Il lago Turkana (chiamato anche lago Rodolfo) è un grande lago dell'Africa centro-orientale, situato nella Rift Valley, nel nord-ovest del Kenya. Ha una superficie di 6405 km², quasi completamente all'interno dei confini del Kenya; solo la parte settentrionale, in corrispondenza del delta del fiume Omo, si trova in Etiopia.
Il lago venne chiamato "lago Rodolfo" in onore del principe austro-ungarico Rodolfo d'Asburgo-Lorena dagli esploratori Sámuel Teleki e Ludwig von Höhnel, che furono i primi europei a raggiungerne le sponde (1888). Dal 1975 ha ripreso il suo nome storico, quello dell'etnia dei Turkana, che abitano la regione circostante il lago.
In prossimità delle sue rive, durante gli scavi di
Nariokotome sono stati rinvenuti resti fossili di ominidi risalenti a due milioni e mezzo di anni fa e attualmente attribuiti alla specie Homo ergaster.
Il lago è occupato da numerose isole vulcaniche disposte lungo l’asse Nord-Sud tra cui North Island, Central Island e Southern Island. Il lago
Turkana è sede di parchi nazionali elencati come patrimonio mondiale dell'UNESCO: Sibiloi National Park si trova sulla sponda orientale del lago, mentre Central Island National Park e South Island National Park si trovano sulle rispettive isole. Entrambi sono noti per i loro coccodrilli del Nilo (sono 30 mila quelli che abitano nel lago, quindi, niente bagno! Meglio godersi il
paesaggio e la natura circostante: fenicotteri rosa, foreste pluviali dove sbocciano splendide orchidee, graffiti rupestri tra le rocce, sorgenti d'acqua solforosa che spuntano qua e là
alimentando fiumiciattoli che scorrono in mezzo alla boscaglia).
È il più grande lago permanente in luogo desertico ed è anche il più grande lago alcalino del mondo.
Essendo un bacino chiuso, tutta l'acqua che vi si versa evapora per effetto delle alte temperature del luogo. Tre sono gli immissari del lago: l'Omo, il Turkwel e il Kerio. Dopo molti anni di forte calo del livello del lago dovuto a una costante situazione di siccità, nel 2006 la situazione è stata completamente sovvertita, con forti alluvioni in particolare del fiume Omo. Un rapporto di Human Right Watch mette comunque in guardia sul pericolo di possibile scomparsa del lago, che anticamente era almeno il doppio di dimensioni.
Essendo un lago chiuso l'acqua è leggermente salata, calda e con una sabbia scura. Risultava una presenza non trascurabile di coccodrilli, ma probabilmente negli ultimi anni tale numero s'è ridotto in modo considerevole. La regione, che risulta ancora oggi molto isolata e poco frequentata dai turisti, dista circa due-tre giorni di automobile dalla capitale Nairobi.
Giungere al Turkana è un'esperienza unica, un viaggio a
ritroso nel tempo. Certo non sarà come quando il conte Samuel Teleki lo scoprì la prima volta il 5 Marzo 1888, ma vi assicuriamo che ben poco è cambiato. Qui le lancette dell'orologio sembrano
essersi fermate, i granellini di sabbia della clessidra temporale giacciono immobili come i giganteschi coccodrilli sulle rive del lago.
Situato ai confini settentrionali del Kenya con l'Etiopia, si trova in una vasta depressione continentale funestata da immani eventi geologici. Quasi tutta l'area, ma in modo particolare la zona
meridionale è di una desolazione sconvolgente, con enormi distese di roccia lavica da cui spuntano isolate e sparute acacie. È qui che troviamo i vulcani Teleki e Nabuyatom "lo stomaco
d'elefante" dei Turkana.
Il cratere circolare del Nabuyatom o
Nabiyotum, una meraviglia geologica sul lago Turkana, è una caldera - i resti di un vulcano collassato. La Rift Valley ospita molti crateri e vulcani attivi. Si tratta di una
regione remota e difficile da esplorare, ma il piacere che se ne ricava è grande. Come molti territori isolati, il lago ospita molte specie di animali, tra cui 150 specie di uccelli, ma anche
giraffe, zebre e bufali.
Nabuyatom Cone, così tecnicamente è chiamato, si trova nella contea di Marsabit, nella parte centrale del paese, a 400 km a nord della capitale Nairobi. La cima del cono
Nabuyatom è a 564 metri sul livello del mare, o 185 metri sopra il terreno circostante. La larghezza alla base è di 1,9 km.
Il terreno attorno al cono di Nabuyatom è pianeggiante a nord-ovest, ma a sud-est è collinoso. Il punto più alto nelle vicinanze è di 1.697 metri sul livello del mare, 18,7 km a sud-est del Cono.
Intorno il territorio è scarsamente popolato, con 17 abitanti per chilometro quadrato. Non ci sono comunità nelle vicinanze. L'area circostante consiste principalmente di praterie.
Nella zona prevale un clima caldo. La temperatura media annuale nel quartiere è 33° C . Il mese più caldo è marzo, quando la temperatura media è di 36° C, e il più freddo è luglio, a 31° C. La
media annuale delle piogge è di 506 millimetri. Il mese piovoso è aprile, con una media di 136 mm e il più secco è giugno, con 9 mm.
Il Vulcano Barriera è un vulcano attivo a scudo a cui è stato dato questo nome perché forma una barriera lunga circa 20 chilometri (12 mi) lungo la Rift Valley del Kenya. Ha una
larghezza di 15 chilometri (9.3 miglia) e separa il lago Turkana a nord e la valle di Suguta (il sito di un vecchio lago) con il piccolo lago Logipi a sud. Il complesso vulcanico "The Barrier" consiste di quattro distinti vulcani a
scudo. Da ovest a est questi sono Kalolenyang, Kakorinya, Likaiu West e Likaiu East. Le rocce di fondazione sono principalmente basali. Circa il 90% del volume è trachite.
Kakorinya è il più giovane del gruppo e costituisce il centro del complesso, con un cratere circolare ben conservato che non è stato violato. La caldera sommitale di 3,8 chilometri (2,4 miglia)
di Kakorinya si formò circa 92.000 anni fa. Gran parte del pavimento della caldera è pieno di cupole e flussi di lava trachitici e fonolitici che recentemente sono esplosi all'interno della
caldera e lungo la sua frattura ad anello. Ci sono coni di scorie e flussi di lava dal primo Olocene sui fianchi nord e sud del complesso vulcanico. Nel diciannovesimo e ventesimo secolo ci
furono eruzioni esplosive e colate laviche dal Teleki sul lato settentrionale e dal cono di Andrew sul lato sud di Kakorinya. L'ultima eruzione conosciuta fu nel 1921.
Il vulcano di Andrew, noto anche come Likaiu, è uno dei numerosi crateri vulcanici che punteggiano la cresta vulcanica, nota come "The Barrier", un grande sollevamento vulcanico
che, come si è detto, separa il Lago Turkana dalla valle di Suguta. Questo vulcano è uno dei tanti vulcani dormienti nella regione. Scoppiò per l'ultima volta intorno al 1895, ma si può ancora
osservare il vapore emesso dalle bocche vicine. Il cono di Andrew raggiunge un'altezza di 65 m (213 piedi). Il bordo del cratere è fatto di scorie gialle e sono presenti alcune fumarole.
L'esterno del cono di Andrew è coperto di cenere e scorie di roccia ardente (bombe laviche). Le lave basaltiche dal cono di Andrew si estendono verso sud fino al lago Logipi. Questi basalti sono
molto giovani con pochissime caratteristiche di erosione e non hanno vegetazione su di loro. Un sottile strato di lapilli e bombe vulcaniche si estende per un miglio a nord-ovest. Questo strato
di lapilli potrebbe essere stato espulso, come già detto, nei primi anni del 1900. Alcuni degli altri vulcani che si trovano nell'area locale sono Ejuk che si trova ad est di Likaiu, Longipi che
si trova a nord-est e Isola del Sud che è direttamente a nord di Likaiu.
Il Grande Vulcano di Lubburua o "Vulcano di Teleki", all'estremità meridionale del lago, che come suggerisce il nome, la scoperta originale di questo vulcano deve essere
attribuita al conte Samuel Teleki, esploratore ungherese.
Nel 1887-88 costui organizzò una spedizione nell'Africa orientale, durante la quale scoprì, con l'austriaco R. von Höhnel, i laghi Rodolfo (odierno lago Turkana) e Stephanie (odierno Chew Bahir),
nomi attribuiti in onore del principe ereditario Rodolfo d'Asburgo-Lorena, figlio del re-imperatore austro-ungarico Francesco Giuseppe e della principessa Stefania del Belgio moglie del principe
d'Austria, e il vulcano Lubburua in seguito chiamato Teleki.
Teleki esplorò le terre oltre al punto di massimo avanzamento dell'esploratore scozzese Joseph Thomson, alla ricerca del lago desertico di cui i precedenti
esploratori avevano sentito parlare, basandosi su una leggenda locale che narrava di un mare oltre il deserto, circondato da tribù di giganti e pieno di isole abitate da mostri e fantasmi.
Teleki scoprì il vulcano attivo lungo il letto asciutto del fiume Turkwel durante il ritorno sulla costa. Si dice che l'estremità sud del lago sia stata distrutta tra il 1889 e il 1897 da
un'improvvisa esplosione del vulcano.
Lungo 257 km e largo all'incirca 31 km il Turkana più che
un lago, è quasi un mare interno; l'elevata evaporazione e la siccità in questi ultimi secoli ne stanno modificando i tratti. Unico affluente il fiume Omo che dall'Etiopia riversa enormi quantità
di limo e sedimenti. Altissima è l'alcalinità delle acque dovuta ad una forte percentuale di carbonato di sodio. Diverse le interpretazioni e gli appellativi con cui è conosciuto: "Mare di
Giada", "Lago degli Inganni", ma quello che appare univoco è l'idea di trovarsi in un'Africa ancora autentica, pura e quasi intatta, un luogo per certi versi ancestrale,
fortunatamente ancora lontano dal turismo di massa.
Due i fattori ambientali che contribuiscono al suo isolamento: le condizioni quasi estreme del territorio con temperature che oscillano in tutto l'anno tra i 40 e i 60 gradi, l'unico momento di
sollievo è al tramonto quando dalle pendici meridionali del monte Kulal, si alza un vento continuo che frusta i ciuffi delle acacie, dando l'impressione di attimi effimeri di freschezza. Le vie
di accesso tutt'altro che facili piste dure e faticose scoraggiano i più. Comunque se siete appassionati di antropologia, archeologia, geologia e vi interessano le popolazioni autentiche dovete
assolutamente venire qui. Loyangalani, sulla riva sud orientale del lago è l'unico centro abitato; attorno ad esso sono sorti tre villaggi e dalla forma delle capanne è possibile riconoscerne
l'etnia. Quelle a cupola ricoperte con pelli e foglie di palma sono dei Samburu; a tucul ed interamente di paglia sono dei Turkana; quelle
di forma quadrata ed il tetto in paglia sono dei Rendille e rappresentano un bell'esempio di convivenza e di integrazione. C'è un lodge gestito da un tedesco, un
campeggio con piscina ed un altro gestito da un'intraprendente donna samburu con capanne in perfetto stile turkana, proprio dietro al ristorante di Ciongo (un somalo trasferitosi con la famiglia)
famoso per le tilapia alla griglia. C'è anche una missione della Consolata vicino all'unica sorgente di acqua calda.
Dall'oasi si possono fare delle escursioni sulle rive del lago a visitare i villaggi El Molo, gli unici che vivono ancora di pesca traendone un minimo di beneficio. I pesci tilapia e il raro persico
del Nilo sono la loro dieta principale. I pesci raccolti vengono fatti seccare e scambiati a Loyangalani con il necessario per vivere.
Purtroppo l'isolamento naturale li sta portando all'estinzione antropologica e le nuove generazioni sono già costrette per sopravvivere a mescolarsi alle altre etnie. Il lago Turkana non a caso è
conosciuto come la culla dell'umanità per via dei numerosi ritrovamenti dei nostri progenitori. Qui, "dove la scimmia diventò uomo", milioni di anni fa ha avuto inizio il lungo cammino
evolutivo dell'uomo. Una serie continua di rinvenimenti si sono succeduti grazie ai membri della famiglia Leakey. Richard Leakey, grazie all'appoggio del governo del Kenya ha istituito nel 1970
il Parco Nazionale Sibiloi a protezione dei siti paleoantropologici di Koobi Fora. Camminando in un paesaggio lunare si possono ammirare i resti fossili di
testuggini giganti e di coccodrilli nilotici (crocodilus cataphractus) lunghi fino a 9 - 10 metri. Invece i resti degli ominidi sono visibili al Museo nazionale di Nairobi. Il
Sibiloi si trova sulla sponda orientale del lago, quella più accidentata ed inospitale con immense distese di detriti e rocce laviche. In queste acque c'è la più grossa
concentrazione di coccodrilli del Nilo (crocodilus niloticus) lunghi oltre 6 metri.
by Itinerari Africani
Ad ovest del Lago Turkana è stato ritrovato il teschio,
poco più grande di una palla da tennis, di un esemplare appartenente alla specie Nyanzapithecus alesi, risalente a circa 13 milioni di anni fa. Si è detto sia il
più antico antenato dell’uomo mai scoperto sulla Terra e che rappresenti la convergenza sicura della scimmia con i primi ominidi. Lo studio della dentatura, oltre a fornire informazioni sull'età
del soggetto di appena un anno e quattro mesi, ha dimostrato con chiarezza come la specie in questione fosse nuova per gli studiosi, “molari molto più grandi” rispetto agli altri esemplari del
genere Nyanzapithecus. A portarlo alla luce, nel 2014, è stato un cacciatore di fossili keniota, John Ekusi, dalle rocce di un'eruzione vulcanica a ovest del lago Turkana nel sito di
Napudet. Secondo gli scienziati assomigliava a un gibbone ma senza le sue ben note capacità acrobatiche.
In realtà non è un nostro diretto antenato (come si è letto quasi ovunque): possiamo invece considerarlo un suggerimento dell'evoluzione. Svela cioè a che cosa sarebbe potuta
somigliare una specie alla base della linea evolutiva che avrebbe, nel giro di qualche milione di anni, condotto all'uomo.
Il Nyanzapiteco (genere Nyanzapithecus) è un primate estinto, appartenente agli ominoidi. Visse nel Miocene inferiore-medio (circa 18 - 13 milioni di anni fa) quando il genere
homo non aveva ancora fatto la sua comparsa, e i suoi resti fossili sono stati ritrovati in Kenya. Noto principalmente per resti cranici, questa scimmia antropomorfa doveva essere di
medie dimensioni e probabilmente pesava circa 10 chilogrammi. Il Nyanzapithecus venne descritto per la prima volta nel 1986, sulla base di resti fossili ritrovati nell'isola di Maboko
(lago Vittoria), in Kenya. La specie tipo è Nyanzapithecus pickfordi. Altre specie, sempre provenienti dal
Kenya, sono la più antica Nyanzapithecus vancouveringorum, la più recente Nyanzapithecus harrisoni (proveniente da Nachola, Kenya), nonché la specie Nyanzapithecus
alesi risalente, come già detto, a circa 13 milioni di anni fa.
L’albero degli Hominini è molto fitto di ramificazioni (clicca sull'immagine per ingrandirla). Nel genere Homo, l’ultimo arrivo è l'Homo naledi. Tra gli australopitechi c’è Lucy (Australopithecus afarensis): per alcuni studiosi uno di loro ha portato a Homo, per altri sono solo un ramo laterale con antenati comuni. I Paranthropus, noti anche come australopitecine robuste, erano bipedi, con denti e mandibole robuste. Il genere Pan (scimpanzé) si sarebbe separato dalla linea che ha portato a Homo attorno a 6,3-5,4 milioni di anni fa, secondo una stima genetica. Gli Ardipithecus sono infine le forme più ancestrali, bipedi sul terreno e con piccolo cranio (300-350 cm cubi) e il Sahelanthropus potrebbe essere un antenato di uomini e scimpanzé, secondo alcuni.
Il primo massacro della storia avvenne in Kenya 10 mila anni fa.
Nel 2016, a circa 30 Km ad ovest del lago Turkana, in un sito chiamato Nataruk, è stata rinvenuta la più antica testimonianza della violenza umana e della guerra tra gruppi.
La scoperta di 27 cacciatori-raccoglitori, che sono stati uccisi in un massacro di circa 10.000 anni fa, intorno all'inizio dell'epoca dell'Olocene, è la prima testimonianza storica scientificamente datata del conflitto umano e precursore della guerra organizzata.
L'origine della guerra è una questione controversa tra gli antropologi: alcuni dicono che è un residuo atavico della passata evoluzione più brutale della nostra specie, mentre altri suggeriscono che sia una conseguenza della proprietà e delle controversie risultanti sull'accesso alla terra, acqua, cibo e altre risorse.
A perdita d'occhio un immenso pianoro di colore nero cenere è intervallato da calanchi coperti da piccoli cespugli che animano la regione del lago Turkana, all'estremo nord del Kenya. Siamo in una delle zone più aride ed inospitali della Rift Valley, dove la pioggia è solo un effimero ricordo e le temperature, mediamente elevate, si attestano sui 45°. Il luogo è di una desolazione sconvolgente, ma al tempo stesso emana per la presenza del lago, un'atmosfera irreale, quasi magica. Nelle prime ore del mattino le acque si colorano di giada impreziosendo le spoglie e scarne rive, mentre da sud dalle pendici del monte Kulal, soffia un vento forte che ne increspa la superficie. Lungo oltre 250 km e largo 31, il Turkana merita l'appellativo di mare di giada.
All'apparenza quelli che stiamo calpestando sembrano solo banali sassi e ciottoli di origine vulcanica. In realtà alcune di queste pietre celano i resti fossili dei nostri progenitori che proprio da queste parti, attorno al Pliocene e al Pleistocene, hanno iniziato quel lento cammino evolutivo fino ai giorni nostri.
Anche le recenti scoperte scientifiche in Etiopia a nord di Afar, nella selvaggia depressione della Dancalia, confermano (per il momento) che sarebbe proprio l'Africa orientale a fregiarsi del riconoscimento di "culla dell'umanità".
A partire dalla fine degli anni '60, una serie sorprendente di ritrovamenti nella zona attorno al lago, fece conoscere al mondo intero il sito preistorico di Koobi Fora e naturalmente gli artefici di queste scoperte: i membri della famiglia Leakey. Fu proprio il primogenito dell'antropologo Louis Leakey (scopritore nel '59 del primo teschio umano fossile nella gola di Olduvai in Tanzania) Richard, a notare dall'alto di un aereo vasti depositi sedimentari dovuti ai cambiamenti subiti dal livello del lago nel corso di milioni di anni. Erano il terreno ideale per la ricerca di fossili. Grazie allo studio di vari strati di cenere vulcanica noti come "tufo", è stato possibile ricostruire la geologia del lago fino a 4.5 milioni di anni. In quel periodo il bacino era occupato da un enorme lago di acqua dolce con una superficie di circa 28.000 kmq, mentre oggi è di 7.500 kmq. Fra i 3 e i 2 milioni di anni, il lago venne sostituito da un sistema fluviale che probabilmente scorreva verso est fino all'oceano Indiano.
Il fiume Omo, l'unico immissario del Turkana, con i suoi sedimenti provenienti dall'Etiopia riempì a più riprese il bacino fino ad occuparne l'intero lato occidentale. Attualmente l'elevata evaporazione e la siccità di questi ultimi decenni ne stanno modificando i tratti, tanto che in poco più di un secolo il livello delle acque è sceso di ben 15 metri!
Quasi tutti i 6.000 fossili raccolti a Koobi Fora sono stati trovati dall'équipe di paleontologi del Museo nazionale di Nairobi, coordinati da Richard, dalla moglie Meave e, dopo la metà degli anni '90 anche dalla figlia Louise, la terza generazione dei Leakey. Nel Museo di Nairobi c'è un'interessante sezione dedicata alla paleontologia, con le ricostruzioni dei diversi tipi di ominidi, le caratteristiche individuali e il loro habitat primitivo. C'è la possibilità di osservare in una ordinata sequenza temporale i crani e le ossa fossili di Australophitecus robustus (2.700.000 anni), di Homo habilis (1.800.000 anni) e di Homo erecuts (1.600.000 anni), fino all'ultimo esemplare di cranio di Kenyanthropus playtops (uomo del Kenya dal volto piatto), datato tra i 3.2 e i 3.5 milioni di anni fa, scoperto da Meave Leakey nel 1999 nella zona di Koobi Fora.
Grazie ad un amico di Nairobi, abbiamo la fortuna di incontrare il signor Mulu Muia, vice direttore del Dipartimento di Archeologia del Museo nazionale. Con un malcelato orgoglio ci tiene a sottolineare la figura di Kamoya Kimeu, ricercatore e collaboratore di Richard Leakey che nel 1984, nel giacimento di Nariokotone in prossimità delle sponde del Lago Turkana, riportò alla luce lo scheletro quasi completo di un nostro antenato: l'Homo erecuts (ora attribuito alla specie Homo ergaster), meglio conosciuto come "ragazzo del turkana", un adolescente di circa 8-12 anni, vissuto circa 1.600.000 anni fa. Una scoperta resa ancora più straordinaria perché i ricercatori riuscirono a recuperare quasi tutto lo scheletro e a studiarne in modo attento e meticoloso le varie parti fossili.
Da Itinerari Africani
18 marzo 2015
Il fossile di balena Ziphiidae ritrovato
in Kenya dal team di ricercatori. È un'evidenza geologica che mancava nella spiegazione dell'innalzamento dell'altopiano della Rift Valley, la culla dell'umanità.
Diciassette milioni di anni fa, una balena di 7 metri si inoltrò in un fiume africano e nuotò per quasi mille chilometri. Lo ha scoperto un team internazionale di ricercatori, dopo il
sorprendente ritrovamento dei resti fossili del cetaceo nella zona del Lago Turkana, in Kenya. Oltre a raccontare una storia curiosa ed enigmatica, il ritrovamento riveste una grande importanza
negli studi sui cambiamenti della Rift Valley, che hanno portato alla nascita dell'umanità.
La balena, a cui non è stato dato un nome ma che sembra appartenere alla famiglia delle Ziphiidae
(di cui oggi si contano 20 specie) si è arenata in una zona lontana 740 km dalla costa attuale del Kenya, a una altitudine di 620 metri. Gli scienziati suppongono che il cetaceo abbia compiuto un
viaggio lungo fino a 900 chilometri nell'Oceano Indiano in direzione ovest, entrando senza accorgersi in un fiume dal letto molto ampio e finendo spiaggiata a una altitudine di 23-36 metri sopra
il livello del mare di allora.
Non sappiamo altro del suo viaggio, e il team di ricerca ipotizza che la balena abbia proprio “sbagliato strada”, per poi non riuscire più a tornare indietro. Non è il primo caso di balene
smarrite, ma mai un cetaceo era arrivato così in alto sul livello del mare.
I resti della balena, i più antichi mai rinvenuti, sono stati trovati durante gli scavi nella zona occidentale del Lago Turkana condotti da Louis Jacobs, paleontologo dalla Southern Methodist
University di Dallas, Texas.
Jacobs li cercava da circa 35 anni, da quando, lavorando al National Museums of Kenya si imbatté nel manoscritto (risalente al 1964) del paleontologo James G. Mead, dello Smithsonian Institute,
in cui si parlava di un fossile di tartaruga. Mead in realtà si sbagliava: in seguito il resto venne classificato come appartenente a una balena, stuzzicando l'interesse di Jacobs.
La lunga ricerca si è conclusa da poco, ed è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. Un'analisi allo scanner delle ossa di balena condotto in Germania presso
l'Università di Potsdam ha contribuito a far luce sull'evoluzione geologica del territorio, e su molto di più: «La balena ci dice molte cose, spiega Louis Jacobs, ci indica il punto
in cui sorse l'altopiano che ha portato allo sviluppo dell'uomo. È una cosa stupefacente».
A partire dall'altitudine a cui si arenò il cetaceo (22-36 metri), gli scienziati sono riusciti a stabilire in almeno 13 milioni di anni fa la data (finora incerta) dell'innalzamento del plateau
africano, quando corsi d'acqua e lava hanno iniziato a fluire verso est dalle alture elevandolo di altri circa 590 metri. Il sorgere dell'altopiano ha determinato il graduale mutamento
dell'ambiente compreso fra la Rift Valley e il Lago Turkana, da foresta umida a savana, generando quella che viene considerata la “culla dell'umanità”. Fu proprio a causa di questa trasformazione
che i primati hanno iniziato a camminare eretti e a percorrere lunghe distanze, favoriti dagli ampi spazi intervallati da alberi del nuovo ambiente.
«Ora, sostiene Henry Wichura, geologo strutturale a Potsdam, abbiamo finalmente l'evidenza geologica che era sempre mancata in quest'area».
Vedi anche: Lake Turkana
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»