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Elefante africano


Elefanti africani
Elefanti africani

Elefante Africano

Elefante africano con il piccolo in cammino
Elefante africano con il piccolo in cammino

 

Gli elefanti africani (Loxodonta africana), "Tembo o Ndovuh" in Swahili, Elephants in inglese, sono i più grandi animali del pianeta.

Mediamente, i maschi misurano 6-6,5 metri di lunghezza, circa 3,2-3,7 metri di altezza al garrese e il peso si aggira sui 3.800–5.100 kg: sono pertanto mediamente più grandi dei maschi di elefante asiatico. Le femmine sono più piccole, arrivano a 3-3,5 tonnellate di peso e raramente superano i 270–280 cm di altezza. Sono leggermente più grandi dei loro cugini asiatici e possono essere riconosciuti dalle enormi orecchie, che hanno una forma simile a quella del continente africano (gli elefanti asiatici hanno orecchie più piccole e rotonde). Le orecchie enormi degli elefanti, oltre ad assicurargli un udito molto fine, sono utili per la dispersione di calore aiutando questi grandi animali a mantenersi freschi.

La struttura fisica presenta diverse differenze con il parente asiatico. Il dorso è curvo, il cranio appiattito frontalmente, la proboscide presenta due appendici digitiformi. Le zanne, che sono gli incisivi superiori allungati, sono molto grandi e nei maschi superano il metro e mezzo di lunghezza. Il suo nome scientifico Loxodonta significa in greco "dente obliquo" e si riferisce proprio a queste poderose appendici.

 

Gli elefanti sono amanti dell’acqua e si divertono a farsi la doccia, aspirando l’acqua nelle proboscidi e spruzzandosela addosso. Dopo essersi bagnati, spesso ricoprono la pelle con uno strato protettivo di polvere. La proboscide dell’elefante è, di fatto, un lungo naso utilizzato per odorare, respirare, barrire, bere e anche per afferrare cose (specialmente quelle che hanno l’aspetto di cibo). La proboscide da sola è formata da circa centomila muscoli differenti. All'estremità della proboscide l'elefante africano ha due piccole punte che assomigliano a dita e che usa per afferrare piccoli oggetti.

Sia i maschi che le femmine hanno delle zanne che utilizzano per scavare alla ricerca di cibo e di acqua e per rimuovere la corteccia dagli alberi. I maschi usano le zanne per combattere tra loro; ma l'avorio ha attirato un altro tipo di violenza, decisamente più pericoloso, il commercio delle zanne. Benché oggi sia illegale, non è stato sradicato del tutto, e alcune popolazioni di elefanti africani sono ancora minacciate.

 

Questo animale non è un erbivoro selettivo, ma necessita di una ricca produzione vegetale. La parte preponderante del suo pasto quotidiano è costituita da vegetazione erbacea come le graminacee, ma si nutre abbondantemente anche di fogliame, frutti, radici, corteccia. Grazie alla sua lunga e robusta proboscide è in grado di raggiungere anche i rami più alti. Se non riesce ad arrivarvi, spesso l'elefante ricorre ad una soluzione drastica, e abbatte l'albero per nutrirsi delle sue fronde. Un branco di elefanti quindi esercita un certo impatto sull'ambiente, arrivando anche a disboscare piccole aree di vegetazione. Mediamente, questo animale deve ingerire circa 300 kg di cibo al giorno. Grazie alla notevole lunghezza del suo intestino riesce a digerire qualsiasi tipo di vegetale. Beve 70-90 litri d'acqua. Proporzionatamente, gli elefanti depositano 250 kg di escrementi al giorno.

 

 

Elefanti nella savana africana
Elefanti nella savana africana

 

Questi animali famelici non dormono molto, e percorrono grandi distanze mentre vanno in cerca delle grosse quantità di cibo di cui hanno bisogno per sostentare i loro enormi corpi. Gli elefanti hanno struttura matriarcale e sono guidati solitamente dalla femmina più anziana. Talvolta i maschi, specie quelli più anziani, vivono solitari, mentre le femmine solitamente vivono con i loro piccoli e rimangono nel branco tutta la vita. Partorire un cucciolo d'elefante è molto impegnativo. La gestazione dell'elefante africano è la più lunga di tutti i mammiferi e dura quasi ventidue mesi, al termine della quale nasce un solo piccolo (parti gemellari sono possibili ma rarissimi). Le femmine di solito partoriscono ogni due-quattro anni. Alla nascita, il cucciolo maschio pesa 120 kg, la femmina 90–100 kg, e sono entrambi lunghi circa 1,20 metri. Il neonato ha la pelle rugosa e ricoperta di peli radi; dopo mezz'ora dalla nascita è in grado di reggersi in piedi. Per i primi 3 anni il piccolo rimane sempre con la madre, che lo allatta e lo protegge costantemente. In caso di allontanamento momentaneo o di morte della madre il cucciolo viene preso in consegna da altre femmine del branco.

 

Gli elefanti dimostrano grande attaccamento fra i vari membri del gruppo. Quando un esemplare anziano si accascia al suolo, si possono osservare gli altri esemplari tentare di risollevarlo e rimanergli accanto finché non spira. I piccoli si mantengono all'interno del branco, e sono efficacemente protetti da tutti gli adulti in caso di attacco di predatori. La difesa dei cuccioli è anche uno dei possibili motivi che possono portare un elefante adulto a mostrarsi aggressivo verso gli esseri umani.

La maturità sessuale varia con le condizioni ambientali e solitamente viene raggiunta da entrambi i sessi fra gli 8 e i 13 anni. Nelle femmine l'estro si verifica mediamente ogni 2 mesi. La fase di eccitazione sessuale dei maschi viene definita must e li porta alla ricerca di femmine tramite stimoli olfattivi; in questa fase i maschi sono particolarmente aggressivi.

 

Grazie alla sua mole, l'elefante africano, perlomeno da adulto, non ha nemici naturali. A volte può entrare in competizione con grossi erbivori quali rinoceronti, ippopotami o bufali presso le pozze d'acqua, e può capitare che i piccoli vengano assaliti da grossi predatori come i leoni, ma sono quasi sempre protetti dalle madri. Il nemico principale di questo pachiderma rimane l'uomo, che spesso conduce una caccia illegale per impossessarsi delle sue zanne d'avorio. Pur non essendo in serio rischio di estinzione, la sua popolazione è diminuita notevolmente rispetto al passato e in molti paesi africani sono in atto politiche di protezione di questo animale. Ci sono progetti di spostare il maggior numero possibile di esemplari nei parchi. La caccia di frodo resta comunque il maggior rischio per il pachiderma.

 

L'elefante è un animale notoriamente molto longevo; vive mediamente 70-75 anni; in almeno un caso noto un individuo ha superato gli 80 anni.

Gli elefanti africani, contrariamente ai loro parenti asiatici, non sono facilmente addomesticabili.

 

Elefantessa Regina - Tsavo National Park, Kenya
Elefantessa Regina - Tsavo National Park, Kenya

 

15 marzo 2019

L'”Elefantessa Regina” del Kenya.

 

Un fotografo naturalista britannico ha pubblicato le toccanti foto di un’elefantessa “tusker”, di oltre 60 anni, prima che morisse per cause naturali. Una rarità considerando che quasi tutti questi esemplari sono vittima dei bracconieri a causa delle loro lunghe zanne d’avorio. L’autore delle meravigliose immagini che trovate nella gallery a corredo dell’articolo è Will Burrard-Lucas, che già aveva immortalato uno splendido leopardo nero africano qualche settimana fa, e che ha dichiarato di sentirsi “privilegiato” per aver scattato le ultime foto all’"Elefantessa Regina” del Kenya.

Imponente sul paesaggio keniota, questo esemplare è enorme e le sue zanne (in inglese “tusk”, da cui deriva “tusker”) si incurvano prima di raggiungere il suolo. Si tratta di un’osservazione rara e straordinaria: si stima, infatti, che in Africa esistano solo circa 20 di questi animali.
Burrard-Lucas ha scattato una serie di immagini in bianco e nero dell’animale, che egli stesso definisce “Elefantessa Regina”, mentre vagava nel paesaggio naturale dello Tsavo National Park, in Kenya. Ha scattato le immagini in collaborazione con Tsavo Trust, un’organizzazione non profit locale, con la speranza di aumentare la consapevolezza e la conoscenza su questi animali.


Tim, from Amboseli, Kenya
Tim, from Amboseli, Kenya

 

6 febbraio 2020

Tim, storico elefante dell'Amboseli.

 

Uno dei più grandi e famosi elefanti del Kenya, conosciuto come Tim, è morto ieri a cinquant'anni per cause naturali.
L’iconico esemplare era uno degli animali più conosciuti del Parco Nazionale di Amboseli e decine di migliaia di turisti lo hanno fotografato e ricorderanno la sua imponenza e le sue enormi zanne.

La scomparsa di Tim è stata annunciata ieri dal Kenya Wildlife Service che trasferirà il suo corpo nei magazzini del Museo Nazionale di Nairobi dove verrà imbalsamato e conservato a scopo didattico e, successivamente per essere esposto.
In un comunicato stampa, il KWS ha ricordato che lo storico elefante era stato vittima anni fa di un tentativo di uccisione da parte di bracconieri che avevano cercato di tramortirlo colpendolo alla testa con un enorme pietra e trafiggendogli un orecchio con una lancia.
Di indole tranquilla è stato per anni un benevolo e rilassato custode della pace di Amboseli, conosciuto e amato in tutto il Kenya.

L'elefante chiamato Tim - Amboseli National Park, Kenya
L'elefante chiamato Tim - Amboseli National Park, Kenya

 

5 dicembre 2018

Le disavventure di Tim, uno dei più grandi e dei più amati elefanti africani.

 

Tim è un elefante di 49 anni, simbolo della natura del Kenya.
È l'elefante più vecchio dell'Amboseli National Park ed è molto ambito dai commercianti d'avorio per le sue lunghe zanne. Per questo motivo è uno dei pachidermi più monitorati dell'area.

L’ultima sventura in ordine di tempo risale al 5 dicembre 2018 quando rimase intrappolato in una palude di Kimana, nel parco nazionale di Amboseli. Era immerso nel fango fino al collo, e probabilmente non sarebbe sopravvissuto se i ranger della Big Life Foundation non gli avessero salvato la vita.
Era immobilizzato, spaventato e aggressivo, ma i ranger si sono subito messi al lavoro con alcune persone della comunità locale per spostare l’animale di sei tonnellate. È stata una corsa contro il tempo.
Per prima cosa hanno scavato un piccolo fossato per far scorrere via l’acqua e fare in modo che Tim si potesse muovere meglio. Poi grazie all'aiuto del Kenya Wildlife Service, che ha portato un trattore, e del David Sheldrick Wildlife Trust, che ha avuto l’idea di procurarsi una corda di 300 metri, realizzata per l’occasione a Nairobi, l’animale è stato liberato dalla palude.
L’operazione non è stata facile: hanno legato le zampe dell’animale con la corda e hanno provato a tirarlo via dal fango grazie al trattore. Ma la corda si è spezzata sei volte. Hanno utilizzato altre tre macchine per liberarlo e i tentativi sono stati moltissimi fino a quando non l’hanno salvato parzialmente.
Dopo oltre 10 ore sotto il sole l’elefante è stato finalmente liberato ed ha potuto tornare sano e salvo fra i suoi simili.

Due precedenti incontri di Tim con le lance degli agricoltori.

24 novembre 2014 - Di lui non si avevano più notizie ormai da parecchi giorni. Come già era stato per Satao l’altro elefante simbolo di un’Africa che sta scomparendo, si temeva che il grande Tim fosse stato ucciso per le sue mastodontiche zanne.
Il grande elefante dell'Amboseli è stato infine trovato dal Kenya Wildlife Service, con una profonda ferita da lancia nel fianco.
I ranger si sono subito messi in contatto con gli esperti del David Sheldrick Wildlife Trust.
Il grande Tim è stato così narcotizzato per essere curato. Secondo il veterinario la ferita risaliva ad almeno una settimana addietro ed era infetta.
È stato così necessario togliere il tessuto divenuto ormai necrotico, disinfettare l’ampio foro provocato dalla lancia, somministrare gli antibiotici e cicatrizzare il tutto con argilla verde.
Un’operazione delicata e da eseguire in tempi brevi per non compromettere la salute dell’elefante. La soddisfazione maggiore è stata sicuramente quella di vederlo ormai alzato sulle sue zampe e riguadagnare la savana.

28 giugno 2016 - Per la seconda volta è stato attaccato da sconosciuti, forse bracconieri o agricoltori.
L'associazione The David Sheldrick Wildlife Trust, è venuta a conoscenza del suo ferimento: qualcuno gli ha scagliato contro una lancia che gli si è conficcata in testa. Immediato l'intervento dei veterinari che, dopo averlo sedato, sono riusciti ad estrarre l'arma, fortunatamente non velenosa.
Anche quella volta tutto si è concluso nel migliore dei modi.


Elefante africano
Elefante africano

 

28 settembre 2018

In Zimbabwe. Turista tedesca uccisa da un elefante per una fotografia.

 

Le è stato fatale tentare di portarsi a casa una bella fotografia di un elefante. È successo mercoledì scorso in Zimbabwe – nel Mana Pools National Park, nel nord del Paese, verso la frontiera con lo Zambia – a una turista tedesca che si era allontanata dal suo gruppo in visita al parco.
La donna, 49 anni, è scesa dal pulmino per scattare una foto a un branco di elefanti che stavano entrando nel parco ma si avvicinata troppo. Uno dei pachidermi ha caricato investendola con la sua forza da quattro tonnellate. L’impatto è stato devastante per la donna che è morta poche ore dopo a causa delle ferite riportate.

Lo scorso anno, a Victoria Falls, in una località turistica a ovest dello Zimbabwe, un elefante ha caricato una guida turistica, uccidendola. Lo Zimbabwe, con 84 mila elefanti, è il secondo paese per numero dei pachidermi dopo il Botswana.
Non sono rari gli incidenti con gli elefanti, specialmente con la popolazione locale che toglie territorio a questi giganti delle savane per utilizzarli in l’agricoltura. Il pericolo viene soprattutto dalle femmine con i cuccioli che, se sentono il pericolo per i propri piccoli, diventano estremamente aggressive e pericolose.
by Africa Express

Elefante africano
Elefante africano

 

18 settembre 2016

Kenya. Turista italiano ucciso da un elefante per una fotografia.

 

Voleva scattare una fotografia ravvicinata all'elefante che si stava abbeverando sulla riva del fiume Galana e ha commesso l'errore di avvicinarsi troppo all'animale. Così è morto ieri mattina Ferdinando "Nando" Mocciola, lodigiano sessantaseienne residente a Lodi Vecchio ma di origini avellinesi, villeggiante italiano molto conosciuto a Malindi.
Nando era in un safari con la moglie Magda e un bel gruppo di amici e dopo una splendida giornata in savana a vedere leoni ed altri animali, durante la colazione della domenica mattina allo Swara Camp è stato rapito dall'immagine di un elefante che si abbeverava lungo il fiume, proprio sotto il lodge che lo ospitava.
Nonostante gli avvertimenti degli amici e del personale del campo tendato, e un primo richiamo, Nando avrebbe eluso le loro raccomandazioni e, promettendo di non avvicinarsi troppo, si sarebbe diretto al fiume.
Nando si è avvicinato troppo all'elefante per scattare una foto da vicino con il telefonino e il pachiderma lo avrebbe gettato a terra con un colpo di proboscide. Successivamente, con una zanna, l'animale lo avrebbe colpito a una coscia, procurandogli un grosso taglio. Ma la ferita mortale è occorsa nella caduta, che avrebbe procurato all'improvvido italiano la foratura del torace. Nando è spirato dopo due ore, nell'attesa dei soccorsi in arrivo da Malindi, davanti allo sguardo incredulo e sgomento della consorte e degli amici.
QUELLA DEL POVERO NANDO È STATA UNA GRAVE IMPRUDENZA

Una fine non certo gloriosa. La sfida dell'uomo alla natura non ha alcun senso. Stuzzicare un animale per fare due foto con il telefonino non è uno sport, non reca nessun tipo di gloria.
Come dimostra la triste vicenda di Nando, l'ignoranza porta l'essere umano a comportarsi da sconsiderato padrone della terra ed a commettere azioni incoscienti.

 

Oggi come allora, la madre degli eunuchi, sacchi di merda e vigliacchi rimane sempre incinta!

Per saperne di più clicca Video Safari.

Elefanti africani
Elefanti africani
Cuccioli di elefante senza zanne a Gorongosa
Cuccioli di elefante senza zanne a Gorongosa

 

6 dicembre 2018
MOZAMBICO. GLI ELEFANTI NASCONO SENZA ZANNE PER COMBATTERE IL BRACCONAGGIO

 

Se gli esseri umani non riescono a fermare il bracconaggio degli elefanti, ci pensano gli stessi pachidermi facendo nascere i cuccioli senza le preziose zanne.
Una difesa naturale – e geniale – che gli scienziati stanno studiando per capirne meglio il meccanismo.

Uno studio di cui parla il National Geographic Magazine realizzato nel Parco nazionale di Gorongosa, 3800 kmq nel centro dell’ex colonia portoghese. Una strategia unica che permette di salvare la propria specie dall'estinzione a causa della spietata caccia per l’avorio.

C’è da ricordare che gli elefanti del parco mozambicano hanno vissuto la scioccante esperienza di una guerra civile durata 15 anni e che ha visto la scomparsa del 90 per cento della popolazione di pachidermi.
Una dura prova che ha fatto loro sviluppare una strategia vincente per sopravvivere al massacro a causa dell’avorio utilizzato per finanziare la guerriglia antigovernativa RENAMO (Resistenza Nazionale Mozambicana) mentre la carne degli elefanti era cibo per nutrire i combattenti.
Oggi Renamo è un partito i cui rappresentanti siedono negli scranni del Parlamento di Maputo, ma durante la guerra aveva il quartier generale, chiamato Casa Banana, situato all'ingresso del parco di Gorongosa.

Prima della guerra civile si contavano quattromila elefanti e la percentuale delle nascite dei cuccioli femmina senza le zanne si aggirava intorno al 2-6 per cento.
Alla fine della guerra civile, nel 1992, gli elefanti erano diventati poche centinaia. Oggi sono circa 500, protetti e studiati da Petter Granli e Joyce Poole, rispettivamente presidente e direttrice dell’ONG ElephantVoices.
Ma il bracconaggio continua e la popolazione femminile senza zanne è cresciuta, arrivando al 32 per cento ed è su questo aspetto gli scienziati stanno indagando.

“Una nuova ricerca, non ancora pubblicata – ha spiegato Joyce Poole al National Geographic – indica che delle duecento femmine adulte conosciute, il 51 per cento di quelle sopravvissute alla guerra civile che oggi 25 anni o più anziane, sono senza zanne. Delle femmine di elefante nate dopo la guerra sono senza zanne il 32 per cento”.
Ma se nascere senza zanne salva il più grande mammifero terrestre dal bracconaggio, che problemi possono sorgere dalla mancanza di un importante strumento per procurarsi il cibo?
Per gli elefanti i lunghi denti servono per scavare nel terreno alla ricerca dell’acqua, dei sali minerali preziosi per la loro dieta e vari tipi di radici ma anche per staccare la tenera corteccia dagli alberi.
Per i maschi le zanne – più resistenti di quelle delle femmine – sono uno strumento di competizione nei combattimenti per il diritto all'accoppiamento.
Del lavoro fatto con le zanne sul terreno e sul tronco degli alberi ne beneficiano anche altre specie di piccoli animali e insetti trovando cibo e rifugio.

La preoccupazione degli studiosi è che la scomparsa delle zanne potrebbe incidere sul nutrimento della popolazione dei pachidermi e sull'equilibrio dell’ecosistema. Sicuramente però, l’assenza di quell'avorio, diminuirà l’interesse dei bracconieri per quei meravigliosi giganti africani.
By Africa Express

Mappa del Mozambico e il Parco nazionale di Gorongosa con Casa Banana
Mappa del Mozambico e il Parco nazionale di Gorongosa con Casa Banana