiati dalla Cia e
entrano ed escono liberamente dagli Stati Uniti? Come mai la maggior parte delle vittime del terrorismo sono musulmane o povere?
Il terrorismo viene ampiamente utilizzato dalle autorità di Washington anche per piegare la popolazione irachena. In Iraq, gli Usa, oltre a fomentare divisioni, rafforzano l'integralismo
islamico. Ad esempio, finanziano segretamente le milizie di Moqtada Al-Sadr, che è un leader dell'integralismo sciita convinto di dover scatenare un'ondata di proibizioni contro gli iracheni.
Tali proibizioni riguardano quasi tutti gli aspetti dell'esistenza umana, dall'abbigliamento, alle bevande alcoliche, con pene corporali che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Si tratta
dell'assetto imposto già alle popolazioni arabe in Arabia Saudita, in Kuwait e in altre dittature compiacenti verso gli Stati Uniti.
Dunque l'estremismo islamico e il terrorismo sono strumenti utilizzati dagli Stati Uniti anche al fine di opprimere e piegare l'orgoglioso popolo iracheno, che prima dell'occupazione era il
popolo arabo meno legato all'ortodossia islamica. Prima che le autorità americane si accanissero per distruggerlo, l'Iraq era un paese industrializzato, con un forte sviluppo del settore
sanitario e scolastico, che valse al governo iracheno ben tre medaglie dell’Unesco. Anche se il popolo iracheno non era libero ma oppresso dalla dittatura di Saddam, nel 1991, l’Iraq era l’unico
paese del Medio Oriente che poteva vantare uno sviluppo paragonabile a quello europeo. La scuola era gratuita per tutti, le strutture sanitarie erano di alta qualità, e le donne avevano raggiunto
una certa libertà e considerazione sociale e politica. Oggi oltre il 70% degli iracheni non ha più nemmeno l'acqua potabile e l'energia elettrica, e la sanità pubblica irachena è stata
completamente devastata, provocando la morte di centinaia di migliaia di persone, specie bambini.
Gli anglo-americani organizzarono la guerra del Golfo con lo scopo principale di riportare l’Iraq ai livelli preindustriali, per ricolonizzarlo. Dopo la guerra, l’embargo avrebbe dovuto colpire
l’economia del paese, e indebolirlo a tal punto da aprire la strada all'occupazione definitiva. Oggi in Iraq, in Afghanistan, in Somalia, in Sudan e in molti altri paesi, le autorità americane,
pur controllando minuziosamente ogni zona, non esercitano alcuna protezione della popolazione, al contrario, scatenano gruppi di terroristi, per creare insicurezza e divisioni. A questo scopo
utilizzano milizie di vario genere, da quelle mercenarie, a quelle dei governi fantocci che insediano. In alcuni paesi impongono il potere di terroristi/mafiosi, che oltre ad impaurire le
popolazioni si occupano di svolgere attività criminali, come il traffico di materiale radioattivo, di droga, di armi e lo sfruttamento della prostituzione.
Grazie al "pericolo terrorismo", gli Usa hanno attuato una massiccia militarizzazione in moltissimi paesi del mondo, imponendo basi permanenti e personale per addestrare le forze armate locali.
In molti paesi africani, come il Marocco, il Congo, il Ciad, il Senegal, il Niger, la Tunisia e l'Algeria, il Pentagono ha provocato gravi destabilizzazioni, e utilizza il "pericolo terrorismo"
per giustificare le ingenti forniture di armi e l'addestramento di gruppi militari e paramilitari, il cui vero scopo è di tenere i paesi sotto controllo, per consentire alle corporation di
appropriarsi delle risorse, specie petrolio, diamanti, uranio, coltan, ecc.
Col passare del tempo, il termine "terrorismo" viene sempre più utilizzato per criminalizzare ogni dissidente, o chi dice la propria contro il sistema di potere. Viene accusato di essere un
terrorista chi chiede un ambiente più protetto e meno militarizzato, persino chi critica il Vaticano o il governo, e chi osa ragionare con la propria testa, denunciando i paradossi e i crimini
delle autorità occidentali.
Il terrorismo risulta dunque un'arma del sistema di potere, che oggi si impone su quasi tutto il mondo, per garantirsi la sottomissione dei popoli e la licenza di portare a compimento guerre
ovunque ritenga necessario. Cadere nelle trappole propagandistiche, che mirano a farci credere che le autorità occidentali abbiano a cuore i diritti umani, e che esista un nemico oscuro e
inspiegabilmente crudele, significa ignorare la vera natura dell'attuale sistema di potere, che commette atroci crimini ma vuole spacciarsi per filantropo, in modo da non perdere l'indispensabile
appoggio dei popoli delle aree ricche del pianeta.
From collaboration with Antonella Randazzo
Uno degli aspetti più affascinanti della specie umana è costituito dalla straordinaria diversità fisica e culturale degli individui che la compongono. Ma spesso questa diversità è all'origine di
conflitti e di disuguaglianze.
Fin troppo spesso i rapporti tra gli esseri umani sono determinati più in base alle differenze che alle somiglianze esistenti tra i gruppi.
Basti guardare gli immigrati che, essendo considerati diversi e pericolosi, sono costretti a vivere la propria esistenza all'insegna dell'esclusione e dell'isolamento sociale.
Osservando la società attuale, appare evidente una forte contraddizione: da un lato si propende nettamente e con fiducia per un processo di globalizzazione e di apertura che limiti quanto più
possibile o elimini del tutto le barriere politiche, culturali e soprattutto economiche dei vari paesi del mondo, tralasciando, o facendo finta di farlo, le palesi differenze ancora esistenti tra
quelli ricchi e quelli poveri; dall'altro si guarda con sospetto, ostilità e repressione ai flussi migratori che, dal Sud del Pianeta, si spostano verso il Nord, e dopo la caduta dei regimi
comunisti dell'Europa orientale, dall'Est dell'Europa verso l'Ovest.
La prima osservazione da fare è che il problema del razzismo è oggi associato immediatamente all'immigrazione, come se il razzismo fosse una conseguenza del flusso di immigrati che ha investito
l'Europa, negli ultimi decenni (sic!).
Questa associazione ha il doppio scopo di consolidare la mancanza di una memoria storica del passato, e insieme di vedere nell'Altro, percepito come portatore di una profonda e inconciliabile
"diversità", la causa di episodi di discriminazione razziale.
È importante invece svelare il processo di mistificazione del colonialismo, l'ignoranza di una parte del nostro passato, per comprendere come oggi sia
possibile un razzismo quotidiano.
Le radici del razzismo sono, dunque, antiche e profonde.
L’Europa, ahimè, vive solo nel presente e la sua scarsa memoria storica le impedisce di formarsi una razionale visione del proprio passato. Questo la rende distratta e incapace
di valutare realisticamente gli eventi che la riguardano.
La "conquista" dell'America da parte degli europei segna, senza dubbio, il punto più alto dell'affermazione della supremazia dell'uomo bianco sugli "altri" uomini.
Di seguito o meglio ancor prima l'"Olocausto africano", riferito
ai 500 anni di schiavitù, imperialismo, colonialismo, apartheid. Tutto il continente ne porta ancora le conseguenze, sia sociali che economiche.
Non vi è dubbio che il razzismo si sia sviluppato in seguito alle scoperte geografiche e al colonialismo.
Dalla scoperta dell'America, nasce una nuova mentalità che si può definire economica e non più sociale: l'insieme dei rapporti umani si trova riconducibile a dei rapporti economici.
Nel periodo coloniale europeo, alla base del razzismo, che si sviluppò nelle nazioni conquistatrici, c'era un forte e pressante interesse economico.
I colonizzatori, infatti, si servivano delle popolazioni indigene per avere forza lavoro a buon mercato, delle loro terre per l'approvvigionamento di materie prime e come mercato per i propri
prodotti industriali.
Le potenze europee, specialmente quelle che praticavano la schiavitù, si trovavano di fronte a un grave dilemma morale.
Il modo in cui trattavano le popolazioni delle colonie era evidentemente incompatibile con la loro dichiarata fede cristiana. Poiché nessun cristiano può legittimamente fare di un essere umano
uno schiavo, si fece ricorso ad una giustificazione ovvia: quella di classificare le popolazioni coloniali come sub-umane.
Colombo stesso, nell'atteggiamento che ha verso gli indigeni, non riesce a superare queste due posizioni: o sono degli esseri umani completi, con gli stessi suoi diritti, ma sono visti non come
uguali ma come identici, e dunque egli sbocca nell'assimilazionismo, cioè nella proiezione dei propri valori sugli altri, oppure parte dalla differenza, ma questa viene subito tradotta in
inferiorità. Ma come è tristemente noto, passa dall'assimilazionismo all'ideologia schiavista, che parte dall'affermazione di principio della inferiorità degli indiani.
Il proposito di fare adottare i costumi spagnoli alle popolazioni indigene, pur continuamente ribadito, non viene mai giustificato, poiché è una cosa che viene da sé, così come il desiderio di
cristianizzarle; in questo secondo caso, poi, il discorso è più complesso, e si fonda sull'equilibrio tra il dare la religione e il prendersi l'oro, equilibrio che appare però piuttosto precario,
dato che diffondere la religione presuppone che gli indiani siano considerati, almeno di fronte a Dio, come uguali, mentre per prendere l'oro, se essi non vogliono darlo, sarà necessario
sottometterli per poterglielo prendere con la forza, ponendoli così in una chiara posizione di inferiorità.
È facile dire “devono stare a casa loro” ed altri simili slogan, dopo che siamo stati noi (arabi, europei, americani) per primi ad andare a casa loro. E se questa gente oggi è costretta
a scappare dalle loro terre, è per colpa nostra. Di quello che abbiamo fatto e di quello che stiamo continuando a fare. I popoli europei hanno portato morte e distruzione in tutto il mondo.
Abbiamo “scoperto le Americhe”, trucidando senza pietà cento milioni di indiani nativi solo nelle terre che oggi conosciamo come Stati Uniti d’America (gli USA) per non parlare di quello che
abbiamo combinato anche in sud America, dove oltre a schiavizzare i popoli locali, li abbiamo spogliati non solo dei loro beni, ma anche della dignità di uomini. I metodi del genocidio
comprendono il sistematico massacro attuato con le armi e la propagazione intenzionale di malattie infettive tra le popolazioni che sono prive di difese immunitarie naturali. Sono stati deportati
in Sud America oltre 10.000.000 di schiavi provenienti dall'Africa, persone che venivano catturate e vendute come schiavi, che venivano private della libertà e costrette a lavorare duramente, in
cambio di una ciotola di riso. Vivevano incatenati, il padrone poteva infliggere loro qualsiasi punizione, e solo in alcuni luoghi l’uccisione di uno schiavo era considerata un reato. La stessa
sorte, anzi forse peggiore, capitava alle schiave, abusate come potete immaginare, in tutti i sensi.
Pochi sanno che la schiavitù fu avallata e autorizzata dalla Chiesa, tramite un’apposita bolla papale. Di seguito riporto brevemente come la Chiesa operò riguardo la tratta atlantica degli
schiavi: Il 16 giugno 1452 papa Niccolò V aveva scritto la bolla Dum Diversas, indirizzata al re del Portogallo Alfonso V, in cui riconosceva al re portoghese le nuove conquiste
territoriali, lo autorizzava ad attaccare, conquistare e soggiogare i saraceni, i pagani e altri nemici della fede, a catturare i loro beni e ad impossessarsi delle loro terre, a ridurre gli
indigeni in schiavitù perpetua e trasferire le loro terre e proprietà al re del Portogallo e ai suoi successori. Questo documento, con altri di simile tenore, venne utilizzato per giustificare lo
schiavismo.
Spesso si leggono articoli sull'inquisizione, sulle crociate, sulla “caccia alle streghe” che costò la vita a migliaia di donne, ma difficilmente qualcuno ricorda il ruolo e le responsabilità
della Chiesa sulla tratta degli schiavi.
La cosa “bella”, per così dire, che fa capire come funzionano le cose, e come i carnefici manipolino le masse, è che oggi, le popolazioni del Sud America, ed in particolare in Brasile, dove sono
stati deportati milioni di schiavi dall'Africa, con l’avallo del Vaticano, la religione ufficiale, seguita dalla maggioranza delle persone, è proprio quella cattolica. Milioni di persone
discendenti di schiavi seguono e ubbidiscono alla stessa chiesa che ha autorizzato la tratta degli schiavi, imponendo la religione in questione a popolazioni che non la conoscevano (sic!).
La tratta degli schiavi è una delle
pagine più buie e grigie della storia dell’umanità, ma è caduta nel dimenticatoio.
Per secoli e da secoli gli arabi, poi gli europei (ed in seguito i loro discendenti statunitensi) sfruttano e piegano ai loro interessi il mondo intero. Se in Sud America ed in Africa fanno la
fame, è grazie ai nostri governi. Non solo a quelli responsabili della tratta degli schiavi e del colonialismo, ma anche dei più recenti, che hanno favorito l’ascesa e vanno a braccetto con sanguinari dittatori, pronti a svendere le risorse naturali del proprio
paese in cambio di ricchezza personale, sacrificando milioni di esseri umani.
Il pregiudizio che coglie la diversità come minaccia è di matrice culturale, trova le radici nell'educazione familiare, trova nutrimento nell'ambiente sociale e si fortifica e si
struttura nel “pensiero” della comunità in cui si vive. Se desideriamo evitare la diffusione di pregiudizi dobbiamo intervenire in ogni aspetto della formazione dell’individuo a livello
familiare, scolastico e sociale. Ma la scuola ha sempre dimenticato il compito principale per cui è concepita: insegnare la verità storica!
L'integrazione avviene attraverso un processo di socializzazione che non si effettua, come hanno sempre fatto gli europei, con l'oppressione e l'inganno, bensì con l’instaurazione di un regime di
assoluta ed effettiva parità di diritti fra comunità razziali diverse in uno stesso territorio. L'errore più grave che potreste commettere è quello di riferirvi ai giorni nostri, mentre il vostro
pensiero dovrebbe risalire alle epoche coloniali.
Fortunatamente il "negro" che raggiunge oggi le coste meridionali europee, difficilmente possiede, visto il livello intellettivo e la mancanza di scolarizzazione, una cultura storica
della terra da cui proviene, altrimenti la loro "fierezza", unitamente alla loro "ferocia", alimenterebbero un odio implacabile che porterebbe alla caduta di migliaia di teste.
Tanto per chiarire, non è che da noi, specie in Italia, le cose vadano meglio. La "decolonizzazione" ed il "colonialismo post-moderno" (Vedi "Colonialismo in Africa"), per i più, se non sono "roba da mangiare", sono termini riferibili,
il primo ad una particolare tecnica di "decapé" per mobili, il secondo ad una corrente artistica dei nostri giorni.
Era il 1532 quando il frate domenicano Vicente de Valverde si presentò ad Atahualpa come uomo mandato da Dio mostrando una Bibbia. Atahualpa la prese e se
l'accostò all'orecchio come per ascoltare, poi, non sentendo alcun suono, disinteressato buttò il libro per terra e chiese una spiegazione sulla presenza degli spagnoli all'interno
dell'Impero Inca. Valverde si limitò a raccogliere la Bibbia e corse a riferire a Pizarro l'accaduto, parlando di Atahualpa come di un "cane orgoglioso". Il frate, trasmettendo la sua
stessa profonda indignazione e l'odio che provava nei confronti di Atahualpa, incitò il comandante spagnolo ad ordinare l'attacco contro la popolazione Inca. Non si trattò di una vera battaglia,
ma piuttosto di una carneficina. I soldati spagnoli, seppure in netta minoranza, grazie alle loro armi tecnologicamente superiori e all'effetto sorpresa, uccisero migliaia di inca. La volontà di
Pizarro di tenere Atahualpa in vita, fu piegata davanti alle insistenze di Vicente de Valverde che ne voleva la morte sul rogo.
Ma non è tutto, la religione inca aborriva la distruzione del cadavere che si riteneva non avrebbe permesso di conseguire l'immortalità, quindi il "cane rognoso domenicano, servo di Papa
Clemente VII", disse ad Atahualpa che se si fosse convertito al cattolicesimo e si fosse fatto battezzare, la sua pena sarebbe stata commutata. Atahualpa venne così battezzato col nome di
Francisco e, invece di essere bruciato sul rogo, venne giustiziato mediante garrota come un comune criminale; quella stessa notte, migliaia dei suoi sudditi si tagliarono le vene per
seguirlo nell'aldilà. (Vedi Papa Clemente VII in Vasco da Gama).
In Africa, in epoche non certo diverse, i missionari cristiani, affascinati dal "Continente Nero", gettavano in mare la tonaca (il motivo è palese), ma non la Bibbia.
« Quando giunsero i missionari, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare a occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la
Bibbia. »
Le vere migrazioni sono diverse da quelle rappresentate dai media.
L'illecito ingresso dei migranti in Europa, secondo i mezzi di informazione, costa ad ogni viaggiatore dai 4.000,00 ai 5.000,00 euro. Vere e proprie "Fake News" divulgate con il deliberato
intento di disinformare chi, come la maggior parte degli italiani, non sa neppure dove sia l'Africa o il Medio Oriente.
Pensate solo che i poveri dell'Africa non riescono neppure a raggiungere le capitali del loro distretto!
Non va altresì dimenticato che solo il 39% della popolazione africana vive in aree urbane.
L'Africa è in assoluto il continente più povero e mancano del tutto stati con un elevato reddito medio pro capite. Nella metà degli stati africani infatti, la popolazione vive con meno di un
dollaro al giorno; nel Burundi, lo Stato più povero della Terra, il reddito medio per persona annuo è intorno ai 100$: un quarto di dollaro al giorno; in Kenya un dipendente qualificato guadagna
meno di 5 dollari al giorno. Quindi nessuno venga a raccontare "palle"!
Ed aggiungo: alla fine di gennaio (2019) la Guardia costiera colombiana ha fatto sapere di aver recuperato i corpi di dodici migranti di origine sub sahariana, tra loro anche sette bambini.
Sarebbero annegati durante un naufragio verificatosi nei Caraibi. E non è la prima volta che, come il 21 maggio scorso (2018), 25 migranti provenienti dal Senegal, Nigeria, Guinea, Sierra Leone e
Capo Verde, sono stati soccorsi al largo delle acque dello stato del Maranhão nel nord del Brasile. I migranti puntano anche ad ovest con una "crociera" via mare della durata media di
trentacinque giorni (sic!). Un flusso migratorio di disperati africani, che fuggono da oppressione, fame, cambiamenti climatici, guerre e cercano di raggiungere lidi non europei. D'altronde il
Brasile è il Paese con il maggior numero di persone di origini africane, dunque culturalmente più vicino a chi proviene da aeree sub-sahariane.
Oltremodo nei centri di detenzione libici sono stipati in maggioranza eritrei e somali provenienti dal Corno d'Africa che, guarda caso, sono due ex colonie italiane. Costoro non posseggono né un
Nakfa Eritreo, né uno Scellino Somalo, tanto meno dollari.
Lo stesso governo libico ammette che alcuni addetti alla sicurezza e responsabili di campi di detenzione per migranti sono compresi nell'elenco di persone verso le quali sono stati spiccati
mandati d’arresto all'inizio di marzo, marzo 2018 (sic!) ***, perché implicati nel traffico di esseri umani. Coloro che detengono il potere in queste luride
galere, abbandonate anche dagli operatori delle organizzazioni umanitarie che da tempo non le visitano più, usano i profughi come merce di scambio con chi ha interessi economici affinché
raggiungano l'Europa. Tirando le somme, questi poveri disgraziati non "scuciono un bottone" per giungere in Europa!
*** Tempo fa rappresentanti della Libia avevano mostrato un elenco con ben duecentocinque nomi di trafficanti nazionali e stranieri, contro i quali sono stati
spiccati i relativi mandati d’arresto. Nella lista figurano personaggi importanti, come alti funzionari di ambasciate africane a Tripoli, membri dell’organismo statale libico per la lotta contro
la migrazione clandestina, addetti alla sicurezza e responsabili di campi di detenzione per migranti e altre figure di spicco. Gente insospettabile che ha partecipato al vertice di Niamey, in
Niger, tenutosi a marzo di quest’anno (2018) ed a cui era presente l'allora ministro degli interni italiano Marco Minniti.
In Niger migliaia di giovani donne vivono ancora in totale stato di schiavitù, malgrado sia stata abolita nel 2003 (non nel medioevo!). Spesso ragazze giovanissime vengono vendute dalle famiglie
ad uomini vecchi e ricchi. È cosa risaputa che in certi ambienti una “moglie giovane” contribuisce ad aumentare il proprio prestigio. Generalmente le ragazzine subiscono abusi di ogni genere:
fisici e psicologici, a volte condannate a vita ai lavori forzati dai “vecchi sporcaccioni”.
Si calcola che in Niger ci siano 870 mila schiavi.
Uno di loro, una donna venticinquenne, racconta la sua vita: “Sono nata schiava e Dio mi ha creata per questo. Quando avrò finito questa vita, finalmente raggiungerò il paradiso che mi è
stato promesso. I miei genitori erano schiavi del mio padrone che ora comanda su 200 persone: 100 uomini, 50 donne e 50 ragazzi. Il solo pensiero di abbandonare il padrone mi terrorizza. Io
conosco solo questo posto. Se mi allontano avrò sicuramente grandi problemi. Il marabù mi ha detto che non posso lasciare il padrone altrimenti potrei morire o essere trasformata in animale. Io
non voglio diventare una capra!”
Il "marabù" è il gran sacerdote del villaggio. Una sorta di imam musulmano che ha “ereditato” i poteri magici dalla stregoneria animista africana, più efficaci, da queste parti, di
quelli del Profeta. È lui che considera gli schiavi una benedizione di Dio e che, così, ne giustifica l’esistenza. I marabù, in effetti, sono quelli che posseggono il maggior numero di
schiavi.
Oggi l’84% dei rifugiati sono accolti negli stessi paesi del Terzo mondo, solo il 5% trova ospitalità nell'Unione europea.
Non a caso il più grande campo profughi del mondo è a Dadaab in Kenya, a poca distanza dai confini orientali con la Somalia, un Paese ostaggio di un conflitto armato e di violenze pressoché continue da oltre 20 anni. Il campo
ospita oltre 300.000 profughi somali dichiarati (la stima reale è di almeno il doppio) che fuggono da siccità, violenze e carestia.
Vi risulta, ed è solo un esempio, che sulle coste europee approdino con i barconi cittadini kenioti, angolani, sudafricani o centrafricani? No? Allora incominciate a conoscere meglio l'Africa ed
a chiedervi il perché!
L'Africa è il secondo continente più popoloso della Terra, dopo l'Asia che conta circa 4,4 miliardi di persone, dove vengono parlate più di 2000 lingue diverse. Attualmente la popolazione
africana è di circa 1,2 miliardi di persone. Negli ultimi 40 anni c'è stata una vera e propria esplosione demografica, e così l'età media della popolazione del continente è relativamente bassa.
La popolazione africana sta crescendo infatti più velocemente di quella asiatica, e si pensa che entro il 2050 l'Africa avrà otre 2,5 miliardi di abitanti. In molti stati africani la metà della
popolazione non ha ancora raggiunto i 25 anni. L'aspettativa media di vita per gli abitanti dell'Africa è 58 anni (in Italia è 80,1 anni per gli uomini e a 84,6 anni per le donne).
La parte centrale dell'Africa orientale, la Rift Valley, è considerata la
"Culla dell'Umanità", cioè il luogo di origine degli esseri umani, da dove oggi arrivano molti dei profughi che attraccano sulle coste europee.
L'Africa è povera. Ma i paesi africani non sono tutti poveri. È la distribuzione della ricchezza che crea problemi. L'Angola, per esempio, sta vivendo una vera e propria fase di boom economico,
tanto da aver invertito i flussi di immigrazione verso il Portogallo di cui è stata una colonia: oggi con la crisi, sono i portoghesi che emigrano in Angola. Nonostante questi progressi, l’Angola
resta uno dei paesi africani con la più alta percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà e con il più alto numero di mortalità infantile.
Ad eccezione dell'Etiopia (fino al 5 maggio 1936) e della Liberia, tutta l'Africa
è stata colonizzata da paesi non africani: Regno Unito, Francia, Belgio, Spagna, Italia, Germania e Portogallo, senza il consenso della popolazione locale. Nel 1884-1885 la
Conferenza di Berlino ha diviso il continente tra le potenze non africane. Nel corso dei decenni successivi, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, i paesi africani hanno gradualmente
riconquistato la loro indipendenza, con i confini decisi "a tavolino" dalle potenze coloniali. Questi confini, stabiliti senza riguardo alle culture locali, hanno causato numerosi problemi in
Africa.
Dovete sapere che nel 1500, mentre Londra aveva 20 mila abitanti, la città di Timbuktu nel Mali ne contava 115 mila. C'era anche l'Università in cui venivano portati diversi manoscritti e libri
con un valore più alto di qualsiasi altro bene.
Il Niger è un po’ l’esempio e la traccia di tutti gli altri stati del Nord e Centro-Africa in ambito politico ed economico. Questo Stato, situato al centro sud del Sahara al confine est con la
Nigeria, ex colonia francese ora una repubblica semi-presidenziale, è un territorio con scarsa vegetazione e in piena desertificazione.
Tale fenomeno è causato dal clima arido e soprattutto dal continuo sfruttamento del terreno per l’agricoltura; infatti i ¾ della popolazione si occupa del settore agricolo che di conseguenza
determina una certa arretratezza e una scarsa produzione di colture con cui vivere dato che i territori non sono molto fertili. La produzione quindi diventa un agricoltura di sussistenza e di
autoconsumo.
Questo si allaccia all'economia del Paese facendo in modo che da questo grande settore non si ricavi niente (agricoltura di sussistenza equivale a produrre esclusivamente per sopravvivere) o
pochissimo e le uniche altre fonti di guadagno dello Stato sono la vendita di materie prime poiché il turismo è quasi nullo e l’industrializzazione non risulta molto sviluppata.
Tutto ciò però è reso ancora meno remunerativo dallo sfruttamento delle grandi multinazionali e degli stati ex colonizzatori. Questi ultimi esercitano un grandissimo condizionamento nella
politica locale facendo i loro interessi. In quanto ex colonie (il Niger era colonia della Francia) fanno dei prezzi “di favore” ai paesi colonizzatori vendendo le uniche fonti di guadagno (le
materie prime) a un prezzo ancora più basso di quello stimato.
Qui intervengono le multinazionali che avendo il controllo quasi totale del commercio globale inducono ad abbassare ancora di più il prezzo di vendita del materiale per poi comprarlo e rivendere
il prodotto finito a dei prezzi elevatissimi.
L’influenza delle multinazionali si sente anche nel settore dell’assistenza sanitaria dove i medicinali scarseggiano in quanto molto costosi rispetto alle possibilità economiche dell’intera
popolazione che non guadagna abbastanza per poterseli comperare.
La povertà diffusa in questi territori condiziona molto la vita delle persone e si manifesta attraverso malnutrizione, denutrizione, analfabetismo e la diffusione di malattie che quasi sempre
portano alla morte.
La vita quotidiana di queste persone si svolge per la maggior parte del tempo nei campi, perché bisogna coltivare ed avere qualcosa da mangiare per sopravvivere.
La loro razione quotidiana e solitamente una ciotola di miglio reso pastoso dall'aggiunta di acqua che molte volte è inquinata mentre alla sera si aggiunge un po’ di pomodoro.
La continua sbagliata alimentazione provoca numerose vittime specialmente tra i bambini.
Le famiglie sono molto numerose infatti in media una donna partorisce dalle 6 alle 9 volte, ma un bambino su quattro non supera i primi 3 anni.
La missione in Niger del luglio scorso (2018) per il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, aveva l'obiettivo di "rafforzare la cooperazione strategica" con il Paese che
"sta avendo un ruolo chiave per ridurre drasticamente i flussi di migranti irregolari verso la Libia e l’Ue", al solo scopo di "incrementare la ricchezza nell'area, offrire maggiore
occupazione e fornire delle risposte concrete e solide alla povertà, all'immigrazione e alla sicurezza in Africa".
Nulla di più ridicolo.
La profondità di cotanta inconsistenza di ragionamento sta nell'affermare di poter ottenere dei risultati in un paese dove 870 mila persone vivono ancora in totale stato di
schiavitù, malgrado sia stata abolita nel 2003 e dove la migrazione per questa popolazione, stante la totale integrazione dei nigerini nel loro quotidiano "modo di vivere", non è mai esistita.
Vedi: Schiavitù in Niger
Va altresì detto che le dimensioni dell'Africa sono ben diverse da quelle che appaiono nelle mappe. Il continente africano (30.370.000 km²) contiene senza problemi la Cina (9.572.900 km²),
l’Europa (10.180.000 km²), l’India (3.287.263 km²) e così via. Ma allora perché non si nota questa discrepanza nelle carte che normalmente utilizziamo? La nostra percezione del planisfero
terrestre è tuttora fortemente influenzata dalla proiezione cartografica di Mercatore, il cartografo fiammingo del 1500 che, nel redigere mappe e proiezioni adatte alla navigazione marina, ha
contribuito anche a diffondere una rappresentazione distorta delle reali dimensioni dei continenti. Le terre emerse, in queste raffigurazioni, appaiono più dilatate all'aumentare della
latitudine, soprattutto quando si trovano nell'emisfero nord. La visione di Mercatore mette al centro l'Europa, e penalizza i paesi del Sud del mondo che appaiono più piccoli di quanto non siano
davvero.
Che l’antico Impero Celeste, la Cina, abbia in atto un processo d’irreversibile fagocitazione del continente africano e delle sue immense risorse, è ormai un fatto inconfutabile. Questa ben
congegnata strategia di conquista, nata e sviluppatasi sotto gli occhi di un mondo quantomeno distratto, si estende oggi dal Mali al Sudafrica, dall'Angola al Mozambico e appare sempre più
imponente in termini di opere realizzate, d’investimenti e di profonde influenze culturali e sociali sul continente nero ormai divenuto l’indifendibile preda cinese.
La Cina è diventata il primo partner commerciale dell’Africa, relegando al secondo e terzo posto Unione Europea e Stati Uniti. Questo primato le consente di controllare quasi il 70 per cento dei
contratti continentali grazie ad appalti che, anno dopo anno, s’incrementano di un buon 30 per cento, senza mostrare segni di flessione. Angola, Kenya, Sudan, Ciad, Mauritania, Tanzania,
Sudafrica, Guinea Equatoriale, Etiopia, Gibuti, Nigeria, Zambia, Zimbabwe, Mozambico, Mali… resta ben poco dell’Africa che non sia ancora caduto sotto l’egemonia cinese.
Il dragone orientale oggi indossa anche l’uniforme e installa contingenti armati in Mali e a Gibuti dove sembra voler fare lo sberleffo alle forze americane già presenti nel minuscolo ma
altamente strategico staterello dell’Africa orientale. Non solo: la Cina sta anche contendendo alla Russia il primato di primo fornitore di armi che foraggiano i conflitti prodotti
dall'incontenibile animosità tra le varie etnie politico-tribali del continente. Si tratta di armi di qualità scadente, non molto diverse dalle merci che la Cina, dopo essersi impossessata delle
risorse africane, scarica sui suoi sventurati consumatori.
Il più ambizioso (anche se non apertamente dichiarato) progetto cinese resta però quello di ricollocare in Africa i poveri di casa propria che ammontano alla sbalorditiva quota di 500 milioni. Si
tratta di un esercito di derelitti che in patria sono condannati alla fame. Sì, la Cina potente e rampante, che è diventata la seconda economia mondiale dopo gli USA – di cui, tra l’altro,
detiene la maggior parte del debito pubblico – è anche al secondo posto (dopo l’India) tra i Paesi più poveri del mondo. Un gigante, quindi, con le gambe d’argilla? Forse, ma stando al suo
progetto, potrebbe non esserlo ancora per molto. In Angola – che non a caso è il secondo produttore di petrolio del continente, dopo la Nigeria – stanno nascendo intere “Città Fantasma”. Si
tratta di edilizia popolare, ma decorosa. Centinaia di complessi residenziali provvisti delle necessarie infrastrutture che serviranno, pur se gradualmente, a ospitare i nuovi colonizzatori
cinesi ai quali, la terra d’origine, non offre opportunità.
Di questo stato di cose si è recentemente occupata Ilaria Bifarini, una bocconiana che si definisce oggi “pentita” di esserlo. Nel suo libro “I Coloni dell’Austerity”, edito da
Youcanprint, la trentottenne ricercatrice, attribuisce l’invasione cinese dell’Africa alle teorie dei soloni dell’economia occidentale che hanno aperto il mondo al mercato globale e al
neoliberismo, cioè alle stesse teorie da lei apprese alla Bocconi e che oggi rinnega. Il libro è ben scritto e altrettanto ben documentato, pur non rinunciando all’eterna autofustigazione per le
colpe commesse dal colonialismo che lei vede proseguire, pur se con metodologie diverse, anche nel presente, ai danni dell’Africa.
Si tratta di realtà, non certo di opinioni, concentrate sulle colpe occidentali per aver assoggettato popoli con la forza e averli quindi sfruttati con l’accaparramento delle loro risorse. La
rivisitazione del passato, non può certo rivelarsi uno sforzo inutile per affrontare i problemi del presente, la storia è una traccia della nostra ed altrui esistenza che sviluppa quella che
viene chiamata cultura, conoscenza per giungere a formulare veri e propri concetti. La storia è la via principale del sapere, pilastro che porta con sé un bagaglio di nozioni. È proprio della
storia essere un grande presente, e mai solamente un passato.
Ciò sta a significare che la storia è deposito di esperienza; apprendendo il passato è più facile prendere una decisione o semplicemente farsi un’idea riguardo alle azioni presenti e
future.
La storia è un dono, fa luce al passato ed illumina il futuro. Grazie a questa gli uomini possono arricchirsi interiormente e crescere. La storia rappresenta la vita, la sete del sapere e
dell’apprendimento, ci completa dal punto di vista culturale e interiore rendendoci cittadini del mondo.
Al di là del fatto che le colpe del passato esistono e che alcune di queste sopravvivono tuttora ai danni dei paesi emergenti, non si possono neppure sottacere le oggettive responsabilità delle
leadership africane, prime e principali responsabili delle drammatiche condizioni del continente. Su queste responsabilità, invece, la scrittrice mostra di non volersi soffermare. Eppure, dove
c’è un corruttore, c’è inevitabilmente, anche un corrotto e spesso, in terra d’Africa, il termine corruzione dovrebbe più propriamente essere sostituito dal termine estorsione, giacché è spesso
di questo che si tratta.
Una lucida visione su questo stato di cose, la fornisce anche un’autorevole economista di colore: l’oxfordiana Dambisa Moyo, originaria dello Zambia. Nel suo libro “La Carità che
Uccide”, edito da Rizzoli, la Moyo attribuisce l’arretratezza dell’Africa ai massicci aiuti finanziari erogati dai paesi industrializzati. Aiuti che ingrassano la classe politica africana e
impediscono al continente di raggiungere la necessaria maturità per dedicarsi all'autogestione della propria terra, senza incrementare la dipendenza dai cosiddetti donors che poco si
preoccupano della reale emancipazione dell’Africa, ma finalizzano esclusivamente questi interventi ai propri interessi.
Questa è la stessa procedura che sta oggi seguendo la Cina per appropriarsi dell’Africa. Del resto, il successo di questa strategia lo spiega senza esitazioni un illustre africano, Philip Murgor,
ex Procuratore Generale del Kenya: “La vostra tecnologia – ha detto riferendosi all'Europa – è certamente migliore di quella cinese e i vostri prezzi, almeno per quanto riguarda questo Paese, non
sono superiori a quelli da loro praticati. La Cina ottiene i contratti perché un terzo del loro valore lo cede ai politici che hanno il potere di ratificarli, mentre voi colonialisti, se lo fate,
potreste rischiare di finire in galera a causa dei vostri trascorsi in terra d'Africa”.
Nonostante ci siano nei Paesi africani diverse Ambasciate da tutto il mondo collegate ad istituti per la cooperazione internazionale, nonostante le varie agenzie dell’ONU, le 552 mila missioni
cristiane e le ONG (Organizzazioni Non Governative) il cui numero totale è difficilmente quantificabile in quanto le associazioni a delinquere tentano di sfuggire ad ogni tipo di controllo(solo
in Sudafrica ne esistono 400 mila regolarmente registrate su un totale di circa un milione, mentre oltre 100 mila risultano registrate in Kenya su un totale di circa 500 mila), nonostante tutto
ciò l’Africa continua a registrare una popolazione che cerca di sopravvivere nella miseria più nera di tutto il pianeta.
Va detto che oltre a queste presenze, vanno anche considerate le attività umanitarie islamiche, la Croce Rossa Internazionale e una miriade d’iniziative a carattere privato che realizzano scuole,
ospedali e opere di assistenza in genere.
Anche riferendosi esclusivamente alle ONG, si deve concludere che, per quanto riguarda il Kenya, ogni ONG registrata dovrebbe occuparsi di circa 450 persone, ma relativizzando questo numero
all'indice di povertà presente nel Paese (stimato in un terzo degli abitanti), ogni ONG avrebbe a suo carico, solo 150 persone. Infine, inserendo in questa analisi anche le altre istituzioni di
cui abbiamo accennato, il numero si ridurrebbe ulteriormente a poche decine di persone. Perché allora la povertà in Kenya aumenta invece di diminuire?
Valutiamo la situazione del Kenya per queste riflessioni, non solo perché questo sito occupandosi prevalentemente di questo Paese offre più attendibili elementi di valutazione, ma soprattutto
perché tra le nazioni africane non è certo quella più colpita dalla povertà e dal degrado. Ciò nonostante il suo tasso di crescita demografica è molto alto e malgrado l’apprezzabile incremento
del PIL (soprattutto determinato dagli investimenti cinesi), cresce anche l’indebitamento pubblico e il numero delle persone condannate alla miseria. Di conseguenza, crescono del pari,
criminalità e corruzione.
Questo non può che portarci a concludere che nella gestione di questa imponente presenza di associazioni, c’è qualcosa di profondamente sbagliato.
Si tratta di organizzazioni, almeno sulla carta, non orientate al profitto, che si finanziano con il contributo dei governi dei Paesi di appartenenza, dei vari dipartimenti delle Nazioni Unite e
delle spontanee offerte di privati cittadini, sollecitate attraverso campagne di sensibilizzazione sui media e sui social network.
Ma se lo stesso gigante FAO utilizza l’80 per cento delle proprie risorse all'unico scopo di mantenere se stesso, è facile comprendere quanto dispersivo, se non addirittura
fraudolento, possa rivelarsi il funzionamento dell’enorme apparato istituzionalmente dedito al miglioramento delle condizioni di vita dei diseredati del pianeta.
Del resto, chiunque in Africa sia entrato in contatto un po’ approfondito con queste organizzazioni, avrà senz'altro riscontrato quanto possa risultare disinvolta la loro gestione
finanziaria: sedi prestigiose, stipendi generosi, auto e residenze di lusso ai dirigenti, stuoli di segretarie graziose e profumatamente pagate. In queste condizioni è fatale che non molto
resti poi disponibile per adempiere alle funzioni per cui l’organismo è stato costituito.
L’ONU, il macrocosmo internazionale, cui è affidato il compito di risolvere i problemi del pianeta, ha un bilancio annuo che supera i 13 miliardi di euro, circa tredici volte superiore a quello
che aveva 25 anni fa. Questo dovrebbe significare che la sua efficienza è migliorata, ma sappiamo tutti che non è così, anzi, più passano gli anni e più l’ONU appare come un decrepito vecchio che
avanza con esasperante lentezza inciampando nelle proprie vesti. Questo organismo è allora del tutto inutile senza una radicale riforma!
Tra l’altro, l’Italia, pur non essendo un membro permanente del Consiglio di Sicurezza e non godere quindi del diritto di veto, è il sesto finanziatore mondiale di questo mostruoso bilancio di
cui si fa carico del 5 per cento. Vale a dire, 650 milioni di euro che ogni anno escono dalle tasche dei contribuenti italiani per alimentare il prestigioso palazzo di vetro sulle rive dell’East
River. Più di Cina e di Russia, che del Consiglio sono però membri permanenti e possono agevolmente controllarlo con il diritto di veto.
Visto che parliamo del Kenya, è bene sapere che la più grossa sede delle Nazioni Unite, con tutte le agenzie sussidiarie che lo compongono (ci lavorano più o meno 5 mila persone), si trova
proprio a Nairobi, dirimpetto all'ambasciata degli Stati Uniti, ma al di là del compiacimento che questa scelta può provocare all'orgoglio nazionale dell’ex colonia britannica, coloro che nel
Paese vivono sotto la soglia di povertà, quali benefici ne traggono? Nulla!
Ora sapete a chi state devolvendo la vostra beneficienza!
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"Franco CFA", allo scopo di depredare le risorse di quattordici paesi africani con la valuta nazista di alienazione popolare
Verrà il giorno, non troppo lontano, che nelle piazze italiane, e non solo, udiremo questi slogan:
"UCCIDEREMO TUTTI I NEGRI!
Li uccideremo tutti, insieme ai loro figli, le loro donne, i loro cani, i loro gatti e tutto ciò che troveremo sulla nostra strada”.
"WHITE FIRST!
Prima i bianchi. Per ogni bianco ucciso, uccideremo cinque negri”.
“La nostra aspirazione è quella di uccidere tutti i negri che ci sono nel nostro Paese e questo traguardo dev'essere realizzato quanto prima. Rivendichiamo il possesso delle loro terre in
Africa, così come fece a suo tempo lo Zimbabwe a guida Mugabe con i bianchi. Non risparmieremo quei soggetti, tra cui giornalisti e politici o semplici cittadini, avversi alle nostre posizioni.
Ci riconosciamo pienamente nell'ideologia marxista-leninista e perseguiamo la supremazia dei bianchi, su tutti gli altri".
“La nostra strada è quella del razzismo!”
"Ci avvaleremo anche della tortura, delle violenze sessuali e di ogni genere, del massacro con armi di vario tipo e della deportazione nei lager per chi non denuncerà la presenza di questi
scarafaggi. I soldati riceveranno 7 euro per ogni negro ucciso, e le loro membra squartate verranno inchiodate ai segnali stradali".
"I negri non appartengono alla razza umana; sono animali sporchi e malati che contagiano il popolo bianco, e la cui sola presenza minaccia di distruggere la nostra civiltà. Devono essere
eliminati!"
"Come asseriva l'illuminista David Hume «I negri e in generale le altre specie umane sono naturalmente inferiori alla razza bianca. Non vi sono mai state nazioni civilizzate di un altro
colore che il colore bianco, né individuo celebre per le sue azioni o per la sua capacità di riflessione. Non vi sono tra di loro né manifatture, né arti, né scienze. Non è mai stato
scoperto tra di loro il minimo segno di intelligenza.»"
Un ennesimo "Olocausto africano"? "Certamente no, l’obbiettivo che ci siamo prefissati è di
civilizzare una grande massa di proto-umani che versano in uno stato morale e sociale primitivo. Non siamo così cinici come lo fu Winston Churchill che considerava indispensabile utilizzare gas
tossici contro gli indigeni coloniali, perché ciò "avrebbe seminato un grande terrore", nella piena consapevolezza che un popolo impaurito è incline alla sottomissione o
risulta troppo debole per lottare efficacemente contro l'oppressore. Il nostro obiettivo è l'eliminazione all'arma bianca, in alternativa utilizzare quella propagandistica della
decapitazione o dell'impiccagione."
Frasi deliranti? Assolutamente no!
È semplicemente ciò che fecero e dissero i bianchi nei confronti dei negri durante il Colonialismo in
Africa, specie quella sub-sahariana! Nel solo Kenya le vittime sono state centinaia di migliaia. Vedi: Storia del Kenya e Lo sterminio dei Mau Mau
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»