Kenya Elezioni Presidenziali 2017


Kenya Elezioni Presidenziali 2017
Kenya Elezioni Presidenziali 2017
Raila Odinga
Raila Odinga

 

18 luglio 2017 

Il video propaganda contro Raila Odinga

 

Il video di propaganda apparso su Internet la scorsa settimana ha suscitato molte reazioni. In Kenya, a tre settimane delle elezioni legislative e presidenziali, un simile spot fa temere l’esplodere di nuove violenze.

 

Il video di 90 secondi, anonimo, s’intitola “The Real Raila" e dice "Ferma Raila, salva il Kenya. Il futuro del Kenya è nelle tue mani” e ipotizza un paese nel caos dopo la vittoria del candidato dell’opposizione.

 

Alle presidenziali si presenta Uhuru Kenyatta, presidente uscente, insieme al suo vice William Ruto. Entrambi sono stati indagati dalla Corte penale internazionale per le loro presunta implicazione nelle violenze elettorali del 2007-2008.

 

Kenyatta, in testa ai sondaggi, sfiderà ancora una volta Raila Odinga, leader dell’Orange democratic party e della National super alliance, che riunisce le varie parti dell’opposizione.


Globalmente il Paese dell’Est Africa ha guadagnato una posizione, confermando ormai da sei anni la posizione all'interno delle prime dieci, ma ha superato Nigeria, Somalia e Congo nel ranking continentale, diventando la nazione più corrotta d’Africa, grazie soprattutto all'aumentare dei suoi giri d’affari.

The Real Raila" è uno dei molti strumenti di guerra propagandistici online che vengono utilizzati dai suoi rivali. È chiaro chi sia dietro il "video slick":  l'assetto ombroso pro-governo che lo ha diffuso. Altri elaborati, mirati e ben oliati sulle campagne Facebook e Twitter gestite da blogger, hanno dichiarato di essere finanziati o connessi con Uhuru Kenyatta e il suo Jubilee Party. 

Uhuru Kenyatta House, costata 780 milioni di scellini
Uhuru Kenyatta House, costata 780 milioni di scellini
William Ruto House, costata 1,2 bilioni di scellini
William Ruto House, costata 1,2 bilioni di scellini


Christopher Msando was tortured
Christopher Msando was tortured

 

1 agosto 2017

Ucciso un manager della Commissione Elettorale

 

Un manager della Commissione Elettorale del Kenya (IEBC) è stato trovato morto a una settimana dalle elezioni generali dell’8 agosto. Il corpo di Christopher Msando è stato identificato all'obitorio della capitale Nairobi, ha dichiarato alla stampa il presidente della Iebc, Wafula Chebukati. «Non c’è dubbio che è stato torturato e ucciso. L’unica domanda che rimane è chi l’ha ucciso e perché», ha detto Chebukati.

Il funzionario lavorava al sistema di controllo elettronico integrato (IEMS) per l'idenfificazione degli aventi diritto al voto che avrebbe pressochè annullato brogli elettorali. Una mossa questa della IEBC che ha innescato un'intensa battaglia legale e legislativa da parte dei "soliti corrotti" sull'utilizzo di un sistema elettronico rispetto ad un'identificazione manuale degli elettori, battaglia che si è conclusa nel sangue, "come da prassi", con l'assassinio del manager.

Chebukati ha annunciato la cancellazione di tale controllo dopo l'uccisione di Msando.

 

Il corpo di Msando, a cui pare mancasse un braccio, è stato trovato in un boschetto a Kiambu, vicino alla capitale, accanto a quello di una amica di 21 anni, Caroline Ngumbu, di Gachie, Contea di Kiambu, che aveva appena completato gli studi presso il Kenya Medical Training College, Karen Campus. Una testimone che andava eliminata. Entrambi erano nudi.

L’IEBC aveva precedentemente indicato in un comunicato che Msando era stato visto venerdì sera e sabato mattina presto aveva inviato un messaggio a un collega dicendo che era in forma e pronto ad affrontare le sfide del giorno.

Irripetibili i commenti anonimi sulle due vittime apparsi on line, ed in parte cancellati, in varie testate giornalistiche.

 

Il presidente keniota Uhuru Kenyatta si è detto “profondamente rattristato e scioccato” dall'uccisione del responsabile del dipartimento Alta Tecnologia della Commissione Elettorale keniota. “Chris era un uomo che ha dedicato se stesso al servizio del paese e delle sue istituzioni”, ha detto il capo dello Stato, che ha lanciato un appello affinché venga facilitato il lavoro degli investigatori. “Le speculazioni potrebbero rendere più duro il loro lavoro aggiungendosi al dolore delle persone che lo amavano”. Questo “non è il tempo per permettere a una tragedia di dividerci”, ha affermato Kenyatta riferendosi alle imminenti elezioni generali, previste per l’8 agosto.

Msando era stato visto per l’ultima volta venerdì scorso, giorno in cui la sua auto è stata trovata abbandonata in un parcheggio della capitale Nairobi. Msando stava guidando il lancio del nuovo sistema elettronico da utilizzare per identificare gli elettori durante le prossime elezioni.

 

L’opposizione keniota ha definito l’omicidio di Msando una “pugnalata” inferta al libero svolgimento delle elezioni. Secondo quanto denunciato in un comunicato dalla principale forza dell’opposizione, la Super alleanza nazionale (NASA), “non è stato fatto alcuno sforzo per far sembrare l’uccisione un incidente”, a dimostrazione del fatto che i mandanti “non si fermeranno di fronte a nulla pur di garantire il risultato che desiderano”.

Il principale sfidante dell’attuale presidente Uhuru Kenyatta sarà l'ex primo ministro Raila Odinga, 72 anni, già candidato nel 2013 quando aveva ottenuto il 43,28 per cento dei voti contro il 50,07 per cento delle preferenze ottenute da Kenyatta. Nella corsa alla presidenza Odinga sarà accompagnato dall'ex vicepresidente Kalonzo Musyoka.

 

Sarebbe falso sostenere che l'omicidio premeditato non fa parte della politica in Kenya.

C'è stato un assassinio politico significativo sotto ogni leader della storia del Kenya, per non parlare di un modello di esecuzioni extragiudiziali che risalgono alla colonizzazione.

La politica tossica che ha portato agli omicidi di illuministi politici come Tom Mboya, JM Kariuki, Pio Gama Pinto e Robert Ouko, nonché la violenza elettorale nel 1988, 1992, 1997, 2007 e 2013, è più che mai attuale.

 

2 agosto 2017

L'autopsia, effettuata alla Lee Funeral Home di Nairobi, ha rivelato che Christopher Msando è morto per strangolamento.
Moses Wetang'ula, Senatore della Contea di Bungoma e leader di Ford Kenya, ha dichiarato: "Sono stato un avvocato per molti anni in questo paese e all'estero. Ho trattato molti casi di omicidio e ho visto molti corpi di persone uccise, ma non ho mai visto il corpo di una persona che è stata torturata e uccisa come Msando. Dico al mio popolo che Msando è stato assassinato come un animale. Vedere il suo corpo è stato a dir poco scioccante ed i fatti suggeriscono chiaramente che i suoi assassini cercavano una password per arrivare al computer IEBC e manipolare i voti ".

Chris Msando
Chris Msando
Caroline Ngumbu
Caroline Ngumbu


Il corpo paramilitare del GSU (General Service Unit) che sarà utilizzato insieme alle forze di polizia per prevenire eventuali disordini
Il corpo paramilitare del GSU (General Service Unit) che sarà utilizzato insieme alle forze di polizia per prevenire eventuali disordini

 

7 agosto 2017

Vigilia elettorale tesa, scambio di accuse tra i due schieramenti

 

Resta alta la tensione in Kenya alla vigilia dalle elezioni presidenziali che si terranno domani. Sia l’ambasciata americana che quella canadese, hanno confermato che i due nord americani, arrestati venerdì scorso, sono stati espulsi dal Paese, ma non hanno fornito altri dettagli.

La stessa sorte è toccata anche ai due ghanesi che, a detta del senatore James Orengo, facevano parte del gruppo di esperti invitati dal NASA per fornire la loro assistenza sul monitoraggio del processo elettorale.

 

Come rivelato, questa mattina dalle autorità di immigrazione, le ragioni che hanno determinato l’arresto e la conseguente deportazione, riguardano le irregolarità del visto d’ingresso in quanto i quattro erano entrati in Kenya come semplici turisti e pertanto, come tali, non era loro consentito svolgere alcun tipo di attività professionale. Decisione questa che, pur se impeccabile sul piano formale, è apparsa eccessiva ed esclusivamente finalizzata a disturbare le attività pre-elettorali del NASA.

 

Sabato scorso, Orengo, ha intanto rivelato a sorpresa che i quindici incursori che qualche giorno prima hanno fatto irruzione nel quartier generale del NASA devastandolo, sarebbero stati identificati come agenti di polizia in borghese. Di cinque di loro ha anche fatto i nomi. Si tratterebbe dei caporali Charles Ndugu, Leonard Barongo, Lindon Nyaga; del sergente Richard Serem e dell’ispettore capo Francis Kimemia. Dai nomi sembrerebbe proprio che si tratti di kikuyu, etnia del presidente Uhuru Kenyatta.

Poche ore dopo il portavoce della polizia di Nairobi, George Kinoti, ha però seccamente smentito la notizia, escludendo che tale irruzione sia mai avvenuta e l’ha liquidata come una semplice trovata propagandistica del partito di opposizione. “Come mai – si è chiesto il funzionario di polizia – questa irruzione, se è davvero avvenuta, non è mai stata riportata alle forze dell’ordine?”

La denuncia della pretesa irruzione ha suscitato vivaci reazioni negli opposti schieramenti. I sostenitori di Raila Odinga gridano allo scandalo paventando gravi manipolazioni sui risultati del voto, mentre quelli a favore del presidente uscente, Uhuru Kenyatta, si scambiano lazzi sui patetici tentativi dell’opposizione di raccogliere i favori dell’elettorato con il continuo ricorso a fandonie.

 

Comunque sia, giorno dopo giorno, il Paese si avvicina al voto in un’atmosfera sempre più incandescente con la cronaca che continua a riportare eventi, veri o presunti, tutt'altro che favorevoli ad instaurare un clima sereno e fiducioso sulla genuinità dell’esito della consultazione. Ad aggiungere ancora più apprensione, è giunta stamane la notizia che la polizia di Kisumu, contea in cui si raggruppa il cuore dei sostenitori di Raila Odinga, ha ricevuto grosse quantità di materiale di pronto soccorso, tra cui centinaia di sacchi per il recupero cadaveri e benché il locale responsabile della sicurezza, Wilson Njenga, abbia stemperato il fatto, attribuendolo ad una normale prassi preventiva, attuata in collaborazione con la Croce Rossa, la diffusione di questa iniziativa ha comunque creato grande preoccupazione tra il pubblico.

 

Ieri si è chiusa la campagna elettorale ed oggi, lunedì 7, la vigilia del voto, dev'essere il giorno dedicato alla meditazione ed al silenzio perché ciascuno possa prepararsi serenamente al dovere democratico di eleggere chi dovrà rappresentare e guidare il Paese nei cinque anni a venire. Da ogni parte del mondo piovono sul Kenya esortazioni alla calma ed alla pacifica accettazione del risultato.

by Africa ExPress


William Ruto, vicepresidente del Kenya con la moglie Rachel
William Ruto, vicepresidente del Kenya con la moglie Rachel

 

7 agosto 2017

William Ruto l’uomo più corrotto del Kenya vuole la riconferma a vicepresidente

 

William Samoei arap Ruto, vicepresidente del Kenya, si candida nuovamente nelle file di Uhuru Kenyatta, per riconquistare la sua poltrona.

Ruto è nato nel 1966 nella Uasin Ghishu County, feudo dei kalenjin, una delle maggiori etnie del Paese, da una famiglia di modeste origini. Sin da bambino è sempre stato uno studente brillante. Si è laureato con il massimo dei voti in biologia e zoologia e per diversi anni si è guadagnato da vivere come insegnate, prima di intraprendere la carriera politica.

Nel 1992 si lancia in politica con “I giovani per Kenya African National Union” (KANU), il partito di Daniel arap Moi (arap vuol dire figlio di in lingua kalenjin). Il giovane Ruto era un assiduo frequentatore della African Inland Church (AIC) e negli anni all'università è stato anche il leader del University Christian Union choir.

Il suo primo incontro con Moi avviene casualmente durante una funzione religiosa: l’allora presidente era stato colpito da una preghiera recitata da Ruto. Oggi il vicepresidente è un uomo ricco, ma fonti certe del suo villaggio d’origine raccontano che da giovane vendeva polli e arachidi lungo la strada Nakuru–Eldoret, per contribuire al magro bilancio della sua famiglia.

Durante le elezioni del 2007 Kenyatta e Ruto erano impegnati su fronti diversi. Il primo era all'epoca un fedele del presidente di allora, Mwai Kibaki, mentre il secondo appoggiava Raila Odinga, oggi rivale di Ruto, e candidato come presidente in questa tornata elettorale.

 

Sia Kenyatta che il suo vice Ruto sono stati incriminati dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità, commessi durante e dopo le presidenziali del 2007, per altro considerate truccate dalla comunità internazionale.

Ci furono un migliaio di morti in scontri tribali tra i sostenitori dell’uno e quelli dell’altro, che allora erano appunto su fronti opposti. Ma come succede spesso, il processo è stato accantonato per il ritiro dei testimoni. In molti credono che i testimoni siano stati comprati, dopo le strane morti di alcuni di loro. Inoltre già nel 2013, durante un vertice dell’Unione Africana, molti Paesi avevano minacciato di uscire in massa dalla CPI, classificandola come “razzista e con atteggiamenti pregiudiziali verso gli africani”.

 

Ruto è stato il primo vicepresidente nella storia della ex colonia britannica ad essere eletto direttamente dal popolo; funzioni e poteri che competono a questo ruolo sono fissati dalla Costituzione. Il vicepresidente deve inoltre eseguire i compiti che gli vengono affidati direttamente dal presidente e sostenerlo quando è necessario per poter governare con serenità.

Poco meno di un anno fa, la Infotrak, ditta che si occupa di ricerche sociali e statistiche, ha classificato l’ufficio di Ruto come il più corrotto in assoluto, mentre quello del presidente è il secondo in questa triste classifica. Il sessantadue per cento dei kenioti è convinto di non aver scelto il partito migliore durante le elezioni del 2013, mentre il cinquantacinque per cento non è soddisfatto dell’andamento economico del Paese.

William ha un grande carisma ed è un ottimo oratore, oltre ad essere un eccellente team leader. È sposato con Rachel Chebet Ruto, conosciuta durante gli anni all'università, che gli ha dato sei figli, tra loro una figlia non biologica, Nadia. La moglie viene da una famiglia di contadini poverissima; Rachel ha indossato per la prima volta un paio di scarpe quando è stata ammessa alla scuola secondaria. Ruto viene dipinto come un ottimo padre di famiglia, e segue l’educazione dei figli con attenzione.

by Africa ExPress


Raila Odinga (a destra) e Kalonzo Musioika
Raila Odinga (a destra) e Kalonzo Musioika

 

7 agosto 2017

Kalonzo Musyoka, corre con Raila: l’uomo dell’ombrello e della mezza arancia

 

Wakati ni sasa” (il momento è adesso). Si presenta con uno slogan semplice, forse un po’ banale Kalonzo Musyoka candidato alla vicepresidenza del Kenya, assieme al candidato presidente Raila Odinga. Musyoka, classe 1953, è l’uomo del partito con l’ombrello, il Wiper Democratic Movement (WDM). È di etnia Kamba, circa 4 milioni di persone che vivono nell'area orientale del Paese e rappresentano quasi il 10 per cento della popolazione keniota.

 

Politico di lungo corso (è in parlamento dal 1985), Musyoka è stato vice presidente del Kenya dal 2008 al 2013 e nel governo durante la dittatura di Daniel arap Moi. Tra il 1986 al 2002, in pieno regime Moi, è stato ministro degli Esteri, ministro dell’Educazione e capo del dicastero del Turismo e dell’Informazione.

Con la presidenza di Mwai Kibaki, la prima dopo Moi, gli è stato affidato il ministero degli Esteri e poi quello dell’Ambiente. Dopo la sconfitta alle elezioni del 2007, nel gennaio 2008 Kibaki lo ha nominato vicepresidente affidandogli anche il Ministero degli Interni.

 

Il Wiper Democratic Movement è l’evoluzione dell’Orange Democratic Movement-Kenya (ODM-Kenya) che nel 2007, quattro mesi prima delle elezioni, si era separato dal Orange Democratic Movement di Raila Odinga. Il simbolo del partito di Odinga è l’arancia che Musyoka ha ripreso ma tagliandola a metà.

Non gli ha portato fortuna: solo il 9 per cento dei consensi degli elettori che hanno avuto parecchia confusione tra la scelta dell’arancia intera e la sua metà. Per una parte dei suoi ex colleghi di partito è stata scorrettezza per altri un tradimento.

Forse, a questo punto, l’unica alternativa non poteva che essere un ombrello aperto. Nelle passate elezioni politiche il WDM, con quasi 880 mila voti, è entrato in parlamento conquistando 25 seggi su 349.

In questa campagna elettorale il Wiper Democratic Movement si presenta con il National Super Alliance-Nasa, una coalizione di cinque partiti di opposizione, il più importante dei quali è l’Orange Democratic Movement.
by Africa ExPress


Kenya Elezioni 2017
Kenya Elezioni 2017

 

11 agosto 2017

Uhuru Kenyatta riconfermato presidente del Kenya

 

Con i risultati ufficiali delle elezioni tenutesi l'8 agosto 2017, Uhuru Muigai Kenyatta è stato ufficialmente riconfermato quale presidente del Kenya per il suo secondo mandato che scadrà nel 2022. Vice presidente è anche riconfermato William Ruto.
La proclamazione del vincitore è stata annunciata dall'IEBC, la Commissione Elettorale del Kenya, ben oltre le 22, quando il presidente, Wafula Chebukati, ha rivelato la decisione cui è pervenuto il suo Istituto dopo un’accurata disamina dei risultati ed ha comunicato il rinnovo della carica presidenziale a Uhuru Kenyatta che, con il 54,20% dei voti (8.181.021), ha sconfitto il Rivale Raila Odinga che ha totalizzato il 44,91% (6.779.469).
A Malindi: Uhuru 23,4% - Raila 75,62%.
L'agenzia Reuters comunica che solo a Mathare, slum di Nairobi pro Raila, è salito a dieci il numero dei morti, tra cui una giovane donna ed una bambina che si era affacciata ad un balcone, a causa dei "colpi sporadici" sparati dalla polizia durante gli scontri con i manifestanti contro i risultati delle elezioni presidenziali. Tre persone sono state uccise nella contea di Nakuru durante le celebrazioni che hanno seguito la rielezione del presidente.
La Commissione Diritti Umani del Kenya ha detto di aver contato 24 morti nelle proteste scoppiate nelle roccaforti dell'opposizione dopo le elezioni di martedì, ma l'opposizione parla del decesso di "un centinaio di persone e fra questi 10 bambini".

Election Kenya 2017 by County
Election Kenya 2017 by County
Presidential Election Kenya 2017 by Constituency
Presidential Election Kenya 2017 by Constituency


Poliziotti anti sommossa  a Mathare, Nairobi. 12 agosto 2017
Poliziotti anti sommossa a Mathare, Nairobi. 12 agosto 2017

 

14 agosto 2017

Calma in Kenya.

Raila ricorre all’ONU e la Società Civile alla Corte Suprema

 

Giornata tranquilla, oggi, e senza violenze di rilievo in tutto il Paese, inclusi gli slum di Nairobi e la zona di Kisumu. Lo sciopero a cui Raila Odinga aveva chiamato ieri i suoi sostenitori, ha avuto un parziale successo, ma solo nelle bidonville della capitale. Molti esercizi hanno ripreso ovunque le normali attività, benché alcuni siano rimasti ancora chiusi paventando un ritorno delle violenze.

Uhuru, oggi, ha fatto la sua prima apparizione pubblica dopo il voto, quando con un imponente scorta di auto e di moto, si è recato all’Harambee House di Nairobi. Il suo irriducibile avversario, Raila Odinga, ha invece fatto ricorso alla Nazioni Unite chiedendo il loro intervento per una approfondita investigazione sul meccanismo elettorale. Secondo quanto ha ripetutamente dichiarato ritiene di aver subito manomissioni a ad opera degli opponenti politici. Il leader del NASA ha anche rinnovato la sua totale sfiducia sia nei confronti della Commissione Elettorale, sia della Corte Suprema, a suo dire, entrambe controllate da Uhuru Kenyatta. Ha poi ribadito la delusione sull'operato degli osservatori internazionali, soprattutto quelli americani guidati da John Kerry, per la superficialità con cui hanno condotto i loro controlli sull'operato dell’IEBC.

Nella giornata di ieri vi è anche stato il misterioso suicidio di Orenge Nyabicha, un alto funzionario dell’IEBC (la Commissione Elettorale del Kenya) che ha lasciato una nota in cui attribuiva il gesto estremo all'impossibilità morale di condividere i brogli attuati dall'organismo di cui faceva parte. La morte sarebbe stata causata da una deliberata intossicazione a base di ossido di carbonio presente nelle esalazioni di una stufa a cherosene trovata nel suo alloggio dagli investigatori. La diffusione di questa notizia ha scatenato molte opposte reazioni sui social network. I sostenitori del NASA vi leggono una tragica conferma dei brogli, mentre quelli del Jubilee, imputano agli avversari di aver creato una messinscena che avvalori la tesi di un complotto ai loro danni.

Gli abitanti di Mathare e di Kibera, hanno anche denunciato violente incursioni contro di loro ad opera di gruppi di Mungiki (la setta kikuyu, fuorilegge, che si identifica nel movimento indipendentista dei mau mau). Eventi peraltro confermati dalle stesse autorità di polizia che continuano a pattugliare in forze le zone più a rischio, ribadendo di non aver mai fatto uso di munizioni vere e attribuendo la morte della bambina di nove anni, colpita ieri sul balcone di casa, alle armi in possesso dei dimostranti.

Gli abitanti di Lucky Summer uno slam di Nairobi, sostenitori in maggioranza di Raila Odinga, raccontano ad Africa ExPress che questa notte alcuni appartamenti sono stati devastati da squadracce armate di machete (che qui sono chiamati panga) e coltelli. “Vestivano uniformi militari ma non erano militari. Alcuni avevano i capelli con i dreadlocks (i nodi particolari che usano i rasta, ndr) - commenta George Otieno -. Impossibile che fossero soldati. Sono stati i Mungiki".

Difficile, anche per il più accurato dei cronisti, districarsi tra i falsi e le verità enunciate da entrambi gli oppositori e non resta quindi che riportare le dichiarazioni degli uni e degli altri, senza alcuna possibilità di smentirle o di avvalorarle. Certo è che tutto lascia intendere che la questione del voto, malgrado la pace che attualmente pare regnare nel Paese, sia tutt'altro che risolta. Raila Odinga afferma di essere stato depredato della vittoria per la terza volta e non è disposto a tollerare il sopruso, benché non intenda – ha assicurato – candidarsi nuovamente alla carica presidenziale.

Tuttavia, se il candidato sconfitto, non intende ricorrere alla Corte Suprema del Kenya, ha annunciato di volerlo fare domani, in sua vece la Kenya Civil Society, un’Istituzione non governativa che tutela il diritto e la legalità contro ogni atto – di origine sia pubblica, sia privata – che leda questi principi. La petizione, se sarà presentata come promesso, rischia di far slittare il giuramento previsto per domani del neo riconfermato presidente Uhuru Kenyatta e del suo vice William Ruto.

Raila Odinga ha convocato per domani una conferenza stampa (l’ora e il luogo saranno comunicati all'ultimo momento per motivi di sicurezza) in cui annuncerà le mosse che intende intraprendere “per ribaltare un risultato elettorale vergognoso”, sono le sue parole.
by Africa ExPress


La Corte Suprema del Kenya
La Corte Suprema del Kenya

 

1 settembre 2017

Annullate le elezioni in Kenya, si vota entro 60 giorni

 

La Corte Suprema del Kenya ha annullato le votazioni per la presidenza della Repubblica che si sono tenute l'8 agosto 2017. Una nuova tornata elettorale si terrà antro 60 giorni. Ci sono state gravi irregolarità, hanno stabilito i giudici. Da qui la decisione di invalidare i risultati.

La Corte Suprema ha accolto la petizione presentata dal NASA. Con questa sentenza, raggiunta con quattro voti favorevoli su sei, i supremi giudici riconoscono implicitamente che Raila Odinga aveva ragione: i risultati elettorali dell’8 agosto sono stati manipolati ai suoi danni. Esplodono i festeggiamenti tra i suoi sostenitori, nel silente sconcerto di quelli dell’avversario Uhuru Kenyatta e brilla sul tutto il vergognoso imbarazzo degli osservatori internazionali che hanno frettolosamente posto il loro imprimatur sul corretto svolgimento del processo elettorale.
È la prima volta che in un paese africano un tribunale annulla le elezioni presidenziali.
by Africa ExPress


Il Procuratore Generale del Kenya Keriako Tobiko
Il Procuratore Generale del Kenya Keriako Tobiko

 

25 settembre 2017

Sempre più fosco il futuro del Kenya.

Sotto inchiesta la commissione elettorale.

La seconda tornata elettorale rinviata, il Kenya rischia il caos.

 

Malgrado tutti parlino di non violenza e di pace, i fatti quotidiani che avvengono nel Paese contraddicono sfacciatamente questi intenti. Il Procuratore Generale del Kenya, Keriako Tobiko, ha aperto un’inchiesta a carico dell’IEBC (la Commissione Elettorale Indipendente), sospettata di aver manipolato i risultati dell’8 agosto per favorire la vittoria del presidente uscente Uhuru Kenyatta, il quale, dal canto suo, aveva già qualche giorno prima, accusato la Corte Suprema, definita “Gang of crooks” (gang di criminali), di aver effettuato un colpo di Stato, annullando il risultato elettorale, per far salire al potere Raila Odinga.

Mentre su ordine della Procura la polizia e l’Autorità anti-corruzione hanno avviato indagini sulla commissione posta sotto accusa, vi è stato oggi l’annuncio che il capo della polizia, William Saiya, è stato rimosso dall'incarico e rimpiazzato da Noor Cabow, quale misura atta ad assicurare un più trasparente svolgimento del voto che, dalla data originariamente prevista del 17 ottobre, è stato spostato al 26 ottobre.

Non occorre un quoziente intellettivo da record per concludere, almeno stando a quanto dichiarato in occasione di questa nomina, che, se ci si aspetta che Noor Cabow fornisca garanzie per “un più trasparente svolgimento del voto”, ciò significa che, il capo destituito, William Saiya, tali garanzie non era in grado di fornirle.

Raila Odinga, comunque, continua a reiterare che “con questa commissione elettorale corrotta e faziosa” lui non intende assolutamente andare al voto. Un altro allarmante fatto è stato riportato poche ore fa dalla stampa locale. Geoffrey Mosoku, del quotidiano Standard, riferisce che la polizia, probabilmente a seguito del recente ordine della Procura Generale, ha intercettato, nella sera di martedì scorso, un autocarro con duecentomila sacchi contenenti documenti elettorali di pertinenza dell’IEBC, che stavano per essere trasferiti dalla sede della Commissione ad una residenza privata.
La polizia, insospettita dai numerosi viaggi compiuti dall’autocarro, tra la sede IEBC e la palazzina familiare, ha bloccato il mezzo e una volta accertato il contenuto, l’ha posto sotto sequestro. Il Signor Omondi, titolare della Hopeland Advertizing & Design Ltd. è intervenuto sul luogo del sequestro spiegando agli inquirenti che la sua azienda era stata appaltata dall’IEBC con un tender di circa settecentomila euro, per la distribuzione del materiale elettorale e che lo stoccaggio del materiale in quella residenza rispondeva solo ad una necessità di spazio.
Tuttavia questa spiegazione non ha soddisfatto gli investigatori che hanno mantenuto il veicolo sotto sequestro rilevando che non esisteva alcuna autorizzazione formale a che quel trasferimento avvenisse verso una residenza privata e che, comunque, trattandosi di documenti sensibili, quel trasferimento avrebbe dovuto avvenire con una scorta che ne garantisse la sicurezza.

Dopo le dimostrazioni della scorsa settimana, promosse dal Jubilee di Uhuru Kenyatta, che hanno creato gazzarre in varie parti del Paese e in particolare davanti ai cancelli delle Corte Suprema a Nairobi, con aperte minacce ai giudici che la compongono, ieri c’è stato l’ennesimo massacro tribale a Narok tra la comunità Masai e quella dei Kipsigis, entrambe di etnia nilota. Sul campo sono rimasti sette morti. Si tratta di due tribù dedite alla pastorizia, da sempre antagoniste per l’accesso ai pascoli. Gli scontri sarebbero quindi il frutto di ataviche rivalità, non politicamente motivate, così come la decapitazione avvenuta ieri di tre militari kenioti ad opera di Al Shabaab nel villaggio somalo di Jillib dove gli sventurati kenioti erano detenuti.
Tutti questi drammatici eventi, connessi o meno alla controversa questione politica in atto, giocano tuttavia un deprecabile ruolo nel creare un acuto senso di instabilità e di insicurezza sia nella popolazione locale che negli investitori esteri. Se a questo si aggiunge la sempre più precaria situazione della cassa di Stato, ne consegue che il Kenya rischia di dover pagare lunghi e dolorosi effetti, soprattutto a scapito dei suoi cittadini più indigenti.
by Africa ExPress


Uhuru Kenyatta e il suo vice William Ruto mostrano i certificati che li confermano nelle rispettive cariche
Uhuru Kenyatta e il suo vice William Ruto mostrano i certificati che li confermano nelle rispettive cariche

 

30 ottobre 2017

Il voto non è stato trasparente, ma Kenyatta è rieletto presidente del Kenya

 

Alle 18,07 di oggi, con il solito endemico ritardo, rispetto all'ora stabilita, il presidente della Commissione Elettorale (IEBC) Wafula Chebukati, ha nuovamente proclamato vincitore alla corsa presidenziale Uhuru Kenyatta dell’alleanza Jubilee. Se esistesse un Nobel per l’arte di saper creare confusione, il Kenya potrebbe candidarsi al podio con robuste speranze di vittoria.

Sin dal voto dell’8 agosto le notizie fornite al pubblico dalle istituzioni preposte, sono state contrassegnate da una ridda di affermazioni, smentite e riaffermazioni: “Le elezioni sono valide, le elezioni non sono valide e occorre rifarle; La nuova tornata elettorale si terrà il 17 ottobre, la nuova tornata elettorale si terrà il 26 ottobre; Raila ritira la propria candidatura, Raila (forse) non la ritira, Raila conferma che la ritira; Nei seggi in cui non si è votato il 26 ottobre si voterà il 28 ottobre, nei seggi in cui non si è votato, non si voterà più…“

L’immagine che il Kenya sta fornendo al mondo è un’immagine del tutto deludente. Non ha saputo organizzare un efficiente sistema di sicurezza che garantisse l’esercizio del diritto al voto e malgrado questo ha pagato un alto costo in vite umane. La gestione del processo elettorale, benché in preparazione da più di un anno, non è stata in grado di fornire riscontri trasparenti ed oggettivi, condita dal solito pasticcio di schede sbagliate, materiale inviato nei seggi diversi da quelli cui erano destinati e vari ritardi nell’approvvigionamento.

Ma ciò che crea più sconcerto è che la Corte Suprema, nel decretare l’annullamento dei primi risultati, non è stata capace (o non ha voluto) spiegare chiaramente al pubblico i motivi dell’annullamento, né chi era responsabile per le irregolarità riscontrate. Del resto, che l’atteggiamento della Corte sia stato caratterizzato da una timidezza un po’ sospetta, è stato confermato il 25 scorso, quando è riuscita a deliberare sulla petizione che chiedeva un rinvio delle elezioni perché cinque membri su sette erano assenti. Le ragioni? Chi aveva perso l’aereo, chi era troppo lontano, chi non si sentiva bene…

Uhuru Kenyatta è ora formalmente autorizzato a governare. Ma con il Paese spaccato in due e con troppa polvere sotto il tappeto, avrà la forza sufficiente per tenere unite le due fazioni avversarie? Perché il punto è solo questo. Se il Kenya dovrà procedere verso il traguardo di emancipazione sociale ed economica, di cui ha disperato bisogno, non potrà certo farlo in quel clima di permanente conflitto che i sostenitori del NASA hanno promesso. Forse la soluzione potrebbe davvero risiedere in quel governo di coalizione proposto da Raila Odinga. Certo, non è questa una soluzione che soddisfi pienamente le parti e non è neppure una soluzione oggettivamente giusta, ma la democrazia africana si regge su equilibri ancora molto diversi da quelli occidentali e qui il bene comune deve ancora prevalere sui diritti personali, posto che questi siano ben definiti e verificati, cosa che, nella fattispecie, lascia ancora molti dubbi.

Kenyatta ha formalmente vinto. Il risultato era peraltro scontato dopo la defezione del NASA dal voto. Da domani il Kenya, si leccherà le molte ferite e tenterà di riprendere i suoi normali ritmi di vita, Non sarà facile perché le tensioni sono tutt'altro che sopite. Del resto per nessun paese al mondo sarebbe facile accettare un risultato elettorale prodotto senza la partecipazione di quattro intere contee. Sarebbe come se in Italia un partito conquistasse il potere, malgrado che quattro province non abbiano potuto votare. Infine, un’affluenza alle urne del solo 30 per cento degli iscritti al voto, limita certamente la rappresentatività di chi ha il difficile compito di governare. Le ore a venire ci diranno se la lunga agonia sofferta dal paese in questi mesi è davvero finita.
by Africa ExPress


Negozio del gruppo Safaricom in Kenya
Negozio del gruppo Safaricom in Kenya

 

4 novembre 2017

Contro il governo Raila annuncia il boicottaggio dell’economia

 

Nel suo comunicato di ieri il NASA, la Super Alleanza che fa capo a Raila Odinga, sconfitto alla presidenza del Kenya, annuncia l’inizio del boicottaggio economico già proclamato nei giorni scorsi. Sono misure pesanti che, se adottate dai suoi sostenitori, non mancheranno di infliggere al Paese un altro stallo economico dalle conseguenze imprevedibili. Soprattutto considerando il fatto che proprio questa mattina il governo ha lanciato la richiesta di un prestito di circa 300 milioni di euro per completare l’ultimo tratto della nuova ferrovia che dovrà raggiungere Kisumu.

Anche in questa occasione, il NASA ha ribadito che lo scopo della coalizione, oggi convertita in “Movimento di Resistenza”, è quello di “porre termine al regime autocratico, che si è instaurato con la nomina di Kenyatta alla presidenza, per far tornare il paese ad un sistema democratico attraverso, libere, corrette e credibili elezioni”. È stato precisato che, per conseguire il risultato che si propone, il movimento darà luogo a manifestazioni pacifiche e ad atteggiamenti “non cooperativi con un governo che – a loro dire – ha assunto il potere illegalmente”.

Una delle misure adottate dal NASA, sarà quella di boicottare alcuni grossi gruppi industriali e commerciali che sarebbero collusi con il “regime”. “Abbiamo una lunga lista di società, – specifica il comunicato – locali e internazionali, che comunicheremo di volta in volta alla popolazione affinché possa mettere in atto il boicottaggio”. Nel comunicato di ieri il NASA ha già indicato le prime tre: La Safaricom, la Brookside Dairies e La Bidco Inustries, assicurando che a queste ne seguiranno presto altre in modo che i cittadini siano correttamente informati delle loro nefandezze e del perché, insieme al governo, anche loro abbiano “le mani sporche di sangue innocente”. Nelle società in questione vi sono consistenti quote azionarie detenute da membri dell’alleanza Jubelee. Nel caso della Safaricom, il controllo societario è nelle mani del governo di Uhuru Kenyatta.

Difficile predire quanti seguiranno le indicazioni del NASA, visto che si tratta di aziende con grande distribuzione di servizi e prodotti che non sarà facile sostituire con validi equivalenti, ma è comunque certo che un’azione di disturbo, queste misure indubbiamente lo creeranno e benché, a cinque giorni di distanza dalla riconferma di Uhuru Kenyatta, nel Paese non vi siano stati scontri e dimostrazioni violente, i propositi del NASA non mancano di creare qualche apprensione, anche perché l’atmosfera politica è tutt'altro che serena ed ogni giorno giungono notizie di aspri confronti, di minacce, di denunce, anche all'interno della stessa alleanza all'opposizione.

Dal canto suo l’ONU, per bocca del portavoce, Stephane Dujarrik, si è complimentato ieri con Roselyne Akombe, membro di rilievo dell’IEBC (Commissione Elettorale), per essere rientrata in Kenya ed aver ripreso la posizione che deteneva prima di quella, da tutti ritenuta, fuga a New York per proteggere la propria incolumità messa a rischio dalle pesanti minacce di alcuni colleghi.
Roselyn Akombe, si era dimessa dalla carica e si era immediatamente rifugiata a New York perché temeva per la propria incolumità. A suo dire avrebbe ricevuto pesanti minacce da alcuni colleghi che volevano piegarla alla propria linea di comportamento, da lei non condivisa. In un’intervista rilasciata alla NPR, un’emittente radiofonica americana, la dottoressa Akombe, alla soglia delle lacrime aveva dichiarato: “I miei genitori mi hanno educata a perseguire sempre la verità. Amo il mio paese, ma non posso piegarmi a sostenere posizioni che giudico ingiuste.”
Anche questo episodio non è mai stato esaurientemente chiarito e resta tutt'ora avvolto in un alone di mistero. Neppure giova a far luce sulla vicenda la dichiarazione rilasciata dall'interessata che ha detto alla stampa: “Sì, riprendo il mio posto, ma come condizione devo rispettare il divieto di parlare di quanto accaduto prima della mia partenza per gli Stati Uniti”.
by Africa ExPress


Dimostranti NASA, oggi Movimento di Resistenza
Dimostranti NASA, oggi Movimento di Resistenza

 

6 novembre 2017

Nuovo ricorso alla Corte Suprema impedisce a Kenyatta di giurare da presidente

 

Dopo la proclamazione ottenuta dalla Commissione Elettorale (IEBC), Uhuru Kenyatta è il nuovo presidente del Kenya, ma lo è solo in pectore, visto che una nuova petizione, presentata alla Corte Suprema da un sedicente movimento “We-The-People”, gli impedisce di prestare il giuramento che lo consacri nella carica. Le motivazioni di questa petizione sono quelle già note: “le elezioni non sono state credibili ed hanno gettato il paese nello sconcerto”. Il movimento che ha posto in atto l’iniziativa, non si identifica – almeno sul piano formale – con l’alleanza del NASA, ma si definisce “una libera associazione di cittadini insoddisfatti per come il processo elettorale è stato condotto”.

Alcune dichiarazioni degli esponenti del movimento in questione, hanno creato non poca inquietudine nel Paese già prostrato da molti mesi di tensioni e di incertezze. Fino all'ultimo la preparazione del ricorso è stata mantenuta segreta perché, come riporta il Nation “Si temevano attacchi da parte di gruppi criminali sponsorizzati dal governo”. Accuse gravissime, queste, e del tutto incompatibili con un sistema che si definisce democratico. Accuse che hanno fatto esplodere sui social network la reazione dei cittadini stanchi ed esasperati da questi interminabili scambi di accuse e di illazioni. Molti sono quelli che rivolgono accorati appelli ai due contendenti affinché siedano presto ad un tavolo e raggiungano un accordo che salvi il Kenya dalla rovina. “Vi prego, vi prego, Uhuru e Raila – scrive Julius Barasa – incontratevi e parlate di pace!!”

In effetti i due antagonisti si sono entrambi detti disponibili ad un accordo e nell'incontro che è avvenuto ieri durante la celebrazione religiosa presso l’Anglican All Saints Cathedral di Nairobi, si sono anche scambiati – almeno all'apparenza – una molto cordiale stretta di mano. Le successive dichiarazioni dei due non sembrano però essere il linea con le aspettative di pace che il popolo chiede poiché si mostrano entrambi non disposti a recedere dalle rispettive posizioni, questo anche malgrado le esortazioni pubblicamente rivolte loro dall'Arcivescovo Justin Welby: “La riconciliazione è un supremo dono di Cristo – ha detto l’alto prelato anglicano – il non perseguirla con forza, lo fa nuovamente morire sulla croce”.

Intanto altre afflizioni sembrano incombere su Raila Odinga che, dopo la sua ferma convinzione di essere stato defraudato dalla vittoria elettorale, deve ora vedersela con presunte ribellioni all'interno della sua stessa alleanza. I due più importanti governatori della costa; Ali Hassan Joho e Amason Kingi, a capo delle rispettive Contee di Mombasa e Kilifi, sono stati accusati da Moses Kuria, un deputato nell'area Jubilee di Uhuru Kenyatta, di aver registrato un partito indipendente staccandosi dal NASA. Gli interessati hanno seccamente smentito definendo l’asserzione di Kuria “mera propaganda” a favore del governo, ma vera o no che sia la notizia, contribuisce a riscaldare sempre di più un clima già incandescente.

Insomma, anche in questa occasione, sembra che tutto possa risolversi solo attraverso una spartizione del potere che soddisfi entrambi i contendenti. L’Africa ci ha del resto abituati a questo peculiare modo di intendere la democrazia. Le istanze dei popoli non sono mai prioritarie, ma sempre subordinate agli interessi dei potenti e quando questi interessi non sono garantiti, per i popoli sono guai. Il Kenya, grazie anche alla mancanza di disordini e di violenze a sfondo politico, tenta faticosamente di tornare alla normalità, ma le cupe nubi che incombono sul suo futuro sono tutt'altro che dissipate.
by Africa ExPress


Corte Suprema del Kenya
Corte Suprema del Kenya

 

20 novembre 2017

Rigettati i ricorsi di Raila: Kenyatta riconfermato alla presidenza

 

L’attesa sentenza è di pochi minuti fa. I sei giudici della Corte Suprema hanno respinto le due petizioni che chiedevano l’annullamento della nomina di Uhuru Kenyatta alla carica presidenziale, risultata dalle elezioni del 26 ottobre. Il leader dell’Alleanza Jubilee si vede quindi riconfermato nella nomina. L’opposizione ha tempo fino alle 24 di oggi per presentare ricorso e nelle prossime ore si saprà se ha intenzione di farlo.

Il verdetto, appena pronunciato, ha già scatenato furiose reazioni a Kisumu con veicoli dati alle fiamme e dimostrazioni nelle strade cittadine. I disordini sono ancora in corso e ci si augura non causeranno altre vittime oltre alle quattro di ieri uccise nello slum di Mathare da aggressori armati che non sono stati identificati.

by Africa ExPress


Uhuru Kenyatta presta giuramento come quarto presidente del Kenya
Uhuru Kenyatta presta giuramento come quarto presidente del Kenya

 

28 novembre 2017

Kenya, Uhuru e Ruto giurano. Scontri tra manifestanti e polizia. Morti e feriti.

 

Il tormentone elettorale, iniziato lo scorso 8 agosto si è finalmente concluso nella tarda mattinata di oggi allo stadio Kasarani della capitale, dove Uhuru Kenyatta e il suo vice William Ruto, hanno prestato il giuramento che assegna loro il secondo mandato alla guida del paese. Mentre all'esterno si svolgono duri scontri tra polizia e dimostranti, che cercano di introdursi a forza, lo stadio straripa di folla festante. Alla cerimonia attendono oltre 40 leader di paesi amici. Si tratta in grande prevalenza di nazioni africane, ma ci sono anche quasi tutte le rappresentanze diplomatiche europee.

Il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che era giunto ieri per congratularsi con Kenyatta, ha però disertato la cerimonia, pare per ragioni di sicurezza, ma ha tuttavia confermato la sua presenza al pranzo che farà seguito alla cerimonia. Sin dai tempi dell’incursione a Entebbe, quando Jomo Kenyatta autorizzò l’aereo israeliano a fare rifornimento a Nairobi, i leader israeliani hanno sempre avuto un occhio di riguardo per il Kenya, sostenendo apertamente la riconferma di Uhuru alla carica. Del resto l’ipotesi di un successo di Raila Odinga che conta, tra i suoi sostenitori, una larga parte della presenza islamica nel paese, non poteva certo essere tranquillizzante per la piccola nazione mediorientale che, fin dalla sua esistenza vive in stato di permanente tensione con i paesi arabi circostanti.

Insomma, il Kenya ha finalmente il suo quarto presidente e come un’auto malandata andata in panne, può ora muoversi, se pur scricchiolante e con la lancetta in riserva, verso quei traguardi sempre promessi e mai pienamente raggiunti. Certo che l’abbondanza di sorrisi tra Uhuru e Ruto, un tempo acerrimi nemici e che ora si dicono “fratelli”, possono suscitare qualche perplessità, ma a queste latitudini, la coerenza non pare avere alloggio. Nei non troppo lontani disordini del 2008 i due “fratelli” di oggi, si scambiavano accuse velenose: “Un macellaio privo di pietà”, diceva Uhuru di Ruto. “Un ubriacone affamato di potere”, replicava il rivale al suo indirizzo. Ma ora, tutto è passato e possono tornare a spartirsi tranquillamente il potere. Del resto, un vecchio proverbio arabo suggerisce: “Bacia la mano che non hai il coraggio di mordere”.

Tutte le zone feudo del NASA – Kisumu, Migori e gli slum di Nairobi, sono rimaste relativamente tranquille e i tafferugli all'ingresso del Kasarani sembrano – almeno dalle notizie giunte fino ad ora – provocati dagli stessi sostenitori dell’Alleanza Jubilee, inferociti perché, essendo lo stadio già pieno, la polizia aveva sbarrato l’accesso impedendo loro di partecipare alla festa. Così purtroppo non è stato al Jacaranda Ground di Naiorbi dove Raila doveva tenere una conferenza, poi annullata. Qui, i suoi sostenitori si sono abbandonati ad atti di violenza duramente repressi dalla polizia che ha sparato causando morti e numerosi feriti.

Sembra che il sangue debba essere un’ineliminabile componente delle elezioni in Kenya. Un aspetto del tutto deprecabile di cui polizia e dimostranti devono spartirsi la colpa. Intanto, a partire da domani, sia quelli che oggi inneggiano esaltati dalla vittoria, sia quelli che si macerano nella delusione della sconfitta, torneranno ad affrontare i problemi di sempre: il prezzo crescente dell'ugali; una parodia di sistema sanitario; l’imperante corruzione; una sistema giudiziario dove la giustizia si compra in soldoni; una scuola zoppicante ed esosa.

Sia il presidente riconfermato, che il suo vice, hanno assicurato che la vittoria non è la loro, ma è del popolo intero e che, a partire da domani, è solo del popolo che si occuperanno. Lo doteranno di migliori infrastrutture; di un più efficiente sistema di trasporti e si concentreranno sul bisogno di fornire impiego a tutti. “Sarò il vostro presidente – ha detto Uhuru – sia di voi che mi avete votato, sia di voi che avete scelto l’avversario. Mi occuperò di tutti voi con lo stesso impegno e con la stessa dedizione”.

La speranza, ma soprattutto una necessità disperata, spinge il paese a credergli.
by Africa ExPress


Raila Odinga a Kikambala (Kilifi) dove ha presieduto all'assemblea sull’autodeterminazione della costa
Raila Odinga a Kikambala (Kilifi) dove ha presieduto all'assemblea sull’autodeterminazione della costa

 

18 dicembre 2017

I governatori della costa keniota:

Kenyatta non è il presidente ha usurpato il potere

 

Sembra senza fine, tra gli schieramenti avversi, il contenzioso sul risultato elettorale dell’ottobre scorso che ha riconfermato alla carica presidenziale Uhuru Kenyatta. Con un comunicato di ieri, “The Coast People Assembly”, cioè l’assemblea dei cittadini della regione costiera che si è riunita ieri presso l’Hotel Sun & San di Kikambala, nella contea di Kilifi, ha formalmente deliberato che le Contee di Lamu, Tana River, Kilifi, Mombasa e Kwale, non riconoscono Uhuru come loro presidente, perché avrebbe scandalosamente usurpato il titolo a Raila Odinga, a loro dire “unico e legittimo” capo del governo keniota.

Questa risoluzione, anche se non appare in grado di produrre effetti pratici sul piano formale, contiene però alcuni aspetti allarmanti perché i termini e le argomentazioni usate in suo sopporto, la fanno apparire come una proclamazione secessionista, non molto dissimile da quella recentemente verificatasi nella Catalogna spagnola nei confronti della capitale Madrid (vedi Consiglio Repubblicano di Mombasa).

Le motivazioni di questa scelta sono le solite: nel manipolare il voto presidenziale per assicurarsi la vittoria, Uhuru Kenyatta, avrebbe di fatto instaurato un regime autocratico, demolendo in un colpo tutti i principi di legalità, diritto e democrazia che con l’accesso al sistema multipartitico, instaurato nel 1992, il paese aveva faticosamente raggiunto. “There will be no business as usual until a democratically elected President assumes office”, recita testualmente il verbale della delibera: “Non ci potrà essere ritorno agli affari e alla normalità finché l’incarico non sarà assunto da un presidente democraticamente eletto”.

Il comunicato rivolge anche un severo monito al governo, circa la ventilata intenzione di accentrare a Nairobi la gestione del porto di Mombasa, sottraendo così alla capitale costiera il non indifferente gettito finanziario che ciò comporta. “Se questa decisione dovesse essere presa – ammoniscono gli estensori della delibera – il popolo della costa non starà certamente a guardare in modo inerte”. Se non si tratta di vera e propria minaccia, certo ci va molto vicino.

I cinque governatori della regione costiera, intendono anche fare appello alla Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo, nel cui articolo 1 si garantisce il diritto all'autodeterminazione dei popoli, posto che la Dichiarazione in argomento è stata incorporata nella stessa Costituzione del Kenya. “Con la massima urgenza – dice ancora il comunicato – sarà quindi indetta un’altra assemblea per ratificare ufficialmente tale autodeterminazione”.

Insomma, pare proprio che il sofferto processo elettorale, abbia fornito un’altra motivazione alle pressioni separatiste – prevalentemente islamiche – del movimento indipendentista dell’MRC (Mombasa Republican Council) che è da anni attivo, anche in modo violento, nel perseguire questo traguardo, oltre ad essere fortemente sospettato dai servizi di Intelligence – non solo kenioti – di collusione con i terroristi di al-Shabaab.

(Nota: il corrispondente di Africa Express è, in modo inequivoco, totalmente disinformato! Non solo i fatti lo smentiscono, ma anche le Corti del Kenya! L'Alta Corte di Mombasa e la Corte d'Appello hanno revocato il divieto di richiesta di secessionismo, stabilendo inoltre come sia illegale sostenere che il gruppo della MRC è incostituzionale. Leggi Consiglio Repubblicano di Mombasa per avere il quadro completo dei fatti, anziché la pubblicità non certo gratuita - in quanto espressa a proprio tornaconto - e diffamatoria del corrispondente.)

Questa costante crescita delle tensioni, che congelano investimenti e iniziative economiche, stanno portando anche alcuni sostenitori del presidente Kenyatta a chiedergli di scendere a patti con Raila per il superiore bene del paese, ma per l’ennesima volta, lui ha risposto picche, ricorrendo anche ad espressioni sdegnose come quella rivolta a Raila dopo la sua ultima proposta di un incontro. “Se Raila vuole parlare con il governo, parli con Ruto, non con me – ha detto Uhuru – e comunque non prima del 2022, quando scadrà il nostro secondo mandato”.
by Africa ExPress


Folla in attesa di Raila Odinga oggi all’Uhuru park di Naiorbi
Folla in attesa di Raila Odinga oggi all’Uhuru park di Naiorbi

 

30 gennaio 2018

Raila in un bagno di folla giura per la presidenza...

... e il governo oscura le televisioni

 

“La maggioranza del popolo keniota mi ha posto alla guida del paese – ha ripetuto Raila Odinga nei vari messaggi alla nazione – e non saranno gli imbrogli degli avversari a mistificare la volontà popolare”. Forte di questa convinzione il leader del NASA, l’alleanza che si oppone al presidente in carica Kenyatta, si appresta oggi al giuramento, presso l’Uhuru park di Nairobi, come legittimo presidente del Kenya. Insieme a lui giurerà anche Kalonzo Musioka per la carica di vice-presidente.

Nei giorni scorsi l’attesa di questo evento era stata caratterizzata da acute preoccupazioni. Negli ambienti governativi si parlava di colpo di stato; si prevedeva che Odinga e Musyoka sarebbero stati arrestati; il capo della polizia di Nairobi aveva annunciato che ventimila poliziotti avrebbero impedito al corteo del NASA di accedere al parco in cui doveva aver luogo il giuramento. Invece, malgrado che nella notte un cordone di polizia avesse circondato l’area, nelle prime ore del mattino gli agenti si sono ritirati, lasciando libero il campo ai sostenitori di Odinga che stavano già affluendo a centinaia.

Vari esponenti governativi, parevano aver così optato per la moderazione, volta soprattutto ad evitare scontri e vittime. La decisione di Raila veniva ridicolizzata e definita come “nulla di più che una puerile sciarada”. Ma poi, a sorpresa, in una conferenza stampa di ieri, lo stesso presidente Kenyatta aveva intimato ai media di non trasmettere l’evento, pena il ritiro della licenza. Minaccia, questa, cui veniva dato scarso credito perché già ventilata in passato, ma mai attuata. Invece, verso le nove di questa mattina i collegamenti in diretta dall’Uhuru park delle principali reti televisive nazionali – esclusa solo l’emittente di stato KBC – sono state oscurate.

L’autorità governativa che sovraintende alle comunicazioni e che ha effettuato il blocco, si è barricata all'interno della sua sede di Limuru, rifiutando di fornire spiegazioni e impedendo l’accesso ai giornalisti, anche stranieri, che tentavano di informarsi. Nella già precaria fisionomia democratica con cui il Kenya tenta di paludarsi, questa decisione è davvero sconcertante e non può certo giovare, in ambito sia interno che internazionale alla credibilità del governo Kenyatta. Soprattutto in presenza delle sempre più forti pressioni che, da più parti, gli chiedono di fare un passo verso la distensione, mettendosi ad un tavolo con il rivale e trovare con lui un accordo per una gestione comune del paese. Significativo è il fatto che questi inviti, crescono ora anche da parte dei sostenitori del governo, probabilmente stanchi di questo stallo che, ormai da oltre un anno, inchioda il paese all'inedia economica.
by Africa ExPress