Il console onorario di Malindi mi ha derubato!


Frutti e semi di Jatropha
Frutti e semi di Jatropha

 

"Il console onorario di Malindi mi ha derubato!"


Così titolava il Quotidiano online Africa Express, del 1 luglio 2018, raccogliendo l’accusa dell’imprenditore italiano Luciano Orlandi nei confronti del console onorario di Malindi Ivan Del Prete: …mi ha derubato di circa 250 mila euro”.

La vicenda la potete leggere direttamente sul sito, mi limito a fornire semplicemente alcune precisazioni per poi pervenire a lapidarie conclusioni.

 

Contrariamente a quanto afferma l’imprenditore, coltivare jatropha in modo proficuo su terre aride è un mito!

La jatropha (Jatropha curcas) ha bisogno di acqua, fertilizzanti e pesticidi per generare profitti elevati. Pompare acqua, produrre fertilizzanti e pesticidi consuma energia che genera a sua volta Co2 in eccesso, neutralizzando il taglio netto delle emissioni rispetto a un eguale quantitativo di carburante tradizionale.

Inoltre gli alberi abbattuti in un disboscamento rilascerebbero quantitativi di Co2 che potrebbero, parzialmente o interamente, neutralizzare quelli eliminati attraverso l'uso dei biocarburanti.

 

Una “scelta davvero ambiziosa” quella di acquisire circa cinquanta mila ettari di terreno non eccessivamente desertico né marginale sottoponendolo ad una coltivazione intensiva.

La concessione infatti si trovava nel mezzo della foresta costiera di Dakatcha, inclusa nella lista dei siti nazionali ad elevata biodiversità. L’intervento attraverso i media locali delle, evidentemente non “oliate”, Organizzazioni non Governative ha finito per coinvolgere l’Ente preposto alla salvaguardia dell’ambiente (NEMA) che ha messo fine all'opera di disboscamento a danno della foresta oltre che allo sfruttamento della manodopera locale.

“Il progetto prevedeva di occupare oltre quattromila persone… una quarantina stava già lavorando alle nostre dipendenze”, afferma l’imprenditore italiano, ma dimentica, al di là della “boutade”, di aggiungere il loro status di sottopagati, il che non avrebbe certo migliorato la soglia di povertà assoluta dei residenti.

Il Consiglio distrettuale della città di Malindi, è stato accusato di aver autorizzato l'acquisizione senza aver consultato gli organi preposti alla conservazione forestale né gli abitanti dei villaggi favorendo di fatto la desertificazione dell'area, essendo il disboscamento uno tra i maggiori responsabili della degradazione dei terreni.

 

Orlandi in una delle sue piantagioni
Orlandi in una delle sue piantagioni

 

Luciano Orlandi, scrive Africa Express, non ha esitazioni:

“Mi sono messo nelle mani sbagliate e il mio progetto è stato sconfitto dalla corruzione imperante in Kenya. Le mani sbagliate sono quelle di Ivan Del Prete, un connazionale residente a Malindi a cui mi ero appoggiato per la realizzazione del progetto, affidandogliene la totale gestione”.

Messo al corrente che Ivan Del Prete è l’attuale console onorario di Malindi risponde:

“Sì, lo so, ma non lo era quando io l’ho incontrato e devo dire che questa nomina mi ha sorpreso non poco…”.

 

Dal canto mio debbo dire che le nomine dei consoli onorari, specie a Malindi, non mi hanno mai sorpreso. Alla nomina del "palazzinaro malindino", predecessore dell’attuale console onorario, inviso agli ambientalisti e accusato dai kenioti di aver bloccato l'accesso alle coste con le sue ville, si oppose il Comites (il Comitato degli Italiani all'Estero) che sconsigliò una scelta del genere e fornì una serie di altri nomi.

Quando l’allora ambasciatore d'Italia in Kenya, Paola Imperiale, cominciò le consultazioni alla ricerca di un nuovo rappresentante a Malindi le venne detto che il nostro Paese non poteva farsi rappresentare da un personaggio chiacchierato. Le venne raccontato della cementificazione delle spiagge, dello snaturamento delle coste e delle cause che hanno intentato gli ecologisti di Malindi contro il famigerato “palazzinaro”.

"Sono anni che indichiamo Vancini come il distruttore della costa. Ora che è sponsorizzato da Briatore, ci aspettiamo che Malindi diventi un grande parco dei divertimenti per ricchi", spiegava il presidente del gruppo ecologista Malindi Green Town Movement, Godfrey Karume mostrando, carte, fotografie e filmati alla mano, come le ville e villette di Vancini avevano violato irreparabilmente l'ambiente. Così il leader ecologista si impegnò contro la nomina di Vancini a console onorario.

Vancini non piaceva neppure ai britannici. Aidan Hartley, il giornalista e scrittore autore del best seller The Zanzibar Chest, (in Italia Il forziere di Zanzibar) affermava: "È uno di quelli che in nome del dio denaro hanno distrutto la costa e stravolto il suo equilibrio ecologico". Aidan, britannico nato in Kenya, abita a Malindi e da anni si occupa della tutela ecologica dell'ex colonia.

Il Console Onorario di Malindi Ivan Del Prete
Il Console Onorario di Malindi Ivan Del Prete

 

Oggi, caro Luciano, accusando Del Prete, già allora in odore di nomina a console onorario di Malindi, hai preso il posto di Godfrey Karume e Aidan Hartley, ma a differenza loro, sono le tue parole, gli hai "affidato la totale gestione per la realizzazione del progetto" che si poteva conseguire, come da sempre consolidato, unicamente corrompendo il Consiglio distrettuale della città di Malindi, e non solo.

La corruzione è la peste del Kenya. Imperante in ogni livello sociale è uno degli ostacoli più grandi che impedisce al Paese di svilupparsi. In effetti, è considerata una delle maggiori sfide che il popolo è tenuto a vincere per non rimanere un paese del terzo mondo. La corruzione colpisce in ogni dove, aumentando le diseguaglianze, scoraggiando i finanziamenti e gli aiuti esteri.

Il Kenya è la nazione più corrotta dell’Africa e il sesto Paese del mondo in questa speciale e disdicevole classifica delle cattive abitudini, è un Paese dove si può comprare tutto: basta pagare! Questa piaga sociale a qualsiasi livello, ancor più se istituzionale, in Kenya la fa da padrona, bastano poche decine di dollari per ammazzare esseri umani compresa la propria madre o animali, non fa differenza, così come per corrompere un funzionario.

Consapevole che in Kenya, per far posto alle colture energetiche, la direttiva autorizza disboscamenti solo in aree non protette o con poco fogliame, hai scelto la via più facile, quella di “ungere la filiera” e vedere questo paese di “disgraziati” come una “vacca da mungere” in grado di fornire fonti energetiche e altre risorse a prezzi stracciati inseguendo un progetto devastante e conducendo una politica nei confronti dei suoi abitanti tra le più ostili (anche se per gli stessi, e non solo, ancora di difficile comprensione): disboscare nel cuore dell'Africa una foresta inclusa nella lista dei siti nazionali ad elevata biodiversità!

 

“Ho presentato una denuncia alla polizia di Malindi e attendevo che la faccenda approdasse in corte ma nulla è avvenuto. L’intero fascicolo forse è smarrito o forse bloccato in qualche oscuro meandro del sistema in cui prospera la corruzione. Non lo so. Il mio avvocato locale, quando lo interpello, non fa altro che chiedermi altri soldi, ma ho perso le speranze di ottenere giustizia”.

Con queste parole Luciano Orlandi  ha finito col rendersi ridicolo, oltre che meschino.

I consoli onorari non hanno un gran potere, ma godono di un privilegio importante, le immunità consolari molto simili a quelle diplomatiche, se pur meno estese. La polizia locale non può entrare nelle loro case, non può sequestrare documenti, né procedere a perquisizioni. È difficile che i consoli onorari finiscano in galera, a meno che non abbiano ucciso la moglie o assaltato una banca.

 

Voglio altresì far osservare che in Kenya non esistono Ambasciate o Consolati che possono "concretamente" intervenire neppure in favore del connazionale “onesto”.

Molti italiani "residenti" ne sanno qualcosa a loro spese, e vivono nella speranza che qualcosa capiti pure a coloro che, di fronte alle loro "disgrazie", rimangono del tutto indifferenti o, più realisticamente, sogghignano!

Caro Luciano, oggi tocca a loro sogghignare delle tue “disgrazie”!

 

Non capisco perché non pensi di coltivare la jatropha in Calabria. La regione non è citata a caso… vero amico Luciano?