Stelle marine


Turisti ignoranti, e pure imbecilli, raccolgono una stella marina
Turisti ignoranti, e pure imbecilli, raccolgono una stella marina

Turisti sulla costa, non uccidete le stelle marine!
Basta toglierle dall'acqua per ucciderle!

 

Un appello di malindikenya.net che siamo ben lieti di condividere.

Per l'ennesima volta, anche quest'anno alle porte della stagione, malindikenya.net è costretta ad un'avvertenza che vorremmo non dover più fare, ma purtroppo ci sono già arrivate delle spiacevoli segnalazioni in merito.
Si tratta della moda di turisti ignoranti (e pure un po' imbecilli, spesso spalleggiati da beach boys locali) di farsi i "selfie" con in mano le stelle marine trovate sui bassi fondali dell'Oceano Indiano, durante la bassa marea.
Per favore, evitatela!
L'asteroidea (comunemente chiamata stella marina) quando esce dall'acqua ingloba una quantità d'ossigeno di molto superiore al suo fabbisogno, tanto che non riesce a liberarsene e rischia di morire soffocata, se non viene messa in acqua dopo pochi secondi.
Tenerla fuori per farsi le foto, e magari passarsela di mano per un po', equivale ad ucciderla.
Dopo pochi minuti la stella marina si rattrappisce lentamente e non c'è più nulla da fare.
Per una specie così particolare, antica e meravigliosa, già molto sensibile ai cambiamenti climatici e all'inquinamento, l'ignoranza unita alla noncuranza dei turisti rappresenta la "botta di grazia".
Potete tranquillamente fotografarla nel suo habitat naturale, a pelo dell'acqua, e se proprio volete affiancarci la vostra faccia, specie meno rara di turista meravigliato, potete farlo sdraiandovi e standole vicino, senza prelevarla dall'Oceano.
Cerchiamo di essere consapevoli che "vacanza" non vuol dire distruzione del mare, già minato da creme abbronzanti, plastica, infradito dimenticate e dalla spazzatura gettata dalle navi in alto mare.
E anche che siamo in Africa, dove spesso la popolazione locale non ha cognizione di queste cose, e non ha l'abitudine a rispettare l'ambiente in ogni suo aspetto.
Per favore, oltre a leggere e capire, vedete di passare il messaggio!

Stella marina Isola di Chale-Kenya
Stella marina Isola di Chale-Kenya

 

Le stelle marine non piangono, non sorridono, non urlano e non ringraziano…
Per quanto siano molto diverse da noi, sono pur sempre essere viventi e in quanto tali bisognerebbe sempre concedere loro la dignità che si deve alla VITA.
Non si sono evolute per diventare oggetti d’arredamento o temporanei monili da fotografie di “vacanze al mare”.
Ricordiamocelo in tutti i nostri viaggi e data la facilità del loro incontro usiamole come elemento di educazione per i nostri figli, i loro amici e i figli dei nostri amici: un bambino che capisce il rispetto per la natura con un animale che quasi non sembra un animale è un bambino che si prepara alla alla curiosità e al rispetto della diversità.

Straordinarie, colorate, coreografiche, delicate: sono queste le caratteristiche delle stelle marine che “danzando” rallegrano i nostri mari. Gli effetti del cambiamento climatico - come l’innalzamento delle temperature - e alcuni comportamenti dell’uomo - come il gesto di accarezzarle con le dita o rigettarla in mare dopo averla pescata - stanno mettendo a rischio la loro vita.

Stelle marine Isola di Zanzibar-Tanzania
Stelle marine Isola di Zanzibar-Tanzania

 

Le stelle marine appartengono al Phylum degli Echinodermata (come i cetrioli di mare e i ricci di mare) e sono animali caratterizzati dal cosiddetto dermascheletro, una pelle rinforzata da numerosi ispessimenti calcarei, oltre che da un sistema di locomozione basato su un complesso insieme di canali interni al corpo in cui viene regolata la pressione dell’acqua. Per la forma e per le vivaci colorazioni del corpo le stelle marine sono considerate fra gli invertebrati più belli e attraenti della fauna marina, presenti nei mari di tutto il mondo, dalle aree temperate fino a quelle più fredde.

Le stelle marine non vanno toccate perché sono creature molto delicate; le mani dell’uomo possono schiacciare o danneggiare le loro piccole strutture esterne e interne, condannandole a morte certa. Vivono grazie al loro dermascheletro e al madreporite, un filtro che gli consente di muoversi e di vivere, che si danneggerebbero al solo toccare la stella marina. Le dita dell’uomo, inoltre, possono eliminare dal loro corpo il muco di autodifesa che possiedono, lasciandole così in balia di attacchi, nonché trasferire sul loro dermascheletro oli e batteri che possono generare infezioni anche gravi nel tempo. Ma non finisce qui. Ogni volta che si pesca una stella marina va incontro alla morte anche se rigettata in mare, considerando che una volta fuori dall'acqua ingloba aria che può compromettere il suo delicato sistema idraulico: si crea una bolla d’aria in tempi velocissimi che le impedisce di respirare sott'acqua.

Il loro regime alimentare è vario, ma sono per lo più carnivore e possono essere suddivise in due gruppi: le microfaghe e le macrofaghe. Le prime si alimentano di microorganismi planctonici in sospensione nell'acqua e di microorganismi animali del benthos (gli organismi acquatici che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati a un substrato solido) che vengono catturati mediante le braccia cigliate, inglobate in un muco e convogliati, dal sistema di ciglia disposto lungo i canali ambulacrali, verso lo stomaco. Le specie macrofaghe, invece, sono dei voraci predatori soprattutto di molluschi bivalvi (cozze, vongole, ostriche) e di altri echinodermi, come ricci e ofiure, nonché divoratori all'occorrenza di pesci e crostacei morti o in fin di vita. Lo stomaco delle stelle marine macrofaghe è spesso estroflessibile, cioè la preda viene inglobata e digerita all'esterno in succhi che vengono poi assimilati dall'animale. Molte di queste specie hanno anche la capacità di consumare il loro pasto senza inglobare la preda nello stomaco, ma utilizzando i loro sottili pedicelli, che terminano con una sorta di ventosa e fanno leva sui gusci dei molluschi bivalvi per aprirli. A questo punto lo stomaco si rovescia fuori dalla bocca, striscia fino alla preda, penetra nel guscio aperto, avviluppa la preda, la digerisce all'esterno e poi rientra nel corpo della stella marina.

Ad oggi contiamo circa 2 mila specie di stelle marine e negli ultimi anni un fenomeno preoccupante ha interessato una dozzina di specie nelle acque al largo delle coste nord-occidentali dell’Oceano Pacifico affette dalla sindrome da deperimento fisico (Asteroid idiopathic wasting syndrome); può manifestarsi con piaghe, contrazioni, rapida perdita delle braccia e persino esplosione del corpo, come è successo per la specie Pycnopodia helianthoides, la stella marina girasole, una tra le più grandi al mondo. Di solito il processo di wasting è graduale, quindi la stella marina si deteriora nel corso di giorni o settimane. Tuttavia, questa sindrome può anche attaccare con ferocia improvvisa e così alcune stelle marine muoiono in tempi brevi: i tessuti molli si dissolvono e rimangono solo le parti calcificate, che diventano simili a sagome di gesso. Le cause di questa malattia possono essere sia ambientali sia patogene, ma nel caso del Pacifico la sindrome ha portato alla morte in massa di diverse specie di stelle marine, tanto che è stata definita la più estesa e devastante malattia che abbia mai colpito gli invertebrati marini, compromettendo anche l’equilibrio degli ecosistemi. Basti pensare che tra il 2013 e il 2014 l’epidemia ha decimato la popolazione delle stelle marine girasole e di altre specie di stelle marine più grandi.
Anche all'inizio degli anni ’80 e alla fine degli anni ’90, in seguito a dei potenti uragani, nel Pacifico si osservò, in concomitanza con l’aumento di diversi gradi delle temperature, la moria in massa delle stelle marine a causa della sindrome da deperimento; non è da escludere, dunque, che alla base ci sia il cambiamento climatico, visto che alcune cause di questa malattia possono essere legate alle oscillazioni di temperatura o precipitazioni, che in ultima analisi sono legate ai cambiamenti climatici.
Il futuro delle stelle marine potrebbe essere minacciato, è fondamentale concentrare i nostri sforzi sul rimedio ai cambiamenti climatici.