Cetacei e Sirenidi in Kenya


Megattera (Megaptera novaeangliae)
Megattera (Megaptera novaeangliae)
Dudongo (Dugong dugon)
Dudongo (Dugong dugon)

I Sirenidi in Kenya

 

Ordine: Sirenia (lamantini e dugonghi)

I Sirenidi sono un ordine di mammiferi completamente acquatici ed erbivori che popolano fiumi, estuari, acque marine costiere, paludi e zone umide marine. Tutte le specie sono in pericolo.

In Kenya è diffusa un'unica specie, quella dei Dugonghi.


Famiglia: Dugongidae
Genere: Dugong
Dugongo, Dugong dugon

Il Dugongo (Dugong dugon) è un mammifero dell'ordine Sirenia; è l'unica specie del genere Dugong e della famiglia Dugongidae.
È un parente relativamente prossimo del lamantino, da cui si differenzia soprattutto per la forma biforcuta della coda. Per secoli oggetto di caccia, è a rischio d'estinzione.

Il dugongo è un animale acquatico di grossa mole e di colore grigio-biancastro che può superare i 3 metri di lunghezza, per un peso compreso tra 400 e 500 kg.
La femmina risulta spesso leggermente più lunga e pesante del maschio, ma non abbastanza da poter parlare di dimorfismo sessuale.
Il dugongo ha una struttura fisica tozza e compatta che gli ha fatto guadagnare il popolare soprannome di "mucca di mare"; in questo sirenide, infatti, una pinna caudale orizzontale divisa in due lobi simile a quella dei cetacei si associa ad un corpo estremamente massiccio provvisto di due ghiandole mammarie toraciche e di due grosse pinne anteriori appiattite, a forma di spatola.
Queste ultime hanno una doppia funzione: esse servono sia da mezzo di propulsione per la locomozione e servono anche all'animale per girare. Anche la testa ha una forma insolita, caratterizzata da minuscoli occhi e orecchie e da un grosso paio di spesse "labbra": mentre i primi sono però fattori propri di molti mammiferi marini (si pensi alla balena o all'orca), il secondo è posseduto solo da questa specie, ed è dovuto alla sua particolare dieta.
La sua pelle è, al pari degli altri sirenidi, usata principalmente come accumulatore di materia grassa, risorsa che torna utile durante l'inverno come protezione termica dalle basse temperature. Essa è inoltre estremamente resistente e dotata di buone capacità rigenerative: una profonda ferita inflitta da una rete da pesca d'alto mare può guarire infatti anche in un solo giorno. La pelle è ricoperta da piccoli peli sparsi che potrebbero avere una funzione sensoriale, una caratteristica comune nei sirenidi.
Nonostante la sua vita si svolga completamente in mare, come i cetacei il dugongo è costretto a salire a galla periodicamente per prendere aria; dopo l'inspirazione, però, la maggior parte dell'ossigeno non viene fissato nell'emoglobina del sangue come accade nei mammiferi terrestri, ma nella mioglobina dei muscoli: questa caratteristica, presente in molti altri mammiferi marini, gli permette di evitare embolie durante la risalita e di restare sott'acqua per tempi molto lunghi.

I dugonghi sono animali sociali, ed estremamente pigri, amano poltrire per ore ed ore durante la giornata galleggiando immersi nell’acqua e spesso vivono anche in gruppi, composti da tre o quattro simili, nei quali può essere presente anche più di un maschio.

Il dugongo è un mammifero erbivoro marino, uno dei pochi esistenti; per questo motivo la sua dieta è basata esclusivamente sulle piante marine (della famiglia Potamogetonaceae, anche se non disdegna le Hydrocharitaceae e le Cymodoceaceae), che è solito brucare nelle acque più basse, dove i predatori (come ad esempio gli squali) non si avventurano quasi mai. Analisi effettuate sulle feci di questi animali hanno spesso rilevato la presenza di piccoli invertebrati; è plausibile che siano involontariamente inghiottiti durante il pascolo delle piante acquatiche. L'alimentazione è l'attività cui il dugongo si dedica maggiormente durante la giornata: può arrivare a mangiare ben 30 kg di piante acquatiche al giorno; per agevolarsi il dugongo adopera le sue muscolose "labbra", molto utili per strappare le foglie dal fondale, e le pinne anteriori, che usa quasi come mani per reggere il cibo.

Raggiungono la fertilità sessuale fra gli 8 ed i 18 anni. L'accoppiamento è un'operazione molto lunga e lenta, che può durare anche diverse ore; dopo una gestazione di dodici mesi la femmina partorisce un solo cucciolo, che viene aiutato dalla madre a salire in superficie per il primo respiro. La madre provvede anche ad allattarlo, di nuovo adoperando le pinne anteriori come braccia per mantenere il piccolo vicino a sé.
Spesso la scelta del partner avviene secondo un rituale per il quale più maschi si contendono, lottando, la stessa femmina; è stato però documentato anche un comportamento differente, per cui un gran numero di individui maschi si reca in un'unica zona, e le femmine scelgono liberamente con chi accoppiarsi. Durante questo periodo i dugonghi maschi, solitamente non molto territoriali, divengono estremamente aggressivi, al punto che anche per un essere umano può essere pericoloso avvicinarli.

Il dugongo è diffuso solamente nell'Oceano Indiano, all'estremità occidentale di quello Pacifico, in corrispondenza a particolari gruppi di isole equatoriali e tropicali come l'Australia, l'Indonesia, la Thailandia (in particolare nel mare nelle Andamane nell'arcipelago di Trang, spesso avvistato nei pressi dell'isola di Koh Libong) o lo Sri Lanka, e nel Mar Rosso. Un piccolo gruppo vive nei mari del sud-est della Cina e sforzi sono stati fatti per proteggerlo e preservare o ricostituire il loro habitat.
I luoghi in cui la densità della popolazione di dugonghi è massima è sulle coste settentrionali australiane e sulle sponde egiziane del Mar Rosso; negli altri stati i dugonghi sono invece una specie rara, raggiungendo al massimo i 100 individui a nazione: basti pensare che il Kenya, luogo dove una volta i lamantini abbondavano, conta una popolazione totale di soli 6 individui. Anche nelle già nominate isole giapponesi Ryūkyū, habitat da millenni di questi animali, la situazione è tragica, così come attorno all'isola di Okinawa, dove risiederebbero solo 3 individui, in Madagascar e nelle isole al largo della costa orientale africana: ciò ha spinto importanti organizzazioni mondiali, come il WWF, a dichiarare il dugongo un animale in via d'estinzione da salvaguardare.

Il più antico resto di dugongo, risalente a 6000 anni fa, si trova nelle Akab Island (Umm al Qaywayn, Emirati Arabi Uniti).
L'analisi dell'animale ci ha rivelato che esso è rimasto a lungo invariato nell'evoluzione; esiste una sola specie di dugongo, il Dugong dugon, ma non è sempre stato così: fino al XVIII secolo, infatti, ne era esistita una seconda, l'Hydrodamalis gigas, la ritina o vacca di mare di Steller, poi estintasi per l'eccessiva caccia da parte dalle popolazioni locali e dai colonizzatori europei all'inizio del Settecento. L'unica specie di dugongo sopravvissuta è dunque considerata protetta, malgrado la caccia abusiva o la pesca disattenta ne stiano lentamente causando la completa estinzione.
In alcuni altri stati, specialmente appartenenti al sud-est asiatico, si sono create diverse leggende sui dugonghi: alcune culture lo vogliono portatore di sfortuna, mentre altre ritengono la sua presenza di buon augurio; ci furono civiltà, sempre in quei luoghi, che credevano le lacrime di dugongo una magica pozione amorosa, mentre infine altre (appartenenti alle isole Filippine) utilizzavano le sue ossa per fabbricare amuleti contro la sorte avversa.
Appare in un capitolo di "Ventimila leghe sotto i mari" ambientato nel mar Rosso e anche nel capitolo XVI de "L'isola misteriosa".


Balenottera azzurra, Balaenoptera musculus
Balenottera azzurra, Balaenoptera musculus

I Cetacei in Kenya

 

Ordine: Cetacea (Balene)
Comprende balene, delfini e focene. Sono i mammiferi più adattati alla vita acquatica con un corpo a forma di fuso quasi glabro, protetto da uno spesso strato di grasso, e arti anteriori e coda modificati per fornire propulsione sott'acqua.


Questo ordine contiene due Sottordini:
Mysticeti (Misticeti)
Odontoceti (Odontoceti)

Balenottera azzurra (Balaenoptera musculus)
Balenottera azzurra (Balaenoptera musculus)

 

 

 

Sottordine: Mysticeti (Misticeti) -
Sottordine dei cetacei, contraddistinti dalla totale assenza di denti, sostituiti da una struttura assolutamente originale, i fanoni. Balenottere e megattere appartengono a questo sottordine.




Famiglia: Balaenopteridae (Balenotteridi)

Sottofamiglia: Balaenopterinae (Balenotterini)

Genere: Balaenoptera (Balenottera)

  • Balenottera minore comune, Balaenoptera acutorostrata

    La balenottera minore o balenottera rostrata è una delle due specie più piccole e comuni della famiglia delle Balaenopteridae.
    Ha una lunghezza dai 7 ai 10 metri ed il suo peso è di 5 tonnellate.
    Di aspetto molto variabile è di solito difficile avvicinarla, ma alcuni individui curiosi "perlustrano" le zone dove ci sono imbarcazioni. Può accostarsi senza preavviso. Difficilmente nuota a prua, ma capita che nuoti vicino a una barca per una distanza considerevole. I movimenti sott'acqua sono imprevedibili, può svanire senza tracce. Il nuoto è piuttosto veloce. Compie a volte spyhopping e breaching. La tipica sequenza d'immersione consiste in 5-8 soffi a intervalli di meno di un minuto, seguiti da una lunga immersione che dura da 3 a 8 minuti. Quando si sposta di solito respira 1 o 2 volte fra un'immersione e l'altra.

  • Balenottera boreale, Balaenoptera borealis

    La balenottera boreale è una balena con i fanoni; dopo la balenottera azzurra e quella comune è la terza specie più grande tra le balenottere. Può essere avvistata negli oceani di tutto il mondo e nei mari adiacenti, ma preferisce le profonde acque al largo dalla costa. Tende ad evitare le acque polari e tropicali e quelle dei mari troppo chiusi. Ogni anno trascorre l'estate in acque fredde e subpolari, per poi migrare d'inverno verso acque temperate e subtropicali; tuttavia, nella maggior parte delle aree in cui vive le rotte migratorie non sono ben conosciute.
    Questa balenottera raggiunge i 20 metri di lunghezza e le 50 tonnellate di peso. Ogni giorno consuma in media 900 chili di cibo, costituito soprattutto da copepodi, krill e da altro zooplancton. È una tra le specie più veloci di Cetacei e su brevi distanze può raggiungere velocità di 50 chilometri all'ora. Il nome inglese di questa balenottera, Sei Whale, deriva dal termine norvegese per indicare il pollock, un pesce che compare al largo delle coste della Norvegia nello stesso periodo dell'anno della balenottera boreale.
    In seguito alla caccia commerciale su larga scala, quando, tra la fine del diciannovesimo e quella del ventesimo secolo, vennero catturati più di 238.000 esemplari, la balenottera boreale è ora una specie internazionalmente protetta, nonostante ogni anno ne venga catturato qualche esemplare nel corso dei controversi programmi di ricerca condotti da Islanda e Giappone. Nel 2006, la sua popolazione globale era di 54.000 esemplari, circa un quinto di quella che era prima che venisse cacciata intensamente.
    Il corpo di questo animale è generalmente di color grigio acciaio scuro, con chiazze irregolari dal grigio chiaro al bianco sulla superficie ventrale e nelle regioni adiacenti. La balenottera boreale possiede una serie di 32-60 pieghe o solchi lungo la regione inferiore, le quali durante la nutrizione permettono alla bocca di espandersi notevolmente. Il muso è appuntito e le pinne pettorali sono relativamente corte rispetto a quelle di altre balene, misurando solamente il 9-10% della lunghezza totale, e appuntite alle estremità. Dalla sommità del muso al doppio sfiatatoio, caratteristico delle balene con i fanoni, si estende una specie di cresta.
    La balenottera boreale è un animale filtratore che utilizza i suoi fanoni per ricavare il cibo dall'acqua aprendo la bocca e ingoiandone grandi quantità contenenti il cibo, per poi spingerla di nuovo fuori, ma non prima di avere trattenuto il cibo all'interno della bocca. Ad ogni lato della bocca sono presenti 300-380 fanoni di colore nero-cenere, lunghi circa 48 centimetri. Ognuno di essi, come le nostre unghie, è formato da una lamina di cheratina che all'interno della bocca, nei pressi della lingua, si sfilaccia in una serie di sottili peli biancastri. L'estrema sottigliezza delle setole dei fanoni della balenottera boreale (circa 0,1 mm) viene spesso citata come l'aspetto più caratteristico che differenzia questa specie da tutte le altre balene con i fanoni.
    Le femmine sono considerevolmente più grandi dei maschi.
    Per quanto riguarda l'aspetto, è molto simile ad altre balenottere. Il miglior modo per distinguerla dalla balenottera di Bryde, oltre alle differenze nei fanoni, sta nell'osservare la testa: quella di Bryde, infatti, presenta sulla superficie dorsale del capo una cresta laterale. Balenottere boreali piuttosto grandi possono essere confuse con la balenottera comune, anche se è facilmente individuabile la mancanza della caratteristica colorazione asimmetrica della testa propria di quest'ultima: infatti, il lato destro della mascella inferiore della balenottera comune è bianco, mentre quello sinistro è grigio. Se vista di fianco, il margine superiore della testa della balenottera boreale forma un piccolo arco tra l'estremità del muso e l'occhio, mentre il profilo di quella comune è relativamente piatto.
    La balenottera boreale non effettua grandi immersioni, rimanendo sommersa solo per un periodo che va dai cinque ai quindici minuti. Tra un'immersione e l'altra, nuota presso la superficie per alcuni minuti, il che la rende ben visibile in acque chiare e calme, soffiando ad intervalli di circa 40-60 secondi. Diversamente dalla balenottera comune, non tende a mostrare troppo il suo corpo quando si immerge. Gli sfiatatoi e la pinna dorsale sono spesso esposti simultaneamente sulla superficie dell'acqua. Questa balenottera non estende quasi mai la coda sopra la superficie e salta fuori dall'acqua solo molto raramente.

  • Balenottera di Eden, Balaenoptera edeni

    La balenottera di Eden, detta anche balenottera di Bryde, è straordinariamente simile alla balenottera boreale sia per le dimensioni sia per l'aspetto e questo ha spesso ingenerato confusione tra le due specie. A grande distanza solo 1 o 2 caratteristiche distintive sono visibili: la balenottera di Eden emerge e soffia meno regolarmente e, a differenza di quella boreale, spesso inarca il peduncolo caudale prima di immergersi. La confusione è anche possibile con la balenottera minore e con la balenottera comune. La balenottera di Eden tuttavia ha la peculiarità di possedere tre creste longitudinali sulla testa, mentre tutti gli altri membri della famiglia ne hanno una sola. Alcune popolazioni sono state fortemente impoverite dalla caccia e le stime attuali non rivelano una grande abbondanza di esemplari.

  • Balenottera azzurra, Balaenoptera musculus

    La balenottera azzurra con oltre 33 metri di lunghezza e 150 tonnellate di peso, è, in termini di massa, il più grande animale conosciuto vissuto sulla terra, escludendo le dimensioni (tuttavia al momento ipotetiche) di alcuni sauropodi giganti come il Maraapunisaurus.
    Lungo e slanciato, il corpo della balenottera azzurra può assumere varie tonalità grigio-bluastre sul dorso, ma si fa più chiaro sul ventre. Ne esistono almeno tre sottospecie riconosciute: B. m. musculus dell'Atlantico e del Pacifico settentrionale, B. m. intermedia dell'Oceano Australe e B. m. brevicauda (nota anche come balenottera azzurra pigmea) dell'Oceano Indiano e del Pacifico meridionale. Alcuni considerano una sottospecie anche B. m. indica, anch'essa dell'Oceano Indiano. Come quella degli altri Misticeti, anche la sua dieta consiste quasi esclusivamente di piccoli crostacei noti come krill.
    Fino agli inizi del XX secolo la balenottera azzurra contava numerosi esemplari in quasi tutti gli oceani. Per più di 40 anni, però, è stata cacciata dai balenieri fin quasi all'estinzione; la comunità internazionale la dichiarò specie protetta solamente nel 1966. Secondo un rapporto del 2002 in tutto il mondo vi sarebbero attualmente dai 5.000 ai 12.000 esemplari. In base a ricerche più recenti effettuate sulla sottospecie pigmea si ipotizza che tali numeri, però, siano stati un po' troppo sottostimati.
    La balenottera azzurra appartiene alla famiglia dei Balenotteridi, un gruppo che comprende la megattera, la balenottera comune, la balenottera di Bryde, la balenottera boreale e la balenottera minore. Si ritiene che i Balenotteridi si siano separati dalle altre famiglie del sottordine dei Misticeti non più tardi dell'Oligocene Medio. Tuttavia, il momento esatto in cui i membri delle varie famiglie si sono separati tra di loro è ancora ignoto.
    Il nome specifico musculus è di origine latina e significa «muscoloso», sebbene altri lo interpretino anche come «piccolo topo». Linneo, che classificò per primo la specie nel suo Systema Naturae del 1758, potrebbe aver attribuito alla specie questo nome proprio giocando sull'ironia del doppio senso. Herman Melville, nel suo romanzo Moby Dick, chiamò questa specie balena gialla a causa della tinta marrone-arancio o gialla delle sue regioni inferiori, dovuta ad una sottile pellicola di Diatomee presente sulla pelle. Tra gli altri nomi comuni con cui questa specie veniva chiamata ricordiamo balenottera di Sibbald (in onore di Sir Robert Sibbald), grande balena azzurra e grande balenottera settentrionale. Tutti questi nomi sono attualmente caduti in disuso.
    La balenottera azzurra ha un corpo lungo e affusolato che sembra sia stato quasi «stirato», rispetto a quello più tozzo di altre balene. La testa è appiattita e a forma di «U» e presenta una cresta dorsale che va dallo sfiatatoio alla sommità del labbro superiore. La parte anteriore della bocca è ricca di fanoni; circa 300 di queste strutture (ognuna delle quali lunga circa un metro) pendono dalla mascella superiore, estendendosi all'interno della bocca per quasi mezzo metro. Lungo la gola, parallelamente alla lunghezza del corpo, si trovano dai 60 ai 90 solchi (detti pieghe ventrali). Queste pieghe servono a buttar fuori l'acqua dalla bocca durante la nutrizione.
    La pinna dorsale è piccola ed è visibile solamente quando la balenottera si immerge. Situata a circa tre-quarti della lunghezza del corpo, varia nella forma da individuo a individuo: alcuni presentano solo un moncone appena percettibile, mentre altri possono averla più lunga e falcata. Quando emerge per respirare, la balenottera azzurra fa emergere una maggior superficie della schiena e dello sfiatatoio di quanto non facciano altre grandi balenottere, come quella comune o quella boreale. Quando respira, questa specie emette uno spettacolare soffio verticale e colonnare che può raggiungere anche i 12 m, sebbene generalmente sia di 9 m. La capacità dei suoi polmoni è di 5000 litri. Possiede due sfiatatoi gemelli protetti da una sorta di grosso paraschizzi.
    Le pinne pettorali sono lunghe 3-4 metri. Il loro margine superiore è grigio con una sottile striscia bianca lungo il margine. Quello inferiore è bianco. La testa e la pinna caudale sono generalmente di colore grigio uniforme. Le regioni inferiori, e talvolta anche le pinne pettorali, sono solitamente chiazzate. Il grado di screziatura varia però moltissimo da individuo a individuo. Alcuni possono essere di un color grigio ardesia uniforme, altri di un miscuglio di azzurro scuro, grigio e nero, altri ancora quasi completamente macchiati.
    Su brevi distanze, solitamente mentre interagiscono con altri esemplari, le balenottere azzurre possono raggiungere anche velocità di 50 km/h; la loro velocità tipica, però, è di 20 km/h. Mentre si nutrono si spostano molto lentamente, a velocità di 5 km/h.
    Le balenottere azzurre vivono quasi sempre da sole o in coppia. Non si sa per quanto tempo le coppie rimangano unite. In alcune località dove vi è un'alta concentrazione di cibo, in aree anche relativamente poco estese, sono state viste fino a 50 balenottere. Tuttavia, a differenza di altre specie, non forma mai grandi gruppi numerosi.

Sottofamiglia: Megapterinae (Megatterine)
Genere: Megaptera (Megattera)

  • Megattera, Megaptera novaeangliae

    La megattera è un cetaceo misticeto della famiglia Balaenopteridae.
    Il nome Megaptera deriva dal greco μέγα πτερόν (méga pterón, grande ala), in riferimento alle grandi pinne pettorali, che possono raggiungere una lunghezza pari a circa un terzo di quella del corpo e che sono le più lunghe di tutti i cetacei.
    Possono raggiungere dimensioni che vanno dai 12 ai 16 m, sebbene esemplari più lunghi di 15 m siano piuttosto rari e possono pesare fino a 30 tonnellate.
    Sono capaci di compiere delle acrobazie, come il breaching, il lobtailing e il flipperslapping.
    I maschi producono un complesso canto che può durare da 10 a 20 minuti e che viene ripetuto per diverse ore. Quale sia lo scopo di tale canto non è ancora molto chiaro, sebbene si suppone che possa svolgere un ruolo nell'accoppiamento.
    Vivono in quasi tutti i mari e gli oceani del mondo e compiono delle lunghe migrazioni per spostarsi dalla zona in cui si cibano, nelle regioni polari, a quelle in cui si accoppiano e partoriscono, nelle acque subtropicali o tropicali. Si cibano principalmente di krill e piccoli pesci, che cacciano con tecniche particolari come il bubble feeding (alimentazione a bolle, un metodo di alimentazione cooperativo utilizzato da gruppi di balene megattere).
    Come altri grandi cetacei, le megattere sono state oggetto di caccia da parte dell'industria baleniera. Nel 2003 è stato calcolato che a causa delle eccessive uccisioni compiute prima del 1966, la popolazione delle megattere fosse ridotta di circa il 90%. Oltre alla caccia, minacce per la sopravvivenza di questa specie derivano dalle collisioni con le navi, dall'inquinamento del mare e da quello acustico. Dal 1966 la specie si è ripresa numericamente e si stima vi siano al mondo almeno 80.000 esemplari.

Capodoglio (Physeter macrocephalus)
Capodoglio (Physeter macrocephalus)

 

 

 

Sottordine: Odontoceti (Odontoceti) -
Sottordine dei cetacei, contraddistinti dal possedere denti veri e propri, anziché fanoni come avviene nell'altro sottordine dei cetacei, i misticeti. Delfini, capodogli e orche appartengono a questo sottordine.




Famiglia: Physeteridae (Fiseteridi)

Genere: Physeter (Fisetere)

  • Capodoglio, Physeter macrocephalus

    Il Capodoglio o fisetere (dal greco φῡσητήρ, phȳsētḗr, "sfiatatoio", "che soffia") è il più grande di tutti gli Odontoceti e il più grande animale vivente munito di denti: misura infatti fino a 18 metri di lunghezza. L'enorme testa e la forma caratteristica del capodoglio, così come il ruolo centrale che ricopre in Moby-Dick di Herman Melville, hanno consentito a molti di descriverlo come l'archetipo della balena.
    Il termine "capodoglio" deriva da "capo d'olio" e trae origine dalla sostanza oleo-cerosa presente nel loro cranio.
    Il capodoglio è caratterizzato da una testa molto grande, soprattutto nei maschi, che occupa normalmente un terzo della lunghezza dell'animale. Il nome specifico macrocephalus deriva dal greco e significa "grossa testa". A differenza della pelle liscia della maggior parte degli altri grandi odontoceti, la pelle del dorso del capodoglio è solitamente piena di protuberanze ed è stata paragonata ad una prugna secca dagli amanti del whale-watching. Ha una colorazione grigio uniforme, sebbene possa apparire bruna alla luce del sole; sono state osservate anche balene albine bianche. Forse non sorprende il fatto che il capodoglio abbia il cervello più grande e più pesante di tutti gli animali moderni ed estinti conosciuti (pesando in media 7 kg in un maschio adulto). Nonostante questo, il cervello non è grande, paragonato alle dimensioni corporee.
    Lo sfiatatoio è situato molto vicino alla parte frontale della testa ed è spostato sul lato sinistro della balena. Questo dà origine ad un caratteristico soffio rivolto in avanti di dimensioni consistenti. Il capodoglio non ha una vera pinna dorsale, ma sono presenti una serie di escrescenze sul terzo caudale del dorso. La più grande veniva chiamata "gobba" dai balenieri e per la sua forma viene comunemente scambiata per la pinna dorsale.
    Anche la coda è triangolare ed è molto sottile. Prima di immergersi l'animale la innalza per una notevole altezza sulla superficie dell'acqua.
    I capodogli hanno 20-26 paia di denti a forma di cono nella mandibola inferiore, lungo ognuno 8–20 cm. Ogni dente può pesare quasi un chilogrammo. La ragione della presenza dei denti non è nota con certezza. Si crede che non siano necessari per nutrirsi di calamari e infatti in natura sono stati trovati capodogli privi di denti in ottima salute. L'attuale opinione scientifica generale è che i denti vengano usati nelle aggressioni tra maschi della stessa specie. Questa ipotesi viene motivata dalla forma conica e dal grande spazio tra un dente e l'altro. Inoltre i capodogli maschi mostrano spesso cicatrici che sembrano causate dai denti di altri maschi. Nella mascella superiore sono presenti denti rudimentali, ma questi si aprono raramente nella bocca.
    I capodogli sono tra i cetacei che mostrano un maggiore dimorfismo sessuale (cioè una grande differenza tra maschi e femmine). I maschi sono generalmente più lunghi del 30-50% rispetto alle femmine (16–18 m contro 12–14 m) e pesano il doppio (50 tonnellate contro 25 tonnellate). Alla nascita sia i maschi che le femmine misurano circa 4 m di lunghezza e pesano 1 tonnellata.
    A causa della caccia intensiva le dimensioni dei capodogli sono diminuite drammaticamente, soprattutto perché i maschi più grandi venivano uccisi per primi e più intensamente, dal momento che erano più ricchi di spermaceti (l'olio di spermaceti ebbe un grande valore nel XVIII e nel XIX secolo). Nel museo di Nantucket è presente una mandibola di capodoglio, lunga 5,5 m. La mandibola cresce fino a raggiungere il 20-25% della lunghezza totale del capodoglio. Quindi questa balena potrebbe essere stata lunga 28 m e pesare circa 150 tonnellate. Un'altra prova dei grandi maschi del passato si trova al museo di New Bedford ed è una mandibola, lunga 5,2 m, di un maschio che potrebbe aver misurato circa 25,6 metri di lunghezza ed avere una massa di circa 120-130 tonnellate. Oggi i capodogli maschi non superano solitamente i 18 m di lunghezza e le 52 tonnellate di peso. I capodogli più grandi mai osservati erano paragonabili per dimensione alla balenottera comune (più piccola della balenottera azzurra), cosa che fa del capodoglio la seconda o terza specie vivente più grande.
    I capodogli sono un esempio principale di specie che ha adottato la Strategia-K, il che fa credere che la specie si sia sviluppata principalmente sotto condizioni ambientali molto stabili. Questa evoluzione relativamente "facile" ha portato la specie ad avere un basso tasso di natalità, una lenta maturazione ed un'alta longevità. Le femmine partoriscono una volta ogni quattro-sei anni ed il periodo di gestazione dura al minimo 12 mesi e forse si protrae per 18 mesi. L'allattamento dura dai due ai tre anni. Nei maschi la pubertà dura all'incirca tra i 10 e i 20 anni. I maschi continuano a crescere anche a 30-40 anni e raggiungono le loro piene dimensioni circa a 50 anni. I capodogli vivono fino a 80 anni.
    Il capodoglio detiene alcuni record del mondo naturale:
    1 - Il più grande animale con i denti conosciuto.
    2 -Il cervello più grande di ogni creatura vivente della Terra. Il cervello di un capodoglio maturo pesa 7 kg e sono persino esistiti esemplari con cervelli che pesavano 9 kg.
    3 - Il mammifero che si immerge più in profondità (fino a profondità di 2.200 metri), trattenendo il respiro per più di 2 ore.
    4 - Secondo un articolo di National Geographic del 2003, il capodoglio sarebbe l'animale più rumoroso del mondo. Gli schiocchi del capodoglio hanno un livello di emissione che supera i 230 dB ad una pressione di un micropascal e ad una distanza di un metro.
    Lo spermaceti è la sostanza cerosa semiliquida che si trova nella testa del capodoglio. Il nome deriva dal tardo latino sperma ceti (entrambe parole prese in prestito dal greco), che significa "sperma di balena" (alla lettera, "sperma di mostro marino"). La sostanza non è, ovviamente, il seme della balena, ma è stato scambiato per esso dai primi balenieri. Lo spermaceti si trova davanti e sopra al cranio del capodoglio. Una funzione dello spermaceti è occuparsi della galleggiabilità durante le immersioni. Prima di immergersi, l'acqua fredda viene trasportata attraverso quest'organo e la cera si solidifica. L'innalzamento della densità specifica genera una spinta verso il basso (equivalente approssimativamente a 40 kg) e consente al capodoglio di inabissarsi senza sforzo. Quando caccia in profondità (ad un massimo di 3.000 m) l'ossigeno immagazzinato viene consumato e il calore in eccesso scioglie lo spermaceti. Ora solamente le forze idrodinamiche (sostenute dal nuoto) mantengono il capodoglio in profondità, prima che riemerga senza sforzo.
    Queste balene respirano aria sulla superficie dell'acqua tramite un singolo sfiatatoio a forma di s. Lo sfiatatoio è situato sul lato sinistro della parte anteriore dell'enorme testa. Respirano 3-5 volte al minuto al massimo, ma il numero sale a 6-7 volte al minuto dopo un'immersione. Il soffio è un singolo getto rumoroso che si innalza fino a 15 m sulla superficie dell'acqua ed è inclinato in avanti, a sinistra del cetaceo, con un angolo di 45°.
    Si pensa che i capodogli siano in grado di immergersi fino a 3 km di profondità e che possano restare sul fondo dell'oceano fino a 90 minuti. Le immersioni più tipiche si aggirano intorno ai 400 m di profondità, durano 30-45 minuti e vengono effettuate generalmente verso nord. Possiedono tre tonnellate di sangue, che trasporta abbastanza ossigeno per aiutarli nelle loro immersioni in profondità; in tal modo possono spingersi venti volte più in profondità di quanto possa fare un essere umano.
    Si nutrono di una vasta gamma di specie, in particolare di calamari giganti, di polpi e di varie specie diverse di pesci, come le razze di profondità e alcune specie di squali, ma la parte principale della loro dieta consiste in calamari di medie dimensioni. Quasi tutto ciò che conosciamo sui calamari di acque profonde è stato ricavato dagli esemplari trovati negli stomaci dei capodogli catturati.
    Il numero totale dei capodogli di tutto il mondo è sconosciuto. Stime approssimate, ottenute dalla ricognizione di piccole aree ed estrapolando il risultato da tutti gli oceani del mondo, variano dai 200.000 ai 2.000.000 di individui.

Genere: Kogia (Cogia)

  • Capodoglio pigmeo, Kogia breviceps

    Il Cogia di De Blainville è una delle tre specie di odontoceti appartenenti alla famiglia Physeteridae. Non viene avvistato spesso in mare e la maggior parte della conoscenza della specie proviene dallo studio degli esemplari spiaggiati.
    Come il suo cugino gigante, il capodoglio, il cogia di De Blainville ha un organo dello spermaceti nella fronte. Nel suo intestino è presente anche una sacca che contiene un fluido rosso scuro. Il cetaceo espelle questo fluido quando è impaurito. Il suo scopo si crede che sia di confondere e disorientare i predatori.
    Il cogia di De Blainville alla nascita è lungo 1,2 m, ma in età adulta raggiunge i 3,5 m. Gli adulti pesano circa 400 kg. Le regioni inferiori sono di color crema, occasionalmente rosate, e il dorso e i fianchi sono grigio bluastro. Comunque è presente una considerevole mescolanza tra i due colori. La testa è grande in proporzione alle dimensioni del corpo e dà all'animale un aspetto quasi rigonfio quando viene visto di lato. La mascella inferiore è molto piccola e si apre verso il basso. Lo sfiatatoio è situato leggermente a sinistra, proprio sopra la fronte. La pinna dorsale è davvero ridotta ed è uncinata. Possiede tra i 20 e i 32 denti, tutti sulla mascella inferiore. Dietro ad ogni occhio è presente una falsa branchia.
    Questo odontoceto compie movimenti quasi impercettibili. Risale in superficie molto lentamente, producendo piccoli schizzi o soffiando, e rimane immobile per parecchio tempo. A causa di questo in Giappone era storicamente conosciuto come "balena galleggiante". Nelle immersioni si limita a sparire alla vista. La specie ha la tendenza di sfuggire alle imbarcazioni, piuttosto che avvicinarsi. È stato osservato il breaching, ma non è comune.
    Sono creature solitamente solitarie, ma sono stati visti in gruppi composti fino a sei individui. Le fonti di cibo principali sono calamari e granchi.
    I cogia di De Blainville vivono nelle acque temperate degli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano.

  • Capodoglio nano, Kogia sima

    Il Cogia di Owen è un cetaceo che abita gli oceani temperati e tropicali di tutto il mondo, in particolare in prossimità delle piattaforme e dei margini continentali. È un cetaceo di piccole dimensioni, lungo 2-2,7 m e del peso di 136-277 kg, caratterizzato da colorazione grigia, testa squadrata, mascelle piccole e corpo robusto. Il suo aspetto è molto simile a quello del cogia di De Blainville, dal quale si differenzia solamente per la posizione della pinna dorsale - posta in posizione meno arretrata e più centrata rispetto a quella di quest'ultimo.
    Il cogia di Owen è un predatore che si nutre per «risucchio» soprattutto di calamari e vive in piccoli branchi di 1-4 esemplari. A sua volta viene predato dalle orche (Orcinus orca) e dagli squali di maggiori dimensioni, come lo squalo bianco (Carcharodon carcharias). Quando è spaventato, può emettere dall'ano un fluido bruno-rossastro, in maniera simile ad un calamaro. La maggior parte di quel che sappiamo su questa specie si deve all'esame degli esemplari spiaggiati, dal momento che gli avvistamenti in mare sono rari. Molti di questi animali spiaggiati muoiono per infezioni parassitarie o per insufficienza cardiaca.


Famiglia: Ziphidae (Zifidi)
Genere: Indopacetus

  • Balena dal becco di Longman, Indopacetus pacificus

    Il mesoplodonte di Longman era considerato il più raro cetaceo del mondo scoperto recentemente, ma questa posizione ora è stata presa dal mesoplodonte di Travers (Mesoplodon traversii). Questa specie ha avuto una lunga storia enigmatica, ma ora la maggior parte dei dubbi sono stati risolti. Non fu subito considerato una nuova specie, solo dal cranio di una balena spiaggiata presso Danae, in Somalia, nel 1955, si riuscì a dimostrare effettivamente che apparteneva ad una nuova specie. Gli altri resti comprendono un cranio ritrovato in Kenya nel 1968 e due giovani provenienti dal Sudafrica ritrovati rispettivamente nel 1976 e nel 1992.
    I mesoplodonti di Longman hanno un aspetto piuttosto simile sia agli zifidi mesoplodonti che agli iperodonti, situazione che ha creato non poca confusione.
    Il mesoplodonte di Longman presenta il corpo compresso lateralmente tipico dei mesoplodonti. Gli esemplari giovani hanno un rostro molto breve simile a quello degli iperodonti, ma le femmine adulte sembra che abbiano rostri piuttosto lunghi inclinati lievemente sotto un cranio poco notevole. Inoltre, le pinne dorsali degli esemplari adulti sembrano insolitamente grandi, mentre nei giovani sono piuttosto piccole e rivolte all'indietro. Un esemplare di maschio adulto spiaggiato non è ancora stato ritrovato, ma gli avvistamenti di questi mesoplodonti indicano che abbiano un melone piuttosto bulboso e due denti situati dietro alla punta del rostro,
    La colorazione piuttosto insolita dei giovani aiuta a mettere in connessione il mesoplodonte di Longman con i mesoplodonti osservati negli oceani pacifico ed indiano; entrambe hanno, dietro allo sfiatatoio, un dorso nero che piano piano, scendendo verso il ventre, si fa prima grigio chiaro e poi bianco. La zona del dorso che non è di colore nero si estende giù fino all'occhio del cetaceo, ad eccezione di una macchia chiara dietro l'occhio, e continua in una linea verso le pinne pettorali, che sono scure. Zone scure sono presenti anche sulla punta del rostro. Le femmine hanno una colorazione più semplice; il corpo è generalmente grigiastro, ad eccezione della testa, che è bruna.
    Le carcasse di questi animali spiaggiati indicano un areale della specie che nell'oceano Indiano va dall'Africa meridionale ed orientale fino alle Maldive, mentre nel Pacifico si estende dall'Australia al Giappone.
    Dagli avvistamenti dei mesoplodonti tropicali sembra che questi animali siano sui 7-8 metri, lunghezza più grande di quella di ogni mesoplodonte e più tipica di un iperodonte. Non si conoscono né il peso né i dati sulla riproduzione.
    Le osservazioni indicano che mesoplodonti viaggino in gruppi molto compatti di 10 fino a 100 esemplari. Sono stati visti saltare in superficie e generalmente emettono soffi visibili, ma brevi. Sono state misurate immersioni dai 18 ai 25 minuti.
    Sembra che nessuno di questi cetacei sia mai stato cacciato, sia rimasto intrappolato nelle reti da pesca o sia stato rilevato dai sonar. A causa della loro natura piuttosto riservata, il loro stato di conservazione è sconosciuto.

Genere: Ziphius

  • La balena dal becco di Cuvier, Ziphius cavirostris

    Lo zifio, unica specie del genere Ziphius, è un cetaceo della famiglia degli Zifiidi.
    Il nome generico Ziphius è di origine incerta: è possibile che derivi dal greco xiphos, «spada», forse per il rostro allungato, considerato spadiforme; l'epiteto specifico cavirostris, invece, deriva dal latino cavum e rostrum, «dal rostro cavo». «Balena dal becco», è la denominazione volgare dell'intera famiglia degli Zifiidi. Altro nome anglosassone è Goose-beaked whale, «Balena a becco d'oca», riferito al particolare aspetto del rostro.
    Le dimensioni medie dell'adulto sono di circa 6 m. Il peso dell'adulto si aggira mediamente sulle 3 tonnellate, ma può raggiungere un massimo di 6. La lunghezza media del neonato si aggira intorno ai 2,7 m. Lo zifio ha corpo siluriforme, piuttosto tozzo, e capo piccolo, lateralmente compresso, leggermente convesso superiormente per la presenza di un piccolo melone, con il rostro molto corto. Lo sfiatatoio, posto sulla verticale degli occhi e leggermente asimmetrico sulla sinistra, è a mezzaluna con la concavità rivolta in avanti. Subito dietro lo sfiatatoio si trova una depressione, tipica della specie.
    Pare comunque che esistano differenze di colorazione dovute all'età e al sesso. I maschi adulti presentano una colorazione grigio ardesia su tutto il corpo, tranne che sulla testa e sul dorso immediatamente retrostante, che sono bianchi o biancastri. Le femmine adulte possono essere da grigio scuro a bruno rossiccio a bruno caffelatte, con il capo di sfumatura più chiara, anche se mai bianco come nei maschi; una regione scura circonda l'occhio, che spesso è anche ornato da due prominenti strie scure a mezzaluna, una anteriore e una posteriore all'occhio stesso. La livrea del piccolo sembra invece essere di color nero bluastro, col ventre di tonalità più chiara.
    I pochi resoconti disponibili descrivono lo zifio come un nuotatore rilassato e tranquillo, con una velocità che si aggira sui 5 km/h. Il rostro non viene spinto fuori dall'acqua; una tipica sequenza respiratoria inizia con l'apparizione del melone, seguita dall'emissione di un soffio piuttosto modesto. Poi il capo scompare sott'acqua mentre appare il resto del dorso con la pinna dorsale. La sequenza di superficie, nel corso della quale il cetaceo nuota in genere appena sotto il pelo dell'acqua, comporta una serie di soffi intervallati da circa 20 sec. L'ultima respirazione prima dell'immersione - che può durare oltre 30 minuti - è accompagnata quasi sempre dal sollevamento della coda fuori dall'acqua, come fanno i capodogli. Esistono anche casi documentati di zifii che saltano goffamente fuori dall'acqua. La maggior parte delle osservazioni riguarda esemplari isolati o in piccoli gruppi di 2-4 esemplari. Il branco più grande di cui si ha notizia era costituito da 25 esemplari.
    I parametri riproduttivi dello zifio sono per lo più sconosciuti. Non sembra che esista una precisa stagione riproduttiva. La maturità sessuale avviene quando gli esemplari (di entrambi i sessi) raggiungono i 5,5 m di lunghezza. La longevità probabilmente raggiunge i 40 anni.
    Lo zifio è il cetaceo che presenta la più vasta distribuzione all'interno della famiglia degli Zifiidi. È infatti presente in tutti gli oceani e i mari del mondo, dalle acque tropicali e temperato-fredde, fino all'isoterma dei 10°C; sembra invece assente dalle acque polari. Purtroppo, quasi tutti i dati riguardanti la sua distribuzione provengono dall'esame degli spiaggiamenti, il che non costituisce certo una forma di informazione diretta e totalmente attendibile. Lo zifio è senza dubbio un cetaceo pelagico di acque temperate e tropicali, che raramente si avventura nei pressi della costa e sopra la piattaforma continentale, ma sembra preferire acque dove la profondità raggiunge e supera i 1000 m.
    Da quei pochi stomaci esaminati sembrerebbe che lo zifio sia un predatore opportunista, anziché un eminente teutofago (che mangia Cefalopodi) come spesso si legge. Si ciberebbe, cioè, delle prede maggiormente disponibili a seconda dei casi: prevalentemente calamari quando si trova a profondità di poco inferiori ai 1000 m, mentre a profondità superiori divengono predominanti nella sua dieta varie specie di pesci.

Genere: Mesoplodon

Un genere che comprende quattordici specie di balene mesoplodonti; è il genere più numeroso dell'ordine dei cetacei. Due specie sono state descritte recentemente, nel 2001 e nel 2014, e i biologi marini sostengono che in futuro se ne scopriranno ancora altre. Sono il gruppo meno conosciuto di grandi mammiferi.
Il nome del genere deriva dal greco meso - (metà) - hopla (armato) - odon - (denti) e si traduce come "armato con un dente al centro della mascella".
Le balene dal becco generalmente hanno dimensioni medio-grandi per essere balene con i denti, 3-6 metri di lunghezza, ma sono più piccole rispetto alle balene dal naso a bottiglia e alle balene dal becco giganti. In tutte le specie le femmine sono delle stesse dimensioni o più grandi dei maschi, ma i maschi hanno generalmente una colorazione più intensa e una dentatura particolare. In alcune specie la mascella inferiore forma spesso un grosso arco che a volte si estende sopra il rostro, dandole un aspetto paragonabile ad uno scivolo da divertimento. Ogni specie ha grandi denti (talvolta simili a zanne) di dimensioni, forma e posizione variabili.
Spesso entrambi i sessi presentano i segni dei morsi degli squali cookie-cutter. La pinna dorsale è piuttosto piccola ed è situata tra i due-terzi e i tre quarti della linea del dorso dell'animale. Non esistono informazioni sulla longevità e sull'allattamento, e neanche sulla gestazione.

  • La balena dal becco di De Blainville, Mesoplodon densirostris

    Il mesoplodonte di De Blainville è un cetaceo odontoceto della famiglia Ziphiidae. È il mesoplodonte più largamente diffuso e forse il meglio documentato. Il nome "densirostris" è la forma latinizzata di "rostro denso".
    Questa specie di zifide si trova nelle acque calde e temperate di tutti gli oceani, e sappiamo anche che si spinge a latitudini molto alte. Abita in acque profonde dai 1.600 ai 3.000 metri. Nonostante la natura relativamente comune di questo cetaceo, non è disponibile alcuna stima della popolazione.
    I maschi hanno un aspetto molto caratteristico, le mandibole sovrastano il rostro, come accade in altre specie, ma si dirigono verso l'inizio della mandibola e poi scendono giù in un becco abbastanza lungo. Prima che la mandibola scenda giù, proprio all'apice della protuberanza, è presente un dente infestato da cirripedi. Uno degli aspetti più rimarchevoli di questo zifide sono le ossa estremamente dense del rostro (da cui deriva il nome), che costituiscono probabilmente una forma di protezione dalle aggressioni degli altri maschi. Il melone di questa balena è piatto e poco distinguibile. La colorazione è blu scura o grigia sul dorso e grigia più chiara sul ventre, e la testa è normalmente brunastra. I maschi presentano le cicatrici e i morsi dello squalo cookie-cutter tipici di questo genere. I maschi raggiungono al massimo i 4,4 metri di lunghezza e pesano 800 kg, mentre le femmine ne raggiungono 4,6 e pesano 1 tonnellata. Alla nascita i piccoli sono lunghi 1,9 metri e pesano 60 kg.
    Vengono avvistati in gruppi di 3-7 individui. Sono state misurate immersioni di un massimo di 22 minuti. Quando questo cetaceo emerge, emette un soffio lento e poco cospicuo. Probabilmente si nutre di calamari e pesci.

  • Balena dal becco dai denti di ginkgo o Balena dal becco di Nishiwaki, Mesoplodon ginkgodens

    Il Mesoplodonte di Nishiwaki è un cetaceo odontoceto della famiglia Ziphiidae. È una specie poco conosciuta, anche rispetto agi altri zifidi, e l'epiteto specifico ginkgodens deriva dalla forma insolita del suo paio di denti. Si tratta di una specie soprattutto tropicale, ma si caratterizza più che altro per l'assenza di cicatrici nei maschi.
    L'areale di questo zifide comprende esclusivamente le acque tropicali e temperate degli oceani Indiano e Pacifico. Non c'è stato alcun modo di giudicarne la popolazione.
    I mesoplodonti di Nishiwaki sono più robusti degli altri mesoplodonti, ma per il resto presentano il loro aspetto tipico. A metà della mandibola, curvata verso l'alto, è presente un dente a forma di foglia di ginkgo. Diversamente da altre specie, come il mesoplodonte di De Blainville e il mesoplodonte di Bowdoin, i denti non oltrepassano il rostro. Il rostro stesso è di lunghezza moderata. I maschi sono di colore grigio scuro uniforme con chiazze chiare sulla parte frontale del becco e intorno alla testa, ed hanno anche piccole macchie bianche sotto la coda, ma la loro localizzazione può essere variabile. Le femmine sono grigio più chiaro ed hanno una contro ombreggiatura. Entrambi i sessi raggiungono i 4,9 metri di lunghezza. Quando nascono sono lunghe circa 2,4 metri.


Famiglia: Delphinidae (Delfini marini)
Genere: Steno

  • Delfino dai denti ruvidi, Steno bredanensis

    Lo Steno , unica specie del genere Steno, è un cetaceo della famiglia dei Delfinidi.
    Il nome generico Steno deriva probabilmente dal greco stenòs, «stretto e allungato», in relazione alla fisionomia corporea e del capo; l'epiteto specifico bredanensis commemora van Breda, che aveva attirato l'attenzione di Cuvier sulla specie e quindi creato le condizioni per la sua definitiva descrizione. La sua denominazione volgare in molte lingue (inglese, Rough-toothed dolphin, spagnolo, Delfin de dientes rugosos, tedesco, Rauhzahn-delphin, ecc.) fa riferimento a una caratteristica anatomica di questo delfinide, nel quale lo smalto dei denti è solcato da peculiari rugosità.
    Il maschio dello steno raggiunge dimensioni leggermente superiori a quelle della femmina. La lunghezza totale è compresa in genere tra i 2,2 m e i 2,4 m (massimo 2,75 m). Il peso si aggira sui 130 kg, con un massimo registrato di 160 kg. Il neonato misura 80 cm. Uno dei caratteri più distintivi della specie consiste nel profilo del capo e del rostro. Il melone, presente ma assai poco pronunciato, digrada progressivamente sul rostro lungo e sottile, senza l'interruzione del solco che abitualmente lo separa dal rostro nelle altre specie di delfini. Ciò conferisce al profilo anteriore dello steno un tipico aspetto, quasi conico, che lo rende inconfondibile. Il corpo è allungato e relativamente sottile. Le appendici sono ben pronunciate: la pinna dorsale è alta, falcata, situata in posizione mediana. Le pinne pettorali sono lunghe (14% della lunghezza totale). La coda misura, in larghezza, un quarto della lunghezza totale. I denti, conici, hanno lo smalto caratteristicamente solcato da una serie di fini rugosità per lo più verticali, che conferiscono loro talvolta un colore grigiastro. Il dorso è di colore grigio scuro, con gualdrappa in genere ben distinta e piuttosto sottile nella regione anteriore alla pinna dorsale. I fianchi sono di color grigio più chiaro. Il ventre è ancora più chiaro, di color biancastro, talvolta leggermente rosato. Una caratteristica della livrea dello steno, tuttavia, è la leggera marezzatura - talvolta più scura, talvolta più chiara dello sfondo - che rende disomogenea la sua colorazione, tanto sul dorso quanto sui fianchi e sul ventre. Tale marezzatura in alcuni casi può accentuarsi in piccole macchie irregolari ben distinte dallo sfondo. La bocca è molto spesso orlata di bianco su entrambe le mascelle; parimenti, anche l'estremità della mandibola è spesso bianca.
    Lo steno è un delfinide capace di sviluppare alte velocità e dotato di una buona acrobaticità. Le sue prestazioni in immersione sono ignote: di certo si sa che può spingersi oltre i 70 m. Alcuni esemplari sono stati osservati mentre nuotavano rapidamente al di sotto della superficie, con la sola pinna dorsale sporgente dall'acqua. Non esistono informazioni sugli spostamenti dello steno, né tantomeno sulla loro periodicità. Malgrado lo steno venga talvolta incontrato in gruppi numerosi (50-500 esemplari), che danno tuttavia l'impressione di essere aggregazioni di unità minori, le dimensioni abituali dei gruppi sono di 10-20 esemplari. Lo steno è un cetaceo che ha dimostrato, sia in natura che in cattività, doti particolari di socialità. È anche una delle specie che ha mostrato le più alte capacità di apprendimento tra tutti i Delfinidi allevati. Purtroppo, tuttavia, non esistono particolari sull'organizzazione sociale di questo intrigante delfino.
    Lo steno non esita ad avvicinarsi alla prua delle imbarcazioni, attirato dall'onda sulla quale si mette volentieri a giocare con un'agilità che nulla ha da invidiare a quella di altri Delfinidi più comuni. I fischi prodotti dallo steno sono in genere brevi (meno di un secondo), di frequenza compresa tra i 3 e i 12 kHz. Lo steno, che con ogni probabilità è dotato di biosonar, emette anche clicks ad ampio spettro di frequenza, in serie ripetute della durata complessiva di 0,1-0,2 secondi. Malgrado non esistano dati su predazione a suo carico, lo steno, per le sue abitudini pelagiche e tropicali, può potenzialmente essere insidiato da grandi squali pelagici, oltre che dalle orche.
    Lo steno si ciba soprattutto di pesci e di cefalopodi pelagici. È stata osservata la sua capacità di manipolare e frazionare pesci, come la lampuga (Coryphaena sp.), troppo grandi per essere ingeriti interi, così come è stata osservata la sua propensione a condividere la sua preda con i compagni.
    Poco si conosce della biologia dello steno. La sua stagione riproduttiva e la durata della sua gestazione sono al momento ignote, così come la durata dell'allattamento. La maturità sessuale avviene ad una lunghezza di circa 2,1 m, verso l'età di 14 anni. La longevità si aggirerebbe sui 30 anni.
    Lo steno è un cetaceo cosmopolita, presente in tutti gli oceani nella fascia tropicale e temperata calda di entrambi gli emisferi. In genere considerato un cetaceo vastamente distribuito, ma poco abbondante ovunque, lo steno sembra oggi più frequente di un tempo per via della maggior competenza dei naviganti nell'identificare le specie di cetacei incontrate. Lo steno è decisamente un cetaceo di abitudini pelagiche: lo si può trovare infatti con maggior facilità in acque tropicali e subtropicali (possibilmente dove la temperatura superficiale raggiunge e supera i 25°C.
    Nessuno conosce la consistenza della specie; comunemente si ritiene che lo steno sia un delfinide poco abbondante, anche se vastamente distribuito.

Genere: Sousa

  • Delfino gobbo indiano, Sousa plumbea

    La Susa indiana o Susa dell'Oceano Indiano, è un cetaceo odontoceto della famiglia Delphinidae.
    Gli adulti misurano 2 o 3 m e pesano circa 150-230 kg, i cuccioli misurano mediamente un metro. La colorazione degli adulti varia dal bianco al grigio scuro.
    È generalmente difficile da avvicinare e evita le imbarcazioni immergendosi. Gli adulti possono rimanere in apnea per circa 8 minuti mentre i piccoli per non più di 3 minuti. Sono animali socievoli e si spostano in piccoli gruppi di circa 4 individui. Si ciba principalmente di pesci.
    Abita lungo la costa orientale dell'Africa, nel Mar Rosso e lungo le coste di tutta l'India.

Genere: Tursiops

  • Delfino tursiope indo-pacifico, Tursiops aduncus

    Il tursiope indopacifico è un delfino della famiglia dei Delfinidi diffuso nell'Oceano Indiano e nell'Oceano Pacifico.
    Delfino di medie dimensioni, con la lunghezza totale tra 1,75 e 4 m, una pinna pettorale di circa 23 cm e un peso fino a 200 kg.
    Le pinne sono relativamente più grandi e larghe rispetto al tursiope troncato, il corpo appare più snello, il muso più lungo e sottile. Il melone è meno arrotondato e la testa ha un profilo appuntito. Gli occhi appaiono sporgenti lateralmente. Le parti dorsali sono grigie, gradualmente più chiare sui fianchi, mentre le parti ventrali sono biancastre con dei riflessi rosati. Alcuni individui hanno una fiamma lungo la spina dorsale più chiara. Alcune popolazioni hanno diverse macchie scure sul ventre e talvolta anche sul dorso, che aumentano di numero con l'età. I piccoli sono generalmente più chiari e privi di macchie. Il dimorfismo sessuale è poco pronunciato. Gli individui dell'Oceano Pacifico nord-occidentale sono più grandi degli altri. Possiede 97-111 denti, mentre il numero totale di vertebre è 59-62.
    La popolazione sembra essere composta da gruppi relativamente piccoli localizzati e abbastanza isolati tra loro. Normalmente si aggregano da 20 a 50 individui, fino a colonie di 2.000 esemplari osservati in Sudafrica. Esibiscono una residenzialità durante tutto l'anno e una filopatria natale in entrambi i sessi. Sono state osservate associazioni con il tursiope troncato, la Pseudorca crassidens, Delphinus capensis, Sousa chinensis, Stenella longirostris ed altri Delfinidi. Gruppi di 5-15 delfini passano il tempo nell'addestramento per la caccia, per evitare i predatori e per riprodursi. Talvolta sono stati osservati anche spruzzarsi e cacciarsi tra loro. In queste affiliazioni è presente una gerarchia sociale dove l'animale più grande è solitamente il dominante. Spesso esemplari dello stesso sesso si aggregano tra loro, particolarmente se giovani adulti, che soltanto in seguito confluiscono in quelli più grandi. I suoni emessi sono simili a quelli del tursiope troncato.
    Si nutre principalmente di pesci delle barriere coralline e bentonici, cefalopodi delle piattaforme continentali e talvolta di specie pelagiche ed epi-pelagiche. Generalmente sono prede inferiori ai 30 cm di lunghezza. Talvolta cattura anche piccoli squali bentonici.
    Danno alla luce un piccolo alla volta tra ottobre e dicembre ogni 3-4 anni dopo una gestazione di circa un anno. I nascituri sono lunghi tra 80 e 110 cm e pesano fino a 21 kg. Vengono svezzati dopo 32 mesi di vita, ma rimangono con i loro genitori per altri 1-3 anni. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 7 e 12 anni d'età, mentre i maschi tra 9 e 13 anni. Questa specie presenta un comportamento insolito negli accoppiamenti, dove i maschi collaborano tra loro nel facilitare la scelta di una femmina. Queste ultime vengono raggruppate e protette da intrusi. Tendono ad accoppiarsi con più di un partner. La copulazione avviene con il ventre di entrambi i sessi nella stessa direzione. L'aspettativa di vita in natura è di oltre 40 anni, con il massimo registrato di 49 per una femmina e 39 per un maschio.
    Si ritiene che in alcune popolazioni la causa di mortalità principale sia l'attacco da parte di squali come lo squalo tigre, lo squalo bianco, lo squalo toro e lo squalo bruno. Non sono state riportate predazioni da parte di orche. Altre cause di morte sono la pesca con le reti e le punture di razze.
    Questa specie è presente nelle acque costiere tropicali e temperate calde dell'Oceano Indiano e dell'Oceano Pacifico dal Giappone centrale fino alle Isole Salomone ed alla Nuova Caledonia.
    Preferisce le acque delle piattaforme continentali vicino alle coste e in zone con barriere coralline e ammassi rocciosi, fondali sabbiosi o ricoperti di piante marine fino a 200 metri di profondità, sebbene sia più comune fino a 100 metri. Talvolta è presente anche in acque interne, particolarmente nelle piccole isole oceaniche. Generalmente vive nei mari con temperature alla superficie tra 20 e 30°C, con picchi minimi di 12°C in alcune delle Isole Ryukyu. Sono rare le osservazioni di spostamenti in mare aperto.

  • Delfino tursiope comune, Tursiops truncatus

    Il tursìope è un cetaceo odontoceto appartenente alla famiglia dei Delfinidi. È una delle rare specie di delfini che sopportano la cattività; anche a causa di ciò è il più studiato e il più comune nei delfinari. È diffuso in tutti i mari del mondo, ad eccezione delle zone artiche ed antartiche e ne esistono due popolazioni distinte, una costiera ed una di mare aperto. Utilizza per cacciare la tecnica dell'ecolocalizzazione e si nutre principalmente di pesci. Raggiunge la maturità sessuale intorno ai 12 anni e le femmine partoriscono un solo piccolo. Vive generalmente in branchi formati dalle femmine ed i piccoli, mentre i maschi possono formare delle associazioni chiamate "alleanze". A causa dell'influenza dei media (il famoso delfino della serie televisiva Flipper era un tursiope), è diventato il delfino per antonomasia.
    Hanno circa 100-120 denti tutti uguali che vengono usati solo per afferrare la preda ma non per masticarla perché la ingoiano intera facendola scivolare sulla lingua. Come risultato di una convergenza evolutiva, i tursiopi presentano un corpo fusiforme simile a quello dei pesci che assicura loro una grande idrodinamicità, riducendo l'attrito con l'acqua. Come tutti i Cetacei, i tursiopi sono quasi completamente privi di peli.
    Vi sono delle differenze tra i due tipi di popolazioni: i tursiopi pelagici hanno corpo più grande e robusto rispetto a quelli costieri e vi sono differenze anche nella composizione dell'emoglobina del sangue. Queste differenze sembrano essere dovute al fatto che i tursiopi pelagici compiono immersioni più profonde rispetto a quelli costieri.
    La colorazione è pressoché identica in entrambe le popolazioni e appare di colore grigio con varie sfumature sul dorso e bianco sul ventre. Sui fianchi il grigio diviene più chiaro. Questa colorazione fa sì che i delfini siano difficilmente identificabili sia se osservati dal basso verso l'alto, sia se osservati dall'alto verso il basso.
    Sul capo è presente un melone pronunciato e la mascella e la mandibola allungate formano un rostro corto e tozzo, lungo circa 8 cm. L'aggettivo truncatus (latino: troncato), così come il nome comune inglese (Bottlenose Dolphin: delfino dal naso a bottiglia) si riferiscono proprio alla conformazione del rostro. Il muso è caratterizzato dalla presenza di una specie di "sorriso" dovuto al fatto che l'animale è impossibilitato a muovere le mascelle in altra posizione. Sulla porzione apicale del capo è presente lo sfiatatoio, attraverso cui il tursiope espelle l'aria respirata e la cui apertura e chiusura è dovuta a muscolatura volontaria. Quando lo sfiatatoio è aperto, è possibile osservare il setto nasale.
    La pinna dorsale, di forma triangolare e ricurva, è alta circa 23 cm mentre le pinne pettorali, chiamate flipper, sono lunghe circa 30–50 cm. La pinna caudale, suddivisa in due lobi (flukes), è larga circa 60 cm. Pinna dorsale e pinna caudale sono entrambe costituite da tessuto connettivo, e al loro interno non sono presenti né ossa né muscoli. Invece le pinne pettorali presentano delle ossa omologhe a quelle dei Mammiferi terrestri da cui i Cetacei si sono evoluti circa 50 milioni di anni fa. Recentemente è stato scoperto in Giappone un tursiope con un paio addizionale di pinne pettorali poste vicino alla coda, aventi la dimensione di un paio di mani umane.
    Sono presenti da 18 a 26 paia di denti conici su ogni mascella.
    Questo delfino varia dai 2,5 a 3,8 metri di lunghezza di lunghezza e le 50 tonnellate di peso.
    Non è una specie particolarmente facile da identificare. Può essere confuso con il delfino comune e con la stenella striata, altri due cetacei che non superano i 4 m. Essi possono essere distinti grazie alla colorazione; il tursiope infatti non presenta striature bianche sui fianchi. Le stenelle sono inoltre mediamente più piccole.
    I tursiopi sono animali sociali, vivono in branchi chiamati pod e composti generalmente da 2-6 individui. Tuttavia non è raro osservare individui solitari, generalmente maschi. Infatti i pod sono costituiti da un gruppo di femmine con i loro piccoli e i maschi vi si uniscono solo per un breve tempo. Alcuni tursiopi vivono insieme ad altre specie di Cetacei.
    Studi effettuati da Wells in Sarasota, Florida, e da Smolker nella Shark Bay, Australia, hanno mostrato come le femmine della comunità sono collegate o direttamente o attraverso delle associazioni mutuali in una struttura sociale nota come fission-fusion. Gruppi di associazioni più forti sono chiamati "bande" e la loro composizione può rimanere stabile per anni. Ci sono prove genetiche che i membri delle bande possono essere imparentati, ma queste bande non sono necessariamente limitate ad una singola linea matriarcale. Le femmine si associano principalmente per la protezione dei piccoli da predatori e conspecifici e non ci sono prove che le bande competano le une con le altre.
    Nelle stesse aree di ricerca, così come a Moray Firth in Scozia, i maschi formano forti associazioni di due o tre individui. Questi gruppi di maschi sono noti come "alleanze" e i membri di esse mostrano dei comportamenti, come respirazione, salti e breaching, sincronizzati. La composizione dell'alleanza è stabile per decine di anni e può portare dei benefici nella ricerca delle femmine per l'accoppiamento. Una volta trovata la femmina, i maschi la circondano o la inseguono, e non sono rari i casi di aggressione nei suoi confronti. Connor riferisce che le alleanze possono unirsi temporaneamente ad altre alleanze, formando delle "super-alleanze" o "alleanze di secondo ordine" principalmente con lo scopo di ottenere femmine che sono insidiate da altre alleanze. Per esempio, l'alleanza A è costituita da due individui, la B da tre e la C anch'essa da tre individui. Tutte e tre le alleanze competono per la stessa femmina, così la formazione della super-alleanza tra A e B, formata da cinque individui dà un vantaggio numerico nella competizione con la C, formata da soli tre individui.
    Ricercatori dell'Istituto per la ricerca applicata sui delfini - BDRI hanno invece dimostrato come la struttura sociale dei tursiopi residenti nella costa nordorientale della Sardegna varia in funzione del comportamento trofico e del bisogno di collaborare tra loro. La distribuzione e presenza dei tursiopi è stata correlata all'alimentazione di tipo opportunistico nelle vicinanze di un allevamento ittico che ha provocato dei cambiamenti nella distribuzione e concentrazione delle prede facilitando così l'alimentazione dei tursiopi e rendendo inutile la cooperazione per la caccia.
    In queste condizioni le associazioni non variano in funzione del sesso degli individui, ma in relazione al comportamento trofico. È stato dimostrato come i delfini si associno, indipendentemente dal sesso, con esemplari con cui condividono le stesse preferenze alimentari. Gli impianti di acquacultura quindi sono in grado di interferire nei comportamenti e nella struttura sociale di questi mammiferi.
    Sono in grado di compiere delle acrobazie fuori dall'acqua, il cui significato non è ancora chiaro. Tra queste le più comuni sono:
    leaping: saltare completamente fuori dall'acqua;
    tailspinning: "camminare" all'indietro sull'acqua utilizzando la coda come perno;
    Lobtailing: sbattere la pinna caudale sulla superficie dell'acqua;
    bow: saltare verticalmente completamente fuori dall'acqua;
    bowriding: nuotare sulle onde lasciate dalla prua delle imbarcazioni;
    breaching: effettuare dei "tuffi" fuori dall'acqua.
    Sono animali predatori e spesso mostrano dei comportamenti aggressivi che comprendono combattimenti tra maschi per le femmine e aggressioni nei confronti di altri piccoli delfini. La popolazione che vive in Scozia pratica l'infanticidio e ricerche svolte dall'Università di Aberdeen hanno dimostrato che i tursiopi uccidono le focene (Phocoena phocoena) non per cibarsene, ma per ridurre la competizione per il cibo.
    Senza dubbio il senso più sviluppato dei tursiopi è l'udito, unito alla grande capacità di emettere suoni di frequenze diverse, divisi in tre categorie:
    Click, costituiti da una serie di suoni ad alta frequenza
    Fischi (Whistles)
    Scricchiolii (Barks), simili all'abbaiare dei cani.
    I click sono utilizzati per l'ecolocalizzazione, mentre gli altri suoni per la comunicazione. Ogni tursiope ha un suo fischio caratteristico, una sorta di "firma" (signature whistle), che lo rende identificabile immediatamente dai suoi conspecifici. Sono privi di corde vocali, per cui si ritiene che i suoni a bassa frequenza vengano generati mediante la laringe e per mezzo di sei sacche aeree poste vicino allo sfiatatoio.
    Poiché il suono si propaga meglio in acqua che in aria i tursiopi, come tutti i Cetacei, sono privi dei padiglioni auricolari. Questo consente loro di avere una maggiore idrodinamicità. L'orecchio interno è inserito in un osso separato dal cranio mentre l'orecchio medio è altamente vascolarizzato. Quando il cetaceo si immerge, questo tessuto lo aiuta a compensare la pressione subacquea e ad evitare quindi lesioni al timpano.
    Gli occhi sono posti ai lati della testa ed in essi è presente il tapetum lucidum che li aiuta a vedere in presenza di poca luce. Le pupille consentono ai tursiopi di poter vedere bene sia in acqua sia in aria, malgrado la differente densità dei due mezzi. La retina presenta sia coni sia bastoncelli e questo indica che probabilmente i delfini riescano a vedere i colori. Nell'occhio è presente una ghiandola analoga alla ghiandola lacrimale dei mammiferi terrestri che produce delle secrezioni oculari simili alle lacrime. Le secrezioni hanno il compito di proteggere la cornea dalle infezioni batteriche e di aumentarne l'idrodinamicità. I valori di pH, osmolalità e contenuto di glucosio delle secrezioni oculari sono superiori a quelli delle lacrime mentre risultano inferiori i valori di lisozima e colesterolo totale. Pressoché uguale è invece la composizione proteica. La vista dei tursiopi non è binoculare, ma ogni occhio si muove indipendentemente dall'altro. Sono tuttavia presenti alcune aree di sovrapposizione.
    Visto che lo sfiatatoio, omologo del naso, viene chiuso quando l'animale è in immersione e viene aperto da muscolatura volontaria per respirare in superficie, il senso dell'olfatto è poco sviluppato. I nervi olfattivi, così come il lobo olfattivo nell'encefalo, sono assenti.
    Il senso del gusto non è ancora stato ben studiato, sebbene sia stato dimostrato che i delfini siano in grado di riconoscere il salato, il dolce, l'amaro e l'aspro, essendo presenti le papille gustative. Secondo Barros ed Odell i tursiopi hanno delle preferenze alimentari nei confronti di certi tipi di pesci.
    Studi condotti da Herman e Tavolga nel 1988 su basi anatomiche e comportamentali, hanno portato a credere che il senso del tatto sia ben sviluppato e che i delfini rispondano ad un ampio spettro di sensazioni tattili. Recettori tattili sono abbondanti sotto la pelle in prossimità degli occhi e dello sfiatatoio, sul rostro, intorno alla zona genitale e sui capezzoli.
    I tursiopi sono in grado di riconoscere gli ostacoli e di ricercare il cibo per mezzo dell'ecolocalizzazione. Quando le onde sonore prodotte dall'animale, i click, raggiungono un ostacolo o una preda, rimbalzano e tornano indietro. I click sono prodotti da tre sacche aeree poste sulla testa. L'aria, per la contrazione dei muscoli dello sfiatatoio passa prima nella sacca superiore, poi in quella intermedia e infine in quella inferiore, producendo uno schiocco che viene poi amplificato dal melone, una massa di tessuto adiposo presente sulla testa. L'eco di ritorno viene captata dal delfino mediante la mascella inferiore e viene trasferito attraverso una sorta di olio fino all'orecchio interno.
    È una specie opportunista, nutrendosi principalmente di pesci (acciughe, sgombri, cefali, etc…) e cefalopodi, in particolare specie costiere (calamari, seppie e polpi), ma non disdegna all'occorrenza i crostacei. Studi effettuati sui contenuti stomacali hanno evidenziato come nel Mediterraneo i tursiopi si nutrano principalmente di naselli, pesci sciabola, gronghi e calamari. I denti conici sono utilizzati per afferrare il cibo, non per masticarlo.
    Spesso i tursiopi cooperano tra di loro per cacciare e sono note anche cooperazioni tra delfini e pescatori. Inoltre frequentemente i tursiopi seguono i pescherecci per nutrirsi degli scarti o delle perdite dei pescatori.
    Una particolare tecnica di caccia utilizzata da alcuni tursiopi è la strand-feeding o beach hunting ("alimentazione sulla spiaggia"), una tattica simile a quella usata dalle orche: i delfini radunano prima i pesci verso le coste sabbiose, nuotando paralleli ad esse, poi li spingono sulla sabbia e se ne nutrono spiaggiandosi parzialmente o completamente. Infine tornano al mare, con un movimento ad U. La strand-feeding è una tecnica piuttosto pericolosa, per questo viene praticata generalmente nei periodi di alta marea. Può essere praticata da individui solitari o da gruppi di delfini che collaborano per la cattura dei pesci. È un comportamento che si sviluppa solo nei tursiopi nati da altri beach-hunters, ma studi effettuati sul DNA mitocondriale hanno portato ad escludere una trasmissione genetica di questa tecnica di caccia, per cui si pensa che i delfini la imparino osservando le loro madri.
    Grandi specie di squali, quali lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier), lo squalo bianco (Carcharodon Carcharias) e il carcarino (Carcharhinus leucas) predano i tursiopi. Questo avviene soprattutto nella Shark Bay, dove nel corso di una ricerca è stato osservato come il 74% dei delfini adulti oggetto dell'indagine presentassero delle cicatrici dovute ad attacchi di squali.
    Alcune orche si nutrono dei delfini, ma questo sembra essere piuttosto raro. Infatti mentre alcune orche che si nutrono di altri mammiferi predano i delfini, altre sono state osservate nuotare insieme ai delfini. Nuotare in branco permette ai delfini di meglio difendersi dai predatori, inoltre essi usano delle complesse strategie evasive per sfuggirgli. I tursiopi aiutano i loro simili feriti tenendoli fuori dall'acqua per respirare, un comportamento talvolta osservato anche nei confronti di subacquei in difficoltà.
    I maschi presentano due aperture nella parte inferiore del corpo, una nasconde il pene e l'altra costituisce l'ano. La femmina invece presenta una sola apertura genitale, che accoglie sia la vagina sia l'ano. Di fianco ad ogni lato dell'apertura genitale, sono presenti le fessure mammarie laterali che nascondono le ghiandole mammarie per l'allattamento dei piccoli.
    Le femmine dei tursiopi raggiungono la maturità sessuale intorno ai 6-12 anni, mentre i maschi intorno ai 10-13 anni.
    La gestazione dura 12 mesi e le nascite avvengono in estate. I tursiopi partoriscono di norma un solo piccolo, lungo circa 1 m, che resterà in contatto con la madre per circa 6 anni. Lo svezzamento completo avviene dopo circa 18 mesi e comunque termina prima della nascita di un secondo piccolo. Nei tursiopi si assiste al fenomeno del babysitting: i piccoli vengono accuditi da una sola femmina, mentre le altre madri vanno a caccia. Si riproducono ogni 2 o 3 anni, cambiando ogni volta partner, ma se il primo piccolo muore alla nascita, la femmina può riprodursi dopo un anno.
    Come in tutti i Cetacei, i piccoli nascono dalla coda e sono già in grado di nuotare per seguire la madre che dopo la nascita accompagna il piccolo verso la superficie per farlo respirare e in questa operazione talvolta è coadiuvata da altre femmine, generalmente imparentate con lei e che sono state chiamate "zie".
    Durante la stagione degli amori, i maschi combattono tra di loro per le femmine e di solito stabiliscono una gerarchia basata sulla taglia. Le coppie si formano quando un maschio mostra una certa preferenza nel nuotare accanto ad una femmina e resta con lei per un dato periodo di tempo. Successivamente, il maschio si pone di fronte alla femmina arcuando la parte posteriore del corpo, "accarezzandola" e strofinandosi su di lei. L'atto sessuale è rapido, dura circa 10-30 secondi, ma viene ripetuto diverse volte con un intervallo di qualche minuto tra ognuno e avviene sott'acqua: i delfini nuotano pancia a pancia, con la femmina che rivolge il dorso verso il basso; il maschio estende il suo pene, che viene inserito all'interno della vagina della femmina.
    Il cervello dei tursiopi è piuttosto grande e raggiunge dimensioni paragonabili a quello di una scimmia antropomorfa. Come nell'uomo è costituito da due emisferi, ma presenta una corteccia più sottile, sebbene più grande del 40% e con una complessità quasi equivalente a quella degli umani. Il suo sviluppo si completa in circa 10 anni.
    Tutti i mammiferi, inclusi i delfini, durante il sonno attraversano una fase detta REM. Il delfino è un respiratore volontario, anche mentre dorme, e ciò rende impossibile per i veterinari praticargli l'anestesia, che li porterebbe alla morte per asfissia. L'elettroencefalogramma ha mostrato come i delfini utilizzino solo un emisfero cerebrale alla volta per il sonno probabilmente per controllare il sistema di respirazione volontaria.
    Secondo alcuni autori, la grandezza del cervello del delfino è sinonimo di intelligenza e di potenziali capacità di linguaggio, mentre secondo altri la maggior parte del cervello viene utilizzata dal tursiope per il nuoto e per l'udito.
    Non esiste ad oggi una definizione universalmente accettata di cosa sia l'intelligenza, ma una comunemente usata è "l'abilità a ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in modo astratto, comprendere idee complesse, imparare velocemente e imparare dall'esperienza". Alcune ricerche mostrano come i delfini riescano eccezionalmente bene in alcune di queste abilità, superando il livello di intelligenza di uno scimpanzé. Sembra inoltre che i delfini abbiano delle abilità matematiche, capacità altamente astratta.
    Nel 1997 è stato descritto l'uso di utensili nei tursiopi della Shark Bay, in Australia. Un delfino attaccava sul suo rostro una spugna marina, presumibilmente per proteggere la bocca durante la ricerca del cibo nel substrato sabbioso. Questo comportamento è stato osservato solo nella Shark Bay, e mostrato quasi esclusivamente dalle femmine ed è l'unico caso conosciuto di uso di utensili nei mammiferi marini, ad eccezione delle lontre marine. Uno studio del 2005 ha dimostrato come questo comportamento venga insegnato dalle madri alle loro figlie.
    Vive nei mari temperati e tropicali di tutto il mondo. Ne sono state censite popolazioni nell'oceano Pacifico, dove è diffuso dal Giappone alle Filippine e dal golfo di California fino alla Nuova Zelanda e al Cile; nell'oceano Atlantico, dove si trova dalla Scozia e dalla Norvegia fino alla Patagonia; nell'oceano Indiano, a partire dalla costa orientale dell'Africa fino all'Australia.

Genere: Stenella

  • Delfino maculato pantropicale, Stenella attenuata

    La stenella maculata pantropicale è un delfino del genere Stenella, simile al tursiope e alle suse.
    Esistono due forme principali riconoscibili anche dal luogo in cui vivono (una più vicina alla costa a differenza dell'altra).
    La stenella maculata pantropicale è lunga fino a 2,2 metri e pesa circa 120 kg. Presenta dorso grigio scuro con macchie più chiare, mentre la zona ventrale è chiara, coperta da macchie nerastre, il becco è invece bianco. La speranza di vita è di circa 40 anni.
    Diffusa nei mari tropicali, subtropicali e in alcune acque caldo-temperate, preferisce ambienti marini dove la temperatura risulti di 25°C.

  • Delfino striato, Stenella coeruleoalba

    La stenella striata è un cetaceo odontoceto appartenente alla famiglia dei delfinidi che vive nelle acque temperate e tropicali di tutti gli oceani del mondo. Raggiunge la lunghezza di circa 2,5 m e il peso di circa 160 kg.
    Si nutre di calamari e piccoli pesci e per cacciare può spingersi fino alla profondità di 200 m. È capace di compiere spettacolari salti fuori dall'acqua e, al pari del tursiope (Tursiops truncatus), è uno dei delfini più studiati e più conosciuti.
    Le stenelle striate vivono in ambiente pelagico, in acque temperate e tropicali di praticamente tutti gli oceani. Si trovano in abbondanza nel nord Atlantico, fino a Groenlandia, Islanda, isole Isole Fær Øer e Danimarca; nel mar Mediterraneo, nel Golfo del Messico, nell'Oceano Indiano, dall'Australia all'Africa del Sud e nel Pacifico dal Giappone alle coste degli Stati Uniti.
    Possono vivere in acque la cui temperatura varia dai 10 ai 26°C, sebbene il loro optimum sia intorno ai 18-22 gradi.
    Sembrano essere comuni in tutto il loro areale, sebbene esistano delle aree con una bassa densità di popolazione. Nel Pacifico orientale il loro areale si sovrappone con quelli della Stenella longirostris e della Stenella attenuata, sebbene tendano ad essere più numerose nelle aree in cui le due specie sopra citate sono meno abbondanti. Nel Mediterraneo vivono in acque la cui profondità supera i 100 m.
    Il corpo è affusolato e snello, per assicurare una maggiore idrodinamicità.
    Il rostro, costituito dall'allungamento di mascella e mandibola, è lungo e sottile, ben evidente.
    La pinna dorsale è arcuata e piccola e si trova circa a metà del corpo. Le pinne pettorali (flipper) sono affusolate. La pinna caudale è sottile e divisa in due lobi (flukes) da un setto molto evidente. Come in tutti i Cetacei, la pinna caudale e la pinna dorsale sono prive di ossa e sono costituite da tessuto connettivo, mentre le pinne pettorali sono costituite da ossa omologhe a quelle degli altri tetrapodi.
    La fronte è nettamente separata dal rostro e il melone è piuttosto pronunciato.
    I denti, presenti in numero di 50 sia sulla mascella sia sulla mandibola, sono corti e conici, del diametro di circa 3 mm e leggermente ricurvi.
    Sulla sommità del capo è presente lo sfiatatoio, attraverso cui la stenella espelle l'aria respirata e la cui apertura e chiusura è dovuta a muscolatura volontaria. Quando lo sfiatatoio è aperto, è possibile osservare il setto nasale.
    Anche le stenelle, al pari degli altri Cetacei, sono prive di peli.
    Presenta una colorazione bianca sul ventre, grigia sui fianchi e blu sul dorso. I fianchi sono attraversati da striature longitudinali che partono dall'orecchio e raggiungono l'ano. Altre striature partono dall'occhio e raggiungono le pinne pettorali. Un'ulteriore striscia, variabile per forma e dimensioni, simile a una fiamma e di colore bianco, si estende dai fianchi fino alla base della pinna dorsale.
    La taglia degli adulti: da 180 a 256 cm, le femmine raggiungono dimensioni minori. Il peso degli adulti: da 100 a 165 kg.
    La taglia alla nascita: da 80 cm ad 1 m. _Il peso alla nascita: sconosciuto.
    È facilmente riconoscibile anche a grandi distanze per gli spruzzi causati dai suoi numerosi e spettacolari salti. La colorazione dei fianchi la rende distinguibile dalle altre specie di delfini, anche se spesso viene confusa col delfino comune (Delphinus delphis).

  • Spinner delfino, Stenella longirostris

    La stenella dal lungo rostro è un piccolo cetaceo odontoceto della famiglia Delphinidae.
    La Stenella longirostris vive nelle acque pelagiche tropicali di tutti i maggiori oceani del mondo. Nonostante solitamente viva in mare aperto, talvolta può spingersi fino alle coste delle isole tropicali.
    La colorazione è grigio scura, con macchie più scure nella regione caudale, sul dorso e sulla gola. Di solito il ventre presenta delle macchie bianche, sebbene questa caratteristica sia molto variabile. Il rostro è lungo e sottile, così come le pinne pettorali sono eccezionalmente lunghe per un delfino di questa taglia. La pinna dorsale è eretta e nei maschi più anziani può essere curvata in avanti. Questa descrizione è comunque molto approssimativa, poiché queste stenelle sono i cetacei che presentano la maggiore diversità intraspecifica.
    Gli adulti hanno una taglia che varia da 129 a 235 cm e un peso che va dai 23 ai 79 kg.
    Si aggregano a formare dei gruppi (scuole) formati da un numero di esemplari che varia da pochi ad alcune migliaia. Sono estremamente acrobatici e praticano spesso il bowriding, cioè cavalcano le onde lasciate dalle prue delle navi. La ragione dei grandi salti acrobatici di questi animali è sconosciuta. Un'ipotesi è che le bolle create dall'uscita e dal rientro in acqua possano servire per venire meglio identificati dagli altri appartenenti alla scuola per mezzo dell'ecolocalizzazione. Non è escluso comunque che questo comportamento possa essere solo un gioco. Alcuni esemplari sono stati osservati mentre compivano fino a 14 salti in rapida successione.
    Si nutre di pesci, cefalopodi e crostacei.
    La gestazione dura 10 mesi e la maturità sessuale viene raggiunta a circa 4-7 anni nelle femmine e 7-10 anni nei maschi.

Genere: Lagenodelphis

  • Delfino di Fraser, Lagenodelphis hosei

    Il lagenodelfino è un cetaceo della famiglia Delphinidae che vive nelle acque profonde dell'oceano Pacifico e, in numero minore, negli oceani Indiano e Atlantico.
    I lagenodelfini alla nascita sono lunghi circa 1 m e pesano 20 kg, ma raggiungono i 2,75 m e i 200 kg nell'età adulta. Hanno una costituzione robusta, una pinna piccola rispetto alle dimensioni del corpo e natatoie relativamente piccole. Anche la pinna dorsale e il rostro sono di dimensioni ridotte. La parte superiore va dal grigio-bluastro al grigio-bruno. Una linea crema sporco corre lungo i fianchi dal rostro, passando sopra l'occhio, all'ano. Sotto questa linea è presente una striscia scura. Il ventre e la gola sono solitamente bianchi, a volte con sfumature rosa. La mancanza di un colore uniforme è una caratteristica distintiva del delfino. Da una certa distanza, comunque, si può confondere con la stenella striata, che ha una colorazione simile e vive nelle stesse aree di oceano.
    I lagenodelfini nuotano soprattutto stretti l'uno all'altro in grandi gruppi di 100-1000 individui. Quando saltano sulla superficie sbattono violentemente sull'acqua. L'avvistamento di un grande gruppo da un'imbarcazione da pesca è stato descritto come "molto drammatico".
    La specie si nutre di pesci pelagici, calamari e gamberetti trovati ad una certa profondità sotto la superficie dell'acqua (200-500 metri). Normalmente la luce del sole non penetra a quella profondità, così si nutre usando solo l'ecolocazione.


    Sebbene sia stato scoperto solo in tempi relativamente recenti, il numero degli avvistamenti registrati è divenuto sostanziale - indicando che la specie non è così rara come si credeva negli anni '80. Comunque la specie non è ancora ben conosciuta come molti altri dei suoi cugini costieri. Non esiste alcuna stima globale della popolazione.
    Il delfino viene normalmente avvistato in acque tropicali profonde, tra i 30° S e i 20° N. Il Pacifico orientale è ritenuto il sito migliore per osservarlo. Gruppi di delfini vagabondi sono stati trovati anche al largo della Francia e dell'Uruguay. Comunque questi avvistamenti sono considerati anomali e causati probabilmente da insolite condizioni oceanografiche, come El Niño.

Genere: Grampus

  • Il delfino di Risso, Grampus griseus

    Il grampo o delfino di Risso è un cetaceo appartenente alla famiglia Delphinidae, ed è l'unica specie del genere Grampus.
    Il grampo può raggiungere una lunghezza di 4 m ed un peso di 500–600 kg.
    Il capo è senza rostro(una specie di becco); la fronte bombata, ma non globosa, presenta un caratteristico solco a forma di V nel mezzo, con l'apice rivolto verso il basso. La mascella superiore sporge leggermente. La pinna dorsale si trova circa a metà del corpo, molto alta, appuntita e falcata. Pinne pettorali lunghe e appuntite. Questa specie ha pochissimi denti perché si nutre di prede viscide quali i calamari.
    La livrea è molto caratteristica: i neonati sono grigio chiarissimo uniforme, ma crescendo diventano prima di color brunastro e poi del grigio ardesia dell'adulto. Con il passare degli anni il corpo viene ricoperto da numerosissime ed estese graffiature chiare, che finiscono col fargli assumere una colorazione quasi bianca, soprattutto nella parte anteriore.
    Si ritiene che tali graffiature siano un effetto di interazioni sociali, ma l'eventuale funzione adattativa di questa particolarissima depigmentazione rimane un mistero. Si pensa che alcuni graffi derivino dai morsi dei calamari. In alcuni esemplari è visibile una gualdrappa sottile e appena accennata. Sul lato ventrale è presente una macchia biancastra a forma di ancora, simile per forma e posizione a quella dei globicefali.
    Anche se è capace di notevole agilità (può raggiungere i 25 km/h.), il grampo ha di solito movimenti lenti e rilassati. A differenza dei delfino comune e del tursiope, le barche non sembrano attrarre questo cetaceo, ma non è difficile avvicinarlo. Si ritiene che sia in grado di compiere buone immersioni, ma dati oggettivi al riguardo non esistono. Il grampo tira la coda fuori dall'acqua e rimane immobile per parecchi secondi, in verticale a testa in giù. Esegue porpoising solo se si sente minacciato.
    Si nutre soprattutto di cefalopodi e occasionalmente di pesci. Poiché le sue prede hanno una consistenza viscida, il grampo possiede 2-7 coppie di denti solamente nella mascella inferiore.
    Si pensa che segua uno schema di movimenti stagionali, ma non se ne conoscono i particolari.
    Di solito vive in piccoli gruppi di 5-10 esemplari (ma a volte si raggruppano anche 100 animali) che spesso si sparpagliano in cerca di cibo dando così l'impressione di essere solitari.
    Occasionalmente sono stati avvistati gruppi di ben 1000 esemplari. Lo si può vedere anche insieme ad altre specie di cetacei, soprattutto globicefali.
    È una specie circumglobale pelagica e di mare profondo, ma non è raro incontrarlo vicino a costa. È frequente nei mari tropicali e temperati caldi di tutto il mondo (Oceano Atlantico, Oceano Pacifico e Oceano Indiano), in estate si spinge anche in acque più fresche.

Genere: Feresa

  • Balena assassina pigmea, Feresa attenuata

    La feresa (Feresa attenuata) è un piccolo cetaceo raramente avvistato della famiglia Delphinidae. Deve il suo nome comune inglese (Pigmy Killer Whale, orca pigmea) al fatto che presenta alcune caratteristiche fisiche simili a quelle dell'orca. Quando un certo numero di ferese vennero tenute in cattività alle Hawaii e in Sudafrica si dimostrarono estremamente aggressive - fino ad uccidersi l'una con l'altra. Un terzo branco catturato in Giappone non ha mostrato alcuna aggressione.
    Fino ai primi anni '50 della feresa si conoscevano solamente due crani conservati al British Museum. La prima descrizione venne effettuata da John Gray nel 1874. Nel 1954 il cetologo giapponese Muneasto Yamada pubblicò un articolo su una "rara focena" scoperta da dei cacciatori di balene mentre lavoravano nei pressi di Honshū nel 1952. Scrisse che i corpi degli individui che aveva esaminato presentavano, oltre al cranio, cosa di cui si erano già accorti al Museum, aspetti simili a quelli dell'orca e propose il nome comune inglese di balena assassina minore (o pigmea).
    Il termine descrittivo della specie scientifica, attenuata, proviene dalla parola latina che significa 'affusolato' e si riferisce al profilo graduale dalla testa alla pinna caudale del delfino.
    La feresa è un delfino di medie dimensioni (un po' più grande e più pesante di un uomo robusto) e in mare può essere facilmente confusa con altre specie, in particolare con il peponocefalo. Il corpo è robusto e di colore scuro. La testa è di toni particolarmente scuri, è arrotondata e priva di rostro. I fianchi sono più chiari e il ventre spesso è bianco. Sono stati visti alcuni individui con una linea bianca attorno alla bocca e al mento. La pinna dorsale è bassa e leggermente falcata.
    La feresa è un animale che non coopera. Solitamente è difficile da avvicinare. È stata vista spiare fuori dall'acqua, tuffarsi in avanti ed eseguire altri comportamenti attivi, ma non è un animale acrobatico.
    Questi delfini si spostano sempre in gruppi, solitamente di circa 10-30 esemplari ma occasionalmente anche un po' più grandi. Sono state osservate attaccare, uccidere e divorare altre specie di cetacei, come il delfino comune.
    A causa della scarsità di dati non sono disponibili maggiori informazioni sulla crescita e sulla longevità. I dati provenienti dagli spiaggiamenti, che sembrano essere comuni in questa specie, indicano una dieta di cefalopodi e piccoli pesci.
    La specie sembra essere rara per natura. Comunque la specie ha una vasta distribuzione nelle acque tropicali e sub-tropicali di tutto il mondo.

Genere: Pseudorca

  • Falsa orca, Pseudorca crassidens

    La pseudorca è un cetaceo odontoceto appartenente alla famiglia dei Delfinidi.
    Come suggerisce il nome, la pseudorca, detta in inglese "false killer whale" ovvero "falsa orca", ha alcune caratteristiche come l'aspetto, in comune con la più nota Orca (Orcinus orca). Come l'orca, la pseudorca può attaccare e uccidere altri cetacei, tuttavia le due specie non sono strettamente correlate. Infatti è di norma un cetaceo socievole, vive in branchi di 10-20 individui, ma a volte si raduna anche in gruppi di oltre 300 esemplari. La pseudorca è la terza specie più grande della famiglia dei Delphinidae dopo l'orca e il globicefalo, lunga fino a 6 metri e pesante 1,4 tonnellate. Il corpo è allungato e snello, con una testa grossa che ospita l'encefalo. Possiede 22 paia di denti robusti. Le pinne sono lunghe e appuntite. La colorazione è grigio nera, più chiara sui fianchi.
    La Pseudorca Crassidens vive in acque temperate e tropicali di tutto il mondo, principalmente in acque profonde. A volte si spinge in costa, arrivando anche a spiaggiare. Non è stata ampiamente studiata in ambiente naturale, perciò gran parte dei dati su di essa sono stati ricavati studiando gli animali in cattività.
    Grande predatore, si nutre di grossi pesci come tonni, barracuda e salmoni ma anche di calamari e di delfini più piccoli.

Genere: Orcinus

  • Orca, Orcinus orca

    L'orca è un mammifero marino appartenente alla famiglia dei delfinidi (cetacei odontoceti).
    Il distacco filogenetico in una specie autonoma è avvenuto, secondo i tassonomisti, circa 5 milioni di anni fa.
    Le orche si trovano in tutti i mari e in tutti gli oceani del mondo, dalle fredde regioni artiche e antartiche, fino ai mari tropicali. Hanno una dieta molto ampia, anche se singole popolazioni sono specializzate in particolari tipi di prede. Alcune si nutrono esclusivamente di pesci, mentre altre cacciano uccelli e pinguini, mammiferi marini come leoni marini, foche, balene e delfini.
    Le orche sono considerate dei superpredatori all'apice della piramide alimentare, non hanno infatti dei predatori naturali. Presentano tecniche di caccia e di comunicazione che spesso sono tipiche di una singola popolazione e le stesse vengono tramandate da un individuo all'altro.
    La IUCN non ha ancora valutato lo stato di conservazione attuale dell'orca perché i dati sono insufficienti a causa della probabilità che due o più tipi di orche siano specie separate. Alcune popolazioni locali sono considerate minacciate o in pericolo a causa della distruzione del loro habitat, dell'inquinamento, della cattura per il loro utilizzo nei parchi marini e per i continui conflitti con i pescatori.
    Il nome generico Orcinus è un aggettivo che si riferisce all'Orco, che, per i Romani, era un dio dell'oltretomba.
    Il nome specifico orca (in latino: orca; da un sostrato mediterraneo forse influenzato dal greco antico: ὄρυξ, óryx, «grosso pesce») è il nome usato anche in italiano; talvolta associato ad assassina, sul modello dell'inglese killer whale: balena assassina.
    Sempre in inglese, per indicare l'orca, si utilizza anche il termine blackfish, termine utilizzato anch'esso per identificare un tipo di balena. Grampus è un antico nome per identificare questa specie, ma ora viene utilizzato molto raramente; questo significato di Grampus non deve essere confuso con il genere Grampus, il cui unico membro è il grampo.
    L'orca è l'unica specie esistente riconosciuta nel genere Orcinus, una delle molte specie animali descritte da Linneo nel "Systema Naturae" del 1758. La prima descrizione scientifica di un'orca la si trova in "Piscium & aquatilium animantium natura", uno scritto di Conrad Gessner del 1558, basato sull'esame di un esemplare morto dopo essersi arenato nel Golfo di Greifswald.
    Orcinus orca è una delle 37 specie della famiglia dei delfinidi, la cui prima comparsa risale a circa 11 milioni di anni fa, il distacco filogenetico dell'orca è avvenuto circa 5 milioni di anni fa. Sebbene questa specie presenti delle somiglianze morfologiche con la feresa, la pseudorca e i globicefali, uno studio sulle sequenze geniche del citocromo b condotto da Richard LeDuc ha suggerito che i suoi parenti più stretti tuttora esistenti siano i delfinidi del genere Orcaella.
    Il peso di un maschio di orca può arrivare fino a 6 tonnellate, mentre il peso di una femmina si aggira intorno alle 4 tonnellate. La lunghezza è generalmente di 6-8 metri per il maschio e 5-7 metri per la femmina, il più grande esemplare maschio misurato raggiungeva la lunghezza di 10 metri e il peso di 10 tonnellate, mentre l'esemplare femmina più grande pesava 7,5 tonnellate ed era lunga 8,5 metri.
    L'orca è il mammifero marino che può nuotare più velocemente e raggiungere la velocità di 55 km/h. La sua velocità è data soprattutto dalla potente spinta della sua coda muscolosa. La forza del morso è molto scarsa in rapporto alle dimensioni, questo perché usa i denti come lame per tagliare il grasso e la carne piuttosto che per esercitare pressione. Le mascelle generano una forza di 7000 N (700 kg forza) per 47 kg/cm².
    L'habitat dell'orca è diffuso in tutti i mari e gli oceani del mondo e vive sia negli abissi sia nei bassifondi vicino alle coste arrivando a volte addirittura fino alle foci di alcuni fiumi.
    Normalmente però l'orca preferisce vivere nelle acque fredde sia artiche che antartiche dove, in estate, caccia tra i banchi di ghiaccio. Solo alcune popolazioni migrano di estate verso l'equatore, in maniera molto simile alle balene grigie che migrano vicino alle coste statunitensi.
    Gli avvistamenti nel mar Mediterraneo sono abbastanza rari. Sono state avvistate diverse orche nel mar Ligure vicino a Pra' nel dicembre del 2019; in un primo tempo si è pensato provenissero da un branco di orche che vive da tempo nei pressi dello stretto di Gibilterra, poi invece si è capito che si trattava di un gruppo conosciuto e schedato in Islanda. I ricercatori dell'associazione Orca Guardians Iceland hanno scambiato i loro dati con i biologi liguri e si è scoperto dal confronto delle pinne e altri particolari, che si tratta di esemplari studiati nel 2017.
    È difficile stimare il numero di individui nel mondo, secondo l'Unione internazionale per la conservazione della natura non esistono dati precisi. Una delle le stime considerate più attendibili parla di circa 50.000 esemplari.
    L'orca vive normalmente in gruppi composti dalla femmina, i suoi piccoli, femmine più anziane sterili e un maschio adulto. Questa è una famiglia base matrilineare chiamata anche pod.
    Tutti i componenti di questa famiglia comunicano tra loro attraverso suoni di vario genere e ogni pod ha il proprio linguaggio. L'orca ha un organo specifico posto sulla fronte che può usare come sonar. Tutti gli oggetti colpiti dalle onde sonore rimandano una eco che le orche percepiscono come un animale o come una roccia da evitare.
    Una femmina di orca può riprodursi con maschi anche di diversi pod. Allora i maschi, non potendo riconoscere i figli, si occupano di tutti quelli presenti nel suo gruppo.
    Dopo circa 1 anno e mezzo di gestazione la femmina partorisce un solo piccolo, di norma nelle acque basse, e lo porta subito vicino a uno dei suoi parenti.
    Per ogni femmina l'intervallo tra un parto e l'altro va dai 3 agli 8 anni, soprattutto a causa delle prolungate cure parentali.
    La maturità sessuale avviene nella femmina a 10 anni (quando è lunga dai 4,6 ai 4,8 metri); il maschio invece matura a 16 anni e 5,8 metri di lunghezza.
    Dallo scheletro di Old Tom, un'orca che aiutava i balenieri a cacciare le balene (e che veniva ricompensata lasciandole mangiare lingua e labbra delle prede uccise), fu calcolata una età presunta di circa 90 anni, ma studi successivi sui resti dell'animale riducono questo dato a 35 anni. Old Tom fu trovato morto nella baia di Twofold il 17 settembre 1930.
    I figli delle orche rimangono insieme alle madri anche dopo aver raggiunto l'età adulta. Queste li aiutano nella ricerca del partner, per assicurarsi di avere una discendenza.
    Le orche sono animali fortemente sociali e la caccia coinvolge tutto il gruppo. Il tipo di prede dipende dalle abitudini del gruppo: popolazioni dette residenti sono stanziali e si nutrono essenzialmente di pesci. Le transienti invece cacciano soprattutto mammiferi marini come foche, leoni marini e addirittura balene. Durante la caccia le transienti diventano molto silenziose, per cogliere di sorpresa le loro prede, ma l'attacco è ben coordinato e ogni individuo ha un preciso ruolo.
    Rientrano nella loro dieta anche pinguini e altri uccelli marini. Nel 1988 in mare aperto è stato scoperto un nuovo tipo di popolazione detto offshore, che viaggia in gruppi di circa 60 esemplari ma che può arrivare ai 200, distinto geneticamente dai transienti e dai residenti. È poco conosciuto, anche se le femmine Offshore si riconoscono perché hanno strisce che circondano le pinne. Le due popolazioni di residenti e transienti qualora frequentino lo stesso ambiente marino, evitano contatti reciproci.
    Alcune popolazioni hanno sviluppato delle tecniche peculiari di caccia. Ad esempio le orche argentine si radunano in febbraio di fronte alle spiagge dove si riproducono i leoni marini per cacciare i cuccioli ancora inesperti. La tecnica è semplice: un individuo nuota di fronte alla spiaggia con la pinna dorsale ben visibile sopra la superficie del mare facendosi quindi notare, un altro individuo tenendosi sott'acqua, incrocia dalla direzione opposta. Se ci sono cuccioli distratti che riposano sulla battigia, l'orca che si è tenuta nascosta, con una impressionante rapidità, nuota verso la spiaggia cercando di catturare la preda. In quest'impresa l'animale si spiaggia, ma con decisi movimenti del corpo scivola indietro riguadagnando il mare e portando con sé l'eventuale preda. Le orche antartiche, invece, utilizzano onde per far scivolare le foche fuori dal ghiaccio: la matriarca si reca nella parte opposta all'iceberg ad avvistare la foca e poi avvertendo gli altri con un segnale. Poi il resto del pod nuota ad alta velocità fino all'iceberg causando una grande ondata e facendo scivolare la foca. Le orche neozelandesi invece usano una peculiare tecnica per catturare le pastinache, si mettono a pancia in su catturando la pastinaca e poi si rigirano facendo cadere la pastinaca in uno stato di immobilità tonica.
    Nei loro viaggi per mare le orche vengono spesso in contatto con altri grandi predatori del mare. Sono stati documentati scontri con esemplari di squalo mako, squalo tigre e squalo bianco. L'8 ottobre 1997 nei pressi delle Isole Farallon fu filmato lo scontro tra un'orca di circa 6 metri ed uno squalo bianco lungo poco più della metà.
    Verso la fine del 2009, la biologa marina Ingrid Visser e la sua squadra ha documentato con diverse foto il comportamento predatorio di alcuni branchi di orche al largo della Nuova Zelanda a danno di grossi esemplari di squalo mako e squalo bianco. L'orca attacca e uccide anche il tricheco. L'unico animale in grado di sopraffarla è un capodoglio adulto che grazie alla sua capacità d'immersione riesce a sfuggirle. Esemplari non ancora maturi possono invece rientrare nella dieta dell'orca stessa.

Genere: Globicephala

  • Balena pilota con pinne corte, Globicephala macrorhynchus

    Il globicefalo di Gray è una delle due specie di cetacei del genere Globicephala. Essi fanno parte della famiglia Delphinidae, sebbene ricordi per certi versi le balene. In acqua è molto difficile non confonderlo con il suo congenere. Riescono ad eseguire il porpoising.
    Il globicefalo di Gray ha testa larga e rotonda, sprovvista di rostro e con il labbro superiore lievemente sporgente, le pinne laterali, invece, sono corte, a forma di falce, mentre la pinna dorsale è in una posizione più avanzata rispetto ad altri cetacei. Misura fino a quasi 6 metri di lunghezza.
    Assieme ad Orcinus Orca ed a noi, Homo Sapiens, è una delle 3 specie animali le cui femmine vanno in menopausa vivendo anche molti anni dopo l'età fertile.
    Diffuso nei vari mari non si conosce un'esatta stima della loro popolazione.

Genere: Peponocephala

  • Balena dalla testa di melone, Peponocephala electra

    Il peponocefalo è un cetaceo della famiglia Delphinidae. È strettamente imparentato con la feresa e con i globicefali. Il peponocefalo è largamente diffuso in tutte le acque tropicali del mondo, sebbene non venga spesso avvistato dall'uomo a causa della sua preferenza per le acque profonde.
    A causa della sua inaccessibilità (la maggior parte dei dati scientifici provengono dagli spiaggiamenti di massa) questa specie è scarsamente conosciuta. Fino al 1966 era classificata nel genere Lagenorhynchus. Gli scienziati riclassificarono poi la creatura in un genere monospecifico, Peponocephala.
    Il peponocefalo ha la forma del corpo piuttosto simile ad un siluro. Il corpo è più o meno uniformemente grigio chiaro ad eccezione di una faccia grigio scuro - a volte chiamata "maschera". Le pinne pettorali sono lunghe e appuntite. La pinna dorsale è bassa con l'estremità appuntita - reminiscenza della sua cugina orca. Quando è vista di profilo la testa non è così arrotondata come quella della feresa e questo fatto può risultare adatto per una giusta identificazione.
    Questo delfinide è capace di nuotare molto rapidamente, particolarmente quando viene sorpreso. Quando nuota così spesso esegue brevi balzi ad una piccola altezza sulla superficie del mare, provocando molti schizzi. Si raggruppano solitamente in grande numero (da un minimo di 100 e possibilmente ad un massimo di 1000 in rare occasioni) e talvolta si spiaggiano insieme.
    Pesa circa 10-15 chilogrammi ed è lungo 1 metro alla nascita. Un adulto cresce fino a 3 metri di lunghezza e può pesare più di 200 chilogrammi. La durata della vita di questi delfini è di quasi 20 anni e probabilmente più di 30 per le femmine.
    La loro dieta principale è costituita da calamari.
    Il peponocefalo è molto diffuso al largo di tutti gli oceani tropicali e sub-tropicali del mondo. Ai margini settentrionali del suo areale è possibile trovarla nelle correnti calde delle acque temperate; per esempio ci sono stati degli insospettati avvistamenti al largo delle coste meridionali dell'Irlanda. Comunque normalmente vive oltre la piattaforma continentale tra i 20° S e i 20° N. Le Hawaii e Cebu, nelle Filippine, sono luoghi favorevoli per vedere questo delfino, là dove la piattaforma continentale è più stretta. Sebbene non esistano dati specifici la specie non dovrebbe essere migratrice come gli altri animali della sua famiglia.